Sindone: sulle acquisizioni più recenti

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La recente notizia dello studio di un ricercatore brasiliano sulla compatibilità dell’immagine presente sulla Sindone con una scultura anziché con un corpo umano è stata diffusa a livello internazionale proprio mentre negli USA, a St. Louis, si stava svolgendo un importante convegno di studi: lo Shroud of Turin 2025 Conference & Symposium. «Perfect timing», ha commentato qualcuno tra gli organizzatori della Shroud Educational Endeavors Corporation.

Quasi totale la mancanza di copertura mediatica, almeno qui in Italia, riguardo quest’evento, che ha visto coinvolti dal 30 luglio al 3 agosto una cinquantina di ricercatori – tra cui il sottoscritto – provenienti da una decina di paesi, impegnati dalle prime ore del mattino fino a tarda sera in più di 60 presentazioni accademiche e 25 conferenze, articolate in tre percorsi contemporanei, di fronte a un pubblico di circa 450 persone.

L’iniziativa è stata arricchita dalla presenza di una mostra intitolata: «Chi è l’uomo della Sindone?», curata da Othonia, organizzazione dell’Istituto di Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, che propone anche un corso per il Diploma in Studi Sindonici.

Poiché in quest’Anno Santo non è stata organizzata un’ostensione della Sindone a Torino, come accadeva nei passati Giubilei, attorno a questa realtà si muove da mesi in Italia, e non solo, l’iniziativa della cosiddetta Ostensione diffusa: più di 150 volontari portano nelle parrocchie e in altre comunità copie fotografiche della Sindone a grandezza naturale, organizzando periodi di esposizione e incontri divulgativi, di evangelizzazione e per favorire la meditazione sulla passione, morte e risurrezione di Cristo.

Il convegno di St. Louis

Il comunicato stampa finale degli organizzatori del convegno evidenzia che gli obiettivi erano di indagare sul telo conservato a Torino, senza discutere delle credenze di ciascuno. Qualcuno tra loro parla enfaticamente, ma non senza valide ragioni, di «una rinascita della verità, della ricerca e della venerazione per il reperto più misterioso di tutta la storia umana». Storia, fisica, chimica, biologia, medicina, ingegneria, fotografia, arte, teologia e studi biblici sono le principali branche che si sono incrociate in un confronto transdisciplinare, il solo che permetta di collaborare efficacemente alla comprensione del mistero e del significato di cui la Sindone è portatrice. Gli attuali sviluppi dell’intelligenza artificiale stanno ulteriormente potenziando le nostre ricerche in questi campi.

Per quanto orientati a riconoscere – non come un a priori, ma conseguentemente ai nostri studi – la Sindone come il lenzuolo funebre in cui è stato avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro, noi ricercatori presenti al convegno non siamo d’accordo su tutto. Su molti dettagli abbiamo opinioni diverse. Il confronto tra queste posizioni non lo viviamo come una minaccia, ma come un’opportunità necessaria per lo sviluppo delle nostre conoscenze.

Tra i relatori di questo meeting spicca la presenza del fisico John Jackson, già presidente dello STURP, il gruppo composto da 33 ricercatori statunitensi che, nel 1978, condusse la maggiore campagna di studi sinora condotti direttamente sul telo. Ancora molto attivo, ha presentato un’interessante indagine sulla fisica della crocifissione.

Altre figure tra i relatori del convegno sono note al grande pubblico: qui in Italia Giulio Fanti, professore di misure meccaniche e termiche all’Università di Padova; ed Emanuela Marinelli, già professoressa di scienze nelle scuole superiori di secondo grado ed apprezzata divulgatrice.

Negli Stati Uniti, dov’è vivo un maggior interesse per queste ricerche, che si sta diffondendo a macchia d’olio anche nelle comunità evangeliche, sono conosciuti e stimati ricercatori come il medico Gilbert Lavoie, l’ingegnere nucleare Robert A. Rucker, l’ingegnere chimico Tom Mc Avoy, il fisico e matematico Keith Propp, l’avvocato Mark Antonacci. E studiosi divulgatori, come Joe Marino, Guy Powell, Russ Breault e Jeremiah J. Johnston.

Importante è stata anche la partecipazione di un gruppo di ricercatori del Centro Spagnolo di Sindonologia, in relazione al collegamento degli studi sulla Sindone con quelli sul Sudario di Oviedo, che evidenziano una sempre più chiara compatibilità tra i due documenti come componenti del corredo funebre di Gesù nel Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Sul sito web dedicato al convegno si possono trovare le schede di tutti i relatori e il programma completo della manifestazione, avendo così modo di farsi un’idea delle competenze dei ricercatori e della qualità degli studi presentati, di cui prossimamente seguiranno le pubblicazioni.

