
In attesa di quanto potrà dire – e decidere – in merito Papa Leone XIV, conviene ricordare il progetto, suggerito durante il pontificato di Francesco, di attuare il diaconato femminile come ministero laicale istituito, analogamente a quanto avviene per il lettorato, l’accolitato o il ministero di catechista.
Francesco sembrava disposto ad accogliere la ministerialità del diaconato femminile, ma fondata sul battesimo e, quindi, intesa come carisma personale che, riconosciuto attraverso una benedizione, fosse posto al servizio, ovviamente, della comunità cristiana e della società. Con tale proposta, il diaconato femminile non sarebbe stato un ministero ordinato, cioè fondato sulla ricezione del sacramento dell’ordine e con la capacità di agire in rappresentanza di Cristo Capo, servo dei poveri e promotore di giustizia.
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Papa Bergoglio si trovava a fronteggiare due difficoltà teologiche e una ecclesiologica, che lo portarono a proporre la «soluzione» del diaconato femminile come ministero laicale istituito.
Probabilmente, la difficoltà più rilevante – e quasi mai esplicitata – era di natura ecclesiologica: il riconoscimento del diaconato femminile come ministero ordinato aveva tutte le carte in regola per provocare uno scisma nella Chiesa cattolica; in particolare, in quelle aree culturali fortemente patriarcali e maschiliste. O quantomeno, per mettere l’unità ecclesiale a rischio. E ciò, ancor più, se a tale decisione si fossero aggiunte altre già fonte di tensione: ad esempio, le aperture – particolarmente timide – in materia di morale sessuale e pastorale familiare.
A mio avviso – ed è un’opinione personale – tale timore era da lui contenuto e interiormente silenziato grazie a due argomentazioni che egli presentava come difficoltà teologiche. Secondo la prima, il ministero ordinato era riservato agli uomini – sin da Giovanni Paolo II – perché si trattava di una verità da accogliere «come definitiva». E lui, in quanto figlio della Chiesa – e desideroso di continuare ad esserlo – l’accoglieva come tale, cioè come “definitiva” e quindi non soggetta a discussione.
In precedenza ho sostenuto che Francesco, argomentando in questo modo, confondeva ciò che è una verità infallibile e irreformabile (e dunque fondamentale per conservare l’unità della fede e non uscire dalla comunione cattolica) con ciò che è una verità «definitiva» – e riformabile – adottata per salvaguardare, in un determinato momento storico, l’unità della Chiesa (ma non della fede). A differenza di quelle infallibili, le verità «definitive» possono cessare di esserlo in epoche successive. Lo si può riscontrare, ad esempio, nelle decisioni papali che abolirono e poi restaurarono la Compagnia di Gesù.
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La seconda difficoltà teologica sollevata da Papa Bergoglio consisteva nel ritenere che non fosse affatto chiaro che nei primi secoli della Chiesa (secondo l’argomento della tradizione) esistessero donne diaconesse equivalenti ai diaconi uomini. Francesco accoglieva la tesi secondo cui le donne diaconesse – a differenza dei diaconi – non venivano ordinate, bensì benedette. Il loro non era dunque un servizio ordinato, ma un ministero laicale, ossia non conferito per agire in rappresentanza di Cristo Capo e, di conseguenza, escluso dal presbiterato e dall’episcopato.
Quando la Commissione Teologica Internazionale si pronunciò sul diaconato femminile, lasciò aperta la questione (Il diaconato: evoluzione e prospettive, 2002): «Spetta al ministero di discernimento che il Signore ha stabilito nella sua Chiesa pronunciarsi con autorità sulla questione». Tuttavia, poco prima di tale conclusione, la CTI affermava anche che «le diaconesse menzionate nella Tradizione della Chiesa antica – secondo quanto suggeriscono il rito d’istituzione e le funzioni esercitate – non sono puramente e semplicemente assimilabili ai diaconi».
A differenza di questa posizione, 16 professori attivi ed emeriti di liturgia e teologia liturgica in varie scuole teologiche e seminari di Grecia e Nord America sostengono che la ricerca attuale consente di affermare in modo «più definitivo» che nella Tradizione della Chiesa Ortodossa «le diaconesse» venivano ordinate «per gli ordini superiori del clero (quello che oggi intendiamo come cheirotonía) e non semplicemente designate per il clero minore (cheirothesía)».
Inoltre, proseguono, sappiamo anche che «i doveri liturgici delle diaconesse erano più limitati rispetto a quelli dei diaconi a causa della concezione culturale e della segregazione della donna nella società bizantina. Tuttavia, le diaconesse esercitavano il loro ministero tra le donne nello stesso modo in cui i diaconi lo esercitavano tra gli uomini».
