
È ancora Vasileios A. Tsigkos – greco, studi di teologia presso l’Università di Salonicco e di Dublino, docente di Teologia dogmatica presso l’Università di Salonicco, autore di numerose opere di dogmatica – a firmare questo secondo volume della Dogmatica della Chiesa ortodossa.
Nel primo volume la trattazione riguardava “Il Dio trinitario” e “Il mistero di Cristo”. Questo secondo volume presenta la teologia ortodossa riguardante l’Antropologia, l’Ecclesiologia e l’Escatologia.
Antropologia
Quando parla dell’uomo, «sintesi di tutta la realtà creata», «microcosmo perfetto», «punto intermedio di due mondi», la teologia ortodossa ha a cuore soprattutto la sua salvezza.
La riflessione teologica parte dalla caduta dei protogenitori. Tale trasgressione (l’uomo «ha voluto diventare dio senza Dio»), ha introdotto nel mondo la corruzione e la morte. Non ha tuttavia privato gli uomini dell’immagine e della somiglianza con Dio, ma l’ha solo offuscata; né ha privato l’uomo della razionalità e della libertà, ma le ha soltanto indebolite.
Il peccato dei protogenitori – secondo la teologia ortodossa – non si trasmette alla discendenza, per cui non esiste un peccato originale da cancellare con il battesimo. L’uomo è responsabile solo delle sue colpe personali.
Il peccato e la caduta dell’uomo – scrive Tsigkos – non sono, però, tali da generare una nuova volontà in Dio così da causare un cambiamento nel suo disegno, perché «sia la caduta che la restaurazione dell’uomo in Cristo sono state indubbiamente pensate da Dio sin dagli inizi».
Nella tradizione e nella vita ortodosse l’umanazione del Logos non è stata interpretata semplicemente come una riparazione o una restaurazione rispetto alle conseguenze corruttrici del peccato o come un’offerta di riscatto, ma come una ri-creazione, una continuazione della prima creazione dell’uomo e come la manifestazione del nuovo Adamo, «come rinnovamento, deificazione e salvezza di tutto l’uomo».
Sbaglia quindi – secondo il teologo Christou – la teologia occidentale quando sostiene che il disegno originario di Dio «sia stato mandato all’aria», per cui doveva essere corretto. Quasi che Dio abbia dovuto approntare un “piano B”. L’ortodossia si discosta dalla visione giuridica occidentale, secondo la quale il peccato protogenitoriale è la causa prima dell’incarnazione del Logos.
L’ortodossia ha come punto di partenza, fondamento, contenuto e scopo della fede e della vita «il mistero di Cristo». «L’asse centrale dell’intero mistero dell’economia divina è l’incarnazione del Figlio e Logos di Dio Padre».
Le conseguenze di tale principio – annota Tsigkos – sono stupende, anche se l’unione ipostatica della natura divina con la natura umana «è un mistero strano e portentoso», «un mistero che non tollera indagine». L’unione ipostatica del Logos con la natura umana è della massima rilevanza antropologica, poiché «offre la possibilità di salvezza ad ogni essere umano». Ancora: con l’incarnazione l’uomo viene ricreato e rifatto in una natura «più divina e più sublime della precedente».
Nelle pagine dedicate all’antropologia torna frequente la parola “divinizzazione” o “deificazione” della creatura umana: «Il Logos si è umanato affinché noi fossimo divinizzati», «Il Logos si è fatto vero uomo per render l’uomo dio», «Attraverso l’opera salvifica di Cristo, l’uomo alienato e diviso viene unificato, guarito, rinnovato, salvato e divinizzato».
Ecclesiologia
Il piano eterno di Dio – scrive Tsigkos – aveva incluso sin dall’inizio l’umanazione del Logos. Perché? «Scopo finale dell’incarnazione era che colui che si è fatto carne avesse “un corpo” che è la Chiesa» (Florovskij). Il Logos «ha assunto carne di Chiesa» (Crisostomo). Non si può, quindi, considerare Cristo senza il suo corpo che è la Chiesa. La Chiesa è la continuazione storica dell’incarnazione, la presenza di Cristo che si prolunga nei secoli. In questo senso, cristologia ed ecclesiologia sono inscindibilmente e organicamente correlate.
