La concretizzazione inclusiva della Chiesa sinodale

di:

leone xiv

Da quanto ho avuto modo di percepire, Prevost è stato lanciato dai cardinali più aperti nordamericani (in primis, direi Cupich), abili nel tessere un’alleanza con quelli latinoamericani (penso a Mattasoglio), e da veterani europei come Kasper, inquadrato entusiasta in prima fila. Successivamente è stato fondamentale l’appoggio finale della cinquantina di sostenitori del diplomatico Parolin, al quale si è accodata una ventina di conservatori – preoccupati dall’ascesa di Tagle, che stava raddoppiando i consensi sino a sfiorare la maggioranza semplice – dopo il fallito tentativo ruiniano di farli convergere su Betori.

Pure i voti dei cardinali «della sinodalità» (Grech e Hollerich in prima fila) sono confluiti con naturalezza su Prevost, considerato garante di un processo sinodale inclusivo. Il cardinale peruviano made in USA ha così superato quota 100, lasciando il povero Tagle con una ventina di preferenze, tra le quali si conterebbero alcuni italiani.

Questa ampia, inedita e trasversale maggioranza aiuta a comprendere quello che appare, al momento, il saggio – o forse furbo – tentativo del rassicurante Leone XIV di includere anche i più lontani da Bergoglio nel processo di riforma sinodale, che si svolge sul solco del Concilio Vaticano II.

Questo sforzo è condotto con un’estetica e una retorica che, pur non coincidenti con quelle del predecessore, non ne rinnegano l’eredità. Al contrario: puntano a rendere concretamente operativa e condivisa la «Chiesa in uscita» sognata dal profetico Francesco, dotandola di basi teologiche più esplicite e fondamenti canonici più solidi, e soprattutto cercando un consenso maggiormente ampio e strutturato.

***

Questa lettura mi pare più plausibile di quella opposta, propugnata dai suoi sostenitori dell’ultima ora, secondo la quale Leone XIV dovrebbe smorzare gli entusiasmi sinodali suscitati da Bergoglio nel Popolo di Dio, riconducendolo a «retta dottrina». Un mero wishful thinking, direi.

Tenere dentro tutte le diverse sensibilità – geografiche ed ecclesiali – rafforzando il senso inclusivo dell’unità cattolica è la sfida di questo pontificato che sembra non voler rovesciare il tavolo, bensì apparecchiarlo in modo diverso. Leone XIV pare volerlo fare con discrezione, ma con altrettanta determinazione, sobrietà e amore per la Chiesa.

Riuscirà, in questa «transizione attiva», a evitare fratture e delusioni, spostando l’orizzonte costantemente verso il profondo essenziale che unisce, limitando uscite estemporanee e parole potenzialmente divisive, senza però cedere a un irenismo ingenuo?

Quel che è certo è che – pur con uno stile più defilato, meno populisticamente presenzialista e più rasserenante anche per la curia e il clero romano – al termine di un ascolto attento Leone XIV sarà chiamato a trarne le fila. E a prendere necessarie decisioni che, proprio nel dare corpo istituzionale alla profezia della riforma ecclesiale, inevitabilmente scontenteranno qualcuno.

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11 Commenti

  1. Marco 19 maggio 2025
    • Marco 19 maggio 2025
  2. Adelmo Li Cauzi 19 maggio 2025
  3. Orso Garibozzi 17 maggio 2025
  4. Fabio Cittadini 17 maggio 2025
    • Angela 17 maggio 2025
    • Enrico 17 maggio 2025
      • Angela 17 maggio 2025
        • Enrico 18 maggio 2025
          • Angela 19 maggio 2025
    • Giovanni Di Simone 18 maggio 2025

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