
La decisione del cardinale Cupich, arcivescovo di Chicago, di premiare il senatore democratico Dick Durbin per la sua azione a favore degli immigrati ha scatenato una vivace polemica, che non si chiude nemmeno con la decisione del senatore di rifiutare il riconoscimento. In questo ampio articolo dello scorso 3 ottobre, Mike Lewis, fondatore e direttore del sito Where Peter Is, ricostruisce la vicenda e spiega le ragioni degli uni e degli altri, fornendo uno spaccato delle questioni che dividono profondamente i vertici della Chiesa statunitense. I link sono presenti nell’articolo originale in inglese. La traduzione è di Fabrizio Mastrofini.
La controversia che circonda la decisione dell’arcidiocesi di Chicago di premiare il senatore Dick Durbin si è rapidamente trasformata da una disputa locale a un banco di prova delle dinamiche interne della gerarchia statunitense. La notizia che Durbin avrebbe ricevuto il premio alla carriera «Keep Hope Alive» dell’arcidiocesi, in riconoscimento della sua lunga storia di difesa dei diritti degli immigrati e dei rifugiati, ha scatenato un’ondata di critiche. Diversi vescovi statunitensi hanno attaccato direttamente l’arcivescovo di Chicago, il cardinale Blase Cupich, sostenendo che il sostegno di Durbin al diritto all’aborto lo rendesse un destinatario inadatto.
Tra i critici più accesi del cardinale Cupich c’è il vescovo di Springfield Thomas Paprocki, che ha pubblicato un intervento dai toni forti su First Things, avvertendo che onorare il senatore Durbin sarebbe stato un «grave errore» che avrebbe rischiato di scatenare un «enorme scandalo», dato il passato di sostegno all’aborto legale. Il vescovo Paprocki ha insistito sul fatto che concedere tale riconoscimento avrebbe contraddetto la testimonianza pubblica della Chiesa, ricordando che a Durbin è ancora vietato ricevere l’Eucaristia nella diocesi di Springfield. L’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, si è affrettato a esprimere il suo sostegno con un post su X, allineandosi pubblicamente alle preoccupazioni del vescovo Paprocki ed esortando Cupich a riconsiderare il premio.
Ben presto abbiamo avuto un’ondata di condanne episcopali. In dieci si sono espressi pubblicamente contro il premio, tra cui il vescovo di Lincoln, James Conley, il vescovo di Gallup, James Wall, il vescovo di Green Bay, David Ricken, il vescovo di Fort Worth, Michael Olson, il vescovo di Wichita, Carl Kemme, il vescovo di Kansas City–St. Joseph, James Johnston, e l’arcivescovo emerito Joseph Naumann di Kansas City. Il numero insolitamente elevato di prelati che protestano contro la decisione di un confratello vescovo ha aperto un dibattito nazionale senza precedenti, mettendo in luce fratture nella gerarchia e la polarizzazione nella Chiesa statunitense in generale sulla guerra culturale in atto.
La diatriba in atto ha scatenato un’ondata di commenti sui media cattolici. L’ex dipendente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB) Jayd Henricks ha scritto un articolo per Catholic World Report dipingendo il Cardinale Cupich come il «distruttore» designato da Papa Francesco tra i vescovi statunitensi. Henricks ha osservato che il Cardinale Cupich «non ha ricoperto posizioni di leadership significative» all’interno della Conferenza, sostenendo che «non poteva essere eletto a causa della sua impopolarità (che resta tutta)».
