
È abbastanza consueto che i testi importanti del magistero vengano ricordati e in alcuni casi anche «riscritti» in nuovi documenti. Nel caso dell’enciclica Evangelium vitae (EV) scritta da Giovanni Paolo II nel 1995, il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha voluto ricordarla attraverso un originale sussidio La vita è sempre un bene. Avviare processi per una pastorale della vita umana (Libreria editrice vaticana, 25 marzo 2025).
Il prefetto, card. Kevin Farrel, lo presenta legando Evangelium vitae alla dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero della dottrina della fede (aprile 2024). Davanti ai «troppi equivoci, mistificazioni e subdole pratiche e abitudini sociali, legittimate da leggi ingiuste» è opportuno «sviluppare una pastorale della vita umana organica e strutturata, che possa formare in modo adeguato operatori, educatori, insegnanti, genitori, giovani e bambini al rispetto del valore della vita».
Un taglio pastorale che completa la prospettiva di EV, fortemente esposto sul piano dottrinale, culturale, legislativo e politico, ma meno attrezzato su quello pratico-pastorale.
Dalla dottrina alla pastorale
Un cambio di registro tutt’altro che secondario. Capace anzi di passare da un «giudizio di civiltà», con venature intransigenti, alla chiamata per un discernimento comunitario «a seconda delle realtà geografiche e culturali»; da un pronunciamento di alto rilievo magisteriale (al confine con una definizione ex cathedra) a un documento dicasteriale esortativo e incoraggiante: «Non scoraggiamoci di fronte alla secolarizzazione, al venir meno dei valori cristiani, alle leggi che nel mondo legittimano la soppressione della vita. Continuiamo a coltivare un dialogo fiducioso con la cultura, perché ad ogni nuova generazione sia dato di conoscere la verità sul valore inestimabile di ogni vita umana».
Il testo, di una trentina di cartelle, è strutturato in 10 brevi capitoli, con evidenziazioni, schemi e sottolineature tipografiche che ne facilitano l’uso. Dopo i fondamenti si ricordano le esigenze delle Chiese locali per poi accennare ai presupposti della pastorale della vita, alle attitudini necessarie, alle competenze, ai temi e i mezzi, con uno schema finale di sintesi.
Il registro pastorale non è affatto ingenuo o superficiale: «Oggigiorno i valori e i criteri del discernimento fondanti sulla nostra fede non vengono trasmessi. Nemmeno il valore inviolabile della vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Occorre stimolare la riflessione partendo dalle domande che nascono nella vita quotidiana delle persone». Il discernimento richiesto rimanda ripetutamente alla forma sinodale, alla responsabilità delle comunità di avvertire le sfide e di avviare processi di soluzione.
Si raccomanda la «conversazione nello Spirito» per far crescere assieme i fedeli e i pastori. «Abbiamo bisogno di pensare insieme e sperimentare l’effetto creativo del discernere e conversare nello Spirito». Il fine non è di aggiungere una pastorale specializzata, pur apprezzando specifiche competenze, quanto piuttosto di abilitare un’«organica pastorale della vita umana che, a partire dal rispetto della dignità, della vita e dell’integrità di ogni essere umano, sia adeguata espressione dell’impegno evangelizzatore e pedagogico della Chiesa».
Per questo sono consigliate alcune attitudini a partire dalla custodia creativa dell’insegnamento ecclesiale, avviando il discernimento con una successiva coerenza operativa e la valorizzazione dell’apporto di ciascuno. Solo un dialogo generativo è in grado di trovare le soluzioni migliori.
I temi e le urgenze
I temi specifici che riguardano la custodia della vita umana (aborto, eutanasia, suicidio assistito, guerra, terrorismo, violenza digitale, poveri, migranti, anziani ecc.) sono proposti come una costellazione la cui urgenza e priorità sono sollecitate dalle comunità.
Con una certa differenza fra le questioni più insistite nelle visite ad limina delle Conferenze episcopali (aborto, contraccezione, morale sessuale, fecondazione in vitro, eutanasia ecc.) e la «nuvola» che le accorpa sui temi trasversali: inizio vita, corso della vita, fine vita, temi comuni, ricerca bio-tecnologica. Lo sforzo è di uscire dal rigidismo dei «principi non negoziabili» per coinvolgere il popolo credente nell’attestazione evangelica di un «Dio della vita».







Appare a me personalmente azzardato non riconoscere agli autori di Evangelium vitae una preoccupazione di carattere pastorale e, di contro, riservare questa preoccupazione all’ultimo documento in commento del presente articolo. E’ proprio una preoccupazione di carattere pastorale, quella che sta alla base di Evangelium vitae, ovvero quella di fornire gli strumenti per poter “affermare la vita”. Il nuovo documento, per come è presentato nell’articolo, appare piuttosto finalizzato a perseguire altre finalità che, “nella loro pastoralità” (?), non si preoccupano tanto di “affermare la vita”, quanto piuttosto di affermare, ulteriormente, un metodo. Questo metodo è appunto quello del dialogo, come viene presentato.
In merito sarebbe interessante capire come mai questo metodo del dialogo non sia stato rilevato dall’articolo nel documento di trent’anni fa, ma sia necessario, dopo trent’anni. affermarlo; almeno se si considera che, in tema di confronto evangelizzatrice con il mondo (intra-ecclesiale e non, sociale, culturale e religioso) tra Giovanni Paolo II e Francesco, il secondo appare sufficientemente inafferrabile. Sarebbe interessante avere una risposta su questo argomento.
Inoltre, non si può non considerare come anche quest’ultimo documento in commento nell’articolo, porti con sé due rischi.
Il primo rischio, già realizzatosi, è quello che sorge dalla constatazione per cui l’attività di questo Dicastero, almeno nei frangenti di questo anniversario, pare essere calato, non tanto ad “affermare la vita”, quanto piuttosto a rinforzare uno specifico approccio pastorale; scelta non necessariamente non condivisibile, ma quanto maggiormente ne trarrebbe beneficio “la vita” se si avesse avuto e si avesse la forza e la liberta’ di proclamare (come pastoralmente faceva Giovanni Paolo II …) il Vangelo della vita, appunto?
Il secondo rischio è quello di continuare a guardare a se stessi e non all’altro, prossimo o meno che sia, sicché il risultato è il solito autocompiacimento … auspicando (e qui, oltre a mancare forza e libertà, si tradisce anche la Verità) il compiacimento dell’altro (… con il quale si vuole evitare di … non farselo o non tenerselo, ipocritamente, amico …). Il problema, poi, è che quest’ultimo (l’altro) rimane ingannato (nella migliore delle ipotesi … pastorali).
Detto questo, sarebbe interessante comprendere quale sia l’effettiva utilità di aver pubblicato questo documento che non può che essere definito, in maniera triste, meramente celebrativo. Nulla di nuovo, e nessuna indicazione per la Salvezza; dialoghiamo … (?).