
«La ricerca di felicità dei giovani è un indizio prezioso perché tutta la Chiesa possa ritrovare una fede contemporanea. Per contemporanea non si intende “adattata”: in gioco è la qualità umana della fede, cioè la sua capacità di essere ancora bella notizia per la vita. Si tratta della reinterpretazione del modo con il quale siamo al mondo da credenti. In che senso, dunque, la fede è promessa di felicità per le donne e gli uomini di oggi? I giovani ci stanno fornendo indizi per rispondere a questa domanda, che è di tutti».
È questa l’ipotesi di ricerca che ha accompagnato il secondo anno del «Laboratorio giovani – Credere domani – Quale felicità?», tenutosi a Verona dal 25 al 28 agosto, promosso dagli ISSR di Verona e Modena, preparato e animato da un’equipe coordinata da Enzo Biemmi e Ivo Seghedoni, a partire dal prezioso lavoro di Paola Bignardi.
Tre indicatori
Si è trattato di un laboratorio – come dice il titolo – non di un convegno, in cui solitamente prevale il registro informativo. La parola evoca invece un’esperienza generativa, un vero esercizio di sinodalità, dove i contenuti sono trasformati in processi di apprendimento, con eguale attenzione alle relazioni, alle competenze e alla fede delle persone.
L’ascolto delle storie di vita si è intrecciato con il diario personale, gli approfondimenti biblici e teologici, il dialogo in assemblea, il laboratorio nei gruppi, la preghiera pensata e realizzata a partire dalla voce di tutti.
Nel titolo c’è una seconda parola chiave, giovani: le loro vite, narrate in prima persona con toni talvolta sofferti e commossi, sono state al centro dei lavori.
Si sono alternati la testimonianza di alcuni giovani LGBTQ+, il racconto della rete 3volteGenitori, la voce di alcuni giovani alle prese con un difficile discernimento circa il proprio lavoro, l’esperienza di alcune giovani donne nella loro ricerca spirituale ed ecclesiale, la proposta di Betania dei cercatori (Pra’d Mill), la descrizione della Partenza e della Route di Orientamento alla scelta di servizio in Agesci.
Infine, un terzo indicatore ha accompagnato i lavori, riassunto nella domanda “Quale felicità?”, domanda scomoda, intrigante, coinvolgente per tutti, con la quale si è provato ad interrogare ogni narrazione: quella dei giovani, quella evangelica, quella personale.
In apertura, Lucia Vantini ha tratteggiato la complessità antropologica attorno alla ricerca della felicità. «La felicità autentica non nega le perdite, ma le abita diversamente: è scoprire che proprio dove pensavi di perdere tutto, puoi finalmente perderti nella passione per il mondo. Il segreto è paradossale: smetti di cercare la tua felicità e cerca quella degli altri».
Suor Grazia Papola ha accompagnato l’ascolto delle storie di vita con due incontri di Gesù; il primo, quello con la donna sirofenicia, sorprende per la tavola abbondante, dove il dono non può essere contenuto; il secondo, con il giovane ricco – che il Vangelo di Marco definisce “un tale” e quindi è ogni lettore – rivela una vita tutta fatta di domande, che può aprirsi ad un “forse”, oltre la normalità di ciò che è dato per acquisito.
È possibile un cristianesimo felice?
Dunque, in che modo è possibile un cristianesimo felice, cioè capace di servire una vita buona nella sua pienezza? I laboratori a piccoli gruppi hanno seguito una griglia, strumento importante per il discernimento delle esperienze, così da mettere in atto l’ipotesi iniziale.
Dopo un ascolto attento dei modi, dei tempi, delle relazioni, dei passaggi di vita con i quali i giovani esprimono una ricerca di felicità, ci si è interrogati sulla Parola di buona notizia che emerge sia dalle lectio sia da questi racconti, insieme agli ostacoli che la cultura e la vita ecclesiale pongono alla ricerca di felicità.
Infine l’ultimo passaggio: «Che cosa è confermato e che cosa viene messo in crisi rispetto al mio e nostro modo di vivere la fede?».
La prima risposta alla domanda iniziale si è avuta nel processo messo in atto, che ha concretizzato un’esperienza di buona notizia e di cristianesimo felice, perché capace di risonanza. Risonanza: è una parola che ha avuto un peso importante nelle conclusioni.
Il laboratorio infatti è terminato con la voce di due giovani osservatori, Pietro Busti e Marcello Reggiani. In sintesi, alcuni passaggi delle loro parole.