Organi di stampa come la Catholic News Agency e il National Catholic Register (che fanno parte dello stesso gruppo di media collegato a EWTN − ndt) si sono concentrati sulle reazioni negative dei sostenitori pro-life e dei vescovi. In un articolo che ho pubblicato la scorsa settimana su Where Peter Is, ho sostenuto che il cardinale Cupich ha commesso «un errore di giudizio», sottolineando che «quando i responsabili della Chiesa prendono decisioni che possono essere facilmente interpretate come gesti di parte, rafforzano involontariamente le stesse divisioni che vogliono sanare». Ma ho anche sottolineato che molti dei vescovi che accusavano il cardinale Cupich erano essi stessi colpevoli di comportamento di parte, tra cui il vescovo Paprocki e l’arcivescovo Cordileone, entrambi nominati dal presidente Donald Trump per far parte di un comitato consultivo. E a differenza del cardinale Cupich, che era uno dei più affidabili sostenitori del pontificato e degli insegnamenti di Francesco, la maggior parte dei vescovi che lo condannano si è spesso trovata in contrasto con gli insegnamenti e le iniziative del defunto papa.
Papa Leone risponde
Martedì sera, a Papa Leone XIV è stato chiesto direttamente di commentare la controversia. Invece di condannare il cardinale Cupich o commentare il premio in sé, ha sottolineato la coerenza morale nelle questioni di vita. «Non ho molta familiarità con il caso specifico», ha detto, «Penso sia importante considerare il lavoro complessivo che un senatore ha svolto durante, se non sbaglio, 40 anni di servizio al Senato degli Stati Uniti». Ha continuato: «Chi dice di essere contro l’aborto ma è a favore della pena di morte non è realmente pro-life. Chi dice di essere contro l’aborto ma a favore del trattamento disumano degli immigrati negli Stati Uniti, non so se sia pro-life». Leone ha aggiunto: «L’insegnamento della Chiesa su ciascuna di queste questioni è molto chiaro».
La reazione dei cattolici conservatori è stata rapida e intensa. Phil Lawler, editorialista di Catholic Culture, ha scritto che la risposta del papa è stata «certamente deludente» e «in gran parte irrilevante». Lawler ha lamentato che la dichiarazione di Leone «probabilmente farà sì che i vescovi timidi – e ce ne sono molti – mantengano il silenzio». Lo scrittore e apologeta della pena di morte Edward Feser ha scritto su X: «Con il dovuto rispetto per il papa, l’osservazione è manifestamente falsa». Rorate Caeli ha accusato il papa di giustificare lo scandalo e ha sostenuto che le interviste papali dovrebbero cessare del tutto. Il settimanale Newsweek ha citato un post del commentatore conservatore Matt Walsh, che ha reagito alle osservazioni del papa scrivendo su X: «Roba orribile da parte del papa. Davvero orrenda su circa cinque livelli diversi».
Naturalmente, l’adesione di Papa Leone a un’etica di vita coerente è ben nota. In un discorso del 2023 in occasione di un evento celebrativo per il 25° anniversario dell’Universidad Católica Santo Toribio de Mogrovejo a Chiclayo, in Perù, l’allora cardinale Prevost elogiò l’insegnamento della «veste senza cuciture» del defunto cardinale Joseph Bernardin di Chicago. Disse:
«La visione di Bernardin suggeriva di comprendere gli insegnamenti morali della Chiesa come una risposta olistica alle numerose sfide che affliggono la vita umana, come se fossero fili intrecciati in un unico tessuto. Questa prospettiva delinea un percorso per la Chiesa, che rimane rilevante anche oggi. Ad esempio, un cattolico non può affermare di essere veramente pro-life mantenendo una posizione contro l’aborto e allo stesso tempo sostenendo la pena di morte. Una tale posizione mancherebbe di coerenza con la dottrina sociale cattolica. Il nostro pensiero e il nostro insegnamento devono manifestare coerenza, difendendo costantemente il valore della vita umana dal suo inizio alla sua fine naturale».
Il futuro papa Leone XIV ha aggiunto poi in quella occasione: «Propongo di accogliere nuovamente la proposta del cardinale Bernardin, forse ora con più urgenza che mai».
