
Un nuovo umanesimo. Questa idea non abbastanza citata appare non solo di assoluta impellenza ma a mio avviso riassuntiva del cuore dell’eredità di papa Francesco: il suo sforzo a mio avviso è stato soprattutto quello di crearne il linguaggio, indicare alcuni suoi capisaldi trasversali a culture, fedi, orientamenti. Per questo a me sembra che esista un’eredità di Francesco che riguarda anche molti non cattolici.
Negli anni del suo pontificato lui si è offerto, a mio avviso, come “laboratorio” di questo nuovo umanesimo civile, che riguardasse e coinvolgesse sull’emergenza ambientale, sulla giustizia economica e sociale, sui conflitti che insanguinano il mondo, sulla fratellanza, categoria comune a tanti pensieri, religiosi e non, ma facilmente dimenticata. E perché avrebbe dovuto impegnarsi in uno sforzo del genere?
Pierangelo Sequeri, in un editoriale apparso su Avvenire, ha fornito questa risposta convincente: “La Chiesa di Gesù non si fa solo con quelli che “vengono in chiesa”. Quando si fa soltanto con quelli, la Chiesa perde slancio, smarrisce la missione, diventa autoreferenziale, si corrompe, persino.
Papa Francesco si è speso appassionatamente per riacclimatarci con questa evidenza, in cui risplende la novità della rivelazione di Gesù. Lo ha fatto nel modo diretto, immaginoso, gestuale, delle sue parole e dei suoi atti. Lo ha fatto restituendo vigore alla novità evangelica della parola e della pratica degli interlocutori che Gesù si ritaglia fra gli uditori apparentemente meno adatti ad afferrare il passaggio del regno di Dio e a trovare la strada della fede.
La Samaritana, la Cananea, Zaccheo, il Centurione, il Cieco, il Ladro, il Lebbroso e molti altri e altre. Figure accomunate dalla drammatica povertà di un’esistenza ferita, metafore della umana estraneità alla perfezione morale. Non convocate alla stessa sequela dei discepoli designati come testimoni e custodi del ministero che rende riconoscibile Gesù, fino a che “Egli venga”. Eppure, incluse nel perimetro evangelico dell’ekklesia – dell’assemblea che viene generata dalla parola e dall’azione di Gesù (LG, 9). E non di rado gratificate esplicitamente con il riconoscimento di una fede che salva”.
Il principio di umanità
Il teologo parla così, io capisco che tutti avevano un possibile posto, volendolo, sotto il suo tetto, nel suo appello, da papa, per un nuovo umanesimo. Questa percezione ne ha fatto, a mio avviso, il leader morale globale. Di questo nuovo umanesimo ha parlato lui stesso nel 2021, rivolgendosi al Pontificio Consiglio della Cultura, dopo una nota citazione di Paolo VI: “In effetti, in questo frangente della storia, abbiamo bisogno non solo di nuovi programmi economici o di nuove ricette contro il virus, ma soprattutto di una nuova prospettiva umanistica, basata sulla Rivelazione biblica, arricchita dall’eredità della tradizione classica, come pure dalle riflessioni sulla persona umana presenti nelle diverse culture”. Solo un’enunciazione? Assolutamente no.
Guardando a questo nostro mondo, quello europeo, dove il solco tra credenti e secolarizzati si è fatto troppo profondo, papa Francesco, ad Ajaccio, in uno dei suoi più importanti discorsi prima dell’ultima malattia, ha detto: “i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune”.
Altrettanto potente è stato il suo tentativo di vedere noi stessi, nelle nostre diverse identità, messi in pericolo dai nostri timori di riconoscere le conseguenze della nostra arroccata paura davanti alla questione migratoria, come ha chiarito a Malta: “Proprio ieri si è appresa la notizia di un salvataggio avvenuto al largo della Libia, di soli quattro migranti di un’imbarcazione che ne conteneva circa novanta. Preghiamo per questi nostri fratelli che hanno trovato la morte nel nostro Mare Mediterraneo. E preghiamo anche per essere salvati da un altro naufragio che si consuma mentre succedono questi fatti: è il naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi, ma tutti noi. Come possiamo salvarci da questo naufragio che rischia di far affondare la nave della nostra civiltà? Comportandoci con umanità”.
Tutto questo, insieme a molto altro, soprattutto relativo alle guerre che insanguinano il mondo e sulle quali si è espresso così tante volte, per me quasi misteriosamente ha trovato una felicissima sintesi in poche parole contenute nella sua benedizione alla Città e al Mondo del giorno di Pasqua, precedente la sua morte: “non venga mai meno il principio di umanità che deve guidare il nostro agire quotidiano”.
