
Milano, 10 settembre 2025
Solo ieri mi è capitato di leggere l’articolo apparso su SettimanaNews sull’incontro che Papa Leone ha avuto con p. James Martin impegnato nel ministero con i cattolici LGBTQ. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato il numero dei commenti: 45! Ciò indica che l’omosessualità è un tema sommerso, tenuto nascosto nelle nostre parrocchie e case religiose, ma che veramente interessa e appena si ha l’occasione di poter esprimere il proprio parere ci si butta come in un areopago esprimendosi liberamente, ognuno nei toni e coi termini di cui dispone.
Il dibattito ha mostrato persone che hanno espresso la loro opinione in modo vivace. Qualcuno si è scagliato contro l’altro, come si fa quando si parla di un argomento che sta veramente a cuore! È molto importante che si parli dell’omosessualità, anche se siamo imprecisi ed essendo un argomento tabù dovremmo anche essere pronti a correggere le opinioni personali, molte delle quali fondate sul «si è sempre fatto così», peggio ancora quando tali posizioni presumono di avere Dio dalla propria parte.
Sono lampanti gli errori che scaturiscono dal non avere approfondito la tematica, dimenticandosi che non ci si trova di fronte a una lobby bensì di fronte a persone concrete: dei giovani e delle ragazze, in relazione coi loro genitori, fratelli e sorelle, con i loro amici e vicini di casa, i loro compagni di studi e colleghi di lavoro. Molti di costoro sulle prime, possono non accettare la situazione in cui si è venuto a trovare il fratello o la sorella, l’amico o l’amica, ma il legame d’amore e di simpatia che si è instaurato tra di loro li porta a non escluderli dalla relazione.
Nei commenti all’articolo dal quale sono partito, si arriva perfino a citare la Bibbia a sproposito. Il Catechismo sull’argomento non è cambiato, contiene ancora termini offensivi e non appropriati, ma si è ora consapevoli che la realtà è superiore all’idea: in questi anni quanti passi si sono fatti dentro la Chiesa stessa. Ne sottolineo due.
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Il primo evento ci rimanda all’Anno Santo del 2000. In coincidenza con l’evento cattolico, a Roma era stato organizzato il Gay Pride a livello mondiale. Visto il tipo di relazione che esisteva tra la Chiesa e gli organizzatori dell’evento, poteva essere visto come una sfida alla Chiesa cattolica che proprio a Roma celebrava il Giubileo.
Tant’è che qualcuno parlò del desiderio più o meno esplicito di profanare la città che in quei giorni era frequentata da migliaia di pellegrini che venivano da ogni parte del mondo per celebrare il loro Giubileo, questa volta definito il Grande Giubileo, perché si entrava nel terzo millennio cristiano. Duemila anni dalla nascita di Gesù Cristo!
I preparativi per il Grande Giubileo erano iniziati con la lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo secondo, Tertio Millennio Adveniente pubblicata il 10 novembre 1994. La cristianità aveva avuto a disposizione tre anni per prepararsi: il primo, il 1997, era stato dedicato dalla riflessione sulla Persona di Gesù. Il secondo, il 1998, speso nella meditazione sulla Persona dello Spirito Santo. Il terzo, il 1999, sulla meditazione sulla Persona di Dio il Padre.
Ben diversa è stata la celebrazione del Giubileo di quest’anno. Lo si deve soprattutto a papa Francesco che aveva aperto il cuore e la mente nei confronti delle persone omoaffettive.
Per tutto il corso dell’anno gruppi diocesani, parrocchie e singoli fedeli hanno avuto modo di attraversare la Porta Santa. È stata accolta anche la richiesta fatta a maggio dello scorso anno dal Direttivo del gruppo «La tenda di Gionata», un’associazione che accompagna i cristiani LGBTQ+ e i loro genitori, che hanno avuto la possibilità di realizzare un loro pellegrinaggio giubilare lo scorso 6 settembre. L’inclusione di questo gruppo non implicava un sostegno ufficiale della Chiesa, in quanto chiunque poteva organizzare un pellegrinaggio giubilare.
