In questi giorni, che – quasi ignari del passato – tendiamo a considerare eccezionalmente tragici e violenti, mi sono chiesto con insistenza: “Per chi la memoria della Pasqua di morte e risurrezione di Gesù arriva nuovamente come una buona notizia, fonte di gioia e di serenità?”
E inevitabilmente i pensieri sostano di nuovo davanti al racconto di una moltitudine che proviene non solo dalla Chiesa, ma da tutta l’umanità, “da ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9); e poi di “144.000 che recano scritto sulla fronte il Suo nome e il nome del Padre suo” (Ap 14,1); “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14).
L’autore dell’Apocalisse ci parla di coloro che, per essere fedeli all’unico Signore, affrontano l’impero omicida e patiscono oppressione, persecuzione e martirio. Nonostante l’apparente invincibilità del potere imperiale, non si lasciano contaminare dalla paura e dalla disperazione, perché credono con fermezza che Gesù morto e risorto è il Signore dell’Universo e che l’impero non sarà mai il padrone della storia.
E credono che solo la lotta e la resistenza dei popoli perseguitati possa sconfiggere l’impero e “coloro che… hanno ricevuto un marchio sulla mano destra e sulla fronte… cioè il nome della bestia e il numero del suo nome” (Ap 13,16-17), coloro che si identificano con le logiche imperiali e credono alla propaganda e alle menzogne del mercato.
Si ripete il grido rivolto a Dio, nascosto e silenzioso, memori che è un Dio che sa udire il dolore del suo popolo. Egli è il vendicatore del sangue. Il povero Dio dei poveri. Egli si rivela nell’estrema debolezza amorosamente disarmata. E mostra il cammino da percorrere per essere misericordiosi come Lui.
Infatti, non è con gli eserciti che sconfiggiamo il nemico, perché il Suo Regno non si instaura secondo la logica armata degli imperi. Possiamo sconfiggere il nemico, mostrando oggi che è possibile vivere in fraternità e sororità, senza il peso del potere del denaro e degli egoismi.
E in umiltà e mitezza denunciare e affrontare ogni ingiustizia. Capaci di perdonare e anche – sfida intollerabile! – di amare i nemici. Senza distinzioni sacrali e patriarcali di dignità e senza obsolete tradizioni. E anche in relativa, ma radicale autonomia rispetto allo stato e al diritto, che sono da sempre nemici dei poveri.
Allora Pasqua è una buona notizia solo per coloro che hanno cominciato la lunga marcia dell’esodo e hanno rinnegato il progetto schiavista del faraone e il piccolo faraone che tutti portiamo nell’intimo.
Sia allora gioia pasquale per coloro che hanno fame di pane e di fraternità, per gli umili, per i piccoli, per i poveri, per i perseguitati a causa della giustizia, per i misericordiosi, per le vittime della violenza e per i martiri, per i santi e le sante nascoste in invisibili biografie, per gli scartati, gli inutili, per i bambini, i vecchi, i malati, i matti e i moribondi; per le donne che sempre sono le persone più esposte all’esclusione e alla violenza; per i popoli indigeni e contadini, che non rappresentano il passato inutile destinato a scomparire, ma, al contrario, il futuro possibile di una umanità riconciliata con la vita.
Sia gioia pasquale anche per noi, se stiamo testardamente dalla loro parte.