Con gli occhi del cuore

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battaglia1

L’amato cardinale arcivescovo di Napoli è ben conosciuto per la sua preparazione e per la grande empatia che vive nella sua azione pastorale. Ne sono esemplificazione le otto riflessioni pubblicate per aiutare i lettori a entrare in relazione di prossimità con le persone.

Egli ricorda come, nella fisiologia antica, si riteneva che l’essere umano fosse capace di vedere perché dall’occhio fuoriesce una luce che illumina il mondo intorno. Il movimento è dall’interno verso l’esterno, non viceversa.

Siamo generatori di luce. Il cieco è colui che produce tenebra e la cecità viene dall’interno del suo cuore. Ecco perché Gesù insiste sull’occhio “semplice”, non doppio.

Pieni di fiducia nella Provvidenza del Padre, possiamo rivolgerci al mondo senza volerci difendere ad ogni costo, a offendere, ma entrando in relazione di prossimità con tutti.

Vedere

Dopo la Prefazione di Renato Brugoli (pp. 9-12) e dopo l’Introduzione dedicata all’occhio “semplice”, l’occhio del cuore, il card. Battaglia fornisce sette esempi di come Gesù entra in relazione empatica con le persone, nel suo agire e nelle parabole che racconta. Egli “vede” le persone, si accorge in profondità della loro vita, la abbraccia e la risana in radice.

Egli vede per primo Zaccheo che desidera ardentemente di vedere da vicino il Signore (Lc 19,1-10). L’incontro in casa guarisce Zaccheo con una accoglienza che previene ogni parola di pentimento e di buon proposito da parte del ricco capo dei pubblicani di Gerico.

C’è la parabola che sottolinea a sua volta un vedere da lontano. È lo sguardo del padre “prodigo” e misericordioso che vede da lontano il figlio che torna a casa e corre ad abbracciarlo, restituendolo a piena dignità (cf. Lc 15,11-32). Anche qui l’abbraccio tipico di un amore “maleducato” – così si esprime l’autore – guarisce in profondità la libertà usata male dal figlio, i rapporti recisi, con un perdono che precede ogni espressione di pentimento. Il padre non lascia finire al figlio le parole preparate nel tempo di fame e di penuria (più che di rimorso…).

Nei confronti della donna sorpresa in adulterio, immediatamente stigmatizzata da scribi e farisei, Gesù abbassa lo sguardo, donando accoglienza e creando strade di futuro che portino a rapporti felici nella vita con le persone e con Dio (cf. Gv 8,1-11).

Nella parabola del pubblicano e del peccatore (Lc 18,9-14), c’è un guardare oltre tipico di chi si considera giusto e disprezza l’altra persona, considerata peccatrice a prescindere. È un pubblicano… Il guardare oltre permette di vedere in profondità il rapporto vero che l’uomo instaura col suo Dio, quando riconosce la propria povertà e si affida alla misericordia del Padre.

Di fronte alla madre vedova di Nain, che accompagna al cimitero il suo unico figlio, sostegno insostituibile per la sua vecchiaia e la sua sicurezza sociale, contempliamo Gesù che osserva con compassione (cf. Lc 7,11-17). Il suo corteo di vita si incontra col corteo di morte dei paesani di Nain. Gesù trova il tempo di vedere, di fermarsi, di compatire, di consolare, di far tornare in vita il ragazzo per ridonarlo alla madre, sulle orme dell’agire del grande profeta Elia (cf. 1Re 17,23). Non ha paura di contaminarsi e di diventare impuro.

Siamo di fronte alla «tenerezza che lava il dolore – commenta Battaglia –: è il potere della compassione che lava la morte ed è garanzia di vita eterna. Tocca come solo l’amore ambisce fare; tocca la carne del giovane, che è carne sua, beato Verbo incarnato, e dà vita, atto primigenio che ci riporta in Eden, che ci riconsegna alla bellezza e allo stupore di una nuova creazione, segno profetico della risurrezione» (p. 75).

L’autore si pone anche delle domande di natura ecclesiale, chiedendosi quanto la Chiesa debba interrogarsi sulle volte in cui essa si sia resa più o meno complice di una mistificazione della donna, assecondando lo stereotipo culturale ma non abbracciandola nella fragilità, parodiando nella forma il comportamento di Gesù ma opponendoglisi nella sostanza (cf. p. 73).