Noi spesso offriamo ai giovani luoghi alti e tempi forti (cf. GMG). Presentare il cristianesimo che funziona in luoghi alti e tempi forti, in realtà, è un gigante dai piedi di argilla (Hervieu-Leger). L’esigenza dei giovani di tempi forti e luoghi alti deve trovare espressione non nella riconquista, ma nella prospettiva del monastero diffuso.
In che senso? Dobbiamo immaginare luoghi ad ellisse: un fuoco custodisce la singolarità del cristianesimo (come nel caso del monastero cistercense di Pra’d Mill), e un altro fuoco realizza un luogo-soglia, in cui l’accoglienza gratuita permetta di ritrovare la propria singolarità, in risposta a quel “per me” che ognuno può sentire quando non è alienato (come è l’esperienza di Betania dei cercatori). La sfida è custodire la tensione tra i due fuochi, una tensione che è offerta di libertà evangelica.
Tutti noi, giovani e adulti, non cerchiamo l’autenticità, ma la risonanza, in un mondo che ci aliena continuamente da noi stessi. In fisica, la risonanza si crea tra due corpi semirigidi, né molli né rigidi: quando la Chiesa è troppo molle, disperde la risonanza del Vangelo, invece quando è troppo rigida, impedisce agli altri di risuonare con la propria tonalità.
Se, per un giovane, la Chiesa rappresenta un guscio vuoto, in realtà proprio quel guscio può diventare conchiglia, cioè capace di far risuonare il rumore del mare, che è la presenza del Risorto nella vita. Lo può fare se è custode della dinamica della risonanza tra il Vangelo e la vita, in un ascolto sempre nuovo per tutti.
Quale immagine di felicità?
Quale immagine di felicità a servizio di una riscoperta del Vangelo con i giovani è sorta al termine del laboratorio?
Alcune coordinate sono emerse dal comune lavoro di ascolto e discernimento; è nata così una mappa, utile sia per osare qualche passo, sia per valorizzare quanto di buono si sta facendo, o per lasciare ciò che invece non genera.
- Felicità e cristianesimo coincidono nell’abitare possibilità indisponibili («abbiamo creato un Gesù troppo disponibile. Invece i giovani sono affascinati da un Gesù che sfugge, per questo non lo nominano»).
- Non è sufficiente una fede come eco del passato, occorre che si creino le condizioni perché appaia maggiormente come risonanza del Risorto presente-assente, risonanza che ha bisogno di un continuo ascolto della vita, e che si realizza nella dinamica tra struttura e singolarità: se manca una di esse, il Vangelo non risuona nella contemporaneità.
- I giovani sono un appello per una Chiesa vulnerabile, poetica, che accoglie singolarità e genera futuro.
Appunti per una ricerca appassionata, offerti a chi desidera continuare su questa strada; appunti che permettono di stare, insieme ai giovani, nell’equilibrio/disequilibrio, quello che il Risorto continuamente suscita, il Dio che mai avremo finito di conoscere (una giovane).






Alla infelice uscita della nostra felice 68ima rispondo che esiste una gerarchia dei testi. Il vangelo batte catechismo 1-0 essendo una sua derivazione umana.
Lei ritiene che il Catechismo della Chiesa Cattolica, citando e spiegando le Scritture, insegni quel che le Scritture non professano? Non solo: nella circostanza presente, quante volte il Nuovo Testamento afferma che Gesù è stato messo a morte a causa dei peccati di tutti gli uomini? Oltre a ripassare il catechismo, urge dunque rileggere san Luca e San Paolo
Mi pare che parlare sempre di croce , morte e peccati non renda testimonianza alla Resurrezione . Gesù è morto una volta per tutte e Pietro ne rende testimonianza quando dice “«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” .
Cara Chiara ci sono persone che adorano soffrire e fare soffrire. Ma oggi questo è inaccettabile. La visone Paolina del padre che sacrifica il figlio non è più accettabile. Quale padre farebbe una cosa simile? E soprattutto cosa è cambiato dopo? Nulla. Il mondo è rimasto identico. È evidente che limitarsi ad una visione sacrificale è fallimentare. Credo che la grande sfida del cristianesimo sia quello di uscire dalla visione paolina per trovare modalità comunicative accettabile per chi vive oggi.
Una delle preghiere cattoliche più diffusa: “Salve Regina … a te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime”; è mai possibile che chi crede nella Buona Novella debba passare la vita a gemere e a piangere, pregando magari di morire presto per fuggire via da questa “valle di lacrime”? È uno dei tantissimi esempi che si potrebbero portare di questo cattolicesimo impregnato di dolorismo
Molto vero preghiere dette meccanicamente poi convegni totalmente diversi.