E sappiamo pure – concludono questi 16 studiosi – che non vi è alcuna difficoltà affinché «il ruolo liturgico delle diaconesse possa oggi essere ampliato” al fine di “contribuire a soddisfare le esigenze particolari della comunità attuale» (cf. qui su SettimanaNews).
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Se non erro, ritengo che le difficoltà teologiche addotte da Francesco per rallentare – e persino bloccare – l’accesso delle donne al diaconato, presentino oggi le stesse – o maggiori – incoerenze teologiche, alla luce di questo contributo.
Alla data odierna, continuo a ritenere che la questione centrale non sia né teologica né ecclesiologica, ma evangelica. E questa si esprime nel rispondere alla seguente domanda: quale sarebbe oggi l’atteggiamento di Gesù riguardo all’accesso delle donne al ministero del diaconato e, per estensione, a quello del presbiterato e dell’episcopato?
Ritengo che questa sia una questione che non può essere risolta solo ed esclusivamente dal Papa Leone XIV, benché sia stato un altro papa (Giovanni Paolo II) ad aver dichiarato «come verità definitiva» l’impossibilità per le donne di accedere al ministero ordinato.
Credo però, in vista di una soluzione il meno traumatica possibile, che non sarebbe inopportuno se il Papa Prevost permettesse di affrontare questo tema nella prossima Assemblea ecclesiale dell’ottobre 2028 o, se lo ritenesse più opportuno, convocasse un’Assemblea ecclesiale monografica dedicata interamente a questo argomento. È solo un suggerimento. Nient’altro.
- Articolo pubblicato sul portale di informazione religiosa Religión Digital il 30 maggio 2025 (qui l’originale spagnolo).






Chiacchiere inutili, ahimè…
La Chiesa non ha alcuna intenzione di cambiare, perché i suoi finanziatori statunitensi sono conservatori.
E alle gerarchie non interessa il continuo, inarrestabile scisma dei/delle fedeli comuni, che ormai frequentano sempre meno le funzioni e i sacramenti.
Piaccia o meno, la dottrina della Chiesa non ha nulla a che fare con il messaggio di Gesù, che infatti accusava il clero del suo tempo di seguire “precetti di uomini”.
Proprio così: di uomini.
Non certo di donne… ridotte in clausura e velate, completamente dipendenti dai chierici.
La somma ipocrisia sta nell’affermazione di non voler clericalizzare le donne, incuranti del fatto che metà delle persone battezzate vengono escluse da un sacramento (!?) della Chiesa solo perché donne.
Commentando l’articolo sopra, mi permetto, umilmente, di evidenziare un errore nella comprensione del concetto di verità definitiva.
Una verità definitiva espressa secondo il magistero ordinario e universale, così com’è ciò che è espresso in ordinatio sacerdotalis, è una verità non soggetta a revisione futura, infatti è definitiva. Essa naturalmente non appartiene al deposito della fede, ma vi si riferisce direttamente ed è necessaria per esporre saldamente il depositum fidei. Il fatto che la Chiesa non ammetta le donne all’Ordine sacro è una di queste verità definitive, la quale, oltre a badare la sua autorevolezza sulla lettera di Giovanni Paolo II, si fonda sulla traditio perpetuo servata della chiesa, nonché su argomenti teologici validi. Nella nota della congregazione per la dottrina della fede a proposito della professio fidei ciò è ben spiegato. Ma anche nello stesso Motu proprio in forma di lettera apostolica Ad tuedam fidem, viene spiegata la natura delle verità definitive.
Madri di famiglia… grande ministero femminile su cui si è fondata la Chiesa per due millenni. Ora schifata dalle nuove “teologesse”. Infatti i figli non si fanno più e non si trasmette più la fede. Altro che diacone!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma prima degli anni ’60 e che il ‘fine unitivo’ del matrimonio ricevesse la giusta attenzione il ‘ministero di madre’ veniva considerato?