Abbattere muri
Qualcuno più attento di me potrà fare molti altri esempi per spiegare con compiutezza questo impegno straordinario e così la sensazione che accomuna molte persone , in particolare direi non poche che si sentono radicate in percorsi diversi dal suo, ma unite dalla sensazione di esserne orfani.
Non si tratta di una distanza dall’attuale pontefice, ma della condivisione di un discorso che non è finito. Questo bisogno di un nuovo umanesimo esiste?
Mi è venuto normale domandarmelo leggendo quanto ha affermato l’autrice del celebre “Portico d’Ottavia 13”, Anna Foa, dopo la manifestazione di sabato scorso a Roma per Gaza, alla quale è intervenuta, come ha fatto Gad Lerner: “Confesso di aver avuto non poche esitazioni ad aderire alla manifestazione. Temevo il rischio che la solidarietà con Gaza divenisse uno strumento della politica italiana, delle polemiche fra partiti. Mi sembra che questo rischio sia stato evitato”.
Questo è un bene rilevante, come la loro presenza, che ricorda altri fatti di rilievo, come la lettera di duecento rabbini americani che ha raccolto tante adesioni e che è stata ripresa in Italia e come le proteste palestinesi contro Hamas. Quale modo migliore per raffigurarsi ciò che ha chiesto l’altro giorno Leone XIV: “aprite le frontiere, abbattete i muri”.
Su questa strada non ci sarà nei cuori, di pochi o di tanti, quella richiesta di un nuovo umanesimo? I conflitti ovviamente sono un enorme banco di prova: c’è stato un altro esempio importante, che ha riguardato quello che sta martoriando da anni l’Ucraina: la scelta di papa Francesco che volle che una donna ucraina e una russa, due amiche, Irina e Albina, portassero insieme la croce alla Via Crucis del 2022, a me è parsa parlare di questo. So che a molti non piacque per la sensazione di equiparazione del dolore, eccezione che sorvola a mio avviso il fatto più rilevante, il reciproco riconoscimento.
Religioni e fratellanza
Quando cadde Costantinopoli, un grande intellettuale, il cardinale Nicola Cusano, si chiuse nella sua abitazione per scrivere un testo di grande valore, ancora oggi: De pace fidei. Molti secoli dopo, un grande teologo, Hans Küng, ebbe notoriamente a dire che non ci sarà pace tra le nazioni finché non ci sarà pace tra le religioni, e propose il suo progetto di “etica mondiale”.
Molto altro si è registrato di rilevante, ovviamente. Poi è arrivato il 4 febbraio 2019, quando è stato firmato ad Abu Dhabi il Documento sulla Fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune. In questo documento, Francesco e il co-firmatario, il grande Imam dell’Università islamica di al-Azhar Ahmad al-Tayeb, hanno scritto frasi decisive.
Tra queste una in particolare mi ha sempre colpito: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.
Quella libertà di “essere diversi” può sembrare aprire il discorso anche alla nuova realtà, i secolarizzati, parte necessaria del discorso sul nuovo umanesimo.
Questo documento, che ha preceduto l’enciclica Fratelli tutti, comunque è cruciale anche perché vi emergono elementi religiosi che non sono stati riservati a cattolici e sunniti. Il Comitato della Fraternità umana annunciò nel settembre 2019 l’inclusione tra i suoi membri del rabbino M. Bruce Lustig – emerito che ha servito come rabbino senior della congregazione ebraica di Washington. Vi è anche lo spirito di questo nuovo umanesimo?
Presentando il documento di Abu Dhabi su La Civiltà Cattolica, proprio in quei giorni, padre Antonio Spadaro sottolineava: “si può dire che esso segna un punto di svolta, perché sostanzialmente supera la logica stessa del dialogo, cioè il solo discutere su temi importanti. I firmatari partono dall’esperienza del loro incontro e dal fatto che varie volte hanno condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo”.
Le parole di padre Spadaro, soprattutto il vocabolo “incontro”, a me apparvero annunciare i “soggetti” in nome dei quali, dopo Dio, si afferma di esprimersi:
“In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra”.
Dunque il Documento sente di dover dire non che si rivolge, ma che si esprime in nome di tutte le persone di buona volontà. Questo è enorme: il desiderio di “incontro” costituisce il banco di prova, oggi.
Di quel testo va aggiunto ancora un altro passaggio di assoluto rilievo: “Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità.
Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva”.
Scrivevano nel 2019, non oggi, e sull’odio, il terrorismo e la violenza religiosamente ispirata c’è molto altro. Ma scrivevano nel 2019 anche quando scrivevano questo: “Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano”.
L’esigenza globale di un umanesimo civile
Dunque, è possibile associarsi per un umanesimo civile, che unisca? Molto in questi anni si è seminato per dividere. Se la strada della pace non fosse quella dell’incontro nel nome di un nuovo umanesimo da costruire insieme, quale sarebbe?