Vista l’insistenza la lascio nelle mani di un ottimo biblista. Buon lettura.
https://www.illibraio.it/news/dautore/gesu-cristo-morto-nostri-peccati-503487/#:~:text=Ges%C3%B9%20%C3%A8%20morto%20per%20i,tutta%20l'umanit%C3%A0%20che%20verr%C3%A0.
Ottimo non direi, visto che diffonde eresie belle e buone.
Usa argomenti sociologici e psicologici (il sentire, l’educazione religiosa ecc…) per affrontare questioni teologiche: direi che, oltre che nel contenuto, anche il metodo è completamente sfasato.
Si legga i passi del NT che ho indicato in un’altra risposta. E magari li faccia leggere all'”ottimo biblista”.
Vangelo e Catechismo 2 – Maggi e sodali 0
Oddio Maggi. Non è che sia chissà quale avanguardia..
Meglio Romano Penna su questi argomenti, ma ognuno ovviamente si sceglie quello che vuole, basta non illudersi che le proprie scelte contino più delle altre..
Ecco cosa dice il Vangelo e il NT in generale a proposito della morte di Gesù:
Matteo 26,27-28: “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati».”
Matteo 20,28: “appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».”
Marco 10,45: “Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».”
Marco 14,24: “E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti».”
Luca 22,19-20: “Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».”
Giovanni 1,29: “Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!»”
Giovanni 10,11,15: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. […] e do la mia vita per le pecore.”
Ripetere a vuoto gli slogan di Maggi non è un gran segno di intelligenza.
Accusare il Catechismo di essere in opposizione alla Scrittura è pure eretico.
Aggiungo inoltre che nella prima predicazione cristiana, che s. Paolo riprende in 1 Cor 15, 3-5, veniva annunciato:
A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè
che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
Più chiaro di così…
Mi permetto di dire che non solo i giovani solo alla ricerca di un cristianesimo felice. Poi oggi chi sono i giovani? Quando parliamo di giovani… a chi/cosa facciamo riferimento? La categoria usata mi sembra molto retorica.
E’ stata una “felice” sorpresa incontrare giovani che cercano la felicita’ lontano dal chiasso e dai ritmi veloci imposti alla vita dalla nostra societa’ contemporanea, ma soprattutto che si fanno domande profonde e non cercano di stordire ed annebbiare la propria coscienza con aiutini artificiali.
C’e’ speranza che la Chiesa sappia accogliere ed accompagnare queste esigenze di vera e buona umanita’?!
Il fatto che la Chiesa abbia per lungo tempo avallato una concezione “doloristica” del cristianesimo non significa che quella concezione fosse giusta: quanti comportamenti e concezioni la Chiesa ha avallato nei secoli per i quali ha poi dovuto chiedere perdono, anche in maniera dirompente, come avvenuto, in particolare , con le parole di un papa non certo accusabile di progressismo come San Giovanni Paolo II: le delizie e i veleni della corte papale durante il Rinascimento, i compromessi con il potere nelle innumerevoli alleanze tra troni e altari, la scelta delle crociate e l’ideologia della guerra come strumento di grazia e giustizia, la persecuzione di uomini della scienza e della cultura, le numerosissime vittime dell ‘Inquisizione (solo i processi alle streghe, tra il Cinquecento ed il Seicento ne fecero decine di migliaia), la sostanziale giustificazione della schiavitù, il sostegno alle conquiste coloniali ritenute strumento utile alla diffusione del cattolicesimo; e l’elenco potrebbe continuare a lungo… Perciò, ben venga un “cristianesimo felice”, quale in effetti è il cristianesimo che ci offre il Vangelo
Comunque posso dire? Anche in questa pagina non è che ci sia tutta questa gioia, il 90% dei post sono dedicati a scandali, critiche o ripicche tra i vari riposizionamenti ecclesiali. Entri e ti viene subito un tuffo al cuore… Essendo cresciuta in AC ho avuto la fortuna di sperimentare sempre la bellezza del sentirsi comunità, anche se piccola e imperfetta, non è che bisogna sempre cercare novità eccezionale. Se senti il tuo vicino di banco un fratello nella fede a volte basta quello.
Il Cristianesimo ( cioe’ Nostro Signore Gesù Cristo) non è facile ma felice. Papa Giovanni XXIII.
Concordo….la Bellezza salverà il mondo! Finalmente…
Quale bellezza salverà il mondo?
