
Sta pregando?
No, perché?
Muoveva le labbra.
Si, quando sono nervosa conto i numeri primi.
Forse è in questo scambio di battute che si esprime il senso di una serie TV come Fondazione. Un’opera in cui si oppongono linguaggio matematico e parola: la necessità di un rigore logico capace di farsi interprete lucido dei dati da una parte, e dall’altra il racconto come confronto dialogante attraverso il quale l’uomo può far fiorire la propria identità. Da qui l’opposizione conflittuale tra la Storia e le storie, il racconto delle grandi masse e dei progressi umani e le vicende dei singoli. Fondazione ha per tema – tra i tanti chiamati in causa – la nostra capacità di sopravvivere alla distruzione se saremo capaci di mantenere viva la nostra capacità di raccontare la storia senza omettere la verità. Poiché la storia può trasformarsi facilmente in oblio e tirannide, tradire la memoria e negare il confronto con il passato. Ma andiamo con ordine.
Fondazione (Foundation) è una serie televisiva statunitense, liberamente ispirata all’omonimo ciclo di romanzi di fantascienza di Isaac Asimov. Prodotta da David S. Goyer e distribuita da Apple TV+ la serie ha debuttato nel settembre 2021, mentre la nuova terza stagione comincerà a essere trasmessa a partire dal’11 luglio prossimo. Questa la storia raccontata in estrema sintesi.

Nell’anno 12067 dell’Era Imperiale – trentacinque anni prima degli eventi che verranno narrati – Gaal Dornick, una ragazza prodigio che è stata capace di dimostrare il teorema matematico chiamato congettura di Abraxax, viene chiamata sul pianeta Trantor, capitale dell’impero, come apprendista di un famoso matematico, Hari Seldon.
Seldon è l’inventore di una nuova scienza, la psicostoria, un metodo predittivo basato sul calcolo e capace di conoscere il corso degli eventi futuri studiando le grandi masse di popolazione, purché queste non siano a conoscenza di essere oggetto di studio. Il metodo di Seldon non è tuttavia capace di predire con esattezza le decisioni dei singoli individui. Grazie alla psicostoria Seldon prevede la rovina della casa imperiale dei Cleon – una tirannia che da migliaia di anni governa la galassia, professando ordine e pace tra i vari popoli e pianeti – prevedendo un periodo di atrocità e barbarie che consegnerà la galassia a un declino di trentamila anni.
Per aver formulato queste ipotesi, Seldon e Gaal verranno arrestati e condotti a processo davanti agli imperatori; i due si guadagnano però il beneficio del dubbio dei Cleon, promettendo una significativa riduzione del periodo di oscurità predetto qualora venga loro consentito di continuare il loro studio. Hari e Gaal, insieme a un gruppo di seguaci del credo di Seldon, vengono così esiliati sul pianeta Terminus, il più marginale dei pianeti dell’impero. Lo scopo di Seldon è la costruzione della Fondazione, un serbatoio di conoscenze da tramandare alle generazioni future per affrontare le tenebre dell’ignoranza e l’inevitabile tramonto della civiltà galattica.

Queste le premesse narrative di Fondazione, ad oggi una delle serie TV forse più sottovalutate nonostante gli immensi sforzi produttivi. Tuttavia pur non soddisfacendo i fan di Asimov per la rilettura troppo libera del materiale originale, e faticando di fatto a trovare un proprio target di riferimento, Fondazione è uno show che mette in gioco numerose questioni che ci riguardano da vicino e che parlano della nostra storia attuale.
Un nuovo rinascimento
La cosa che colpisce immediatamente dello show di Apple è l’aspetto visivo: maestoso, curato ed evocativo, la serie sfiora lo stato dell’arte e sorprende per la realizzazione tecnica, la cura del dettaglio e l’originalità del world-building. Un paragone potrebbe essere fatto con Rings of Powers, serie colossale di PrimeVideo, anche se Fondazione vive di una propria autonomia estetica in quanto è il primo adattamento audiovisivo del ciclo di Asimov e può pertanto osare liberamente tra diverse soluzioni e richiami visivi e culturali.
Il mondo evocato dalla serie è una specie di universo neoclassico in cui l’eleganza e il rigore delle forme scaturiscono da un uso della tecnologia che non è più tanto ed esclusivamente tecnico quanto propriamente artistico.

L’umanità che troviamo in Fondazione è avanti a noi di migliaia di anni; tuttavia, è interessante notare come la tecnologia che vi troviamo sia al solo scopo di servire le volontà e le decisioni umane. In questo senso il mondo di Fondazione non è quello di Black Mirror, ad esempio, serie TV in cui l’uomo è vittima dello sviluppo tecnologico.
Al centro del mondo di Fondazione troviamo l’uomo, il quale è riuscito ad asservire completamente la tecnologia al proprio volere. Significativo a tal proposito è il fatto che l’unico robot presente nella serie sia la consigliera imperiale Eto Demerzel, una sorta di Eva futura la cui vera natura è tenuta occultata dagli imperatori, poiché la stirpe dei robot è completamente estinta in tutta la galassia. Solo Demerzel è sopravvissuta e detiene nella sua memoria migliaia di anni di storie delle vicende umane.

