
Stranezze. Il 29 luglio 2013, durante la conferenza stampa che tenne sul volo che lo riportava a Roma dal Brasile, dove aveva partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù, papa Francesco disse la famosa frase “chi sono io per giudicare?”.
Queste parole erano parte di una frase più ampia e relativa ai gay (e alla lobby gay). Da allora questa frase è stata intesa, giustamente, come un manifesto, apprezzatissimo da alcuni ma molto criticato da altri. Lo ha spiegato molto bene lui stesso nel volume intitolato proprio Chi sono io per giudicare? – curato da Anna Maria Foli. Questo volume comincia così: “Il pericolo qual è? È che noi presumiamo di essere giusti e giudichiamo gli altri…”.
Mercoledì scorso, all’udienza generale, papa Leone ha detto: “Noi siamo abituati a giudicare. Dio invece accetta di soffrire. Non rinuncia a spezzare il pane anche con chi lo tradirà. Questa è la forza silenziosa di Dio: non abbandona mai il tavolo dell’amore, neppure quando sa che sarà lasciato solo”.
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Non sorprende che se la prima frase fece tanto chiasso questa invece, complice forse il generale agosto e il caldo estremo, passi quasi sotto silenzio? È forse un espediente, un’estrapolazione dal testo che non dà conto del contesto in cui è stata pronunciata? Non credo.
E non lo credo perché Leone non si è limitato a ricordare che Gesù spezzò il pane anche per Giuda, che non nominò quando disse agli apostoli che qualcuno di loro lo avrebbe presto tradito, ma ha voluto offrirci una rilettura dell’altra frase celebre, “Guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito”, chiarendo che quel “guai” in greco è un “ahimè”, “esclamazione di compassione sincera e profonda”.
Il discorso potrebbe essere esteso, visto che Leone ha affermato che “la fede non ci risparmia la possibilità del peccato, ma ci offre sempre una via per uscirne: quella della misericordia”. Ma mi ha colpito il punto di partenza, quel “chi sono io per giudicare” e l’odierno “noi siamo abituati a giudicare. Dio invece accetta di soffrire”.
Eppure affermarlo oggi è ancor più importante, visto che siamo in un mondo che si polarizza su tutto, nel quale perdiamo anche la capacità di leggerci, parlarci, vederci. Non è soltanto un discorso sul dottrinalismo, ma che ci entra dentro, a tutti, nella nostra quotidianità. Sappiamo essere almeno un po’ inquieti?
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Il sottotitolo del libro che ho citato, quello curato da Anna Maria Foli, è Perché voglio che la Chiesa sia inquieta. Papa Francesco, infatti, ha parlato molto dell’inquietudine, in un’occasione collegandola all’incompletezza del nostro pensiero, di cui dobbiamo essere consapevoli, e all’immaginazione, quella che sa aprire ampi scenari in spazi ristretti.
Come non notare che “inquietudine” è un vocabolo che compare ben tre volte nella prima omelia di Leone, quella che ha pronunciato il 18 maggio durante la messa di “intronizzazione”. Dapprima riferendosi alla sua elezione: “arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi”.
Ecco la seconda citazione: “In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”.
Quindi la terza citazione: “Una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità”.
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È difficile non concordare con padre Antonio Spadaro, oggi sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione cattolica, che nel suo libro di recente pubblicazione, Da Leone a Francesco, trova proprio nell’inquietudine il tratto che collega i due pontificati.
Scrive Spadaro: «Francesco ha combattuto l’introversione ecclesiale, e Leone, citandolo, lo ha ribadito: “La Chiesa è costitutivamente estroversa” e “l’autoreferenzialità spegne il fuoco dello spirito missionario”». Anzi, con un’espressione fulminante, Prevost ha aggiunto “Il popolo di Dio è più numeroso di quello che vediamo. Non definiamone i confini”.
