Molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere …

di:

croce

Milano, 10 settembre 2025

Solo ieri mi è capitato di leggere l’articolo apparso su SettimanaNews sull’incontro che Papa Leone ha avuto con p. James Martin impegnato nel ministero con i cattolici LGBTQ. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato il numero dei commenti: 45! Ciò indica che l’omosessualità è un tema sommerso, tenuto nascosto nelle nostre parrocchie e case religiose, ma che veramente interessa e appena si ha l’occasione di poter esprimere il proprio parere ci si butta come in un areopago esprimendosi liberamente, ognuno nei toni e coi termini di cui dispone.

Il dibattito ha mostrato persone che hanno espresso la loro opinione in modo vivace. Qualcuno si è scagliato contro l’altro, come si fa quando si parla di un argomento che sta veramente a cuore! È molto importante che si parli dell’omosessualità, anche se siamo imprecisi ed essendo un argomento tabù dovremmo anche essere pronti a correggere le opinioni personali, molte delle quali fondate sul «si è sempre fatto così», peggio ancora quando tali posizioni presumono di avere Dio dalla propria parte.

Sono lampanti gli errori che scaturiscono dal non avere approfondito la tematica, dimenticandosi che non ci si trova di fronte a una lobby bensì di fronte a persone concrete: dei giovani e delle ragazze, in relazione coi loro genitori, fratelli e sorelle, con i loro amici e vicini di casa, i loro compagni di studi e colleghi di lavoro. Molti di costoro sulle prime, possono non accettare la situazione in cui si è venuto a trovare il fratello o la sorella, l’amico o l’amica, ma il legame d’amore e di simpatia che si è instaurato tra di loro li porta a non escluderli dalla relazione.

Nei commenti all’articolo dal quale sono partito, si arriva perfino a citare la Bibbia a sproposito. Il Catechismo sull’argomento non è cambiato, contiene ancora termini offensivi e non appropriati, ma si è ora consapevoli che la realtà è superiore all’idea: in questi anni quanti passi si sono fatti dentro la Chiesa stessa. Ne sottolineo due.

***

Il primo evento ci rimanda all’Anno Santo del 2000. In coincidenza con l’evento cattolico, a Roma era stato organizzato il Gay Pride a livello mondiale. Visto il tipo di relazione che esisteva tra la Chiesa e gli organizzatori dell’evento, poteva essere visto come una sfida alla Chiesa cattolica che proprio a Roma celebrava il Giubileo.

Tant’è che qualcuno parlò del desiderio più o meno esplicito di profanare la città che in quei giorni era frequentata da migliaia di pellegrini che venivano da ogni parte del mondo per celebrare il loro Giubileo, questa volta definito il Grande Giubileo, perché si entrava nel terzo millennio cristiano. Duemila anni dalla nascita di Gesù Cristo!

I preparativi per il Grande Giubileo erano iniziati con la lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo secondo, Tertio Millennio Adveniente pubblicata il 10 novembre 1994. La cristianità aveva avuto a disposizione tre anni per prepararsi: il primo, il 1997, era stato dedicato dalla riflessione sulla Persona di Gesù. Il secondo, il 1998, speso nella meditazione sulla Persona dello Spirito Santo. Il terzo, il 1999, sulla meditazione sulla Persona di Dio il Padre.

Ben diversa è stata la celebrazione del Giubileo di quest’anno. Lo si deve soprattutto a papa Francesco che aveva aperto il cuore e la mente nei confronti delle persone omoaffettive.

Per tutto il corso dell’anno gruppi diocesani, parrocchie e singoli fedeli hanno avuto modo di attraversare la Porta Santa. È stata accolta anche la richiesta fatta a maggio dello scorso anno dal Direttivo del gruppo «La tenda di Gionata», un’associazione che accompagna i cristiani LGBTQ+ e i loro genitori, che hanno avuto la possibilità di realizzare un loro pellegrinaggio giubilare lo scorso 6 settembre. L’inclusione di questo gruppo non implicava un sostegno ufficiale della Chiesa, in quanto chiunque poteva organizzare un pellegrinaggio giubilare.