Questa esigenza non può essere limitata ai mondi credenti. Se guardiamo al mondo che è fuori dalla Chiesa, a quelli che alcuni hanno chiamato post-credenti, quanti si ritengono interpellati dalla proposta di nuovo umanesimo, dovrebbero trovare spazi per azioni che seguano, e procedano, interpellando i mondi credenti (l’inverso a volte già accade).
Oggi a me sembra che dopo tante divisioni sia l’ora di cercare nuovi incontri. Disponibilità che riguarda anche singoli, o gruppi. Per contribuire, come si può, a rendere vivo questo nuovo umanesimo. Le forme, volendo, si trovano. Costruire legami appare il primo passo necessario per lavorare alla società del vivere insieme.






Sono d’accordo al 100% con quanto è affermato in questo articolo. Dal 1992 lavoro a livello accademico, come biblista, e a livello divulgativo come formatore in cultura religiosa (www.absi.ch; canale YouTube “Associazione Biblica della Svizzera Italiana”) per contribuire a costruire questo umanesimo del cuore e della mente, cioè della vita. Grazie!
L’umanesimo mette l’uomo al centro. Francesco lo ha fatto veramente al contrario di chi prima di lui metteva le idee, convinzioni o ideologie spacciandole (a volte correttamente altre volte molto meno) come bene per l’uomo.
È proprio questo il punto: l’antropocentrismo.
Al centro della nostra realtà chi mettiamo l’uomo o Dio?
I cristiani hanno sempre risposto Dio.
Dio è nostro Padre, nostro Creatore, nostro Signore e Salvatore, nostro Re.
Questa era la risposta assodata e ovvia fino a ieri.
Oggi no.
Oggi alcuni cristiani, forse la maggioranza, risponderebbero l’uomo.
L’uomo misura di tutte le cose, l’uomo signore del proprio destino, l’uomo legislatore e creatore di mondi.
Ma no, non si tratta di dare importanza a questo o quello quanto di rimettere al centro l’uomo nei suoi limiti creaturali come risposta alla disumanizzazione delle crisi attuali.
Gentilissima Angela,
penso che, forse senza volerlo, stiamo arrivando al vero nocciolo della “questione cattolica” attuale.
Io penso che la vera soluzione alla innegabile crisi che attraversa l’umanità sia fare un passo indietro.
L’uomo deve ritirarsi e riconoscere i propri limiti per superarli.
Altri pensano che l’uomo deve avanzare e riconoscere i propri limiti per abbracciarli.
Se l’uomo si ritira nella sua vita farà spazio a Dio.
Se avanza lo spazio per Dio sarà sempre di meno.
Si, non so se le è mai capitato di leggere Il dramma dell’umanesimo ateo di De Lubac. Anche quel testo scritto in un momento assolutamente drammatico, alla fine della seconda guerra mondiale, mentre la Francia si trovava in piena occupazione nazista. De Lubac distingue tra un umanesimo secolare, prometeico nell’essere completamente slegato dai vincoli che la classicità aveva posto all’uomo e uno più vicino al cristianesimo. E’ un’analisi che vale anche per le crisi attuali e anche Papa Francesco vi ritorna, ad esempio nella Laudato Si. La crisi ecologica nasce proprio da questo non riconoscere nessun limite, nel sentirsi padroni assoluti del mondo.
Vedo che oggi viene riproposta la questione del mondo tecnico-scientifico piegato a fini egoistici e privati. https://www.settimananews.it/societa/scienza-chiara-scienza-oscura/
Quando si parla di umanesimo, all’interno del mondo cattolico, si intende proprio questa consapevolezza dei limiti e della dignità di ogni essere umano, creato ad immagine di Dio. In questo caso non è cambiata tanto la Chiesa quanto il mondo esterno
Tutti coloro che si appassionano a queste cose sanno che il passaggio più controverso del documento di Abu Dhabi è proprio quello richiamato dall’Autore: “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani.”.
Qui si afferma che Dio ha voluto la diversità di religione.
E’ evidentemente problematico conciliare una affermazione simile con il mandato di Cristo alla Sua Chiesa: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”
Ora, mi chiedo, che bisogno c’era ad Abu Dhabi di svalutare in tal modo il Cristianesimo?
Non sarebbe bastato dire che tutti hanno il diritto di professare la religione che ritengono vera?
E poi cosa vuol dire che Dio ha voluto la diversità di religione?
E’ ovvio che non tutte le religioni possono essere vere in quanto sono logicamente inconciliabili.
Se io da cristiano dico che Gesù è il Cristo, Salvatore del mondo, Seconda Persona della Trinità affermo un fatto fondamentale per la mia fede.