Nello stesso discorso, l’allora cardinale Prevost ha anche elogiato l’appello del cardinale Cupich a «rivendicare e sviluppare ulteriormente il concetto di un’etica coerente della vita, espandendola in quella che lui definisce una nuova e integrale etica della solidarietà». Molti hanno contrapposto l’approccio dell’«etica coerente» alla posizione di lunga data della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti secondo cui l’aborto è la «priorità preminente» nella vita politica. Sebbene i sostenitori di un’etica coerente della vita abbiano sostenuto che la loro visione non diminuisce la preoccupazione per i nascituri, alcuni critici sostengono che venga usata per giustificare il voto per i politici pro-choice. Coloro che si oppongono all’etica coerente, nel frattempo, spesso rifiutano gli insegnamenti della Chiesa su questioni di vita diverse dall’aborto, dall’eutanasia e dal suicidio assistito. Ad esempio, molti cattolici conservatori sostengono apertamente la pena di morte, le deportazioni di massa e le dure politiche sull’immigrazione.
Martedì 30settembre, Durbin ha comunicato al cardinale Cupich che avrebbe rifiutato di ricevere il premio. Il giorno successivo, il cardinale Cupich ha rilasciato una dichiarazione, spiegando che il premio era inteso «specificamente come riconoscimento del singolare contributo del senatore alla riforma dell’immigrazione e del suo incrollabile sostegno agli immigrati», e non come un riconoscimento dell’operato su altre questioni. Ha avvertito che l’intensità dello scandalo «di questi ultimi giorni indica la profondità e il pericolo di tale situazione di stallo». Il cardinale Cupich, che ha recentemente celebrato il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, ha notato: «Ripensando ai miei 50 anni da sacerdote e ai 27 anni da vescovo, ho visto le divisioni all’interno della comunità cattolica aggravarsi pericolosamente. Queste divisioni danneggiano l’unità della Chiesa e minano la nostra testimonianza del Vangelo».
Ha lanciato una sfida ai suoi colleghi prelati, scrivendo: «I vescovi non possono semplicemente ignorare questa situazione perché abbiamo il dovere di promuovere l’unità e aiutare tutti i cattolici ad abbracciare gli insegnamenti della Chiesa come un tutto coerente».
Un attacco coordinato
Con l’intensificarsi del dibattito pubblico negli ultimi giorni, le discussioni all’interno della Conferenza Episcopale Statunitense avevano apparentemente già iniziato a intensificarsi. La rivista (conservatrice, ndt) The Pillar ha scritto che «alcuni vescovi della Conferenza stanno preparando in via confidenziale una dichiarazione sull’argomento, che prevedono di pubblicare nei prossimi giorni, presumibilmente dall’ufficio del presidente o dal comitato amministrativo della Conferenza», previa informazione alla nunziatura apostolica. L’articolo indicava che una dichiarazione era in fase di stesura in vista della pubblicazione e alcuni vescovi ritenevano che la Conferenza episcopale dovrebbe ribadire che le istituzioni cattoliche non dovrebbero onorare personaggi pubblici che sostengono gravi mali morali.
Un reportage indipendente di Where Peter Is ha fatto conoscere resoconti più dettagliati di quelle deliberazioni interne. Secondo fonti della conferenza, il comitato per le attività pro-vita – guidato dal suo presidente, il vescovo Daniel E. Thomas di Toledo – ha convocato una riunione di emergenza specificamente in risposta alla decisione del cardinale Cupich. Secondo queste fonti, è stata preparata una bozza di dichiarazione che accusa il cardinale di aver violato «Catholics in Political Life», un documento della conferenza del 2004 che vieta di conferire «premi, onorificenze o sottolineature che suggeriscano sostegno alle loro azioni» a personaggi politici «che agiscono in violazione dei nostri principi morali fondamentali».