L’associazione ha colto tale disponibilità come «un’occasione unica per restare uniti e testimoniare la bellezza di una Chiesa che abbraccia tutti senza esclusione».

***

Non siamo venuti a Roma sprovveduti, almeno noi italiani (non posso parlare a nome dei gruppi di altri Paesi). In preparazione alle due giornate romane, si sono tenuti nei mesi precedenti tre incontri online sul significato del giubileo. Vi hanno partecipato numerosi giovani, genitori e operatori pastorali. A questi si è aggiunto un pellegrinaggio a piedi di una trentina di persone partite da Terracina e giunte, lungo la via Francigena del Sud, fino a Roma, dove si sono congiunti a tutti gli altri che con altri mezzi erano lì convenuti da ogni parte del mondo.

All’insegna della Chiesa «casa per tutti», a partire dalle frontiere, il Giubileo dei cristiani LGBTQ+ prevedeva due incontri nella Chiesa del Gesù: il venerdì sera una veglia di preghiera, con testimonianze e il mattino del sabato la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, mons. Savino, vice-presidente della CEI. Nel pomeriggio, si è tenuto un pellegrinaggio da Piazza Pia alla Porta Santa della Basilica di San Pietro sotto un sole brillante.

Era una porzione del popolo di Dio, con persone convenute da ogni dove, che si metteva in cammino verso la Porta Santa. L’incapacità di comunicare tra di noi pellegrini, per la babele delle lingue, non è stata una difficoltà. È bastato guardarci negli occhi, un timido sorriso e la comunicazione era stabilita. Consapevoli che al di là della Porta, per ognuno di noi iniziava una nuova avventura.

Perché parlo di una nuova avventura? Nel nostro cuore continuava a risuonare una frase del vescovo Savino formulata durante l’omelia della messa del mattino: «Il Giubileo nella tradizione ebraica era l’anno della restituzione delle terre a coloro a cui erano state sottratte, della remissione dei debiti e della liberazione degli schiavi e dei prigionieri, il tempo in cui liberare gli oppressi e restituire la dignità a coloro a cui era stata negata».

E questo cosa significava per noi presenti, giunti lì da ogni parte del mondo? Il vescovo ha scandito parole mai pronunciate prima in una chiesa: «È l’ora di restituire dignità a tutti, soprattutto a chi è stata negata…». La reazione a queste parole è stata un po’ scomposta, non adeguata al luogo e alla circostanza, infrangendo la compostezza che caratterizza le nostre liturgie: tutti ci si è alzati e un fragoroso applauso protratto per alcuni minuti, ha riempito la chiesa. Non era solo espressione di consenso alle parole del vescovo. L’applaudire, anche un po’ rumorosamente, era un modo di far sprigionare all’esterno tutta quella sofferenza, rabbia e impotenza che era depositata nel cuore di buona parte dei presenti per non essere stati amati nella nostra stessa Chiesa.

***

Rispetto a coloro, purtroppo la maggioranza, che hanno lasciato la Chiesa – cruccio di tanti genitori presenti – i partecipanti alle due giornate romane non erano migliori. È capitato sul loro cammino di incontrare delle persone che dicevano che Dio li amava così. E così si è fatto rete, ci siamo uniti: ragazzi e ragazze, genitori, religiosi e religiose e assieme siamo arrivati a Roma e ritorniamo diversi nei nostri ambienti dopo quanto abbiamo vissuto.

Lo ripeto ancora: non siamo una lobby, siamo persone concrete e non immorali! Il vescovo Savino, verso la fine della sua omelia, citando il cardinale di Madrid, ha aggiunto un altro punto del tutto concreto, rivolgendosi alle chiese locali: «Le comunità cristiane (…), non possono fermarsi alla sola accoglienza: sono chiamate a promuovere una cultura del dialogo, dell’accompagnamento e dell’inclusione concreta di chi desidera camminare nella Chiesa».

