
Pubblichiamo la Lettera inviata ai Membri del Consiglio Pastorale Diocesano del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Vicari dalla delegazione della Diocesi di Verona dopo la partecipazione alla Seconda assemblea sinodale delle Chiese in Italia (31 marzo-3 aprile 2025)
Carissimi membri del Consiglio Pastorale, del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Vicari,
desideriamo condividere con voi l’esperienza vissuta direttamente come delegati della nostra Chiesa di Verona durante la Seconda Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, tenutasi a Roma dal 31 marzo al 3 aprile 2025. Quasi mille partecipanti hanno dato vita a un evento che, pur segnato da fatiche, ha rappresentato un’occasione di straordinaria crescita ecclesiale e di riflessione profonda sulla sinodalità.
Questa Assemblea è stata definita da alcuni «ribelle», ma, più che una ribellione, è stata un’esperienza viva, critica, leale e appassionata per la Chiesa e la sua missione. Il cammino sinodale ha mostrato la sua capacità di mettere in dialogo voci diverse, creando uno spazio di ascolto e di discernimento comunitario. Il dialogo nell’assemblea si è focalizzato proprio sulla necessità di un cammino che non si accontenti di modesti aggiustamenti, ma che punti a una revisione globale del testo che ci era stato proposto, riconoscendo la necessità di maggiore fedeltà al lavoro già fatto, coerenza e profondità.
Anche le tensioni, piuttosto che essere segnali di divisione, sono diventate occasione di approfondimento e di crescita. Un momento di disaccordo, in questo cammino, non diventa necessariamente una contrapposizione assoluta, ma una spinta verso una ricerca più approfondita. Così è stato vissuto dall’Assemblea.
Il documento finale, ancora in fase di elaborazione, sarà votato il 25 ottobre 2025, durante il Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione.
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In queste giornate di intenso lavoro, le proposte di emendamento avanzate dai gruppi di lavoro hanno sottolineato l’urgenza di un testo che rispecchi meglio le sfide della Chiesa italiana oggi e che sia più in sintonia con il Sinodo universale.
Tra i temi più discussi e modificati, vi è sicuramente il ruolo delle donne nella corresponsabilità missionaria e nella guida delle comunità ecclesiali, che è emerso come una delle recezioni necessarie. Inoltre, sono state richieste attenzioni su temi cruciali come l’accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari, la cura delle persone fragili e la necessità di un rinnovamento delle pratiche pastorali.
Molti hanno avvertito la difficoltà di un testo che sembrava troppo rigido e distante dalla realtà delle diocesi, ma la partecipazione attiva di tutti ha permesso di avanzare in una direzione più consona alla dinamica sinodale: non solo con un documento conclusivo, ma con un processo che continua a evolversi. La richiesta più forte emersa dai lavori è stata quella di dedicare più tempo alla riflessione e alla revisione del testo, affinché le proposte non siano solo frutto di aggiustamenti superficiali, ma di un vero cambiamento strutturale che possa rispondere alle sfide pastorali del nostro tempo e raccontare una Chiesa aperta a una realtà che la interpella e per la quale è chiamata ad essere racconto coerente e coraggioso del Vangelo.
L’Assemblea si è conclusa con la consapevolezza che il cammino sinodale non è solo una serie di incontri o di atti formali, ma un vero e proprio processo di conversione della Chiesa. La sinodalità, infatti, non si esprime solamente nei documenti, ma nelle esperienze concrete che viviamo insieme come Chiesa. Ogni passo, ogni discussione, ogni proposta è parte di una continua ricerca di comunione, di apertura e di accoglienza delle diversità.
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In questi giorni di intensa partecipazione, il nostro gruppo ha vissuto un’esperienza di dialogo e collaborazione attiva e costruttiva. Non sono emerse divisioni ideologiche, ma piuttosto una continua ricerca di unità e di condivisione delle diversità che caratterizzano il popolo di Dio. Il cammino sinodale ha bisogno di essere vissuto con pazienza e perseveranza, riconoscendo che la Chiesa è chiamata a diventare sempre più capace di accogliere le differenze, di aprire spazi di incontro e di testimonianza della gioia del Vangelo.
Siamo consapevoli che il processo non è ancora concluso e che ci sono molte questioni da approfondire, ma il lavoro che stiamo facendo insieme rappresenta una tappa fondamentale per una Chiesa più sinodale, più accogliente, più missionaria. Non possiamo fermarci alla superficie, ma dobbiamo continuare a camminare, sapendo che ogni passo è guidato dallo Spirito Santo.