L’associazione ha colto tale disponibilità come «un’occasione unica per restare uniti e testimoniare la bellezza di una Chiesa che abbraccia tutti senza esclusione».
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Non siamo venuti a Roma sprovveduti, almeno noi italiani (non posso parlare a nome dei gruppi di altri Paesi). In preparazione alle due giornate romane, si sono tenuti nei mesi precedenti tre incontri online sul significato del giubileo. Vi hanno partecipato numerosi giovani, genitori e operatori pastorali. A questi si è aggiunto un pellegrinaggio a piedi di una trentina di persone partite da Terracina e giunte, lungo la via Francigena del Sud, fino a Roma, dove si sono congiunti a tutti gli altri che con altri mezzi erano lì convenuti da ogni parte del mondo.
All’insegna della Chiesa «casa per tutti», a partire dalle frontiere, il Giubileo dei cristiani LGBTQ+ prevedeva due incontri nella Chiesa del Gesù: il venerdì sera una veglia di preghiera, con testimonianze e il mattino del sabato la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, mons. Savino, vice-presidente della CEI. Nel pomeriggio, si è tenuto un pellegrinaggio da Piazza Pia alla Porta Santa della Basilica di San Pietro sotto un sole brillante.
Era una porzione del popolo di Dio, con persone convenute da ogni dove, che si metteva in cammino verso la Porta Santa. L’incapacità di comunicare tra di noi pellegrini, per la babele delle lingue, non è stata una difficoltà. È bastato guardarci negli occhi, un timido sorriso e la comunicazione era stabilita. Consapevoli che al di là della Porta, per ognuno di noi iniziava una nuova avventura.
Perché parlo di una nuova avventura? Nel nostro cuore continuava a risuonare una frase del vescovo Savino formulata durante l’omelia della messa del mattino: «Il Giubileo nella tradizione ebraica era l’anno della restituzione delle terre a coloro a cui erano state sottratte, della remissione dei debiti e della liberazione degli schiavi e dei prigionieri, il tempo in cui liberare gli oppressi e restituire la dignità a coloro a cui era stata negata».
E questo cosa significava per noi presenti, giunti lì da ogni parte del mondo? Il vescovo ha scandito parole mai pronunciate prima in una chiesa: «È l’ora di restituire dignità a tutti, soprattutto a chi è stata negata…». La reazione a queste parole è stata un po’ scomposta, non adeguata al luogo e alla circostanza, infrangendo la compostezza che caratterizza le nostre liturgie: tutti ci si è alzati e un fragoroso applauso protratto per alcuni minuti, ha riempito la chiesa. Non era solo espressione di consenso alle parole del vescovo. L’applaudire, anche un po’ rumorosamente, era un modo di far sprigionare all’esterno tutta quella sofferenza, rabbia e impotenza che era depositata nel cuore di buona parte dei presenti per non essere stati amati nella nostra stessa Chiesa.
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Rispetto a coloro, purtroppo la maggioranza, che hanno lasciato la Chiesa – cruccio di tanti genitori presenti – i partecipanti alle due giornate romane non erano migliori. È capitato sul loro cammino di incontrare delle persone che dicevano che Dio li amava così. E così si è fatto rete, ci siamo uniti: ragazzi e ragazze, genitori, religiosi e religiose e assieme siamo arrivati a Roma e ritorniamo diversi nei nostri ambienti dopo quanto abbiamo vissuto.
Lo ripeto ancora: non siamo una lobby, siamo persone concrete e non immorali! Il vescovo Savino, verso la fine della sua omelia, citando il cardinale di Madrid, ha aggiunto un altro punto del tutto concreto, rivolgendosi alle chiese locali: «Le comunità cristiane (…), non possono fermarsi alla sola accoglienza: sono chiamate a promuovere una cultura del dialogo, dell’accompagnamento e dell’inclusione concreta di chi desidera camminare nella Chiesa».