È giusta e bella l’istanza espressa in questo articolo. Bisogna però ricordare – senza ingenuità, né dialettica, né pseudo-ricatti – che la nostra felicità c’entra con il Cristo crocifisso. Che la nostra speranza c’entra con le sue piaghe, dalle quali siamo stati guariti. Che la nostra salvezza c’entra col suo sangue, versato per noi e per tutti in remissione dei peccati. La felicità cristiana è cosa seria: “chi vuol venire dietro a me…”
Gesù non è morto per i nostri peccati, ma a causa dei nostri peccati è morto allora e continua a morire ora. Che immagine di Dio Padre abbiamo se avesse voluto la morte in croce dopo atroci sofferenze perché noi fossimo salvi. “Sbagliarsi su Dio è un dramma è la cosa peggiore che possa capitare perché poi ci sbagliamo sul mondo sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita” Padre Turoldo
Ecco ‘ l’ Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo ! Lo dice il sacerdote nella Messa. Chi non ci crede puo’ dirsi cristiano ?
Si ma che li tolga è un conto che sia morto a causa dei nostri peccati è un altro. Dio non è morto per i nostri peccati (i miei? I suoi?). Cristo è stato ucciso dal potere religioso sacerdotale e dall’ignavia di ponzio pilato. Questo per dire che la religione e il potere politico uccidono Dio. Chi ha orecchie per intendere intenda.
Non scherziamo: Catechismo della Chiesa Cattolica, 598. Urge un bel ripasso…
il dibattitto teologico sulla Morte di Cristo e su come essa è stata fonte di salvezza va avanti fin dall’inizio, e tante tesi e termini sono stati usati per spiegare questo mistero: soddisfazione, espiazione, rappresentanza, esempio, Christus Victor, sconfitta dal diavolo etc…
Secondo me tutte queste spiegazioni colgono aspetti profondi di questo grande Mistero, ma da sole sono insufficienti.
Non posiamo lasciare a ognuno la libertà di spiegare la Passione di Gesù come meglio crede senza litigare ed evitando ogni assolutismo?
Frequento la chiesa Cattolica da quando avevo 6 anni e oggi ne ho 50. Mia madre si rifiutava di portami a messa prima perché da buona maestra la riteneva solo una sofferenza. La ringrazio perché molti adulti hanno imparato a non sopportare la messa proprio perché da troppo piccoli vengono costretti a parteciparvi. E’ evidente che dove c’è costrizione non può esserci felicità. Gesù è la porta e quindi le pecore entrano ed escono liberamente perché Gesù è una porta aperta.
Quindi la felicità è innanzitutto un sentirsi libero. Libero di fare cosa? Libero di mettere a frutto i propri talenti per gli altri. Io credo che la felicità per un cristiani stia nell’occuparsi con amore dei fratelli bisognosi (bisognosi di cibo. bisognosi di attenzione, bisognosi di attenzione). La felicità sta nel ricordarsi che la tua vicina di 90 anni vive sola per la maggior parte del suo tempo e anche a 90 anni si fanno volentieri due chiacchiere con qualcuno ogni tanto. Vai a fare due chiacchiere con lei ogni tanto invece di perdere tempo sui social. Occupati di chi ha bisogno intorno a te senza immaginare chissà cosa ma avendo occhi per chi ti circonda e dando importanza alle persone. Inesorabilmente occuparti della felicità altrui rende felici.
Un cristianesimo per essere felice deve essere un giogo leggero. Deve lasciarti libero di agire in sintonia con Dio e non interporsi continuamente con regole più umane che divine.
Non posso negare che non sopporto più i panegirici delle messe, non sopporto più le chiacchiere sui massimi sistemi che sono solo una scusa per poi non occuparsi di nulla. La mia parrocchia è il mondo e i miei fratelli sono tutti quelli che ho intorno (cristiani e non). Un cristiano non può essere depresso. Deve invece rendere conto della gioia che è in lui perché qualunque cosa accada Dio ci ha salvati. Nulla può farci paura o timore. Perché chi crede è salvo e ha a sua volta il potere di salvare parlando agli altri della bellezza del Vangelo.
Ognuno ha la sua esperienza . Io invece mi sono sempre sentito dei e alla Messa . Ma massima civilta’ alla Prima Comunione . Felicita’ su felicita’ quando da adolescente andai ad Assisi, la Messa alla Porziuncola ,a San Damiano . Esperienza quasiustoca dopo una Messa alk’ Abbazia di Chiaravalle a Milano . Il canto dei monaci mi aveva mandato in estasi . E orafelicita’ settimane alla Messa Vetus Ordo , belRito Ambrosiano Antico a Milano .Felicita”di sentire cantare le antifone di Sant’ Ambrogio.
La Messa per me e’ Felicita’
Posso dire che questo suo messaggio mi piace molto. E sa perché? Perché è felice e non arrabbiato. Le auguro di cuore che questa felicità la possa accompagnare sempre. Il mondo non è sempre così brutto.