
Una delle domande ricorrenti dei docenti di fisiologia umana è la distinzione tra emozioni e sentimenti. La risposta corretta, almeno ai fini della prova d’esame, è che le emozioni sono in genere piuttosto intense, talora violente, ma circoscritte nel tempo, quasi puntiformi, mentre i sentimenti tendono a persistere a lungo e si mostrano, come dire?, più delicati.
Così ci siamo chiesti cosa spinga un po’ tutti/e noi, al di là degli interessi economici, a prolungare il più possibile il “periodo natalizio”, in particolare anticipando sempre di più le proposte e gli allestimenti a tema: quasi che, dopo Halloween, iniziasse “Natale”. Ecco, forse vi è il desiderio, più o meno recondito, di protrarre “l’ebbrezza” legata, appunto, al periodo di fine anno, di rendere quel particolare stato emotivo il più duraturo possibile. Come tendendo al massimo un elastico. E, per un apparente paradosso, in tal modo rischia di affievolirsi proprio il sentimento del Natale: come se, sopraffatti dagli “effetti speciali”, faticassimo sempre di più a sentirlo davvero. O limitandoci a cogliere il contrasto tra i “buoni sentimenti” legati all’evento di Betlemme e un mondo che sembra procedere in direzione opposta. Concependo il periodo natalizio, magari, semplicemente come una sorta di tregua rispetto alle notizie sulle tragedie disseminate sul globo.
La conseguenza di tale incapacità di sentire davvero il vagito del bimbo che nasce nella mangiatoia è di smarrire il senso stesso di quel che stiamo vivendo e festeggiando: che vuol dire Natale?
Non di rado, soprattutto a livello mediatico, in tal periodo dell’anno si prova a suscitare “un’atmosfera magica”. Qui, tuttavia, vi è un grande equivoco. Nei primi anni del nuovo millennio, si tenne un incontro romano di psicopatologia intitolato Atmosferico e Intersoggettività, con due giganti della Psichiatria come il compianto Bruno Callieri e Carlo Maggini. In Psicologia e in Psichiatria le “atmosfere” sono davvero molto importanti, decisive persino per la diagnosi. Ma per “atmosfera” si intendono il clima che caratterizza l’incontro e la sua risonanza interiore; qualcosa che connetta “l’esterno”, l’ambiente circostante e, per estensione, il mondo al nostro mondo interiore, al nostro vissuto. Al nostro mood, come amano dire oggi i ragazzi; al nostro stato d’animo.
Invece quelle “atmosfere” (pre)natalizie, che vecchi e new media ed esercizi commerciali – e magari noi stessi – proviamo a creare, peraltro con una sorta di notevole “ansia anticipatoria”, sono quasi completamente spostate sul versante “esterno”, ambientale, senza connessione con l’incontro interumano, con l’incontro, per chi crede, con il mistero dell’Incarnazione e, di conseguenza, con il nostro universo interno.
Si tende molto facilmente a vivere il periodo natalizio (come molti altri momenti) con una scarsa consapevolezza, ovvero senza soffermarci troppo su cosa sentiamo internamente, su cosa significhi per noi quell’evento o su come stiamo… attraversiamo il Natale passando da un negozio all’altro, da una cena all’altra.
È come se ci facessimo trasportare all’interno del clima natalizio con una sorta di pilota automatico acceso, in cui c’è poco spazio per l’essere e molto (troppo) per il fare.
Questi concetti sono molto cari alla Mindfulness, una pratica di consapevolezza che sottolinea l’importanza di essere presenti, in maniera intenzionale e non giudicante, nel momento presente. Quanti di noi attraversano il mese di dicembre con consapevolezza?
Dicevamo, fa riflettere l’allestimento sempre più precoce degli addobbi natalizi nelle città e nelle nostre case. Cosa ci ha portato a questo? Ad averne quasi, sembrerebbe, il bisogno?
La vita moderna tende a fuggire, veloce, tra un impegno e un altro, in un mondo (quello moderno) che viene definito “fluido” o “tecnoliquido”. Questi termini ben descrivono, anche a livello immaginativo, le caratteristiche del mondo moderno occidentale: basato sull’apparenza, un mondo estremamente instabile, fragile, con legami che si dissolvono facilmente.
La società liquida è una società basata sul fare, sull’efficienza, sulla ricerca di emozioni immediate. C’è poco spazio per il sentire, per la connessione autentica e profonda con sé stessi e con l’altro. Poco spazio per costruire significati, legami stabili, identità salde.
E dunque, in questo mondo che corre, ci si precipita verso le feste natalizie con nastri rossi e ghirlande. Forse alla ricerca di emozioni positive immediate, per lenire un malessere latente e più profondo a cui non vogliamo dare ascolto ma che cerchiamo di scacciare, rincorrendo qualcos’altro.
E allora, l’invito è quello a concentrarsi sull’essere, sul riconnetterci con noi stessi e poterci sentire davvero.