Riconosciamo questo momento come un invito a proseguire il nostro cammino sinodale. La nostra missione è quella di contribuire alla costruzione di una Chiesa che non abbia paura di cambiare, che si lasci provocare dai segni dei tempi e che risponda con fedeltà e coraggio alle sfide del nostro mondo.
Ci riconosciamo anche nella gratitudine a ciascuno di voi per il vostro impegno e per il sostegno che continuate a dare a questa nostra Chiesa di Verona affinché assuma e realizzi lo stile sinodale sul quale tutti noi stiamo scommettendo.
Auguriamo a ciascuno di sentirsi parte di questo cammino sinodale che stiamo percorrendo, affinché il nostro impegno possa essere sempre più fedele ed espressivo della presenza del Regno.
Con gratitudine,
i componenti della delegazione veronese
don Ezio Falavegna, referente del cammino sinodale
Nicolò Ballarini, moderatore del Consiglio pastorale diocesano
Arianna Signorati, insegnante di religione cattolica
Don Luigi Girardi, moderatore del Consiglio presbiterale e membro Invitato del Sinodo
Giuseppe Fiorio, diacono e referente del Servizio Missione e dialogo
Suor Renata Vincenzi, consacrata e docente di teologia
Lucia Vantini, delegata episcopale per la Prossimità e membro del Comitato del Sinodo






La Chiesa non ha bisogno di riforme umane, più o meno in linea alle aspirazioni mondane del mondo, ha bisogno di preghiera, unica via per trovare l’unica via del Signore ( Io sono la via, la verità e la vita). La sintesi del Sinodo va fatta da altri, non dagli stessi che hanno partecipato ai lavori sinodali. Nella preghiera, la Fede e la ragione guidino il discernimento sul da fare
Sarebbe il momento di semplificare il linguaggio “ecclesiale”, perché pur avendo fatto l’università, non riesco a sintetizzare lo sproloquio di parole, citazioni e ripetizioni. Purtroppo ho capito solo un’unica sintesi: per il momento non si fa niente di nuovo ed è tutto rimandato a ottobre. La chiesa è felice del “pochi ma buoni”…
Purtroppo quella che si definisce arbitrariamente “novità dello Spirito ” o “soffio dello Spirito ” non si è ancora affermata ed è già vecchia. Forse poteva avere un senso parlare di sinodalità o coinvolgimento di tutto il “popolo di Dio” dopo il Concilio, intendo negli anni ’70, ’80 quando, sulla spinta del protestantesimo, fiorivano i vari movimenti ecclesiali dove forse per la prima volta i laici prendevano coscienza del loro sacerdozio battesimale, dei loro carismi da mettere al servizio della Chiesa e scoprivano forse per la prima volta la ricchezza e la bellezza della Parola di Dio. Quel tempo è passato e ad oggi tutti i Movimenti sono piuttosto in crisi. Ora i bisogni e le esigenze dei credenti sono altre. Molto più spirituali direi. C’è infatti una riscoperta dei valori tradizionali e della sana dottrina, insieme alla preghiera e al senso del sacro. Qualcuno lo faccia capire ai Padri Sinodali. Sono fuori dal tempo. È tardi ormai
Da quello che vedo oggi ci sono pochissime persone che si professano atee e molti vivono una spiritualità fai da te. Vedo le chiese spesso vuote e ai riti partecipano per la maggior parte persone anziane e i giovani sono quasi assenti. Neanche coloro che partecipano alla messa con il vecchio rito sono così numerosi in realtà sono una ristrettissima minoranza. Oggi c’è una ricerca di spiritualità più intensa ma meno legata alla ritualità. Questo ci può aiutare a rendere meno ingessate le comunità cristiane.
piuttosto molte volte la nostra ritualità è un imbarazzante mix di improvvisazione e di ‘si è sempre fatto così’ che riesce veramente poco a coinvolgere i partecipanti (e spesso neanche ci prova)
Liberi di pensare e di scrivere quello che pensate e a chi volete; tuttavia mi pare che cerchiate di minimizzare un fatto che ha suscitato scalpore, evidenziando che né il mezzo scelto per la votazione né i suoi contenuti erano adeguati a quanto lo Spirito andava dicendo alla Chiesa. Mi chiedo se chi ha scelto di semplificare le proposizioni, sia persona adeguata a riprendere il lavoro di sintesi e riproporlo a ottobre.