E ha funzionato bene? Perché negli anni ’60 e ’70 ci è voluto poco per far collassare tutto
Certo più di ora in cui si “santifica” la Murgia che considera la famiglia l’origine di ogni male. Negli anni ’60 dopo decenni di film prima americani e poi italiani la dignità della madre di famiglia era già stata distrutta con il silenzio complice delle gerarchie. Oggi solo l’accudimenti degli animali è esaltato come “grande amore”. Vivi tra noi vero …o su marte? Scusa l’ironia…..
io ieri ho riaperto il volumetto ‘Tesori spirituali. Sacramenti e sacramentali’ degli anni ’40 (ristampa anastatica recente) e nella parte relativa al matrimonio non viene minimamente indicato un ruolo speciale della madre nell’accudimento e nell’educazione dei figli. E anche il tema dell’educazione religiosa dei figli non è che riceva molto spazio…
E non è che sia un testo progressista: come primo fine del matrimonio viene indicato quello procreativo e uno dei due argomenti posto a favore del riservare l’ordine solo agli uomini è che la donna è ‘naturalmente soggetta’!
Non è che questo ruolo della donna avente una speciale dignità come madre sia una invenzione/riscoperta/evoluzione recente, soprattutto in risposta al femminismo della seconda ondata?
Guardando al resto della cristianità, la Southern Baptist Convention ha inserito nel suo standard dottrinale una parte dedicata alla famiglia (che definisce i ruoli di marito e moglie) solo nel 1998! https://bfm.sbc.net/comparison-chart/
Le discriminazioni basate sul sesso (così come qualsiasi altro tipo di discriminazioni) non dovrebbero esistere. Uomini e donne intelligenti e preparati devono poter svolgere gli stessi ruoli in qualsiasi campo, quindi anche in quello ecclesiale. Io stimo quelle chiese moderne, aperte e giuste che riconoscono non solo il diaconato, ma anche il sacerdozio femminile. E sono felicissima di non fare parte della chiesa cattolica che mi discrimina in quanto donna.
Però per svolgere un ministero nella Chiesa non basta essere ‘intelligenti e preparati’ ma avere ricevuto una vocazione da Dio e che questa sia stata riconosciuta dalla Chiesa
In tutta onestà non riesco a trovare ragioni valide per impedire alle donne il diaconato, anche come passo verso l’ordinazione presbiterale, al pari degli uomini. Non vedo altro se non chiusure di ben altra natura. Ho sempre considerato cruciale il parallelismo tra la questione femminile nella chiesa e la questione della schiavitù: alla resa dei conti solo impedimenti culturali. A Pasqua mi ha molto colpito la Parola degli Atti degli Apostoli ( At 10,34a.37-43):
“Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. E’ inclusa, anche se non viene esplicitato, anche Maddalena – e le donne con lei – alla quale Gesù si è manifestato. E’ vero, qui si parla del dopo la Resurrezione, ma cosa impedisce di pensare che le donne , Maddalena in particolare, fossero presenti anche all’ultima cena, a mangiare e bere con lui “prima della sua morte” e non solo dopo la risurrezione? E’ una domanda che in cuor mio ha già una risposta.
È il tipico cul de sac in cui a volte le elucubrazioni mentali del clero hanno infilato la chiesa. Il Vangelo fa annunciare la resurrezione ad una donna. Il più importante evento di tutti i tempi in bocca ad una donna. Non basta questo?
Solo un Concilio può derimere la questione del diaconato femminile e non per motivazioni dottrinali, che non sussistono, ma per motivazioni ecclesiali. In un Concilio dovranno essere trovate le opportune mediazioni tra progressisti e conservatori. La questione del diaconato femminile è sovrapponibile alla questione dei preti sposati. La pacificazione passa invetabilmente dalla soluzione di queste due questioni.
PS Già ora in base al diritto canonico a causa della scarsità dei ministri molte funzioni (la cura pastorale di parrocchie, il battesimo, il matrimonio, il ministero della parola, presidenza di preghiere liturgiche) possono essere date ai laici e quindi alle donne. in molti posti la situazione è già reale e non ipotizzabile, quindi bisogna riconoscere pienamente ciò che c’è già.
… finché non verrà un papa che farà un documento di scuse per come sono state trattate in passato le donne nella chiesa; come altri papi lo hanno fatto per la schiavitù, il colonialismo e altri costrutti sociali che i sapiens sono riusciti ad inventarsi, talora con i sostegno delle chiese cristiane.
Aspettiamo con fede.
La schiavitù fu condannata con la Veritas Ipsa di Paolo III, 1537. Ci fu un dibattito abbastanza aspro subito dopo la scoperta dell’America, ma sostanzialmente fu riconosciuta la libertà degli indigeni e vietata la loro riduzione in schiavitù.
https://it.wikipedia.org/wiki/Giunta_di_Valladolid#:~:text=Bartolom%C3%A9%20de%20Las%20Casas%2C%20un,di%20padroni%20delle%20loro%20terre.