Un’iniziativa – quella della «Tenda di Gionata» – nata in sordina, senza particolari pretese. Se ha varcato i confini nazionali, non è stato per nostra volontà, ma c’è stato Qualcuno ha fatto rimbalzare in altre parti del mondo la proposta: nelle Americhe, in Asia e in Europa. Eravamo più di mille persone, giovani e adulti. Mancava una rappresentativa dall’Africa perché è stato loro negato il visto d’ingresso in Italia. Colui che tutto può ci ha accompagnati a Roma e ci fatto fare un’esperienza di fraternità e sororità. Questo ci rende tutti un po’ ribelli: non possiamo più tacere e rimanere nella stessa situazione, come se a Roma non fosse accaduto nulla. Ognuno di noi ha ricevuto qualcosa che non si aspettava ed è nostro dovere condividerlo con chi incontreremo nel quotidiano.
La consegna che come popolo di Dio abbiamo ricevuto è quella di sentirci tutti pellegrini di speranza. A ognuno il compito di realizzare questo mandato nella famiglia, sul lavoro, tra gli amici e ovviamente nelle nostre parrocchie. E che tutti, proprio tutti, vengano contagiati dal nostro amore che nasce dal desiderio di unità e accettazione reciproca, a prescindere dall’orientamento sessuale, uniti nell’amore di Colui che non è andato tanto per il sottile e ci ha amati a prescindere dalla nostra storia personale!
Ci rendiamo conto in questi venticinque anni quant’acqua è passata sotto i ponti del Tevere!
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Solo una breve citazione per concludere, perché non possiedo proprio alcuna preparazione specifica in materia. Però so che fine dicembre del 2019, a cura della Pontificia Commissione Biblica, è stato pubblicato il volume Che cosa è l’Uomo. Lo scopo degli autori è quello di proporre una interpretazione della Scrittura tenendo presente l’essere umano, sia come soggetto sia come membro di una comunità.
Gli autori del testo ci tengono a dire che «va subito rilevato che la Bibbia non parla dell’inclinazione erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo degli atti omosessuali. E di questi tratta in pochi testi, diversi fra loro per genere letterario e importanza» (n. 185, pp. 161-162). Non si può pretendere – come qualche volta succede – di mettere sulla bocca di Dio le parole che noi vogliamo sentire e che ci confermano nei nostri pregiudizi.
Padre Giovanni Belloni, missionario del PIME e autore di questa testimonianza, svolge il ministero della riconciliazione nella Cattedrale di Milano. Dal 2018 si unito a «La Tenda di Gionata» dopo avere raccolto storie e lacrime di persone omoaffettive. «Saranno le storie accolte col cuore, che lentamente faranno una breccia e infrangeranno i nostri pregiudizi».






Cara Anna Rita Tracanna, l’omosessualità è una variante naturale del comportamento umano, una condizione esistenziale con contenuti psicologici di affettività, relazione e progettualità, ossia coinvolge tutta la persona e non solo l’aspetto puramente sessuale. Certamente è giusto considerarla normale anche se appartiene ad una minoranza. Parlare di “educare”, verbo che lei ha usato, non ha alcuna pertinanza con la realtà: infatti l’omosessualità non è frutto di educazione ( vedi la definizione iniziale) Non si tratta di fare “lavaggi di cervello”, si tratta di accettare le persone per quello che sono, e se esistono è bene tenerle in considerazione rispettandone la dignità come figli di Dio esattamente come tutti noi. Mi sembra di capire che a lei dia fastidio che se ne parli, o forse anche la loro presenza, le chiedo gentilmente: perchè lei prova queste sensazioni? Che cosa la infastidisce? Non mi sembra che le persone omosessuali creino particolari problemi a livello sociale, quelle che conosco io, oltre a mio figlio ne conosco davvero tante, sono bravissime persone, studiano, lavorano, si impegnano nella vita sociale. Soffrono, ebbene si, soffrono molto e alcune più di altre per lo stigma sociale di cui sono vittime, complici anche le persone che, come lei, in buona fede, le allontanano e le considerano “sbagliate”, da “rieducare con la forza della verità” (!) una verità che si ha la pretesa di possedere e che non rispecchia invece la realtà della Vita. Ma la realtà che rispecchia la Vita fa vivere, la verità che non la rispecchia porta la morte.