Sull’ecclesiologia, però, teologia orientale e teologia occidentale divergono. La teologia occidentale ritiene che la Chiesa nasca a Pentecoste e si esaurisca nel tempo storico compreso tra la vita terrena di Cristo e la sua seconda venuta. Rimane cioè entro i limiti intramondani della storia.
Non così per la teologia orientale. Per essa, la Chiesa preesisteva dall’eternità. Anche se l’esistenza e la vita della Chiesa sono impensabili al di fuori della storia, essa si estende dall’alfa della creazione sino al suo compimento nell’escatologia.
La Chiesa, poi, non esiste per sé stessa ma per la creatura più preziosa di Dio, l’uomo e, al di là di lui, per la creazione intera. Per sua natura – scrive Tsigkos – la Chiesa non si può definire, perciò è «da escludere ogni separazione e divisione in Chiesa visibile, terrena, militante e in Chiesa invisibile, celeste, trionfante».
Non può essere dimenticata l’azione dello Spirito nella Chiesa. Lo Spirito Santo architetta la Chiesa sul fondamento di tutti i fondamenti, che è Cristo, e «unisce carismaticamente tutti coloro che sono separati per stirpe e per altre differenze».
I carismi ecclesiali, i servizi e i ministeri sono istituzioni stabilite dalla potenza dello Spirito Santo, per il bene di tutti i membri della Chiesa.
Nella teologia patristica la Chiesa viene intesa come comunità di credenti, come corpo di Cristo e «non come una costruzione impersonale con una articolazione gerarchica e un’autorità che impera». Nella comunità dei credenti «non abbiamo un’aristocrazia carismatica né un elitismo di carattere mondano, ma una piena uguaglianza e parità di onore delle membra».
Tuttavia la Chiesa, quale corpo di Cristo, non è – secondo la teologia ortodossa – una comunità ingovernata e caotica, priva di strutture, di organizzazione, di articolazione gerarchica e di istituzioni. Tali strutture hanno come scopo il consolidamento e l’approfondimento dell’unità nella Chiesa e la salvaguardai della sua fede e della sua vita cattoliche. Lo stesso potere ministeriale è un servizio carismatico.
E i ruoli nella Chiesa? Anche se tra i ministeri il sacerdozio è «assolutamente necessario per l’esistenza della Chiesa» e per l’opera che in essa si compie, il clero «non costituisce un gruppo speciale sovrastante il resto del corpo della Chiesa». Segno visibile di unità è il vescovo.
E i laici? Anche se non possono celebrare i sacri misteri, né sostituirsi al sacerdote, è «giusto che assumano anch’essi la loro parte di responsabilità come se fossero essi i governanti, dato che la Chiesa è il “corpo comune” di tutti».
E le donne? Ecco cosa risponde Tsigkos: «Nella comunione carismatica del corpo ecclesiale la questione della distinzione fra uomo e donna o la posizione della donna e dei suoi diritti nella Chiesa è irrilevante». Se è così, perché le donne non possono accedere a taluni ministeri, dal momento che non esistono ragioni “dogmatiche” per la loro esclusione? Risposta: perché così vuole «la tradizione e la prassi secolare della Chiesa».
Un’attenzione speciale spetta alla “conciliarità” nella Chiesa. La conciliarità «costituisce una realtà permanente e viva dell’esistenza, della struttura e dell’articolazione della Chiesa… La conciliarità è modalità di vita del corpo ecclesiale». Annota Tsigkos: «La riscoperta della conciliarità da parte delle altre comunità cristiane (non ortodosse) è un fatto estremamente positivo».
Per una corretta ecclesiologia però – secondo il nostro autore – «qualificare le confessioni cristiane separate (dall’ortodossia) come “Chiese sorelle” è teologicamente errato e fuorviante, dopo lo scisma del 1054». A rigor di termini, “Chiese sorelle” possono chiamarsi «solo le Chiese ortodosse locali» che vivono in unità di fede, che esprimono e confessano nella comunione eucaristica.
Perentoria l’affermazione di Tsigkos: «Lo scisma, la divisione della Chiesa, è l’errore più grande, imperdonabile, più riprovevole che qualcuno possa commettere contro di essa».
Che dire della tradizione? Essa «è segno di salute e di crescita dell’organismo vivo del corpo ecclesiale». La tradizione è una realtà piena di vitalità. Una visione statica e fossilizzata della tradizione non può avere nulla a che fare con la vita del corpo ecclesiale.
