
Paesaggio di Brianza (Ennio Morlotti).
Non solo per i credenti è il tempo in cui il pensiero scivola verso la risurrezione, immagine di vittoria sull’inquietante presagio e realtà della morte. La liturgia cattolica prepara la celebrazione pasquale con segni e figure luminose ma a ciascuno è riservato declinare tale attesa nel modo che gli pare più congruo.
Attesa di un evento che ha il sapore del gioioso imprevisto. Ricordi di infanzia possono aiutare: viene in mente quel gioco a lungo desiderato e inaspettatamente ricevuto per Natale. Oppure la figura di un nuovo compagno di scuola che si trasforma nell’amico più caro e così le giornate più noiose sui banchi si trasfigurano.
Infine, la memoria necessaria di una persona che non c’è più, diventa l’occasione di luce spiazzante nello spazio della sua assenza.
***
Proprio in una cornice di ricordi scolastici capita di vivere qualcosa che rimanda alla presenza di chi non è più in vita e poi – in modi diversi – all’improvviso ricompare. Capita che un gruppo di ex allievi si ritrovino dopo molti anni al funerale di un loro insegnante di Liceo. Qualche contatto riprende a correre. Uno di loro recupera lettere, libri, testi e testimonianze di quel caro maestro, cultore di arte, poesia e letteratura. Forse un libro ricco di tali raccolte sarà dato alle stampe.
Poi, recentemente, in un sabato di quaresima, essi si ritrovano sulle rive di un fiume amato e dipinto da un eccellente pittore italiano del ‘900 che lo stesso insegnante aveva ammirato e fatto conoscere ai suoi alunni. Stiamo parlando dell’artista Ennio Morlotti (Lecco 1910-Milano 1992) e del professor Stefano Crespi (Magnago 1941-Milano 2023) autore di molte pagine di critica d’arte dedicate anche a Morlotti.
Una di quelle studentesse – liceale a Gallarate negli anni ’70 – scopre che nel Palazzo Comunale di Imbersago ha sede la “Galleria Morlotti” dove dal 1997 viene istituito un premio per giovani artisti in memoria del maestro che aveva vissuto e dipinto in quella cittadina in riva all’Adda.[1] Lì per molti anni, il pittore ha ritratto la sua “dolcissima terra” dove “la voce del fiume era come la voce di gente antica”.
***
Traiamo queste righe da una raccolta di lettere e testi di Morlotti che proprio Stefano Crespi aveva curato.[2] Ci piace rileggerle e ripercorrere la vita di un artista che lascia un lavoro da impiegato a Lecco, compra qualche pennello stimolato da un amico lecchese, viaggia in Italia e all’estero. A Firenze, a Parigi dove conosce Picasso e rimane ammaliato da Guernica. Apprezza l’insegnamento di quel capolavoro, convinto che sotto le macerie è rimasto sepolto l’ultimo “individuo” ed è rispuntato un uomo nuovo, l’uomo attraverso altri uomini, negli altri uomini. È rispuntata una nuova realtà.[3]
A Milano incontra gli artisti dell’Accademia di Brera e gli intellettuali del Movimento di Corrente nato nel 1938 con Ernesto Treccani a cui rimarrà molto legato [4]. La letteratura esistenzialista francese e la pittura di Courbet saranno una compagnia costante. La ricerca della “nuova realtà” avrà per lui il sapore della natura che aveva riscoperto sulle colline brianzole, a Mondonico, dove riparò con altri maestri di Brera antifascisti, durante l’occupazione tedesca del capoluogo lombardo[5].
Sulla scorta dell’amato Cezanne (in cui “la sacralità della luce divinizza ogni cosa”) ritrarrà la natura lungo le rive dell’Adda, oppure tra le rocce, gli ulivi e i cactus degli assolati paesaggi del luminoso entroterra ligure, mirabilmente descritti nei romanzi dell’amico Francesco Biamonti.[6] Se le etichette possono aiutare, Morlotti fu dal dopoguerra pittore “informale” benché lui stesso non si ritrovò del tutto in questa attribuzione. Disse infatti che la sua pittura fu la rivolta della vita verso le belle cose, le idee troppo sistematiche. In un ‘intervista del 1964 aggiunse: Volevo involgermi nella natura, più che mettermi a guardarla e a dipingerla dal di fuori”.