Vorrei ora soffermarmi in particolare su alcuni contributi tra i più rilevanti e innovativi.

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Revisione della datazione radiocarbonica

Anzitutto il lavoro coordinato dal ricercatore francese Tristan Casabianca, specializzato nel campo degli studi storici, sulla revisione critica dei risultati della datazione radiocarbonica della Sindone nel 1988, che dette un risultato medievale.

Già nel 2010 un pool guidato da Marco Riani, professore di statistica all’Università di Parma, aveva messo in discussione quei test attraverso un’analisi statistica dei dati, ulteriormente perfezionata nel 2020.

A partire dal 2017, poi, attraverso una richiesta legale, Casabianca è riuscito ad ottenere dal British Museum, che nel 1988 coordinò l’indagine, e dai tre laboratori che eseguirono i test a Oxford, Zurigo e Tucson, i dati grezzi che avrebbero dovuto essere messi a disposizione della comunità scientifica per la revisione critica del loro lavoro, e che invece erano stati in gran parte secretati per 30 anni.

In parallelo alle ricerche dei gruppi coordinati da Riani e Casabianca, si è venuto a sapere che due dei tre laboratori hanno conservato frammenti del campione di tessuto sindonico loro concesso per essere utilizzato ai fini dei test, inficiandone in tal modo i risultati, e mostrando quanto meno una grave incompetenza, se non addirittura una maldestra intenzionalità circa la falsificazione dei risultati.

L’analisi di Tristan Casabianca, di Emanuela Marinelli e dei professori di statistica dell’Università di Catania Giuseppe Pernagallo e Benedetto Torrisi conclude che i dati non sono omogenei e che la procedura dovrebbe essere riconsiderata. L’esito di queste indagini è la riconosciuta definitiva inattendibilità della datazione medievale della Sindone ottenuta 37 anni fa con il metodo del C14. Una confutazione tanto forte delegittima la più importante indagine scientifica contraria all’identificazione della Sindone come il lenzuolo funebre di Gesù.

Studi biblici e teologici

Altro contributo estremamente interessante è stato quello dell’esegeta e teologo statunitense Larry Stalley, già pastore evangelico, con tre approfondimenti relativi allo studio dei riferimenti alla Sindone presenti nella Bibbia: la tipologia relativa alla Sindone nella Lettera agli Ebrei; l’immagine sulla Sindone come «testimonianza del Padre su suo Figlio», secondo 1Gv 5,4-13; la Sindone come «segno di Giona» in Matteo 12,38-42.

Con notevole competenza, Stalley apre una nuova strada che biblisti e teologi sono purtroppo ancora ben lungi dall’intraprendere. Questo è un settore che, davvero stranamente, manca quasi del tutto di attenzione, e che necessita assolutamente e urgentemente di essere curato nelle nostre accademie teologiche, con la pressoché unica eccezione dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Analisi medica, psicologica e spirituale

Io stesso mi sto muovendo da anni in questa direzione, nella prospettiva della mia specializzazione, la teologia spirituale, con un approccio transdisciplinare. Miro particolarmente ad unire medicina, psicologia, storia, analisi biblica, teologia e spiritualità. A St. Louis ho portato due contributi dalla mia ricerca sull’esperienza fisica, psicologica e spirituale della morte di Gesù attraverso una lettura sinottica e complementare dei documenti che ne danno testimonianza: i quattro Vangeli canonici e la Sindone.

Sono partito dagli studi condotti tra il 1977 e il 1992 da Luigi Malantrucco – all’epoca primario di radiologia all’Ospedale San Pietro dei Fatebenefratelli a Roma – sulle cause fisiche della morte di Gesù. Approfondendo un’intuizione che il medico britannico William Stroud maturò nel 1847 – mezzo secolo prima della scoperta scientifica della Sindone, grazie alla prima fotografia scattata da Secondo Pia nel 1898 – attraverso il confronto tra i racconti evangelici della passione e della morte di Gesù e le caratteristiche del decesso di alcuni suoi pazienti, mio padre è riuscito a diagnosticare come causa ultima della morte di Gesù un tamponamento cardiaco dovuto a un emopericardio conseguente a un infarto.

