
Uno spettro si aggira sul viaggio del papa per celebrare i 1700 anni dal Concilio di Nicea. Lo spettro del Filioque, una questione che non riguarda il Concilio di Nicea ma che i conservatori cattolici vogliono riportare indietro nel tempo, dal 1014 al 325. La controversia è un esempio di come si muove il mondo conservatore cattolico, pronto a manipolare qualunque testo papale gridando allo scandalo spirituale, soprattutto quando non c’è affatto.
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Il pretesto è La Lettera apostolica In unitate fidei del 23 novembre (cf. qui su SettimanaNews) in cui Leone XIV ricostruisce il significato del Concilio di Nicea allora e oggi, sottolineando l’importanza di «un ecumenismo rivolto al futuro, di riconciliazione sulla via del dialogo, di scambio dei nostri doni e patrimoni spirituali. Il ristabilimento dell’unità tra i cristiani non ci rende più poveri, anzi, ci arricchisce. Come a Nicea, questo intento sarà possibile solo attraverso un paziente, lungo e talvolta difficile cammino di ascolto e accoglienza reciproca. Si tratta di una sfida teologica e, ancor più, di una sfida spirituale, che chiede pentimento e conversione da parte di tutti».
Apriti cielo. Le cateratte della polemica sono cavalcate soprattutto da LifeSite, sito ben noto, collegato al gruppo multimediale cattolico EWTN. In un articolo sulla Lettera apostolica, il titolo esprime senza alcun dubbio la nuova eresia: «Papa Leone XIV minimizza il Filioque nella nuova Lettera apostolica» (cf. qui l’originale inglese).
Una lettura attenta fa capire come si muove la disinformazione, anzi: il disordine informativo, promosso da questi settori. Leggiamo così: «Nel testo (della Lettera apostolica, ndr), volto a promuovere l’unità dei cristiani con riferimento alle prime professioni di fede, papa Leone XIV cita il Credo niceno-costantinopolitano del 381 nella sua forma originale, senza il Filioque (riferimento alla processione dello Spirito Santo da Dio Padre “e dal Figlio” nella teologia trinitaria). Questa scelta pienamente consapevole si inserisce in un discorso più ampio sull’ecumenismo come cammino di riconciliazione, volto a stabilire un futuro terreno comune con le Chiese orientali».
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Una posizione ripresa immediatamente da altri.
Scrivendo per Pelican+, una piattaforma tradizionalista, Murray Rundus – che si definisce «cattolico» – ha spiegato che si tratta di «una delle parti più preoccupanti e confuse del documento». E ha aggiunto: «Qui risiede il problema principale che ho con il testo, che credo introduca un elemento di confusione nelle relazioni tra cattolici e ortodossi. Se il Filioque e i dogmi relativi all’istituzione del papato non giustificano più la separazione, allora o quei dogmi devono essere trattati come negoziabili, oppure la separazione deve essere trattata come moralmente indifferente. Entrambe le opzioni sono incompatibili con l’ecclesiologia cattolica» (cf. qui l’originale inglese).
Di passaggio notiamo l’utilizzo del termine «dogmi»: il Filioque, da quando in qua è un dogma? E anche il Credo di Nicea è un dogma?
Guardiamo meglio. Dello stesso tenore Radical Fidelity, un blog appoggiato sulla piattaforma Substack, si tratta – dicono loro stessi – di «laici cattolici che vogliono contrastare il modernismo e l’eresia». Ed ecco il loro approccio: «Questo solleva un interrogativo inquietante: quali controversie? Il Filioque? Il primato papale? La successione apostolica? La transustanziazione? La giustificazione? I dogmi mariani? Ognuna di queste cosiddette controversie ha dato origine a insegnamenti infallibili definiti dalla Chiesa sotto la guida dello Spirito Santo. La verità dogmatica non perde mai il suo scopo».
Dogmi, appunto, qualunque cosa vogliano dire.
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Peccato, per loro, che a leggere fino in fondo LifeSite – ma chi mai arriverà fino in fondo a un lungo e anche noioso articolo ideologico? Basta fermarsi al titolo… – si trova la spiegazione storica che smentisce l’articolo stesso e l’intento di partenza.
«Il primo Concilio di Nicea (325) definì la consustanzialità del Figlio con il Padre per contrastare l’arianesimo, mentre il Concilio di Costantinopoli (381) completò la dottrina sullo Spirito Santo, affermandone la divinità e il culto insieme alle altre due Persone. Solo secoli dopo, tra l’VIII e l’XI secolo, l’Occidente latino inserì nei simboli liturgici – non nei canoni conciliari – l’espressione “Filioque”, per sottolineare l’unica origine divina dello Spirito Santo all’interno della Trinità. L’Oriente, non avendo partecipato a questo sviluppo, ne contestò la legittimità, considerandolo un intervento unilaterale sui testi ecumenici».