Il Giubileo è atto penitenziale, umile invocazione della misericordia di Dio per i propri peccati e, tramite l’indulgenza plenaria, remissione del debito temporale da scontare in Purgatorio. Certo non è luogo adatto per manifestazioni culturali o politiche, rivendicazioni, atti dimostrativi, orgogli omo o etero… per quelli bastano le piazze e le strade cittadine…
Ma scusi fare sempre tutto in silenzio non aiuta a fare crescere la chiesa. Ci vuole il coraggio di metterci la faccia. Poi capisco che le possa dare fastidio ma sono problemi suoi.
Se lei vedesse una processione eucaristica all’interno di un corteo sindacale, penserebbe giustamente che è completamente fuori luogo, no?
Il pellegrinaggio giubilare del 6 settembre è stato preceduto da una veglia di preghiera e da una celebrazione eucaristica nella chiesa del Gesù, partecipata da 1400 battezzati e battezzate, non da sindacalisti. Forse le era sfuggito questo, ma poco male: noi ci siamo nella Chiesa e camminiamo con essa, come tutti i figli e figlie di Dio.
Non si faccia sentire dal Card. Muller che oggi a Belmonte del Sannio ne ha ridette delle Sue. – Gli atti omosessuali sono peccati mortali e non si possono benedire i peccati/ No all’uso politico della Porta Santa
-Però il problema che si pone in inizio è che gli omosessuali sono stati battezzati, e il battesimo è un sacramento incancellabile che imprime un carattere spirituale permanente, quindi non può essere annullato né ripetuto, anche se si decide di abbandonare la fede cattolica, Perché allora secondo il Card. Muller, ci battezzano in potenza, se omosessuali si può diventare ma soltanto dalla successiva età della discrezione, mentre al fonte battesimale siamo tutti uguali.. .
In chiesa i diritti dei lavoratori sono i benvenuti. Non lo crede anche lei?
Ma lei in chiesa vive? In quella borghese dove si guardano le cose dalla finestra?
Sulla base di quale dato lei ritiene che i partecipanti a questo giubileo non l’abbiano vissuto come momento di fede e “atto penitenziale, umile invocazione della misericordia di Dio per i propri peccati”? (se poi vogliamo essere pignoli: abbiamo visto atti penitenziali e umili invocazioni, ad esempio, durante il giubileo degli influencer, dei governanti o dello spettacolo…?).
Caro Giambattista, forse hai capito male: la partecipazione al giubileo delle persone LGBTQ+, dei loro parenti e degli operatori pastorali non aveva niente a che vedere con “manifestazioni culturali o politiche, rivendicazioni, atti dimostrativi, orgogli omo o etero…” ma proprio niente! E strano che non l’hai capito leggendo l’articolo di padre Giovanni Belloni. Si è trattato di una partecipazione ad un evento religioso in più momenti: una veglia di preghiera nella Chiesa del Gesù il venerdì sera, una Santa Messa celebrata dal Vescovo mons. Savino la domenica mattina (e se tu fossi stato presente avresti sentito il respiro di Dio presente al tuo fianco, tanto era forte la Sua presenza, proprio come dice il vangelo: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”), e poi l’attraversamento della Porta Santa con in preghiere e canti durante il percorso, esattamente come molti altri gruppi di pellegrini hanno fatto nelle diverse occasioni. Nessuna rivendicazione, nessun orgoglio o altro che pensi tu!