Un islamico o un ebreo non potrebbero mai dirlo.
E’ alla base della logica: due affermazioni inconciliabili non possono essere entrambe vere.
Quindi Dio ha voluto che ci fossero false religioni?
Questo era il magistero di papa Francesco?
Rimango scettico.
Dunque esiste una falsa umanità?
Il problema è chiedersi se è possibile ipotizzare un Dio che ama la falsità.
L’umanità certamente può sbagliare, Dio non credo.
Questo è tutto.
Quello che realtà è più importante delle idee. In nome delle idee assoluta si è massacrato e il risultato oggi è comunque penoso. Perché insistere in comportamenti che non hanno portato nessuno vantaggio né alla chiesa né al mondo? Tanto vale provare una via diversa, quella dell’amore ad esempio che magari ti toccano il cuore e ti convertono. È la linea che i focolarini portano avanti da sempre. Impossibile cambiare le cose facendo sempre le stesse cose (che non servono). Bisogna avere il coraggio della conversione per vedere altre vie con cui confrontarsi facendo si di attrarre gli altri non per la bontà delle idee ma per l’amore esemplare che si sa dare.
Il problema che pongo, veramente non solo io, è di tipo logico non etico.
Dio può volere la menzogna?
Dio può contraddirsi?
Se Dio è Dio certamente no.
Ma perchè deve essere considerata un’idea di Francesco quella dell’umanesimo? Direi che al contrario è stata tipica degli anni precedenti, dal Cortile dei gentili alle Cattedre dei non credenti. Certo oggi sembra ancora più impellente per la crisi della cultura secolare, dieci anni fa parlare di umanesimo era considerato reazionario, la differenza è tutta lì. (Il postmodernismo è stato radicalmente postumano, al massimo adesso vediamo il problema insito in questo approccio, per via dell’accelerazione tecnologica.)
La frase: “la realtà è più importante delle idee” detta da Francesco non è mai stata pronunciata da altri papi, che invece ritenevano le idee (o ideologie) più importanti delle persone. I fantomatici “valori non negoziabili” sul cui altare GPII e Ratzinger erano pronti a sacrificare con sorriso beato migliaia di persone fanno proprio parte di questa ideologia religiosa. Ecco papa Francesco ha rimesso le persone al centro a discapito delle ideologie no negoziabili. Questa eredità nn va persa perché si ritornerete alla vittoria dell’ideologia religiosa sulla vita delle persone.
Scusi ma quando mai i Papi precedenti ritenevano le ideologie importanti? Il famoso Sillabo cosa era se non una lunga condanna di “ideologie”?
Detto ciò, che c’entra questo con l’umanesimo e il postmodernismo ?
“I fantomatici “valori non negoziabili”(per lei il diritto alla vita e quelli conseguenti sono fantasiosi?) sul cui altare GPII e Ratzinger erano pronti a sacrificare con sorriso beato migliaia di persone…”. Vuole, per favore, chiarire di che cosa sta parlando? Porti qualche esempio concreto! Io gliene porto almeno uno che la contraddice: Giovanni Paolo II ha strenuamente difeso la dignità della persona i cui diritti fondamentali erano calpestati dall’ideologia atea marxista al potere in Polonia.
Guardi GPII ha sempre trattato male tutte le persone LGBT e le donne. Vincolando in modo fortissimo il fatto che potessero assurgere all’incarico di diacono e dichiarandone quanto meno una improbabile differenze fra uomo e donna davanti a Dio. Quando è chiaro che siamo uomini e donne fatti a sua immagine e con pari dignità e capacità. Senza giustificazione alcuna di diversità di trattamento nemmeno per chi si appella al vangelo perché ben sappiamo che l’annuncio della resurrezione, l’evento salvifico per antonomasia, fu affidato a loro. Questi solo per fare un esempio di come ideologie sganciate dalle realtà ma ritenute verissime che impongono gioghi e frustrazioni al prossimo senza che sia necessario davvero.
Giovanni Paolo II ha trattato male le donne? Ma quando mai! Ha sempre difeso la pari dignità, davanti a Dio, dell’ uomo e della donna. Legga la sua enciclica Mulieris dignitatem del 1988 (anche papa Francesco l’aveva ricordata definendola un documento ” ricco di spunti che meritano di essere ripresi e sviluppati”)
Ma la pari dignità non significa che tutti siano chiamati allo stesso tipo di ruolo, responsabilità, impegno. Lei stesso ricorda che l’annuncio della Resurrezione è stato affidato prima di tutto alle donne. Ciò significa che questo è il principale compito che Cristo ha loro affidato ed è una missione di fondamentale importanza e che viene prima ancora del dono dei sacramenti.