La Chiesa poi, come un corpo carismatico formato dal clero e dal popolo, «è infallibile», poiché possiede la verità trasmessa da Cristo e dagli Apostoli, che essa interpreta e insegna «infallibilmente» ai suoi membri. «La Chiesa non può errare».
Ed è «il pleroma della Chiesa» che riconosce la validità di un determinato concilio. Nel ribadire questa convinzione Tsigkos ricorda un fatto storico. Nel 1848, papa Pio IX scrisse l’enciclica In suprema Petri, rivolgendosi a tutti i cristiani d’Oriente invitandoli a ritornare nella comunione con la sede di Roma, l’unica «vera Chiesa». Quattro patriarchi ortodossi più una trentina di vescovi orientali stigmatizzarono l’enciclica, affermando che «è lo stesso corpo della Chiesa che vuole che il suo credo e culto religioso rimanga sempre immutato e della stessa specie di quello dei suoi Padri».
Quanto ai sacramenti, la comunione misterica con Cristo diventa un’opportunità per «rinnovare, santificare, salvare e divinizzare anche la nostra esistenza umana». Tre i misteri considerati dai padri: battesimo/cresima, penitenza/confessione, divina eucaristia.
Riguardo al battesimo, non si parla mai di liberazione dalla colpa originale ma solo di incorporazione in Cristo.
Escatologia
Nell’uomo tutto il mondo è raffigurato e ricapitolato. L’uomo è il coronamento della creazione, è sacerdote della creazione, è creatura plasmata da Dio, è «deiforme», «ha ricevuto l’ordine di essere Dio».
Con la sua caduta l’uomo non solo si è alienato da Dio, ma ha condannato anche tutta la creazione alla corruzione e alla finitudine. I mali del disastro ecologico sono un’espressione dei gemiti della creazione a motivo dell’agire peccaminoso umano. Ogni offesa contro la natura, che è creazione, ostacola e rallenta il cammino di maturazione spirituale e di salvezza dell’uomo.
Ma l’intervento di Dio mediante l’incarnazione del Logos rinnova sia l’uomo sia la creazione intera. In Cristo l’uomo ha la possibilità di riconciliarsi con Dio, con sé stesso e con l’intero creato. Non appena Cristo rinnoverà l’uomo, rendendolo incorruttibile, immortale e spirituale, insieme a lui rinnoverà anche l’intera creazione. Anche la creazione è destinata a partecipare alla gloria divina increata del regno di Dio. La risurrezione di Cristo è l’inizio della “nuova creazione”.
È nella vita cultuale della sinassi ecclesiale che l’essere umano diventa l’ufficiante o «il liturgo della creazione».
Tsigkos ci illustra la morte secondo la teologia ortodossa. Le realtà escatologiche – scrive – sono comprese come una rottura dello spazio, un superamento del tempo e una abolizione delle strutture della storia affinché il cammino ecclesiale vada verso il suo compimento, cioè verso l’ingresso di tutti nel Regno di Dio. In questa prospettiva anche la morte – che è stata la conseguenza più rilevante del peccato protogenitoriale – non è più vista come una fine e un annientamento ma come il trasferimento in un’altra patria e condizione». Con la sua croce e la sua risurrezione Cristo ha abolito ontologicamente la morte.
L’uomo per sua natura, pur vivendo nel presente, si proietta verso le realtà ultime. Nell’azione liturgica l’escatologia ha già fatto irruzione nella storia e offre al fedele un assaggio di un altro modo di esistenza. La vita del mondo e dell’uomo è una Pasqua continua e senza fine. È lo Spirito che unifica passato, presente e futuro.
La risurrezione dei morti costituisce il più importante capitolo dell’insegnamento della Chiesa ortodossa riguardo alle realtà ultime. Nel Diouomo risorto – scrive Tsigkos – è risorta anche l’intera natura umana rinnovata. Tuttavia non bisogna aspettare di vivere con Cristo nel futuro, bisogna invece lottare per vederlo “quaggiù” e “ora”. Il giorno del Signore sorprenderà soltanto i peccatori e gli impenitenti.
