Nell’epoca attuale in cui le chiese si svuotano e le persone preferiscono starsene comodamente sedute davanti al televisore piuttosto che uscire e «fare la fatica» dell’incontro reale, con papa Francesco dobbiamo constatare che «non siamo più nella cristianità» diffusa, intendendo che nella nostra cultura i valori cristiani sono sempre meno noti e meno praticati dalle persone.
Questo ci autorizza a parlare di crisi del cristianesimo? Non precisamente. Più corretto parlare del declino di una sua forma storica che, anziché lasciarci tristi o angosciati, dovrebbe suscitare il ripensamento sul presente come kairos perenne, nella misura in cui ogni crisi (se accolta con spirito creativo) prospetta un rimettersi in gioco rinnovando il dono delle origini.
Futuro del cristianesimo
Una riflessione sul tema è venuta da una tavola rotonda tenuta lo scorso 29 aprile in forma di webinar per la Pontificia Università Lateranense (PUL) dal titolo «Praedicate Evangelium: primato dell’evangelizzazione e futuro del cristianesimo» ispirata dalla costituzione apostolica sulla curia romana e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo (promulgata il 19 marzo).
I relatori hanno offerto una visione del tema nella prospettiva di un «triplice coro», cioè quello di una voce cattolica, luterana e ortodossa, seguendo una prassi oramai avviata da un paio di anni all’università del Papa attraverso un percorso di diploma e licenza in Teologia Interconfessionale. Questo percorso di studi, fedele all’esortazione di EG 226-228, cerca di perseguire quella «comunione nelle differenze» che, piuttosto che cercare un’unione omologante e predeterminata, punta alla «polifonia» che si produce quando ognuno esplicita la sua identità confessionale, rischiando, perché no, anche eventuali dissonanze.
Ad esordire è il prof. Giuseppe Lorizio, docente ordinario di teologia fondamentale alla PUL e coordinatore del nuovo percorso interconfessionale. Per lui la nuova attenzione all’evangelizzazione è un guadagno in quanto permette il rinnovamento delle strutture a partire dal centro e dalle richieste del Vangelo.
Il messaggio è chiaro: dobbiamo verificare se abbiamo posto (troppa) attenzione alla dottrina a scapito di una fede ridotta a istruzione «scolastica», e se molti hanno pensato che il compito di trasmettere la fede si fermasse alla lezione di catechismo. C’è il rischio della cristallizzazione, ovvero preservare senza mettere in gioco.
Il monito del vangelo «Praedicate Evangelium» è invece particolarmente vivo. Di esso abbiamo bisogno proprio nell’attuale congiuntura storica che stiamo passando in cui il mondo è tormentato e diviso dalle guerre e soggetto al rischio ambientale. Si fatica a trovare vie di pace, e ad attuare una transizione ecologica. La Chiesa, con il suo annuncio, può ricordare che l’unità a cui tutti aneliamo è fondata in Colui che ha dato la vita per il mondo.
Primato del vangelo
Jens-Martin Kruse, avvalendosi della sua pluriennale esperienza parrocchiale (nella principale chiesa luterana ad Amburgo), ha continuato sulla via tracciata, mettendo in luce la grande importanza ecumenica dei processi sopra menzionati, in quanto non si tratta di problematiche confessionali, che riguardino ad esempio solo la Chiesa cattolica romana, ma di una situazione generale.
Il ruolo della Chiesa non può più essere quello di preservare, o perpetuare, una forma (storica) di cristianesimo, ma è quello di comunicare il Vangelo affrontando la sfida del contesto. Tutte le Chiese sono chiamate a trovare una risposta (convincente) alla domanda su come, nelle condizioni attuali, possiamo donare la lieta novella di Gesù al mondo, in modo che abiti nel cuore delle persone incidendo significativamente nella vita di tutti i giorni.
Diventa centrale il compito della comunicazione del Vangelo che, seppur ha una forza propria, necessita della mediazione dell’apostolo e del discepolo. Ciascun battezzato diventa quindi importante perché, secondo quanto diceva Lutero «anche se Cristo si fosse dato per noi e fosse stato crocifisso mille volte, sarebbe tutto vano, se non venisse la Parola di Dio a distribuirlo e me lo donasse, dicendo: è per te, prendilo e tienilo come tuo». Qui sta il primato del vangelo e l’importanza della testimonianza. Servono forme, strutture e linguaggi ma essi devono servire al Vangelo e non il contrario.
Il moderatore, prof. Hubertus Blaumeiser, docente nel percorso interconfessionale con il corso «Chiesa in stile sinodale nel contesto plurale di oggi: dall’esperienza della Christianitas alla cultura dell’incontro e del dialogo», ha sottolineato che l’evangelizzazione non può essere una semplice opzione, ma è parte dell’essenza stessa del Vangelo, tanto che la Chiesa non è chiamata a fare missione, ma ad essere missione.
Libertà, laicità e unità
Il rev. Alexey Maksimov, pope della chiesa ortodossa russa (formatosi presso la Orthodox St. Tikhon University di Mosca), che svolge il suo servizio nella chiesa intitolata a Santa Caterina di Alessandria nei pressi del Vaticano, ha dato ampio spazio alla dimensione personale che deve precedere la missione. Nessun discepolo, infatti, è credibile testimone se non coltiva la sua dimensione interiore e spirituale nella preghiera.
Nella nostra società, oltretutto, vi è diffidenza verso parole che non rispecchino un’esistenza coerente, e nemmeno le opere di carità comune sono più argomento dirimente per esplicitare la fede, in quanto tali opere sono prodotte tanto dalle Chiese quanto dall’umanesimo globale.
Con cosa allora si potrà chiedere, o mostrare, il passaggio alla fede e al cristianesimo? La via risiede nella santificazione, fondamento all’evangelizzazione. Per questo si può usare anche il termine «illuminazione», ricordando il vangelo e il titolo del motu proprio di papa Francesco Vos estis lux mundi del 2019. Inoltre, il presbitero ortodosso, facendo propria la frase del patriarca Alessio II, ha ribadito che il Vangelo non si racconta, ma si mostra con la vita.
Nel dibattito, che è seguito alle tre relazioni, è emerso come il futuro del cristianesimo dovrà essere per attrazione, e lo sarà nella misura in cui lo Spirito Santo sarà il protagonista dell’evangelizzazione. E i tratti che accompagneranno questa nuova fase della Chiesa saranno libertà dai comuni idoli che possono affliggerla; laicità, nel senso di un’estensione del ruolo dei laici, contro un cattivo clericalismo; unità dei cristiani che, senza escludere le differenze confessionali, cercheranno sempre più una comunione fondata sul vangelo e sul battesimo.