Umanità, persona e norma

I dieci lebbrosi invocano da Gesù misericordia, invocano qualcuno che guardi alla propria lebbra (cf. 17,11-19). Il samaritano guarito dalla lebbra resta pur sempre un impuro cronico e la sua condizione non gli permette di essere reintegrato nella comunità di Israele. «Questo eretico, dunque – osserva Battaglia –, che non può portare formalmente a compimento il comandamento di Gesù, che per natura è escluso dalla Legge, non si è assuefatto alla sequela comune della norma e non ha altro mezzo se non l’umanità per rispondere al bene che Cristo ha realizzato per lui. Non la Legge, ma l’umanità, non l’ottemperanza della norma, ma la gratitudine espressa senza particolari formule diventano un culto gradito a Dio» (p. 80).

L’autore accenna senza giri di parole all’esclusione che tante persone hanno subìto dalla Chiesa, lebbrosi di una lebbra inguaribile, non visibile agli occhi, ma considerata dalla gente di Chiesa più contagiosa di oggi morbo umano, senza possibilità di redenzione. «A molti abbiamo interdetto l’acceso al tempio, alla parola, all’eucaristia in maniera irreversibile, perché “per natura” non potevano essere accettati nella santa assemblea del Signore. Ma quante volte – prosegue il cardinale – proprio da questi reietti, da questi eretici incalliti, abbiamo visto provenire gli atti di più sincera gratitudine, di un amore profondo a Dio, che non potendosi esprimere attraverso canali ordinari, ha trovato modo di realizzarsi attraverso forme straordinarie?» (pp. 81-82).

«La piaga visibile – prosegue in modo incalzante – è già l’inizio della redenzione, perché non c’è ferita che Cristo non possa curare. Tuttavia esiste una piaga più profonda, una malattia radicata proprio nella Chiesa di Cristo: il legalismo disumanizzante di molti di noi. L’esecuzione passiva della norma ci rende apparentemente santi (o almeno così crediamo). In realtà, applichiamo la norma per sopravvivere, ma la lebbra resta, resta il cuore incapace di pienezza di gioia, perché non sa esprimere la propria gratitudine se non entro i termini della legge. Ciò che hanno perso i nove lebbrosi è molto di più di quanto abbiano guadagnato con la guarigione e finanche con la riammissione alla comunità credente: hanno visto Gesù una volta in meno rispetto al samaritano. E vi sembra poco?» (p. 82).

Disumanizzazione e carne di Cristo

Secondo Battaglia, l’adempimento passivo e ordinario della legge, finanche fosse la legge stessa di Cristo, ci allontana da lui, perché «se, nella prima alleanza, la Parola si era fatta Legge, Torah, adesso la Parola è nella carne, in quell’umanità non normativa, quell’umanità che non può essere insegnata, quell’umanità che “ti viene o non ti viene” e di cui, cari fratelli, care sorelle, siamo troppo spesso divenuti incapaci. La disumanizzazione della Chiesa, per quanto ci consenta di sopravvivere e di essere compatibili con il mondo e ci dia un’identità a nostro avviso salda e irreprensibile, in realtà ci allontana dalla carne di Gesù Cristo. Fortuna che siamo circondati da samaritani, da eretici grati che ogni giorno ci mettono in crisi, ci costringono a uscire dalla tranquilla routine burocratica» (p. 83).

Stupende le parole che chiudono il capitolo: «O mirabile compassione del Cristo lebbroso, del Cristo risorto con mani e piedi forati, che guarda alle lebbre altrui con la compartecipazione al loro dolore prima ancora che attraverso la norma. Il frutto della Legge, infatti, è il giudizio, mentre il frutto della compassione è la grazia. Rivolgiamo lo sguardo a lui prima di guardare al precetto» (p. 85).

Nella sinagoga di Nazaret lo sguardo della gente è fissato su di lui: zoomata fondamentale per il credente nel Dio della vita (in Lc 4,16-21). Egli inaugura l’anno di grazia del Signore.

Guardare con gli occhi di un bambino conclude le riflessioni di questo magnifico libretto. Si tratta della lettera che l’arcivescovo di Napoli ha scritto a una donna povera, Rita, che incontrava ogni giorno sui gradini della cattedrale. È una professione di fede nella necessità di fare strada ai poveri e non grazie a loro. Nessun progetto ecclesiale che faccia da piedistallo a una visibilità umana, ma priva della compassione tipica di Gesù.

Battaglia scrive la lettera e promette di portarla a casa di Rita e di fermarsi un po’ con lei. Senz’altro l’avrà fatto, Speriamo che sia seguito da altri…

Il linguaggio semplice e appassionato dell’autore, pieno di empatia e talvolta spiazzante, troverà l’accoglienza di molti lettori.

  • DOMENICO BATTAGLIA, Con gli occhi del cuore. Per entrare in relazione di prossimità. Prefazione di RENATO BRUGOLI (Spiritualità del quotidiano), Paoline, Milano 2025, pp. 104, ISBN 9788831558518.
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Un commento

  1. Giuseppina 19 settembre 2025

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