
Padre Patrick Goujon sj
Lo scorso 30 giugno, a Modena, 300 persone hanno ascoltato la testimonianza del gesuita Patrick Goujon, teologo e storico, abusato quand’era bambino da parte di un prete.
Lunedì 30 giugno circa 300 persone si sono ritrovate a Modena in ascolto della testimonianza di Patrick Goujon. Gesuita, ricercatore in teologia e storia del cristianesimo in età moderna alla Facoltà di teologia e religione dell’Università di Oxford, autore di volumi di riferimento come La Compagnie de Jésus. Des anciens régimes au monde contemporain e Les Politiques de l’âme. Direction spirituelle et Jésuites français à l’époque moderne, Goujon ha pubblicato Prière de ne pas abuser, tradotto in italiano con il titolo In memoria di me. Sopravvivere a un abuso (EDB, 2023).
Il ricordo e la ricostruzione
In questo testo, Goujon racconta la sua esperienza di consapevolezza e denuncia degli abusi sessuali subiti durante l’infanzia ad opera di un sacerdote della sua diocesi di origine, Verdun.
Nel corso dell’incontro, il teologo e storico ha ripercorso le tappe del suo itinerario personale, dalla rimozione alla riemersione delle aggressioni patite.
La vita del gesuita francese è stata attraversata da dolori cronici, non leniti da alcuna terapia, fino al dischiudersi della memoria della violenza: «Avevo 48 anni, ciò di cui mi sono ricordato è accaduto quando avevo dai 7 anni ai 10 anni. E questo ricordo, come se avessi acceso la luce, mi ha immediatamente colpito e mi sono detto “sì, sono stato aggredito sessualmente da parte di un prete”. Ed è stata una liberazione del corpo».
Da allora, si è aperta per Goujon una fase estremamente complessa: «Per mesi non ho saputo cosa fare di questo ricordo, ma, al contempo, esso lavorava dentro di me, con più dettagli su quello che era avvenuto, sulle conseguenze che ciò aveva avuto sul mio carattere, sulla mia storia».
Goujon ha poi ricostruito il passaggio dalla consapevolezza alla denuncia: dopo la scoperta che, all’interno della diocesi di Verdun, fossero infatti noti i crimini di pedofilia ad opera del sacerdote, il gesuita procede legalmente.
La pubblica denuncia
All’iter giudiziario, si accompagna la presa di parola pubblica. Nel 2021, l’uscita in francese di Prière de ne pas abuser suscita una vasta eco, proprio nei mesi in cui la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (CIASE) pubblica il suo rapporto sulle violenze avvenute tra il 1950 e il 2020, il cosiddetto Rapporto Sauvé: «Il mio libro è uscito contemporaneamente al Rapporto. È stato uno shock, perché le stime della Commissione dicono che, dal 1950, ci sono state almeno 300.000 vittime in Francia».
La presa di parola di Goujon lo ha avvicinato ad altre vittime: «Uomini, donne, che sono state vittime da bambini e altri da adulti, ma tutti con questa vita spezzata, spezzata nel più intimo. Nelle lettere che ricevo o con le persone che incontro alla fine di una conferenza e che condividono con me anche pochi minuti c’è un riconoscimento molto forte, reciproco.
La sociologa francese Irène Théry, quando ha analizzato il movimento MeToo, ha parlato della “condizione condivisa”. Credo che questo avvenga anche per le vittime di abusi del clero. Questa condizione condivisa dà una forza incredibile perché si è testimoni gli uni per gli altri che si è vivi, feriti, zoppicanti, ma vivi».
Nel corso del dialogo, la riflessione ha intrecciato il tema della direzione spirituale, al centro anche delle ricerche storiche del gesuita francese, e della necessità di una revisione profonda della formazione, per promuovere forme di accompagnamento non orientate al controllo spirituale e fisico ma all’ascolto e alla vicinanza: «È terribile vedere che storicamente la Chiesa ha realmente organizzato questo potere. Il mio lavoro come storico, che ho cominciato senza la consapevolezza che fossi io stesso una vittima, mi ha mostrato che la Chiesa ha veramente teorizzato il controllo sulle persone. Noi viviamo le conseguenze di questo enorme errore spirituale».
Ancora omissioni
Nella parte finale dell’incontro, la riflessione si è concentrata sul percorso intrapreso dalla Chiesa francese, dal Rapporto Sauvé alle conseguenze delle rivelazioni sui crimini perpetrati da Jean Vanier e dall’abbé Pierre, allo scandalo intorno alla scuola di Bétharram, fino alla recente decisione di coprire i mosaici di Marko Ivan Rupnik a Lourdes.
Goujon ha sottolineato la rilevanza di questi passaggi e il permanere, al contempo, di atteggiamenti di omissione all’interno del clero: «Ci sono vescovi, in Francia e all’estero, che non soltanto sono contro la protezione dei bambini, ma che mentono e coprono gli aggressori. Ci sono dei preti che sono dei criminali, a volte con 50-100 vittime, e i vescovi li proteggono», ha affermato il gesuita francese.