… E’ sconsolante come venga ancora una volta tirata in ballo la Bibbia, prendendo pezzi, decontestualizzandoli, interpretandoli un po’ così, in modo naif, pur di diver cercare contraddizioni… Bisognerebbe invece ritornare al punto della questione, che Dio ama tutti indifferentemente da come sia la loro condizione, che il primo a compiere il passo decisivo è sempre lui anche quando noi pretendiamo che sia un errore che Dio sbagli, e altre amenità del genere.
Ringrazio la madre del primo commento, è una testimonianza limpida che c’è speranza, per tutti.
Ho partecipato insieme a mio marito al pellegrinaggio giubilare de “La Tenda di Gionata e altre associazioni” come mamma di un ragazzo gay. Le parole ascoltate da tutti coloro che si sono succeduti all’altare della Chiesa del Gesù durante la veglia e la celebrazione dell’Eucarestia sono state un balsamo per me e le mie paure. Le testimonianze di fede dei giovani LGBT+ e dei genitori, i canti che ci hanno accompagnato nella preghiera, gli sguardi commossi e luminosi mi hanno fatto toccare la presenza viva del Signore. Ho avuto la certezza che quello era il kairòs, il tempo giusto, il tempo opportuno per una nuova epifania: una Chiesa che non teme di aprire le porte e le braccia per essere casa per tutti. Davvero adesso posso affermare: “Nell’Amore non c’è timore” (1Gv, 4,18)
Faccio un discorso “terra terra”, senza pretese teologiche e neanche catechistiche: se la mia natura mi porta ad essere attratto/a da una persona dello stesso sesso, dov’è la mia colpa? Io credo che ricordiamo tutti il disprezzo generalizzato di cui “godevano” in passato gli omosessuali, tanto che i termini dialettali in uso in tutta Italia per definire l’omosessuale venivano utilizzati per offendere ed insultare; e anche oggi, sebbene la situazione sia migliorata, essere omosessuale non facilità certo la vita. Se quindi io potessi orientare, come ancora alcuni ritengono, la mia inclinazione, perché scegliere l’omosessualità, che mi complicherà comunque l’esistenza? E se vogliamo proprio tirare in ballo il Signore in questa diatriba, è vero che la Bibbia condanna l’omosessualità, ma nella Bibbia c’è anche scritto – per fare un solo esempio – che il Signore esortò gli israeliti, per vendicarsi della cattività subita a Babilonia, ad afferrare I bambini babilonesi e a sfracellarli sulla pietra!
In realtà molti movimenti di liberazione sessuale attuali partono da una decostruzione radicale del dato di natura. Sostengono cioè che quella che chiamiamo natura è solo un costrutto culturale e come tale può essere cambiato. Tra parentesi, il cristianesimo si è diffuso in un contesto culturale che non era poi così diverso dalla società moderna, essendo nel mondo greco/romano permessi sia il divorzio, sia l’omosessualità ecc.
“ma nella Bibbia c’è anche scritto – per fare un solo esempio – che il Signore esortò gli israeliti, per vendicarsi della cattività subita a Babilonia, ad afferrare I bambini babilonesi e a sfracellarli sulla pietra!”
Vero, perchè la Bibbia si occupa della radicalità del male, senza falsi pudori. Al massimo diciamo che va letta anche per “immagini” e “simboli” e non letteralmente.
Tra l’altro i padri della Chiesa si sono trovati di fronte a due sfide che sembrano accostabili alla situazione odierna, da una parte una sessualità molto caotica, dall’altra un ascetismo estremo che possiamo far più o meno coincidere con il ripiegamento affettivo e relazionale dei giovanissimi di oggi, persi davanti ad un computer. Ha sempre difeso sia la necessità di avere un certo controllo sui propri impulsi, sia la bontà della sessualità stessa, del matrimonio e del valore di generare nuova vita.