Fonti affermano che anche l’arcivescovo Paul Coakley di Oklahoma City ha avuto un ruolo nel promuovere l’iniziativa contro il cardinale Cupich, ma finora ha evitato di associare pubblicamente il suo nome a una dichiarazione contro il cardinale Cupich. Alcuni commentatori, tra cui Michael Sean Winters del National Catholic Reporter, hanno suggerito che ci sia una forte spinta tra i vescovi di destra per eleggere l’arcivescovo Coakley – che attualmente ricopre la carica di segretario della Conferenza episcopale – come prossimo presidente della Conferenza episcopale statunitense (USCCB) durante l’Assemblea generale di novembre a Baltimora. Fonti affermano inoltre che l’arcivescovo Timothy Broglio, attuale presidente della Conferenza episcopale, ha sostenuto l’iniziativa e ha contemporaneamente mantenuto i contatti con il cardinale Cupich. In risposta, il cardinale Cupich ha proposto un’alternativa, ovvero una dichiarazione della Conferenza episcopale che affermi il principio secondo cui gli organismi nazionali non interferiscono nel governo dei vescovi diocesani.
Secondo altre fonti, in Vaticano il Dicastero per i Vescovi sarebbe rimasto allarmato dall’intensità della polemica. Le pressioni sull’Arcivescovo Broglio affinché rilasciasse una dichiarazione sarebbero continuate anche dopo il ritiro di Durbin. Una fonte ha suggerito che le reti di donatori legate al Napa Institute abbiano avuto un ruolo nell’incoraggiare a rendere la questione un caso esemplare. Il Napa Institute, fondato dal ricco imprenditore cattolico Tim Busch, è noto soprattutto per i convegni che riuniscono ricchi donatori e ecclesiastici conservatori. I critici affermano che il Napa Institute promuove una visione ristretta e di guerra culturale del cattolicesimo, e molti dei vescovi che criticano Cupich sono strettamente legati ad esso. L’Arcivescovo Coakley è il Consulente Ecclesiastico dell’organizzazione, e il Vescovo Paprocki, l’Arcivescovo Cordileone e l’Arcivescovo Broglio fanno parte del suo Comitato Consultivo Ecclesiastico.
Un rimprovero senza precedenti
Sarebbe senza precedenti che la leadership della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti censurasse formalmente e pubblicamente un cardinale in carica, soprattutto su una questione di governo arcidiocesano. Il fatto che ci siamo quasi, suggerisce che, anche sotto Papa Leone XIV, le divisioni all’interno della Conferenza continuano a crescere e che il distacco tra Roma e la leadership della Conferenza non si è ancora ricomposto.
Oltre alla novità del progetto di rimproverare il cardinale Cupich, c’è il fatto che si voglia quasi oltrepassare la sua autorità di vescovo diocesano. Il diritto canonico conferisce a un vescovo diocesano «ogni potere ordinario, proprio e immediato» nella diocesi, e una conferenza episcopale non può ignorare tale autorità a meno che la Santa Sede non autorizzi esplicitamente e conceda la recognitio verso le decisioni del vescovo diocesano. In caso contrario, i vescovi hanno l’autorità di respingere dichiarazioni e documenti della conferenza nelle loro diocesi.
Alcuni vescovi hanno respinto con veemenza i documenti della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB). Ad esempio nel 2008, il vescovo Joseph Martino di Scranton ha respinto con forza l’edizione del 2007 della guida al voto della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, Faithful Citizenship, ritenendo che avrebbe dovuto condannare esplicitamente il voto per candidati che sostengono il diritto all’aborto. In una riunione parrocchiale, aveva dichiarato: «Nessun documento della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti è rilevante in questa diocesi». Aggiungendo: «La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti non parla per me… L’unico documento rilevante… è la mia lettera». Affermando poi: «C’è un solo insegnante in questa diocesi, e questi punti non sono discutibili».
I vescovi diocesani non sono nemmeno tenuti ad accettare le linee guida della Conferenza per la tutela e la prevenzione degli abusi. Oltre vent’anni fa, la diocesi di Lincoln, guidata dal vescovo Fabian Bruskewitz, si rifiutò di partecipare alle verifiche di conformità alla Carta di Dallas sugli abusi sessuali da parte del clero.
