La piccola via della “grande trasformazione” interiore

di:

annick de souzenelle

«Io (dico), con l’autorità della Bibbia che noi non moriamo ma che mutiamo. Si tratta solo di far sparire la nostra tunica di pelle per liberarne il “respiro”, sia lo Spirito, lui, che rimane e muta l’Essere». Lo scriveva Annick de Souzenelle nella sua Meditazione sulla morte pubblicata nel 2023. Domenica 11 agosto, all’età di 101 anni, Annick è entrata in quello che Lei chiamava il «gran concerto della deificazione umana».

Autrice di una quarantina di opere dalla lettura impegnativa, Annick de Souzenelle occupava una posizione difficile da classificare tra gli autori di libri di spiritualità. In un’epoca caratterizzata da un forte «consumismo spirituale», la sua eredità rimarrà, sottolinea Jean Mouttapa, suo editore presso la casa editrice Albin Michel. Per essere accolto il suo pensiero va elaborato da una mente riposata: «La lettura delle sue opere segna spesso il cammino spirituale dei suoi lettori che ne escono trasformati…».

Ha aperto porte e finestre

«È una delle persone che ha veramente aperto la via del simbolismo nel mondo cristiano: a proposito dell’interpretazione simbolica della Bibbia, c’era un muro di ghiaccio e lei è stata una rompi-ghiaccio», la ricorda così Judith Cyprel, una delle sue ex allieve che oggi anima centri di introduzione al simbolismo delle lettere ebraiche.

Ha aperto porte e finestre allontanandosi dalla morale e donando una boccata d’ossigeno straordinaria. E per coloro che l’hanno potuta incontrare è stata anche una presenza straordinaria, una gioventù di spirito folle e una forza intuitiva straordinaria.

Le questioni esistenziali si sono impresse molto presto su questa Bretone nata il 4 novembre del 1922. La sua famiglia fu molto segnata dalla guerra del 1914-1918. Suo padre vi torna gravemente ferito e le risorse della famiglia crollano. Lei ha l’impressione di giungere in un «mondo assurdo», dove tutti piangono i loro morti.

A cinque anni è stata mandata in collegio, una esperienza traumatizzante ma fondamentale. Degli incubi ricorrenti la mettono di fronte a dei «mostri» venuti dall’Inferno, secondo il suo racconto. Terrorizzata si rivolge alla preghiera. Vive, allora un’esperienza «luminosa» che la pone alla presenza della Divina Trinità, e là trova il filo d’oro che seguirà per tutta la vita.

Negli anni Cinquanta, dopo gli studi di matematica, Annick de Souzenelle diventa infermiera anestesista. È a contatto dei malati che si lancia nell’esplorazione dei misteri della psiche umana, alla scuola della «psicologia del profondo», sviluppata dallo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961).

Risvegliare le persone

«Ero anestetista. Ho cominciato con l’addormentare le persone, amava ricordare. Ora tento di risvegliarle, o almeno di svegliare la fede che è in loro». Abitata dalle grandi domande esistenziali, incontra nel 1958 colui che diventerà il suo maestro spirituale: padre Eugraph Kovalevsky (1905-1970). Questo prete ortodosso russo naturalizzato francese la inizia ai tesori della teologia e della fede ortodossa, alla quale resterà fedele per tutta la vita. Per una trentina d’anni condividerà le sue letture della Bibbia al centro spirituale ortodosso Sainte Croix, in Dordogne.

Lo studio dell’ebraico biblico con un adepto de la Kabbala, la mistica ebraica, illumina la sua comprensione del mondo. Lei scopre la «potenza significante» delle lettere ebraiche che le serviranno a dare un senso all’esistenza.

È appoggiandosi sull’analisi dell’alfabeto ebraico che spiega, per esempio, Il simbolismo del corpo umano, la sua opera più famosa che stata diffusa in 250.000 copie e che non ha smesso di essere ripubblicata dal 1974. Il nostro corpo non si limita alla pelle, spiega, possiede una «una squisita sensibilità a un qualcosa di divino». Lavorando sul testo ebraico di Genesi scopre, «meravigliata», una narrazione diversa da quella che aveva sentito sino ad allora: l’uomo deve affrancarsi dalla sua parte animale per ricongiungersi con la sua parte divina.

Il parto divino in noi

Per Annick de Souzenelle, «la nostra condizione sulla terra consiste nel prendere coscienza del nostro stato d’esilio e uscirne», confidava nel 2006 a La Croix. «La somiglianza dell’uomo con Dio non è acquisita, ma si acquisisce nell’arco di tutta la vita, per tappe successive che danno senso alla vita umana. Questa dinamica è un’opera divina-umana. Perché se Dio, creando l’uomo lo colloca di fronte a lui, è perché l’uomo torni a lui».

Tutto il lavoro, quaggiù, consiste dunque «nell’impegnarsi in un processo di lavoro interiore d’integrazione di un potenziale di energie immense, prosegue Souzenelle. Se accettiamo questa chiamata divina, viviamo quello che l’ebraico chiama “techuva”, un ritorno». Volgersi verso la propria interiorità «è vedere ciò che non è gratificante, prendersi in mano. A partire da qui, tutto ha senso, anche le prove.

Il parto del divino in noi avviene nella sofferenza, per via del nostro attaccamento eccessivo ai falsi valori del mondo». Rivolgendo i suoi auguri per il 2024, Annick de Souzenelle augurava «un anno ricco di comprensione del mondo nuovo che sta per nascere, e che noi dobbiamo far nascere vivendo nella totale fiducia nel mondo divino».

  • Pubblicato su La Croix lo scorso 11 agosto 2024 (nostra traduzione dal francese)
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4 Commenti

  1. Giuliana Brandolin 20 agosto 2024
  2. Amina Narimi 18 agosto 2024
  3. Pietro 17 agosto 2024

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