Con queste parole il “todos, todos, todos” di Lisbona, pronunciato con forza da Francesco in occasione della sua ultima partecipazione a una Giornata Mondiale della Gioventù, sembra entrare in questo pontificato, probabilmente grazie all’inquietudine che Leone ha raccomandato così, anche qui in occasione di una Gionata Mondiale della Gioventù, la sua prima da papa: “Non allarmiamoci allora se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompiuti (ecco dunque anche l’incompiutezza bergogliana, n.d.a.) desiderosi di senso di futuro. Non siamo malati, siamo vivi!”.
Altri si sono esercitati in modo suggestivo sul rapporto tra Francesco e Leone ricordando quello tra il poverello d’Assisi e frate Leone. Non so se sia un esempio calzante, ma trovo interessante quanto ha scritto in uno di questo testi Fausto D’Addario: “La Chiesa è corpo mistico, ma anche memoria viva. I legami spirituali tra maestri e discepoli, tra carisma e istituzione, sono ciò che garantisce la fedeltà al Vangelo nel tempo. Francesco e Leone rappresentano l’armonia tra profezia e obbedienza, tra ispirazione e custodia. Papa Francesco e Leone XIV potrebbero incarnare la stessa dinamica nel cuore della Chiesa del XXI secolo”.
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Certamente Leone XIV non è Francesco, pensare di imporre tutele o cappelli sarebbe assurdo. Ma dopo i primi giorni in cui la continuità è stata oggetto di alcuni interventi, col tempo mi sembra subentrato il tentativo di evitare di infastidire, soprattutto quando emergono ma non risaltano temi così rilevanti come l’inquietudine e il giudicare.
Affermare il papato di Leone, si potrebbe pensare, si fa con la quiete più che con l’inquietudine, mentre potrebbe essere che in una fase così “inquietante” proprio il contrario aiuterebbe Leone ad affermare se stesso e la sua Chiesa, anche al costo di qualche riferimento o collegamento al papa che è venuto prima di lui.
È solo un esempio, forse sbagliato. Ma la persistente insistenza su alcuni dettagli, e la distrazione su tratti così rilevanti per ognuno di noi, nella Chiesa ma anche fuori di essa, fa pensare a dinamiche chiuse, non aperte. E questo a mio avviso danneggia Leone.






Vorrei suggerire che usare la parola “giudicare” nei confronti dell’omosessualità può essere fonte di confusione: essendo essa una condizione e non una scelta, rientra nella categoria dei fatti non oggetto di giudizio morale. Sarebbe meglio specificare sempre, che ci si vuole riferire ad alcuni comportamenti (matrimoni, adozioni, ecc.). Altrimenti il potere emarginante anche del “non giudizio” risulterebbe, a mio avviso, troppo doloroso.
È proprio sicuro che sia una condizione? Forse lei intende l’attrazione per lo stesso sesso. Che non necessariamente va assecondata. Io potrei avere attrazione per i beni altrui, ma non per questo decido di appropriarmene. Diventerebbe un furto. La condotta omosessuale diventa quindi una scelta.
Non è proprio così Anna Rita. La propensione per i beni altrui non è inutile perché se io entro nella sua vigna e rubo la sua uva, mi occorre per sfamarmi. Lo stesso, iuxta Tommaso: (domenicano e non gesuita o agostiniano) come soltanto la ragione umana comprende la differenza tra la moglie propria e la moglie altrui, dove uno stesso medesimo e ripetitivo atto è legittimo con la moglie propria mentre è disordinato con la moglie altrui. Però ambedue non inutili poiché possono generare nuova vita in natura. Il concreto rapporto omosessuale risulterebbe inutile perché è fine a sé stesso e perciò non può esistere perché tutto, qualsiasi atto, continua. Nel senso che l’inutilità che termina non può essere,altrimenti il sesso non servirebbe per la continuazione della specie.
Perciò giudicare la omosessualità che esiste in natura non è possibile per la condizione del singolo, secondo Fiducia Supplicans,anche se persino Schopenhauer (che; e lo dico io; quantanche non sembri è molto influenzato da Tommaso tramite Bruno)secondo il suo giudizio ne imputava una logica alla strategia della specie di utile limitazione delle nascite.