Mi sembra più un punto di vista personale, una ricostruzione soggettiva del pensiero di Papa Francesco più che la realtà. Infatti nel testo non ci sono citazioni di discorsi o altro (del Papa si intende).
il riconoscimento del diaconato femminile come ministero ordinato aveva tutte le carte in regola per provocare uno scisma nella Chiesa cattolica; in particolare, in quelle aree culturali fortemente patriarcali e maschiliste.
Bel giudizio su persone che seguono quella che, a torto o ragione, è stata per vari secoli la prassi normale nella Chiesa.
Soprattutto visto che una volta che le prime donne verranno ordinate TUTTI saranno obbligati a riconoscerle come tali, pena l’essere considerati scismatici e divisivi.
Ergo la gente che prima aderiva a quella che era considerata ‘dottrina definita’ rischia di trovarsi dalla parte del torto
Lo scisma pare inevitabile
Inoltre l’autore considera apertamente l’apertura del diaconato alle donne solo come un trampolino di lancio per ordinarle al presbiterato e all’episcopato
Io faccio parte di quelle aree culturali fortemente patriarcali e maschiliste… Ovvero sono cattolica (naturalmente la realtà è un altra e cioè che la Chiesa è stata sempre la maggior alleata delle donne, quelle che non vogliono sovvertire l’insegnamento di Gesù sul ministero ordinato). A noi ci basta andare in Paradiso… vi sembra poco???? Ma perchè non ve ne andate dalla Chiesa visto che vi fa schifo tutto quello che è e che ha fatto per venti secoli? Io invece ne sono fiera
In teoria nel 2025 ci sono ampie alternative se proprio si detesta la propria comunità religiosa. Basta passare ai Valdesi, o a qualche altra denominazione protestante. Uguale per i cattolici più tradizionali che possono unirsi a Ortodossi ecc.
Il problema è che non basta essere liberi di aderire ad un’altra confessione, o ad un altro movimento più in linea con il proprio sentire, ognuna delle due fazioni considera vitale ed essenziale imporre all’altra la propria visione ecclesiale. Quindi o si continuerà a navigare a vista, oppure bisogna rassegnarsi ad accettare un’eventuale spaccatura. Come disse lo storico Martina ad ogni concilio si perde un pezzo di Chiesa, i luterani con Trento, i veterocattolici con il Vaticano I, i lefebvriani con il Vaticano II. Tenere tutti dentro ad un certo punto diventa impossibile.
Resta che anche offrendo il diaconato femminile mi pare palese che non basterà, dato che neppure la società civile secolarizzata viene considerata sufficientemente egualitaria. Bisognerà avere una metà di cardinali femminili e il primo Papa o Segretario di Stato e ogni altra carica al femminile per essere considerati egualitari secondo la sensibilità corrente.
L’insegnamento di Gesù sul Ministero Ordinato è stato comunque essenziale: lo ha istituito, gli ha dato dei compiti (annunciare il Vangelo, celebrare dei Sacramenti, rimettere i peccati etc) e ha creato il corpo dei Dodici
Però tutta la suddivisione in vari ruoli è comunque iniziativa della Chiesa dopo la Pentecoste per venire incontro a varie necessità: vedi Atti capitolo 6
E per venire incontro a queste necessità sono sorti vari ministeri femminili: diaconesse, vergini, vedove, badesse.
La domanda è: ne abbiamo bisogno ora?
Forse la domanda giusta è: ha ancora senso impedirlo? Vorrei valide ragioni perchè non debba avvenire naturalmente, ragioni che però non trovo da nessuna parte.
Poi che faccia comodo continuare come si è sempre fatto lo posso capire ma non mi pare una ragione sufficiente. Lo dico con la certezza che non sarà forse la salvezza per la chiesa concedere alle donne di diventare prete e poi chissà vescovo, cardinale e papa ma sarebbe un segno che davvero la chiesa reputa le donne alla pari per intelligenza e capacità organizzativa degli uomini. Di preti maschi noiosi e poco professionali ne ho conosciuti tanti, forse troppi. Proviamo altro.
Però per servire un ministero non bastano ‘intelligenza e capacità organizzativa’, ma una vocazione proveniente da Dio e riconosciuta dalla Chiesa.
E per adesso penso che molti cattolici non siano disposti a riconoscere una donna come celebrante dell’Eucaristia, in fedeltà appunto a una prassi che, anche supponendola non Apostolica, è antica.
Vogliamo rischiare uno scisma per questo?