In un sinodo si discute non si fanno colpi di mano all’insaputa di altri. La cosa ricorda molto ciò che è accaduto in Concilio: le commissioni preparotorie fecero degli schemi che poi furono rigettati dall’Assemblea, poi i testi furono tutti approvati con quasi l’unaminità con le opportune mediazioni di San Paolo VI, compreso il complesso schema sulla Chiesa, che divenne la Costituzione “Lumen gentium”.
Il problema e’ che si vuole intendere la presenza dello spirito solo nella propria opinione . In termini “laicamente” Molto fumosi. Almeno in democrazia non esiste deus ex machina su cui far ricadere decisioni che spettano solo ai cittadini e al parlamento . Si o no, e’ questione di numeri, di accordi o di scontri, non dello spirito santo. Detto cio’ ognuno vedra’ la presenza dello spirito in quello che gli pare, perche’ non ha nessuna prova che lo spirito stia dalla sua parte. Mi pare anche presuntuoso pretenderlo…
Iniziativa chiarificatrice anche apprezzabile.
Tuttavia, non si riesce a comprendere la finalità di questa comunicazione da parte della “delegazione sinodale veronese”.
Parrebbe una modalità per comunicare qualche cosa ad altri che non hanno partecipato all’assise dell’aula Paolo VI, ma assume anche un significato quasi di giustificazione, non tanto se sia stato fatto qualcosa di giusto o qualcosa di sbagliato, quanto piuttosto per affermare un ruolo, una posizione.
Penso che sia soprattutto questo il messaggio che emerge dalla decisione di formulare questa comunicazione e anche dalla decisione di pubblicarla su questo sito.
Si tratta di affermare un ruolo.
Del resto, la stessa comunicazione, peraltro in un’ottica di apprezzabile trasparenza, viene sottoscritta da alcune persone che tengono a precisare il proprio ruolo: siamo di fronte a referenti, moderatori, insegnanti, diaconi -comunque anche referenti, consacrati -comunque anche docenti, delegati, membri; il ruolo, appunto (non appare, che ne so … , il parrocchiano di …).
Ecco quello che emerge: è un messaggio di una posizione per i quali si è data la disponibilità a svolgere un ruolo, … a occupare questa posizione; rischiando di divenirne individualmente, o al massimo all’interno di una comunità ristretta, assoluti protagonisti. Legittimi quanto all’effettiva autorita’ che li ha scelti, ma, parimenti, non giustificabili ove sorgesse una eventuale pretesa di rappresentativita’ dei cattolici della diocesi interessata.
Ma va bene cosi’; hanno il loro ruolo e lo svolgeranno egregiamente, ma non potranno pretendere che la chiesa di cui parlano sia effettivamente “condivisa” da “tutti gli altri”.
Che alla base vi sia questa premessa emerge anche dal tenore e dal comtenuto della comunicazione: persistente e ripetitivo (quasi a riscontro dell’impossibilita’ di calare o condividere o esplicitare il passaggio successivo) e’ l’utilizzo di espressioni ormai stancamente sedimentate e altrettanto attempate, e, quindi, al tempo stesso svuotate di ogni significato o comprensibilita’.
E poi, nella redazione della comunicazione vi è una preoccupazione per una chiesa, che, viene detto, si auspica più …più … più …, di una chiesa che parlerebbe, come solotamente, di dialogo, di accoglienza, di missione, ma, come appare da questa comunicazione, non parla di Nostro Signore; la parola Gesù non è mai citata. Cristo qui è totalmente assente.
La vera preoccupazione che emerge sembrerebbe essere di carattere, al massimo, organizzativo, se non con una forte componente di aspirazione personalistica. Il risultato (stante anche la premessa) e’ solo artificiosita’, con un rischio – ci si augura di no – di settarismo elitario.
È brutto da dire, ma penso che questa delegazione abbia ben poco da rappresentare la diocesi di Verona e i fedeli di Verona. Lo avra’ fatto onestamente, ma mi pare che il contesto reale del popolo cristiano (con la realta’ e le prospettive dei conventi, seminari e chiese sempre piu’ vuote) sia un altro.
La lettera della Delegazione sinodale veronese getta piena luce su ciò che è accaduto nell’Assemblea sinodale di aprile inoltre tali affermazioni sono coincidenti con le parole rilasciate dal Cardinal Zuppi alla stampa. Era questione di contenuti e non di lessico o di sintassi.