La peculiarità di papa Francesco è stata quella di non essersi limitato a predicare il Vangelo dal pulpito – cosa che hanno fatto e fanno tutti – ma di averlo incarnato nella vita di tutti i giorni. È stato un cristiano vero ed è forse per questo che la sua figura è apparsa dirompente. Ha vissuto il Vangelo sine glossa, cosa che dovrebbe essere normale e che, invece, è apparsa strana. Fino a papa Francesco ha imperversato la “papolatria” per cui ,qualunque cosa dicesse o facesse, il papa non doveva mai essere criticato. Con papa Francesco, invece, attaccare il papa è diventata una cosa normale; lo si è accusato, ad esempio, di essere massone(!!!), di predicare il perdono senza pentimento (Gesù all’adultera, prima di dirle di andarsene, chiese se era pentita…?), di frequentare gente poco raccomandabile, insomma di essere un papa non affidabile: ma se questo fosse vero, bisognerebbe allora concludere che lo Spirito Santo nei Conclavi è presente ad intermittenza, in alcuni sì ed in altri no; per cui, in quello che ha eletto il cardinal Bergoglio era evidentemente assente…
Provi a parlarne con chi lo ha conosciuto da vicino. Le riferirà ben altro. Purtroppo ha vinto l’apparenza (non per tutti però). Lo Spirito Santo soffia ma bisogna ascoltarlo. Non è sempre così. Purtroppo
“Ben altro”: che cosa? Evidentemente lei ne è a conoscenza: perché non ce lo dice?
“Ha vinto l’apparenza”, (per tredici anni…!!!): qual’è stata la sostanza, invece?
“Lo Spirito Santo soffia ma bisogna ascoltarlo”: e chi stabilisce quando è ascoltato e quando no? Lei quali elementi ha per asserire che in questa occasione i cardinali si sono rifiutati di ascoltarlo?
Sicuramente non è stato ascoltato quando la Chiesa, dopo un pontificato, si ritrova lacerata, confusa e fortemente divisa.
Chi lo ha conosciuto da vicino afferma che mai altro papa sia stato più autoritario di Francesco. La sostanza è che ha lasciato la Chiesa divisa e confusa come non mai nella storia moderna.
Leggendo l’articolo e il tentativo di mettere i due Papi su una stessa lunghezza d’onda servendosi di alcune parole chiave annoto che è una questione di stile, di empatia, di retorica che li differenzia…. e non è poco!
Chi sono io per giudicare è stato una sorpresa, un pugno nello stomaco; lo stesso concetto espresso da Leone è una frase tipica da predica domenicale, annacquata nei tentativi di spiegazione o reiterazione.
Lo stesso dicasi di inquietudine, dove la parola non coglie il problema, non inquieta più perchè si è persa.
In sostanza è diverso l’impatto come si può vedere anche dai richiami alla pace così poco convincenti rivolti a tutti e nessuno con l’infinito del verbo: “Cessare la guerra”. Ci vuole anche qualche gesto forte…
Papa Francesco aveva tante buone idee per rinnovare la sua chiesa ferma su posizioni anacronistiche e ingiuste, ma non ha avuto il coraggio di realizzarle (o probabilmente, all’interno della chiesa, non gli è stato permesso). Ciò detto, ed uscendo da questo specifico contesto, alla famosa e trita domanda “chi sono io per giudidare?” io rispondo sempre: “E chi bisognerebbe essere? Guardate che per giudicare non è necessario aver fatto chissà quali studi e possedere grandi titoli accademici, basta semplicemente essere persone normali auspicabilmente dotate della normalissima facoltà di pensare con la propria testa, osservare la realtà, analizzare i fatti e da ciò trarre le proprie conclusioni e i propri giudizi. Tutto qui”. Il perentorio e semplistico “non giudicare” equivale, per me, a “rinuncia a pensare”, e a me non piace. Io non rinuncio a ragionare e i miei giudizi li formulo eccome!
Condivido e sottoscrivo!
