Tre modi di vivere la fede

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La storia della Chiesa presenta diverse modalità di vivere e di pensare la fede cristiana. Senza avere la pretesa di schematizzare troppo e di inscatolare la realtà, si può rilevare che l’evangelizzazione si inscrive dentro l’eredità di tre modalità di essere cristiani.

Il cristianesimo del dogma e della legge

È il cristianesimo imparato e vissuto da numerose generazioni di cristiani, caratterizzato dai tre bisogni che scandiscono i catechismi classici: la verità che bisogna credere, i comandamenti che bisogna osservare, i sacramenti che bisogna ricevere.

In tempi non tanto lontani, la vita cristiana appariva come un ordine da eseguire, un imperativo da onorare, una conformità da rispettare, in sintesi, come una forma di obbedienza a Dio e alla Chiesa.

Questo cristianesimo ha educato e affinato la coscienza di numerose generazioni. Molti vi hanno trovato una guida e vi hanno riconosciuto non solo un dovere, ma un ideale di vita che si sono impegnati ad assolvere con fedeltà e – riconosciamolo – con sufficiente amore e libertà da sentirsi veramente felici.

Ma questo cristianesimo di osservanza ha generato ugualmente molte coscienze infelici, rinchiuse nell’immagine di un Dio giudice, nell’ossessione della colpa, a dispetto della buona notizia evangelica.

Anche se non più dominante, questo cristianesimo della legge è sempre vivo come uno strato ricevuto in eredità il quale, in certe circostanze, riaffiora con forza. L’aspetto legalista continua ad essere ben presente nella memoria profonda di coloro che se ne sono allontanati, perché lo hanno sperimentato come un peso che può soffocare anziché liberare.

Non sono convinzioni negative quelle che hanno dato forma a tante generazioni, e potremmo anche dire che oggi – in contesti senza regole – le situazioni sono più complicate e difficili.

È anche vero, però, che una simile visione della fede ha portato molti ad allontanarsi dalla Chiesa. Col tempo, si è arrivati quasi solo ad un’appartenenza morale, e ciò ha generato una riduzione ingiusta del cristianesimo.

Diverse persone, ripensando al loro allontanarsi dalla Chiesa, conservano, in maniera duratura e senza possibilità di ritorno, un ricordo amaro. All’uomo d’oggi il cristianesimo della legge appare assai poco adatto a suscitare il gusto, il desiderio, la gioia di essere cristiani.

È il frutto – amaro – di una lettura idolatrica della legge, non a servizio della vita ma della morte, allorquando la legge diventa castigo in proporzione al male che hai commesso.

Si assiste, allora, al tentativo di rapportare la vita all’ideale perfetto della legge. Ma il perfezionismo è una forma di gnosticismo. Per uscire dalla schiavitù della legge, occorre scoprire che la forza sta nel riconoscimento della debolezza di fronte alla legge. Perché ci possa essere salvezza non si può continuare a ragionare sul binario virtù-vizio, come se la virtù fosse l’emancipazione dal vizio, lo sforzo per liberarsi dal vizio o dal peccato. È un’antitesi moralistica da cui non è possibile sfuggire.

Allora, quale atteggiamento assumere? Si deve sostituire alla coppia legge-peccato, che genera solo sofferenza, la coppia fede-peccato. È la fede che salva. La fede aiuta una certa lettura della legge, non contro la vita, ma per la vita. La fede fa esistere una legge a servizio della vita. E la legge che è al servizio della vita si chiama amore.

Pensare la legge nella logica dell’amore, significa emancipare la legge dall’idea che essa sia il luogo del castigo, della tortura della vita.

Il cristianesimo interpretativo e di impegno

È il cristianesimo di coloro che hanno trovato nel messaggio cristiano non un dovere da compiere, ma un appello a impegnarsi liberamente nel mondo per renderlo migliore, testimoniando la potenza liberatrice del vangelo.

È il cristianesimo del militante, dei movimenti di Azione cattolica, delle organizzazioni caritative, delle comunità di base che, in nome del vangelo, prendono decisamente a carico le cause umanitarie e le sfide sociopolitiche, con uno spirito di servizio soprattutto verso i più poveri.

È, questo, un cristianesimo di azione e di impegno, che mira a rendere presenti, nella misura del possibile e già da ora, le promesse del Regno, con la speranza che si compiranno definitivamente alla fine dei tempi. Questo impegno per un mondo migliore è costitutivo della vita cristiana e della missione di evangelizzazione.

Tuttavia, occorre riconoscere che anche questo cristianesimo, considerato o presentato in maniera isolata, non basta più.

Prima di tutto, per il fatto che la militanza si rivela oggi difficile in un mondo interdipendente, estremamente complesso e governato da logiche economiche implacabili, di fronte alle quali gli individui si sentono presto impotenti.

Poi, perché l’impegno per la trasformazione del mondo necessita anzitutto di convinzioni forti, le quali non nascono nelle persone che non hanno attraversato le questioni esistenziali del senso della vita, la ricerca di identità e l’integrazione nel proprio ambiente sociale.

A differenza del modello dogmatico precedente, quello interpretativo, non si accontenta di esporre e di spiegare i dogmi della fede cattolica, ma cerca di manifestare il significato sempre attuale della parola salvifica di Dio, guardando alle nuove prospettive storiche della Chiesa e dell’essere umano.