Che è esattamente quello che scrive il papa, dove – nella nota 10 – precisa che «l’affermazione “e procede dal Padre e dal Figlio (Filioque)” non si trova nel testo di Costantinopoli; fu inserita nel Credo latino da papa Benedetto VIII nel 1014 ed è oggetto del dialogo ortodosso-cattolico».
Quindi, in realtà, la polemica è sul nulla. Ma tanto basta a gettare un’ombra pesante sulla Lettera apostolica, su Leone XIV, sul viaggio in Turchia e Libano.
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Per una volta – nella serie «tradizionalisti contro» – si può dare ascolto a Korazym (altro sito di area) che critica LifeSite ed epigoni.
«La lettera di papa Leone parla del Concilio di Nicea perché celebra il suo anniversario e perché vuole riportarci alla sorgente del Credo cristiano. E Nicea non conteneva il Filioque, che sarebbe arrivato secoli dopo nella liturgia latina. Citarlo in un documento dedicato al 325 sarebbe stato un anacronismo, non un atto di devozione. (…) Il punto è un altro. Quando si perde familiarità con la teologia e si vive solo di allarmi spirituali, la fede diventa fragile. Fragile al punto che basta una frase travisata per perdere la pace. E qui nasce il problema. L’abitudine a leggere il Magistero con l’occhio sospettoso, cercando nei documenti la prova che “qualcosa non va”, crea una Fede inquieta, non più nutrita dalla Verità, ma dalle emozioni. Il sensazionalismo teologico è una trappola spirituale, e molti finiscono intrappolati senza accorgersene».
Giusto. Peccato che anche Korazym a volte abbia sospettato tanto, cercando nei documenti cosa non andava, soprattutto se a parlare era papa Francesco.
Ma, ad avviso di chi scrive, c’è un altro aspetto da sottolineare. La Santa Sede, nella versione dei diversi Dicasteri, e del Dicastero per la comunicazione, dovrebbe analizzare a fondo cosa si dice nei settori tradizionalisti, il modo in cui si manipola il papa e i documenti, come si aizza la polarizzazione ecclesiale. E trovare – o anche inventare – strumenti per intervenire.
Le risorse ci sono, le idee anche. Manca la volontà politica di metterle in pratica. E intanto il disordine informativo spadroneggia.






In effetti sono polemiche inutili, mentre forse farebbe bene frequentare un pò l’Oriente Cattolico, e così rendersi conto che il Filioque, nella Chiesa Cattolica, viene usato solo dalla Chiesa Latina. Nella Liturgia Greco-Cattolica infatti è prassi mantenere il Credo nella sua versione senza Filioque, come previsto dai diversi atti di unione tra diversi episcopati Ortodossi e Roma. Come l’Atto d’Unione di Brest, dove la Chiesa Romana si impegnava a non obbligare la Chiesa Ucraina ad adottare usi e costumi Occidentali e loro a mantenere la propria teologia e liturgia, tanto da proporsi come “Ortodossi in comunione con Roma”. Allora mi chiedo perchè questa “omissione” (se veramente di omissione si tratta) dovrebbe costituire un problema, mentre è perfettamente normale quando nella Basilica di San Pietro viene celebrata la Divina Liturgia e i latini, assieme agli orientali, recitano il Credo senza filioque? Evidentemente, seguendo il loro pensiero, Roma si sarebbe già compromessa sulle cose “non negoziabili”, pure in “insospettabili” tempi preconciliari.
Così recita il primo dei trentatrè Articoli dell’Unione con la Chiesa Romana:
Premessa
Prima di entrare in unione con la Chiesa romana, richiediamo ai Romani la garanzia preventiva di questi articoli.
Articoli
1. Poiché esiste una disputa tra Romani e Greci sulla processione dello Spirito Santo, che ostacola grandemente l’unità, in realtà per nessun altro motivo se non perché non c’è volontà di comprendersi a vicenda, chiediamo di non essere costretti a nessun altro credo, ma di attenerci a ciò che ci è stato tramandato nelle Sacre Scritture, nel Vangelo e negli scritti dei santi dottori greci, cioè che lo Spirito Santo procede non da due fonti e non con una doppia processione, ma da un’unica origine, dal Padre attraverso il Figlio.