
L’abate Jean Scarcella all’interno del monastero di St. Maurice (Svizzera)
Mons. Jean Scarcella torna nel suo ruolo di abate di St. Maurice e di ordinario nella Conferenza episcopale svizzera (9 marzo). In precedenza, altri tre vescovi, oltre a Scarcella, vengono ammoniti, ma confermati nel loro ministero dalla Santa Sede (18 ottobre 2024). Inoltre, il procuratore generale del cantone vallese, B. Pilloud, archivia le denunce verso Scarcella e a carico di una trentina di episodi di abusi (17 ottobre 2024), perché prescritti.
L’onda d’urto prodotta dalla pubblicazione dello studio pilota sui 1.002 casi di abuso (12 settembre 2023) e dalla pubblicazione della lettera di denuncia di N. Betticher (10 settembre 2023) si sta esaurendo (cf. qui su SettimanaNews)?
In realtà, i diversi episodi, responsabilità e sentenze obbediscono a leggi proprie che sovrappongono territori di indagine difficili da armonizzare: fra giustizia ecclesiale e civile, tra fattispecie diverse di abusi, fra esigenze delle vittime e norme giuridiche, fra responsabilità locali e istanze della Santa Sede, fra comunità ecclesiali e vittime.
Dal punto di vista informativo, i due punti focali sono l’abbazia di St. Maurice – fondata nel 515 e uno dei luoghi più prestigiosi del cattolicesimo elvetico – e le denunce ai vescovi.
Monaci e media
Prima si era autosospeso dal suo ruolo di abate (13 settembre 2023), assicurando piena collaborazione con le indagini sul suo conto, poi, mons. Jean Cesar Scarcella è rimasto in silenzio fino a che la Santa Sede ha ridimensionato le accuse nei suoi confronti, il procuratore ha archiviato le denunce e il Dicastero dei vescovi (6 marzo 2025) lo ha autorizzato a riprendere la carica di responsabile del monastero.
Ha scritto: «Accolgo con serenità la fiducia della Santa Sede che mi autorizza a riprendere la carica di abate e ringrazio la mia comunità per il sostegno compatto ricevuto. Prego i fedeli del territorio abbaziale di comprendere la mia inquietudine per essere stato oggetto di un processo che ha suscitato dubbi e sospetti». Conferma la sua richiesta di scuse per un gesto considerato inappropriato dalla vittima, avvenuto oltre trent’anni fa.
Il clima attorno all’abazia si era fatto pesante dopo alcune trasmissioni del programma televisivo Mise au Point (luglio-novembre 2023), che avevano messo in luce ripetute denunce di abusi verso una decina di monaci in maggioranza già morti.
L’indagine aveva allertato le amministrazioni locali che avevano provveduto a impedire l’insegnamento di uno dei monaci ancora in funzione di professore nella celebre scuola del monastero (poi rientrato in seguito alla decisione del magistrato e sulla spinta delle domande dei genitori).
Il sostituto provvisorio dell’abate, il priore R. Jaquenoud, era stato a sua volta accusato e non perseguito per notizie di abusi. Un clima pesantissimo, che la comunità spera di aver messo alle proprie spalle per la piena collaborazione con le ricerche, per la scelta di avviare un’indagine indipendente i cui esiti dovrebbero arrivare fra qualche mese e per le decisioni della procura e della Santa Sede.
Si capisce anche la reazione delle associazioni svizzere delle vittime che sottolineano la prescrizione come altra cosa dalla sentenza assolutoria, la distanza fra soluzione giuridica e clima culturale complessivo (assai più severo) e l’inopportunità morale per Scarcella di rientrare in una responsabilità di cui porta il peso da diversi lustri con tutte le loro ombre.
Le perplessità sono condivise anche da laici di rilevante responsabilità ecclesiale come R. Loos e U. Brosi (presidente e segretario dell’amministrazione della Chiesa cattolica), che temono la caduta di credibilità della Conferenza episcopale nonostante la reiterata conferma da parte dei responsabili della continuità nella lotta agli abusi.
Nel loro comunicato ufficiale, i vescovi (11 marzo) «prendono atto dell’avallo del Dicastero per i vescovi in vista della ripresa delle funzioni per mons. Jean Scarcella, che si era ritirato dal suo incarico il 13 settembre 2023 in seguito ad accuse portate contro di lui. Il Dicastero dei vescovi non ha indicato per il suo permesso altra ragione che il rispetto del quadro legale. Come la giustizia svizzera, così la Chiesa rispetta i principi giuridici dello stato di diritto. Il Pubblico ministero vallese aveva motivato la sua estraneità in materia per l’impossibilità di stabilire i fatti a causa della prescrizione. Fuori di questi elementi, i membri della Conferenza non hanno altre informazioni sul permesso concesso dal Dicastero e non possono dunque fornire altre spiegazioni. La Conferenza continua ad impegnarsi per l’esecuzione delle misure di prevenzione e di intervento nell’ambito degli abusi».
Vescovi: nulla di penalmente rilevante
Il secondo punto focale riguarda le accuse rivolte ad alcuni vescovi di aver coperto o non adeguatamente affrontato diverse denunce. Contenute in una lettera al Dicastero (maggio 2023) e sottoscritte da Nicolas Betticher, già portavoce della Conferenza episcopale e cancelliere a Losanna, avevano interessato alcuni preti e vescovi.
Il 23 giugno il dicastero vaticano affida l’inchiesta preliminare al vescovo di Coira, mons. Bonnemain, che invia il suo rapporto dopo alcuni mesi.
Il 18 ottobre 2024 il Dicastero risponde rilevando nei comportamenti dei vescovi elementi di fragilità ma non colpe canonicamente censurabili. Sono sostanzialmente rilievi procedurali non intaccanti elementi legislativi sostanziali. Tuttavia, non mancano rilievi critici più marginali. Nel caso di Charles Morerod, vescovo di Ginevra, si sottolinea la mancata verifica previa di alcune nomine e l’aver dato comunicazione prima alla giustizia civile rispetto a quella canonica.
Nel caso di Bernard Sonney, vicario generale di Morerod, si rilevano comportamenti inappropriati ma non penalmente rilevanti.
Altre osservazioni per Jean-Marie Lovey, vescovo di Sion, che avrebbe segnalato in ritardo un caso di abuso.
Nel caso di mons. Scarcella, il Dicastero censura il gesto di cui si sarebbe macchiato nel caso fosse provato, ma sottolinea la volontà della vittima di non volere alcuna denuncia formale. Solo successivamente ad un viaggio al Dicastero, assieme all’amministratore apostolico dell’abbazia, Jean-Michel Girard (13 febbraio 2025), viene attivata la decisione di un suo rientro nel ruolo di abate.
Oltre alla amarezza delle vittime che denunciano la distanza delle disposizioni rispetto all’attuale sensibilità culturale («In questo modo non si crea fiducia!»), va registrata la domanda sugli esiti futuri dell’inchiesta voluta dall’abbazia e affidata allo storico Pierre Aubert e ai suoi collaboratori. Chiamata a indagare su casi di abusi legati al monastero a partire dagli anni ’60, la commissione potrebbe dare un giudizio più pesante di quello della procura e della Santa Sede, creando ulteriore imbarazzo all’abate e ai vescovi.
Il rapporto finale è atteso per il prossimo luglio.