E ancora “il mio ideale è trovare l’espressione di segrete cose della vita. In un altro brano dei suoi scritti egli osserva che, guardando la valle dell’Adda dalle colline di Mondonico sentiva il fiume come voce di lontani affetti. Viene in mente il passo dei Promessi Sposi quando Renzo, immerso in un paesaggio notturno splendidamente descritto, esclama: “è l’Adda! “. Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore[7].
***
Quegli studenti liceali degli anni’70, a scuola, sentivano parlare per la prima volta di un pittore a loro sconosciuto, che amava l’aspetto segreto della realtà, quello “che suggerisce la disperazione o il pianto amoroso … l’abbandono alle cose e ai sentimenti della vita”.
Fu per loro un grande respiro, carico di novità e di emozioni profonde, veicolato da un colto e sensibile insegnante di lettere che viveva in una modestissima casa in provincia di Milano, ma conosceva e frequentava poeti come Franco Loi, Mario Luzi, Vittorio Sereni. Si intratteneva con intellettuali come Giovanni Testori, Eugenio Borgna e artisti milanesi del calibro di Morlotti insieme ad altri più giovani che volentieri promuoveva. Sapeva coniugare parole poetiche a immagini pregiate. Avrebbe poi curato una trentina di pubblicazioni di scritti d’artista.[8]
Era convinto che le parole possono essere cose laddove c’è una relazione importante tra vita e scrittura. Così accadeva in Morlotti che scriveva in modo “primitivamente naturale, dove i nomi hanno la povertà, la necessità, l’opacità e la memoria, qualcosa insomma di presenza primaria e impregiudicata”[9]
***
Oggi, a tali ex studenti, è apparsa, inattesa, la sintonia tra il loro insegnante e l’iniziativa del Comune di Imbersago, di cui Ennio Morlotti diventò cittadino onorario nel 1988. Ovvero un premio annuale per giovani artisti (insieme a una premio alla carriera per maestri più longevi). Tra poco sarà istituito il concorso del 2025 con la collaborazione di una selezionata giuria. Le opere premiate saranno appese alle pareti del palazzo comunale insieme ai quadri delle precedenti edizioni. Alcune pregevoli pubblicazioni a cura dello stesso comune testimoniano il lavoro svolto da critici e artisti.
Forse giovani che, come Ennio Morlotti negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, hanno lasciato comode condizioni di vita e si sono messi alla ricerca di cose segrete per raggiungere la verità dell’uomo.
L’Adda scorre poco distante il Palazzo Comunale di Imbersago, tra vegetazioni e alberi dalle infine gradazioni di verde. Dopo la visita gli ex alunni del professor Crespi passeggiano lungo l’alzaia e guardano il fiume che scorre in riverberi di luce primaverile tra la terra e il cielo di manzoniana memoria. Pensano al loro carissimo insegnante segretamente risorto negli occhi della mente.
Accadono a volte miracolose rinascite tra le fronde di una natura amica. Segnali vitali che vincono indifferenza e nichilismo e che vanno colti con coraggio e speranza. Sono luminose immagini che lasciano vuote le tombe in cui a tratti ci immergiamo.
Concludiamo con i versi di un poeta amato da Morlotti, in sintonia con la sua ricerca:
Intanto lasciami vagare
E cogliere bacche selvagge
Per estinguere l’amore di te
Sui tuoi sentieri, o terra (Hölderlin).
[1] https://www.premiomorlotti.it/?page_id=5
[2] Ennio Morlotti, Questa mia dolcissima terra. Scritti 1943-1999, Le Lettere, Firenze, 1997. Da tale testo vengono le citazioni in corsivo riportate nel presente articolo.
[3] Ivi, pagg.21-24
[4] https://www.fondazionecorrente.org/fondazione/movimento-di-corrente/
[5] https://www.wonders.it/itinerario/-/view/lombardia/mondonico-il-borgo-degli-artisti
[6] Rimandiamo a un nostro articolo su tale autore: http://www.settimananews.it/societa/passeur
[7] Alessandro Manzoni, Promessi Sposi, cap. XVII.
[8] Presso la Casa editrice Le Lettere di Firenze Stefano Crespi dirige dal 1996 al 2020 la Collana Atelier dedicata a scritti di artista.
[9] Stefano Crespi, Postfazione in Ennio Morlotti, Questa mia dolcissima terra cit. (pagg 113-118).