Il cervello – come la coscienza – non è un optional (sopratutto per un credente!).
Papa Francesco bucava lo schermo perché ogni volta che apriva bocca sparava bordate contro la Chiesa. Piaceva molto a quelli che hanno sempre detestato chiesa e cristianesimo come Eugenio Scalfari. Era il Papa della misericordia a buon mercato che salva in automatico senza bisogno del pentimento. Era il Papa delle omelie brevi perché la gente si annoia e dell’assoluzione obbligatoria che vanifica la confessione. Era il Papa che portava al collo una croce che raffigura una simbologia di stampo massonico e il Papa delle ambiguità dottrinali. Era anche il Papa dei salotti televisivi ma pace all’anima Sua.
Papa Leone sembra intenzionato a fare il Papa e non il sociologo alla moda che piace alla gente che piace.
Al netto dei confronti tra Papi che sono sempre un pò sgradevole, spesso si tratta solo di caratteri e vissuto diversi che dovrebbero essere una ricchezza in una grande comunità. Poi qualcuno preferirà questo o quello sempre secondo il proprio legittimo gusto. Non è quello il punto, il Papa non è una persona in senso stretto, più il punto di arrivo di un percorso più ampio. Il Pontefice si prende il rischio di fare una sintesi.
Si può anche pensare che agisca da contraltare la sua apparente tranquillità in una fase dove ogni mattina i leader politici si alzano e le sparano sempre più grosse. Ognuno la veda come vuole, mi sembra solo misurare con il bilancio quanto uno o l’altro siano più evangelici. Ringraziando il cielo si può esserlo in modo diverso…
Perché per fare il papà c’è un modo?
GPII appena eletto era un uomo giovane ed atletico, gli ultimi mesi non riusciva nemmeno a parlare. Bergoglio uguale, era meno Papa mentre era ricoverato al Gemelli? O quando ha impartito l’ultima benedizione? Non solo siamo tutti diversi ma lo siamo anche in fasi diverse della nostra vita..
Scusate: “mi sembra solo inutile misurare con il bilancino”
Concordo con l’articolo. Un’onda di riflusso sembra aver coperto il papa. Neanche Gesù è mai riuscito a fare tutto solo con la quiete. Figuriamoci un papa. La gente per strada sente sempre più forte la differenza da Francesco. Non parlo dei tranquilli cattolici che scrivono qui a cui va bene tutto ma le persone che vedono come era prima e come è adesso. Il cambiamento è stato troppo forte. Si rischia di averne un danno.
Veramente Gesù passa per il Venerdi santo che tecnicamente è il massimo della “quiete”. Se proprio vogliamo, il momento della festa plaudente è la Domenica delle Palme che non dura particolarmente..
Poi ognuno si sceglie il momento preferito o il Papa preferito o il versetto preferito.. Nel supermercato religioso contemporaneo una cosa vale l’altra e nessuno può rivendicare la propria scelta come superiore alle altre.
Basta pensare alla cacciata dei mercanti del tempio o le durissime parole usate contro i farisei per capire che anche Gesù perdeva la pazienza.
È troppo presto per giudicare il pontificato di Leone XIV: non “buca” lo schermo come Francesco perché non è un gesuita, ma un agostiniano, non si mette in mostra perché non è nel suo stile, ha un’altra personalità, altro carattere, altro modo di fare… Ringraziamo il Signore che ci fa unici e irripetibili.
Vabbè bucare lo schermo. Tutt’alpiú è un pò Barber-Shop sempre ordinato e pulitino con la barba sempre burocraticamente rasata come un impiegato statale. Non è il look di Clemente VII, Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV, Pio IV e V, Gregorio XIII, poi Sisto etc. etc. Che io gli vedrei
Piacevole sintonia con Leone: https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2019/07/giuda-iscariota-lapostolo-traditore.html.
Grazie: “Siamo di fronte ad un paradosso che è nel cuore della nostra fede: siamo scelti, siamo amati, eppure possiamo voltare le spalle a Gesù!”