Cara Angela, è vero che la Bibbia non ha falsi pudori, come dice lei; ma qui, l’esortazione agli israeliti a “sfracellare” i bimbi babilonesi è (sarebbe) del Signore: come è possibile che il Padre nostro che ci ha fatto conoscere Gesù “”ragioni”” come il più malvagio degli esseri umani?
Inoltre la Bibbia, “se va letta per immagini e simboli”, perché solo quando si parla di sessualità viene letta sempre letteralmente?
Che io sappia nel salmo 137 non è il Signore che ordina ma gli israeliani che si lamentano della cattività a Babilonia.
Ne avevamo parlato mesi fa.
https://www.settimananews.it/libri-film/i-salmi-censurati/
Esiste anche una poesia di Quasimodo che riprende quel salmo, in un parallelismo tra l’esilio del popolo ebraico e la seconda guerra mondiale.
“Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.”
Il Salmo vuole esprimere la forza del dolore più che inneggiare alla vendetta, per questo dico che parla anche per immagini. Allo stesso modo l’unione tra un uomo e una donna viene resa con l’immagine della “sola carne”.
In ogni caso intendevo dire che la morale sessuale anche oggi non dipende dal solo concetto di “natura”, anche nella società secolarizzata. E’ sempre frutto di una riflessione culturale. Anzi il fatto stesso di riscrivere il concetto di natura credo sia per molti destabilizzante, certe aggressività reciproche dipendono anche da questo.
Probabilmente ha ragione lei, non sono un esperto, sono solo un saltuario lettore della Bibbia; ma quello è solo uno dei tantissimi esempi che si possono portare per sostenere che le affermazioni della Bibbia devono essere maneggiate con molta prudenza. Ad esempio, come si possono giustificare le parole messe in bocca a Mosè nel Deuteronomio? “Sterminerai tutti i popoli che il Signore Dio tuo sta per consegnare a te”; e gli israeliti agiscono di conseguenza, come è possibile leggere a proposito della presa di Gerico: “Si votarono allo sterminio, passando a fil di spada ogni essere, dall’uomo alla donna e persino il bue, l’ariete e l’asino” (Giosuè,21).
Bisognerebbe chiedersi cosa condanna davvero la Bibbia. In un periodo storico in cui era inimmaginabile pensare che potesse esserci amore fra due uomini si trattava di sodomia fra padrone e schiavo o verso prigionieri di guerra. Era quindi un atto violento e umiliante che nulla aveva a che fare con il rapporto fra due persone che si amano. Riusciamo a fare questo passaggio esegetico o no? E San Paolo non aveva forse in mente la prostituzione sacra maschile che avveniva nel templi dei pagani e non parla in funzione anti pagana quando si riferisce all’omosessualità?
Ma oggi noi non parliamo di questo ma di amore fra due persone dello stesso sesso. Parliamo di omoaffettività termine molto più corretto di omosessualità.
S. Paolo definisce i rapporti omosessuali “contro natura” (Rm 1, 26), appoggiandosi quindi alle legge naturale. Ciò vuol dire che la sua affermazione è “laica”, pur esplicitando chiaramente un giudizio religioso in seguito (Rm 1, 32): “E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa”.
Non ho certo la pretesa di farle cambiare idea. Non è a me che dovrà rendere conto per la sofferenza generata dalle sue affermazioni.
Io credo che quanto successo a Roma sia l’evento più importante per gli LGBT cristiani più importante degli ultimi 30 anni. Un vero evento che fa direi che davvero qualcosa è cambiato. Papa Francesco ha aperto la porta davvero e questo nuovo papà non l’ha chiusa. La porta resta aperta.
A me colpisce molto lo zelo anti-gay di tanti apologeti, che poi tacciono di fronte non soltanto ad altre questioni di morale sessuale (o peccati sessuali), ma anche di fronte a questioni morali e peccati sociali, dall’esclusione alla mancanza di carità, dallo sfruttamento dei poveri alla mancanza di una giusta retribuzione.