Secondo il rapporto annuale del 2004 del National Review Board, il vicario generale di Lincoln inviò agli estensori una lettera in cui affermava che il vescovo Bruskewitz «non riconosce alcuna giurisdizione rivendicata su di lui o sulla sua attività pastorale dal Comitato» ed è «pronto a prendere tutte le misure appropriate e idonee necessarie, comprese azioni legali, qualora tale Comitato o la Conferenza episcopale degli Stati Uniti tentassero di costringerlo». (Lincoln iniziò finalmente a partecipare anni dopo sotto la guida del vescovo James Conley).
In una dichiarazione del 22 settembre, il cardinale Cupich ha sottolineato che le linee guida della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2004 sui cattolici nella vita pubblica, affidano la responsabilità di trattare con i politici cattolici direttamente al vescovo locale e che la sua decisione di riconoscere l’operato di Durbin era quindi una questione diocesana e non rientrava nella giurisdizione della Conferenza episcopale statunitense.
Ma non è questo l’unico motivo per cui si può ritenere insolita una eventuale presa di posizione del vertice della Conferenza Episcopale sulla vicenda di Chicago. L’ex addetto alle comunicazioni della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, Don Clemmer, ha sottolineato che una censura verso un cardinale sarebbe un fatto nuovo. Ha spiegato: «La tradizione vuole che, nella gerarchia, solo il papa possa denunciare pubblicamente un cardinale. Questo è altamente irregolare e non giova all’unità della Chiesa».
La dichiarazione prevista sarebbe la prima del suo genere. Steven P. Millies, docente alla Catholic Theological Union di Chicago, ha indicato diversi casi di vescovi coinvolti in comportamenti scorretti, senza arrivare a rimproveri da parte della dirigenza della USCCB, osservando: «Sarebbe senza precedenti per la conferenza individuare un vescovo per una censura pubblica. La conferenza non ha mai censurato il vescovo Robert Finn quando è stato condannato per non aver denunciato le accuse di abusi da parte di un sacerdote; non ha mai censurato il vescovo Michael Bransfield quando è stato scoperto a fare un uso improprio dei fondi; non ha mai censurato il vescovo Joseph Strickland per le sue offese all’unità, così gravi da essere rimosso da Francesco. A quanto pare solo riconoscere l’opera di Dick Durbin per aiutare gli immigrati raggiunge tale livello: questa è follia».
In effetti, sembra che nell’intera storia della Conferenza, nonostante i numerosi scandali e crimini che hanno coinvolto i vescovi, la dirigenza non abbia mai pubblicamente emesso una condanna contro uno dei suoi esponenti. Un’azione simile non è stata intrapresa contro il Cardinale Bernard Law, divenuto famoso quando i suoi tentativi di insabbiare gli abusi sessuali del clero a Boston furono smascherati nel 2002. Né la Conferenza ha emesso un rimprovero all’ex vescovo di Phoenix Thomas J. O’Brien, che uccise un pedone in un incidente stradale nel 2003, appena due settimane dopo essere sfuggito a un processo per aver occultato casi di abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti nella diocesi. La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti non ha mai censurato l’ex vescovo ausiliare di Los Angeles Gambino Zavala, che si è dimesso nel 2012 dopo aver rivelato di essere padre di due figli adolescenti. Molti altri vescovi negli ultimi decenni si sono dimessi o sono stati successivamente denunciati per attività immorali e illegali, e nessuno è mai stato individuato dalla Conferenza per un’ammonizione.
Non è chiaro se, alla luce dei commenti di Papa Leone e della decisione del senatore Durbin di rifiutare il premio, i vescovi procederanno con il loro piano di censura del cardinale Cupich. Indipendentemente da ciò che il vertice della Conferenza episcopale deciderà di fare, questo episodio ha portato alla luce una grave frattura nella Chiesa statunitense. Collegialità e fraternità hanno lasciato il posto a ostilità e aperto conflitto. Da una parte della divisione ci sono i vescovi statunitensi più influenti, i cosiddetti «conservatori», sostenuti da benefattori ben finanziati e politicamente motivati dai media cattolici. Dall’altra parte, c’è la minoranza di vescovi allineati alla visione sinodale della Chiesa prospettata da Papa Francesco e Papa Leone. Il fatto che alcuni vescovi prendano in considerazione l’idea di censurare un cardinale per un premio, pur rimanendo in silenzio su decenni di scandali, la dice lunga su dove risieda la vera crisi di credibilità.