Ciò detto, bisogna però evitare che, una volta superata l’inflazione moralistica, ci sia il pericolo di arrivare all’inflazione dell’impegno. Al centro, deve rimanere la capacità di tenere unite, in profondità, la verità della fede e la prassi cristiana, la dottrina e la vita, i contenuti e l’azione quotidiana.

Sostenere che il punto di partenza e l’orizzonte della teologia è il valore dell’impegno sociale, non vuol dire essere adogmatici, ma semplicemente che si prende sul serio la storicità di ogni verità, e ciò implica una nuova comprensione del messaggio cristiano e una nuova incarnazione.

La rivelazione di Dio avviene nella realizzazione dell’uomo. Dio ha voluto “limitarsi” e, nonostante voglia rivelarsi in pienezza, riesce a farlo solo nella misura in cui l’uomo lo scopre, lo accetta e lo capisce. Per questo, quanto più ci si immerge nella condizione umana, tanto meglio ci si può rendere conto di chi, in essa, ci parla e cosa ci dice.

Il cristianesimo della grazia

Dentro questa terza prospettiva, essere cristiani non è prima di tutto assolvere un dovere o agire per un mondo migliore, ma, in ogni circostanza e senza condizioni, ricevere un dono gratuitamente offerto. L’annuncio evangelico dice, infatti, che ci è donata una relazione di grazia con Dio e che si è invitati a viverla e a diffonderla in tutti i rapporti umani. La relazione di grazia è connotata dalla gratuità.

La grazia, nel cuore stesso delle infelicità e delle sofferenze che possono segnare la vita, tiene in piedi, custodisce, rialza o riconduce nella dignità di figli e figlie di Dio. Se è possibile separarsi dall’amore di Dio, non è però possibile spegnere l’amore che Dio ha per noi.

La focalizzazione inequivocabile sull’amore e la misericordia sconfinata di Dio spaventa alcuni perché potrebbe essere fraintesa. Chi desidera la sicurezza non ama la “perplessità”. Se si permette alla “libertà inafferrabile” dello Spirito Santo di agire nella vita, si viene spinti a fare cose che verranno fraintese. L’opera di Dio consiste nello strappare dall’insignificanza nella quale ci si può mettere e nel non sprofondare in essa.

Il cristianesimo della grazia include sia la dimensione della legge sia quella dell’impegno, ma in una nuova prospettiva. La grazia, infatti, tocca i soggetti nel loro intimo, ma non li allontana dall’impegno, dall’azione per la trasformazione del mondo. Perché la grazia conferisce a tutti, indipendentemente dalla loro storia, la più elevata dignità e promessa.

Vivere nella grazia sarà, dunque, impegnarsi con un’accresciuta determinazione nel compito di stabilire, per quanto possibile, le condizioni sociali che corrispondono alla dignità e alla vocazione di eternità di tutti gli esseri umani, soprattutto là dove le condizioni sono più carenti.

Ciò che rende possibile abbandonare la versione formalistica della legge che non lascia scampo e fa sempre sentire indegni, è l’incontro con Cristo che cambia la vita.

Quando c’è chiamata, quando il desiderio chiama, si ha sempre la possibilità di voltare le spalle alla chiamata, rifiutare la tribolazione della fede.

L’azione della grazia aiuta a comprendere che la fede invita a essere chiamati fuori, «esci dalla tua terra» (Gen 12,1), non è far parte di un luogo protetto, è perdere la possibilità di un luogo protetto, non c’è casa, non c’è rifugio, la fede è esposizione, è chiamata a una speranza senza visione della speranza.

La responsabilità del soggetto è risposta alla chiamata. La legge non è fatta solo per essere ascoltata, è fatta per essere messa in opera e rispondere alla chiamata. Essere coerenti con il proprio desiderio è ciò che salva la vita, altrimenti la vita si ammala.

La fratellanza è riconoscere la vita dell’altro come immensamente sacra al di là del sangue. In un tempo dove rinascono nazionalismi, dove non ci sono ponti, ma muri, dove si assiste a un ritorno aggressivo e reazionario di identità etniche, chi risponde alla chiamata diventa capace di ripensare la fratellanza, si dispone a fare la verità non solo a dire la verità.

Non è la stessa cosa, aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, poterlo ascoltare o meno. Si sa che stare con Cristo Gesù la vita diventa più piena ed è per questo che si continua ad evangelizzare.

Il problema più grande dell’evangelizzazione oggi è di rendere il cristianesimo non solo comprensibile, ma desiderabile, buono per la propria vita. La vita cristiana trova la sua sorgente nella buona novella.

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13 Commenti

  1. Giuliana Babini 6 febbraio 2024
  2. Enza 4 febbraio 2024
  3. Giuseppe 2 febbraio 2024
  4. Mauro Mazzoldi 2 febbraio 2024
    • Pietro 3 febbraio 2024
    • Nicola Pasqualetto 4 febbraio 2024
  5. Fabio Cittadini 2 febbraio 2024
  6. Walter 2 febbraio 2024
  7. Pietro 2 febbraio 2024
    • Adelmo li Cauzi 3 febbraio 2024
      • Nicola Pasqualetto 4 febbraio 2024
        • Adelmo li Cauzi 5 febbraio 2024
          • Pietro 9 febbraio 2024

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