La serata è stata intervallata dalla lettura di testimonianze anonime di vittime di abusi provenienti dalla diocesi di Modena-Nonantola-Carpi e da momenti di silenzio e musica.
Organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Emilia, in collaborazione con l’Istituto Toniolo, l’associazione culturale “Consorzio Creativo”, il Servizio interdiocesano per la prevenzione, l’ascolto e la tutela dei minori, l’incontro si propone di rappresentare una tappa di un percorso di consapevolezza della violenza perpetrata nelle comunità ecclesiali, di analisi delle cause e dell’identificazione delle forme di sostegno e di riparazione alle vittime, avviando un itinerario tanto delicato quanto non rinviabile per la diocesi di Modena e per la Chiesa italiana tutta.






Lunedì sera a Modena al cinema estivo alle 21 danno il film irlandese “Piccole cose come queste” di Tim Mielants. Parla di un altro abuso, quello contro le ragazze che hanno avuto figli fuori dal matrimonio: pare che gli irlandesi abbiano affrontato il problema, dopo tanti anni di insabbiamenti. Quando si potrà parlare in Italia dell’ostracismo e della condanna delle ragazze madri? Anche questo è stato abuso a pieno diritto, ma chi ha mai preso la parola per difenderle? Per proteggerle dalla stupidità del clero e dei cattolici benpensanti ? Quando se ne potrà parlare?
Don Giovanni Lupino, sottoscrivo ogni sua parola e aggiungo: ci sono vittime ancora più silenziate e derise dal silenzio dei vescovi e dei vaticanisti esperti, e sono le vittime adulte degli abusi spirituali e di coscienza. Questi sono i più invisibili e ostracizzati dalle gerarchie ecclesiastiche. Ma continuiamo a parlare “opportunamente e inopportunamente”; é il nostro contributo all’ annuncio del Vangelo.
Grazie, don, delle sue parole
Da anni sono in contatto con le vittime di abusi, non solo di religiosi. Quando la ferita si rimargina rimane comunque il dolore e il disagio. La mia vicinanza e la mia preghiera a Patrick Goujon. Come prete di Savona mi limito a considerare in questo commento il comportamento dei miei vescovi e della comunità presbiterale. Potete trovare on line la verifica di quanto scrivo. Le denunce cominciano alla fine del 1970 e si arriva ai processi e e agli scandali degli anni 2010. Le denunce e le segnalazioni di Zanardi Francesco, vittima di un prete continuano. 5 vescovi coinvolti personalmente, informati, inseguiti da stampa e televisione, ovviamente nel silenzio e nell’omertà. Nessuna nota di rimprovero a vescovi e preti coinvolti, come testimoni dei misfatti. Personalmente non ho mai ricevuto una risposta da parte di Roma nonostante io abbia fornito una documentazione di 40 anni di storia della mia diocesi su vari misfatti e non solo la pederastia. Il silenzio e l’omertà sono sistemici come tutte le <>. La vicinanza alle vittime è state espressa pubblicamente da me e da un grande teologo inascoltato, Giampiero Bof, oggi nella Gloria e nella Pace. Questo ha comportato disagio nel clero, emarginazione e inimicizie. Personalmente non temo queste cose e non temo vescovi e preti, poiché il Signore mi ha fornito di spalle larghe e famiglia e amici robusti. E’ certo però che nessun vescovo mi chiamerà a essere suo collaboratore e tanto meno mi proporrà nella Commissione TUTELA DEI MINORI. Ma anche molti preti e laici continuano a lamentarsi che diamo troppo peso a queste denunce. E’ proprio vero, in questo caso e in casi peggiori che sono davanti ai nostri occhi, il grido delle vittime come il grido degli innocenti massacrati da fastidio, non si possono ascoltare a lungo. Preferiamo gli esperti azzimati, uomini e donne eleganti che blaterano delle disgrazie altrui in televisione quotidianamente, come pure preferiamo che parli qualche Monsignore che ci illumina sui provvedimenti che la Chiesa sta prendendo, ora che finalmente ha preso coscienza del grave fenomeno. Basterebbe che i monsignori romani tenessero in camera la foto di Rupnik che predica a Papa e Cardinali. P.S. Signori l’argomento è penoso e non piace. Anche questo articolo illuminante su Settimana news avrà pochi commenti. Come parlare di corde in casa dell’impiccato? Forse ho parlato troppo anche io. Mi scuso con i più sensibili.
La sua testimonianza ci fa sperare … sono pochi i preti che hanno avuto il coraggio della denuncia. Tanti, troppi si sono girati dall’altra parte per non vedere, per difendere la categoria. A questo proposito sarebbe veramente illuminante ascoltare le vittime vere, quelle la cui vita è stata spezzata, le vite “scomode” delle persone senza pedigree: i sordomuti del Provolo, i Francesco Zanardi … gli impresentabili nei consessi di chi non vuole vedere. Il prete francese mi pare piuttosto dentro all’entourage, uno dei pochi ammessi a parlare e che ha ottenuto attenzione dalle testate giornalistiche cattoliche. La sofferenza degli abusi noi italiani ce l’abbiamo in casa e su questa nessuno alza lo sguardo. Grazie a chi ha il coraggio della denuncia!