Da parte sua, anziché scagliarsi contro i vescovi che lo hanno attaccato, il cardinale Cupich ha suggerito una via d’uscita. Nella sua dichiarazione, pubblicata sul sito web di Vatican News, ha scritto: «Credo che varrebbe la pena programmare alcuni incontri sinodali affinché i fedeli possano sperimentare l’ascolto reciproco con rispetto su questi temi, pur rimanendo aperti a maturare più pienamente nella loro comune identità di cattolici».
Riflettendo sulla dichiarazione del cardinale, Don Clemmer ha affermato: «Ammiro il cardinale Cupich per aver spostato il dibattito su ciò che è nei limiti del potere della Chiesa. La sua lettera al suo popolo è un modello». Che i vescovi scelgano o meno la via del rimprovero, l’appello del cardinale Cupich al dialogo sinodale ci ricorda che la via per l’unità della Chiesa non si troverà nel conflitto ideologico e nello schieramento di parte, ma nell’ascolto, nell’umiltà e nella fedeltà al Vangelo.
AGGIORNAMENTO: Alle 18:30 di venerdì 3 ottobre 2025, Chieko Noguchi, direttore esecutivo per gli affari pubblici dell’USCCB, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti non è un organo di governo e, in quanto tale, non ha l’autorità di intervenire in questioni relative alle decisioni prese in una singola diocesi. La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti cerca di facilitare il dialogo tra i suoi vescovi, rispettando al contempo il diritto dei singoli vescovi di esprimersi come ritengono opportuno».






L’aborto è ancora considerato l’uccisione di un essere umano dalla Chiesa Cattolica? Chiedo perché non ne sento mai parlare in Chiesa
Sempre su America un buon articolo:
“Nella sua dichiarazione in cui comunicava la decisione del senatore, il cardinale Cupich ha lamentato che “la tragica realtà nella nostra nazione oggi è che non ci sono sostanzialmente funzionari pubblici cattolici che perseguano costantemente gli elementi essenziali della dottrina sociale cattolica perché il nostro sistema partitico non glielo permette”. Ha chiesto “incontri sinodali affinché i fedeli possano sperimentare l’ascolto reciproco con rispetto su questi temi”. ”
https://www.americamagazine.org/many-things/2025/10/03/cupich-durbin-award-bishops-abortion/
Non solo è del tutto inutile da parte dei due schieramenti accusarsi reciprocamente di eresia o di mancata adesione al Vangelo. Di fatto nessuno può rivendicare la piena conformità al Vangelo o alla dottrina sociale della Chiesa, prenderne atto e finirla con le polemiche del tutto partigiane e strumentali sarebbe un buon punto di partenza.
Poi se sia meglio lavorare per avere nuovamente un “centro” (che poi centro nemmeno troppo, dato che la dottrina sociale della Chiesa è radicale sia per la destra che per la sinistra se presa seriamente) cattolico non ne ho la più pallida idea. Penso solo che sia un mero sofisma o opportunismo politico di bassa lega accusarsi reciprocamente. Non esiste un partito cattolico nel senso pieno e ognuno ha diritto/dovere di arrangiarsi come può.
Finalmente la puntualizzazione del 3 ottobre mette in evidenza il reale compito della conferenza episcopale, che il nuovo corso della sinodalita’ ha minato.
Tuttavia quando si apre il giudizio all’opinione pubblica, questa si nutre ancora di una logica marxista di suddivisione in classi e i vescovi, considerati classe elitaria di potere, finiscono per avere la peggio: immaginiamoci se sono cardinali.
Resta il fatto che la Chiesa dovrebbe preoccuparsi solamente di conferire il premio eterno della santità e quindi, prima di canonizzare qualsiasi persona, attendere che questa passi a miglior vita.