Mi sono quindi concentrato sulla ricerca delle emozioni vissute da Gesù nella sua passione e morte. Il suo cuore si era realmente e fisicamente infranto al Getsemani, durante la preghiera dopo l’ultima cena. Lì, in un profondo e durissimo conflitto interiore, un’autentica agonia, una lotta per non morire, è avvenuta in Gesù quella torsione esistenziale, individuata da Massimo Recalcati ne La notte del Getsemani, che lo ha portato all’accettazione della volontà del Padre, a costo della sua vita. Da quel momento in lui non vi è più traccia della paura e dell’angoscia che l’avevano attanagliato poco prima.

Quella lacerazione, vissuta dal Figlio di Dio nella carne del suo cuore umano, ne ha accelerato la morte sulla croce, in modo sorprendentemente precoce per i testimoni oculari e per Pilato.

È anche possibile rilevare che dal volto di Gesù, visibile sulla Sindone al momento della sua morte in croce, è scomparsa ogni traccia di dolore, non vi è più alcun segno di paura, come pure nessun cenno di rabbia. È rimasta solamente una profonda tristezza.

Questo è il risultato convergente di un’analisi che ho chiesto al prof. Enzo Kermol di Gorizia e alla Prof.ssa Katharina Fuchs della Pontificia Università Gregoriana di Roma. I due psicologi hanno lavorato, in modo tra loro indipendente, attraverso le metodologie F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e Hjortsjö per il riconoscimento facciale delle emozioni sull’immagine del volto sulla Sindone. Nella psicologia delle emozioni, il significato relazionale della tristezza è la comunicazione a chi è vicino della condizione di perdita che il soggetto sta sperimentando, per invocarne vicinanza e compassione: nel caso di Gesù, la profondissima solitudine da lui sperimentata sin dal Getsemani e la perdita della propria vita al Golgota.

Incrociando questi dati con le testimonianze evangeliche della passione e morte di Cristo, emerge che la mancanza di espressioni di dolore sul suo volto consegue alle modalità con cui egli ha scelto di gestire la propria agonia: «È compiuto!» (Giovanni 19,30) e «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito!» (Luca 23,46: è una citazione del Salmo 31,6 che Gesù prega morendo). Il Figlio si affida al Padre, avendo compiuto la sua volontà, e ciò ne distende i tratti del volto e appare pacificarlo al termine della sua estrema sofferenza.

In modo davvero impressionante, un unico versetto del Salmo 69, il 21, contiene l’inizio e la fine dell’agonia del Messia, letta nella prospettiva della sua esperienza psicofisica e spirituale: «L’insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati». C’è qui la sindrome del cuore infranto, e c’è anche la tristezza, con il suo appello al conforto e alla compassione.

E il Salmo 22, il cui incipit è pregato da Gesù sulla croce gridando «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», al versetto 15 recita: «Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere»: ebbene, in medicina la macerazione della parete cardiaca in seguito ad infarto è chiamata proprio degenerazione cerea, descrivendo il fenomeno avvenuto nell’intimità fisica di Gesù al Getsemani.

Questi sono solamente alcuni accenni ai risultati della mia ricerca sul vissuto fisico, psicologico e spirituale di Gesù nella sua passione e di fronte alla propria morte.

Si aprono nuovi spazi da esplorare per approfondire sempre più la nostra conoscenza e comprensione dell’esperienza umana e spirituale vissuta «per noi» – come recitiamo nel Credo – da Gesù nella sua incarnazione. Perché, come disse papa Giovanni XXIII inaugurando il Concilio Vaticano II, «Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio».

Alessandro Malantrucco è docente di Religione cattolica al Liceo scientifico statale “Vito Volterra” di Ciampino (Roma) e dottore in Teologia spirituale. Ha preso parte come relatore al recente convegno internazionale di St. Louis (USA) Shroud of Turin 2025 Conference & Symposium (30 luglio-3 agosto 2025).

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19 Commenti

  1. Federico Pellettieri 28 agosto 2025
    • Salvo Coco 29 agosto 2025
  2. Alfredo 25 agosto 2025
  3. Enrico Galavotti 25 agosto 2025
    • Alfredo 25 agosto 2025
  4. Franco Sasso 24 agosto 2025
  5. Aldo Zorzoli 23 agosto 2025
  6. Paolo 23 agosto 2025
  7. Luigi Bertalmio 23 agosto 2025
  8. Non credente 23 agosto 2025
    • Agostino Bossi 24 agosto 2025
  9. Salvo Coco 22 agosto 2025
    • Materesa 23 agosto 2025
      • Salvo Coco 24 agosto 2025
  10. Guido Sagramoso 22 agosto 2025
  11. Ottavio 22 agosto 2025
  12. Francesco Pieri 22 agosto 2025
  13. Giuseppina 22 agosto 2025
  14. Fabio Cittadini 22 agosto 2025

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