Un’iniziativa – quella della «Tenda di Gionata» – nata in sordina, senza particolari pretese. Se ha varcato i confini nazionali, non è stato per nostra volontà, ma c’è stato Qualcuno ha fatto rimbalzare in altre parti del mondo la proposta: nelle Americhe, in Asia e in Europa. Eravamo più di mille persone, giovani e adulti. Mancava una rappresentativa dall’Africa perché è stato loro negato il visto d’ingresso in Italia. Colui che tutto può ci ha accompagnati a Roma e ci fatto fare un’esperienza di fraternità e sororità. Questo ci rende tutti un po’ ribelli: non possiamo più tacere e rimanere nella stessa situazione, come se a Roma non fosse accaduto nulla. Ognuno di noi ha ricevuto qualcosa che non si aspettava ed è nostro dovere condividerlo con chi incontreremo nel quotidiano.

La consegna che come popolo di Dio abbiamo ricevuto è quella di sentirci tutti pellegrini di speranza. A ognuno il compito di realizzare questo mandato nella famiglia, sul lavoro, tra gli amici e ovviamente nelle nostre parrocchie. E che tutti, proprio tutti, vengano contagiati dal nostro amore che nasce dal desiderio di unità e accettazione reciproca, a prescindere dall’orientamento sessuale, uniti nell’amore di Colui che non è andato tanto per il sottile e ci ha amati a prescindere dalla nostra storia personale!

Ci rendiamo conto in questi venticinque anni quant’acqua è passata sotto i ponti del Tevere!

***

Solo una breve citazione per concludere, perché non possiedo proprio alcuna preparazione specifica in materia. Però so che fine dicembre del 2019, a cura della Pontificia Commissione Biblica, è stato pubblicato il volume Che cosa è l’Uomo. Lo scopo degli autori è quello di proporre una interpretazione della Scrittura tenendo presente l’essere umano, sia come soggetto sia come membro di una comunità.

Gli autori del testo ci tengono a dire che «va subito rilevato che la Bibbia non parla dell’inclinazione erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo degli atti omosessuali. E di questi tratta in pochi testi, diversi fra loro per genere letterario e importanza» (n. 185, pp. 161-162). Non si può pretendere – come qualche volta succede – di mettere sulla bocca di Dio le parole che noi vogliamo sentire e che ci confermano nei nostri pregiudizi.

Padre Giovanni Belloni, missionario del PIME e autore di questa testimonianza, svolge il ministero della riconciliazione nella Cattedrale di Milano. Dal 2018 si unito a «La Tenda di Gionata» dopo avere raccolto storie e lacrime di persone omoaffettive. «Saranno le storie accolte col cuore, che lentamente faranno una breccia e infrangeranno i nostri pregiudizi».

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35 Commenti

  1. Chiara Mascellani 19 settembre 2025
  2. Giambattista Savoldi 16 settembre 2025
    • Pietro 17 settembre 2025
      • Giambattista Savoldi 17 settembre 2025
        • Silvia 17 settembre 2025
          • Giovanni Di Simone 17 settembre 2025
        • Pietro 17 settembre 2025
    • Matteo 17 settembre 2025
    • Chiara Mascellani 19 settembre 2025
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  4. Silvia 13 settembre 2025
  5. Lucio Croce 12 settembre 2025
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      • Lucio Croce 13 settembre 2025
      • Lucio Croce 13 settembre 2025
        • Angela 13 settembre 2025
          • Lucio 14 settembre 2025
    • Pietro 13 settembre 2025
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  6. Pietro 12 settembre 2025
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    • Angela 12 settembre 2025
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    • Pietro 12 settembre 2025
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      • Pietro 16 settembre 2025
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          • Lucio Croce 20 settembre 2025
          • Anna Rita Tracanna 21 settembre 2025

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