Rimane un interrogativo: Come conciliare la bontà infinita e la filantropia illimitata di Dio con la realtà dell’inferno? Risponde la teologia ortodossa: la realtà dell’inferno non nega l’amore infinito e incessante di Dio per l’uomo, perché è l’uomo stesso che prepara e sceglie il proprio inferno. Con le sue decisioni libere e impenitenti l’uomo si autopunisce e si autodistrugge. Il fallimento dell’uomo nel corrispondere all’amore di Dio è la sua punizione e il suo inferno. L’inferno è la conseguenza estrema del rispetto di Dio per il grande dono della libertà offerto all’uomo. «Dio non ha creato nessun inferno per punire l’uomo».
Con questi presupposti, la teologia ortodossa respinge la cosiddetta “apocatastasi” (salvezza universale), come pure “l’eresia latina del fuoco purgatorio”.
Considerazioni conclusive
Benvenuto anche questo secondo volume della Dogmatica della Chiesa ortodossa. Accanto alle diversità che Tsigkos richiama nei confronti della teologia occidentale, rimane la bellezza e la plausibilità di un pensiero largamente consonante con la nostra teologia. Esso nasce dalla riflessione, spesso estatica e orante, dei tanti Padri orientali. Ne fa fede l’ampio apparato di note riportate a piè pagina a conferma di una teologia dalle solide radici.
La traduzione precisa e scorrevole di Antonio Ranzolin sa rendere il testo greco in maniera impeccabile. Una fatica ammirevole, tenendo conto che occorre riportare in italiano concetti teologici di pregnante portata.
Un grazie, infine, alla benemerita casa editrice Asterios, impegnata a far conoscere in Occidente le ricchezze teologiche dell’Oriente cristiano.
- VASILEIOS A. TSIGKOS, Dogmatica della Chiesa ortodossa (volume secondo), coll. “Leggere Theologia”. Piccola Bibliothiki 75, Traduzione dal greco di Antonio Ranzolin, Asterios Editore, Trieste 2025, pp. 357, € 29,00, ISBN 9788893132848.






Ma se il peccato dei primi genitori non si trasmette, perché dobbiamo morire? Non che sia un argomento facile il peccato originale, ma la posizione ortodossa non sembra più coerente di quella cattolica.
Apprezzo sempre il pensiero ortodosso perché più semplice di certe elucubrazioni cattoliche. Apprezzo il loro focus sulla resurrezione più che sulla croce. A volte purtroppo la maggior semplicità e linearità cade nella banalità del si è sempre fatto così come per quanto riguarda la condizione della donna. Su questo tema mi sarei aspettato qualcosa di più brillante, perché se è vero che la chiesa come corpo carismatico non sbaglia mai purtroppo gli uomini che prendono decisioni al suo interno sbagliano eccome (e basta vedere cosa sta combinando il patriarca russo). Sarebbe bello sapere dove iniziano le decisioni prese dal corpo carismatico della chiese e dove iniziano quelle della gerarchia che a volte di carismatico hanno ben poco.
Oddio più semplice? Ho provato con Zizioulas e sinceramente non l’ho trovato tanto semplice, per me il mondo ortodosso rimane molto misterioso..
Proprio perché non hanno la fissa Cattolica di spiegare tutto. Quindi alla fine risulta più misterioso effettivamente per noi cattolici abituati a spiegare tutto in nome di una tuttologia che alla fine fa perdere tutto di fascino. Ma non è misterioso per loro che invece amano riempire questo mistero con il sentimento piuttosto che con la razionalità.
Ok, per me invece è il contrario, il cattolicesimo è più razionale e aristotelico. Il protestantesimo in particolare procede per “salti” e mi viene il nervoso perché mi sa di furbata. È vero che la fede richiede una fiducia non dimostrabile ma può bastate un piccolo slancio non è che devi sempre saltate nel vuoto.
In ogni caso non è facile entrare in altre religioni o confessioni religiose. Puoi studiarle intellettualmente ma poi serve un vissuto. Uguale per Islam, cosa crede un islamico quando prega? Come lo vive? Non è sempre facile capirsi…
Concordo. Io ho iniziato lo studio del greco moderno e ho iniziato a frequentare la chiesa greco-ortodossa di Milano proprio per capire meglio questo senso del mistero non tanto con la ragione ma con la fede. Un percorso difficile per noi abituati a ragionare su tutto ma molto affascinante perché porta alla mistica, pratica che sí, in questo caso oggettivamente, aiuta a vivere meglio con se stessi, con Dio e con gli altri.