L’impressione è che tutta la morale e la dottrina cattolica per loro si riduca al problema dell’omosessualità, come se fosse IL problema – forse perché è molto facile da attaccare, soprattutto da parte chi mette la Norma (con la sua consolante certezza di essere nel giusto), prima della Persona.
Insomma, io leggo sempre molta ipocrisia nell’attaccare sempre e soltanto l’omosessualità, in nome della fede. Il dubbio è che spesso la fede sia strumentalizzata per giustificare un attacco fondato in realtà su ragioni di ordine culturale (a partire dalla volontà di non provare neanche a capire che cosa l’omosessualità veramente è).
Diciamo che ci sono anche quello che riducono le novità sociali alla libertà sessuale. Solo due facce della stessa medaglia. Se il sesso viene proposto come segno di emancipazione e progresso, chi per vari motivi non ama la modernità finirà per mettere in discussione soprattutto questo aspetto.
Sono battaglie identitarie caratteristiche del nostro tempo.
Tecnicamente parliamo di omofobia.
La violenza è di chi vuole a tutti i costi imporre l’omosessualità come normalità. E non lo è. Dio ha creato l’uomo attratto dalla donna e la donna attratta dall’uomo. Tutto il resto è una conseguenza del “peccato originale “.
Potremmo continuare all’infinito a rinfacciarci le accuse: io potrei dire che la violenza (e l’offesa) è di chi vuole a tutti i costi imporre l’omosessualità come anormale. E non lo è (il semplice fatto che esiste dimostra che è naturale).
In ogni caso, questo non tocca il senso del mio post, che diceva un’altra cosa.
Se l’argomento ha suscitano tanto interesse e clamore, con 40 commenti sotto un articolo, secondo me non è tanto perché è venuto alla luce un tema occultato per troppo tempo dalla Chiesa Cattolica ma perché ci stanno facendo un lavaggio di cervello per far passare a tutti costi l’omosessualità come normalità. Poiché nel cuore dell’uomo è iscritto da Dio cosa è bene e cosa è male, sono i nostri cuori che si ribellano al sovvertimento violento delle nostre certezze. È vero che si tratta di uomini e donne in carne ed ossa e che vanno trattati con amore e accoglienza, ma quando qualcuno nella Chiesa ufficiale dirà loro la verità? L’unica verità che potrà farli veramente liberi e cioè che hanno una croce da portare nella loro condizione, certamente non voluta da Dio, ma conseguenza del peccato originale, come tutto il male al quale ogni uomo sulla terra è sottoposto. E che stando vicini a Gesù, si viene da Lui aiutati in quanto rende il nostro giogo e il nostro carico più leggero. Queste persone hanno bisogno della Verità più che di sorrisi, bandiere, slogan e pacche sulle spalle.
Ma in fatti il giogo di Gesù è leggero. Mi pare non abbia mai toccato l’argomento nella sua predicazione (il che vorrà pur dire qualcosa sulle priorità di Dio, che non vedono il sesso come problematica primaria). Il giogo pesante lo danno le persone che non vogliono accettare che evidentemente le certezze della chiesa sull’omoaffettivitá non erano poi così sicure.
Ben vengano queste aperture: era ora! Non possiamo più condannare né ghettizzare.
Educare si però
Magari con la forza non è vero?
Con la forza della Verità. La sola che rende libero l’uomo
Che spesso nei secoli ha coinciso con la più terribile violenza. Si tenga la sua verità perché parlando così lei nom rende un buon servizio a Dio.
Caro Pietro, i tradizionalisti ritengono, evidentemente, che la storia della Chiesa sia fatta solo di luci e non anche di ombre, alcune nerissime.
Le ombre ci sono state ma sicuramente di numero inferiore a quelle che la propaganda anti cattolica ha diffuso nel nostro secolo