Dunque Fondazione ci mostra un mondo sì tecnologicamente avanzatissimo, ma che incarna in realtà piuttosto l’eredità spirituale del nostro rinascimento. L’uomo al centro dell’universo e luce del mondo.
Conoscenza e empatia
In questo contesto seguiamo la difficile ascesa del fragile progetto della Fondazione di Seldon e Gaal su Terminus. Il progetto del matematico visionario acquista contorni sempre più netti di puntata in puntata fino a chiarire la portata del suo intento originario: raccogliere conoscenza da tramandare alle generazioni future ma soprattutto ricreare ciò che tra gli esseri umani non esiste più, l’empatia. Quest’ultima, nelle parole dei protagonisti, si configura come meta ultima, obiettivo fondamentale, vera luce del mondo futuro immerso nelle tenebre.
L’empatia è la forma definitiva e completa della conoscenza, il sentire dell’altro, aspetto completamente obliato dalla dinastia imperale. I Cleon infatti sono distaccati, perché solo il distacco permette loro di esercitare lucidamente il potere. Proprio in questo senso la serie Apple sembra parlare in maniera esplicita al nostro presente, presente in cui non sono fantascienza le parole di un Elon Musk che afferma che «l’empatia è la forma più acuta di debolezza della nostra società», pensiero che purtroppo sta prendendo sempre più piede, sostenuto ad esempio dai circoli dell’estrema destra cristiana americana.[1]

Leggendo, dunque, alcune derive del nostro presente, Fondazione richiama l’attenzione dello spettatore sulla nostra capacità di raccontare storie e di influenzare con esse il corso della storia umana anche in modi estremamente negativi. Le storie in mano ai potenti diventano propaganda e inevitabilmente sfociano nella violenza, poiché prive di una reale e autentica morale, un insegnamento da tramandare che non sia l’intramontabile potere della casta, come mostra bene la vicenda emblematica della casa imperiale dei Cleon.
L’uomo vuoto
Al di là dei molti spunti che la serie offre è forse la vicenda tragica della dinastia imperiale quella che più di tutti colpisce a fa riflettere.
L’impero galattico è controllato dalla cosiddetta dinastia genetica, la linea di imperatori cloni dell’ultimo imperatore ereditario Cleon I, stabiliti per garantire una successione imperiale ininterrotta e senza sorprese. La dinastia genetica è composta da tre figure principali: Fratello Alba, clone prepuberale, Fratello Giorno, clone di mezza età al quale spetta il compito di agire e decidere, Fratello Tramonto, al quale spetta la pittura del grande affresco che rappresenta la storia Cleon. I tre sono chiamati ad agire come un sol uomo in un legame uni-trino, e vengono sostituiti periodicamente con nuovi cloni.

Seppur tutti importanti per la narrazione degli eventi, è però la vicenda di Fratello Giorno quella che mette in luce gli aspetti più interessanti connessi all’impero. In primo luogo la tragicità del personaggio è rappresentata dalla possibilità che i cloni non abbiano anima: esseri sempre uguali a sé stessi la cui coscienza e i cui ricordi sono costantemente trasferiti a cloni dormienti pronti a sostituire il clone precedente in un’indistinta continuità. Questo aspetto spirituale è ben enfatizzato nella prima stagione dello show, in cui Fratello Giorno deciderà di affrontare un pellegrinaggio per dimostrare l’esistenza in lui di un principio spirituale. Senza voler rivelare troppo della trama,[2] l’esito è infine tragico e lascia il personaggio nell’evidenza del proprio vuoto interiore.
Nella seconda stagione, una versione successiva di Fratello Giorno cercherà di sfidare i pronostici di Seldon andando contro le stesse leggi della casa imperiale, con la decisione di interrompere la dinastia genetica, prendere moglie e generare figli. Il tentativo di Fratello Giorno è quello di dimostrare la propria unicità e capacità di cambiare il corso della storia, ma nelle ultime battute della seconda stagione lo stesso Seldon, in un faccia a faccia con Fratello Giorno, gli dice amaramente che sa riconoscere un pioniere e lui non lo è.

Così l’imperatore conferma nelle sue azioni una frase che più volte viene citata nella serie: la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci. Infatti, pur cercando il dialogo e una pacifica risoluzione, l’unico linguaggio risolutivo che Fratello Giorno conosce è la distruzione del prossimo.
Fondazione è un racconto epico e maestoso di grande fantascienza in cui il lontano futuro degli eventi narrati condivide i problemi del nostro presente: in cui «le sorti dell’umanità saranno determinate da chi è veramente umano», gli uomini della Fondazione, gli uomini della conoscenza empatica.
[1] Cf. Empathy for the Devil, puntata n. 89 del podcast Fuori da qui di Chora Media, 31 maggio 2025 (ascolta la puntata su YouTube).
[2] Per questo rimando all’esauriente approfondimento di Marco Staffolani, Foundation: robot e cloni tra tentazione e libertà in https://www.settimananews.it/libri-film/foundation-robot-e-cloni-tra-tentazione-e-liberta/





