
Anche quest’anno il Natale ci riconduce allo scandalo della carne che Dio assume per diventare come noi, sinodale (secondo la sua radice etimologica) con ogni vissuto umano. L’inquietudine dei cristiani di ogni tempo rende ‘attuale’ il cristianesimo, nella misura in cui sintonizzano la loro concretezza (affetti, pensieri, scelte, passioni) con l’umanità di Cristo, camminando al suo passo nei diversi frammenti della storia: essere sinodali con Lui anzitutto.
Senza questa inquietudine si corre il rischio di tardare all’appuntamento, non solo con le novità del tempo presente, ma soprattutto con i richiami dello Spirito. La novità che sovverte le nostre sicurezze si fa carne per essere accolta, senza ripetersi o abituarsi. A volte ad essere in ritardo è la Chiesa quando, con le sue paure e i suoi voli ideali, si difende dallo spessore della carne (M. Merleau-Ponty).
Alcuni transiti culturali già hanno rivelato questo ritardo: l’approccio positivo e integrale alla morale fisica e sessuale, la difesa e la promozioni dei diritti umani, i cambiamenti antropologici e quelli della parità di genere. Non ultimo l’impegno alla partecipazione ecclesiale (sinodalità) nel tempo in cui – ormai – l’impegno civile e politico è considerato vano. Tuttavia il cristianesimo rimane attuale e non si lascia frenare dai nostri ritardi.
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Per la Chiesa è il tempo di un’ultima sfida da cogliere: la fatica del pensiero. Da non ridurre ad una serie di convegni, biblioteche da riempire o sforzi celebrali da compiere. Non si tratta di organizzare un pensiero culturale cattolico da offrire alla società, bensì di abitare con essa la complessità della vita umana senza cedere alla banalità di chi resta in superficie o alla spietatezza delle battaglie ideologiche.
All’intelligenza artificiale che seduce anche l’immaginazione dei cristiani, lo stile del Nazareno propone la riscoperta dell’interiorità per gustare ciò che le relazioni consegnano. La fatica del pensiero non solo ci restituisce la bellezza di ciò che abita in interiore homine, ma anche uno sguardo contemplativo sulla storia, sul creato e sull’altro.
Pensare vuol dire liberarsi dall’ansia di fare qualcosa per essere riconosciuti o di rispondere a qualsiasi interrogativo per sentirsi utili: le nostre parrocchie sono le uniche fermate in questo vortice senza silenzio in cui potersi confrontare liberamente sul morire, sul nascere, sull’amare, sul deludere, sul ripartire. La fatica del pensiero è ciò che nasce quando “l’orrore del niente ci assale di fronte al silenzio” (così scriveva il card. Martini nella sua prima lettera pastorale “Alle radici dell’esistenza”, 1980).
La Chiesa può ancora arrivare puntuale all’appuntamento con lo Spirito che geme e soffre nel silenzio: messo a tacere dai rumori di un pensiero artificiale che rende tutto privo di battito e fatica. Se le parole essenziali della vita comune e del futuro rischiano la liquefazione (M. Recalcati), solo il silenzio e la contemplazione di un cristianesimo ‘carnale’ saranno in grado di farne nascere di nuove.
- Prima pubblicazione su Avvenire (21/12/2025).






Mi dispiace, ho letto ed ho capito poco. Interessante il tema della carnalità di Cristo, ma sviluppato per “intenditori” e cioè per pochi.
Mentre sarebbe interessante spiegare con “parole povere” come la natalità dell’uomo sia sacralità e divino e come la carne di Cristo sia in realtà l’uomo che si divina.