
Nei ristretti circuiti cinesi che si occupano di religione cattolica spira un sottile disagio: aver sprecato la straordinaria simpatia per la Cina di papa Francesco. Anche se il successore, papa Leone XIV, ha mostrato di confermare l’apertura del suo predecessore verso il «regno di mezzo», l’empatia di Bergoglio e il suo rinnovo per quattro anni dell’accordo sulla nomina nei vescovi nell’ottobre 2024 (cf. qui su SettimanaNews), in un quadro internazionale di progressivo conflitto della Cina con l’Occidente, non ha trovato una risposta adeguata.
Inutile sgarbo
La centellinata comunicazione della morte del pontefice in termini burocratici, l’assenza di una rappresentanza anche non ufficiale nei giorni del lutto, il mancato arrivo di vescovi per i funerali configurano il tutto come una occasione mancata. A peggiorare il quadro vi è la frettolosa e scombinata nomina (prima del consenso vaticano) di due vescovi ausiliari a Shanghai e a Xinxiang.
Nomine non contrappositive, ma avvenute in un momento in cui sono suonate come un inutile sgarbo. Anche se decise in precedenza e gestite, secondo alcuni esperti, con evidente impreparazione sono apparse lesive dello spirito dell’accordo anche se non del testo (ancora segreto per volontà cinese).
L’imperativo di Xi Jinping circa la «sinizzazione» delle religioni continua a produrre ulteriori impedimenti alla già fragile «libertà» religiosa. Permane la pressione indebita sui preti e sui vescovi «sotterranei» per il processo di «registrazione» che non prevede, soprattutto negli uffici periferici, alcuna capacità di mediazione e aggiustamento.
Ne dà frequente nota la rivista AsiaNews come nei post diffusi l’11 e il 16 aprile scorso. Il primo di maggio sono entrate in vigore nuove norme che restringono ulteriormente anche le attività religiose degli stranieri. Minuziose disposizioni disciplinano quanti sono i libri da portare in Cina, quali le possibilità di celebrazione e il numero ristretto dei possibili contatti.
Secondo un esperto consultato da La Croix (9 aprile) «la novità della regolamentazione tenderebbe a che ogni comunità religiosa straniera debba ormai dichiarare ufficialmente tre responsabili considerati come interlocutori privilegiati dalle autorità in caso di problemi». In altri termini si perfeziona il controllo all’interno di tutti i gruppi religiosi delle varie fedi. Ovunque e sempre niente deve accadere fuori del controllo e delle norme del partito».
Segnali positivi
Vi sono anche elementi meno problematici e positivi nell’attuale contesto cinese, come i legami sempre più coltivati fra il cardinale di Hong Kong, Stephen Chow, con diversi vescovi della Cina continentale, la presenza di alcune decine di religiosi in contesti soprattutto universitari e il riconoscimento formale del vescovo «sotterraneo» Lin Yuntuan, come vescovo ausiliare di mons. Cai Bingrui, nella diocesi di Fuzhou.
Quest’ultimo gesto è stato particolarmente apprezzato a Roma perché apre al riconoscimento legale del gruppo limitato di vescovi che non hanno accettato in coscienza la registrazione prevista dallo stato o quantomeno non nelle forme asfissianti di alcuni zelanti funzionari. Alla cerimonia ufficiale avvenuta l’11 giugno hanno partecipato diversi vescovi con oltre 300 fedeli. Bisognerà vedere quale ruolo effettivo sarà riconosciuto al nuovo ausiliare.
Un compito sempre maggiore è quello del card. di Hong Kong, Stephen Chow, per i legami che sta stringendo con diverse diocesi della Cina continentale, visitando e invitando. Punto di riferimento in loco dove l’amministrazione pubblica sta erodendo gli ultimi resti di un’esperienza democratica e libera dei decenni precedenti.
Accompagnare la comunità cattoliche in simile distretta è tutt’altro che agevole. D’intesa con la Segreteria di stato il cardinale espleta una discreta ma efficace azione di conoscenze reciproche e di riferimento che si è vista all’opera anche prima e durante il Conclave. Le voci dissidenti del card. Zen e di altri relativamente all’accordo con la Cina sono state ridimensionate e ricondotte a giuste dimensioni anche grazie alla sua testimonianza.
Positiva, nonostante i recenti e evidenti limiti, la presenza in Cina di alcune decine di religiosi stranieri appartenenti alle famiglie religiose dei domenicani, dei francescani e dei gesuiti (di questi si parla di 20-25 consacrati). Sono stati aperti anche alcuni monasteri. In particolare dei trappisti: uno maschile e uno femminile. Durante il giorno i monaci lavorano come operai e le donne come infermiere per poi, alla sera, rivestono l’abito per la preghiera corale.
Guardando avanti
Pesa sul prossimo futuro la sostituzione di una pedina importante nella commissione cinese per il dialogo con la Santa Sede. È stato sostituito infatti il rappresentante del Fronte Unito, espressione diretta del Partito e riferimento centrale per la questione religiosa. Il nuovo arrivato sembra figura meno disponibile e più rigida.
In ogni caso i dialoghi proseguono con un primo e fondamentale risultato: avere impedito la formazione di uno scisma con nomine episcopali anti-papali. Ma i passi in positivo rimangono assai brevi e molto lenti, dando ai diretti interessati la percezione di lavorare non tanto per l’oggi, ma per la Chiesa dei prossimi 30-40 anni.





