La famiglia tra realismo e speranza

di:
tupputi

© New Yorker

Leggendo il cap. II di Amoris laetitia (AL) ci si imbatte nell’attuale situazione delle famiglie cristiane e non si può non constatare come il settore della pastorale familiare sia in forte emergenza. La caduta a picco della celebrazione del sacramento del matrimonio, l’inverno demografico, l’emergenza educativa: tante sfide di fronte alle quali l’impostazione classica e abituale della pastorale familiare appare impreparata.

Per tal ragione in AL al n. 200 si legge: «Non basta inserire una generica preoccupazione per la famiglia nei grandi progetti pastorali. Affinché le famiglie possano essere sempre più soggetti attivi della pastorale familiare, si richiede «uno sforzo evangelizzatore e catechetico indirizzato all’interno della famiglia», che la orienti in questa direzione».

La realtà e le sfide delle famiglie

Da questo testo si comprende quanto sia importante uscire dalla semplice gestione dell’esistente. La cultura e soprattutto il costume sono mutate molto nel modo di rappresentare il legame familiare. Non rendersene conto, non focalizzare questa trasformazione sarebbe un errore di prospettiva imperdonabile, che condannerebbe la pratica della fede cristiana a rimanere ben presto afona, espulsa dai flussi che generano le rappresentazioni alla base dei modi di pensare dei giovani di oggi, incapace di comunicare la forza trasfigurante di un Dio che si è fatto uno di noi, che con la sua incarnazione ha assunto e ridato nuova vita al mondo.

Non possiamo non constatare, inoltre, che è in atto un cambiamento antropologico-culturale che influenza «oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato. (…) siamo consapevoli dell’orientamento principale dei cambiamenti antropologico-culturali, in ragione dei quali gli individui sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali nella loro vita affettiva e familiare»[1].

Di fronte a questo cambiamento antropologico e culturale, benché le sfide ci possano preoccupare non possiamo e non dobbiamo cadere nella trappola di lamenti autodifensivi, ma come ci esorta il papa dobbiamo compiere uno sforzo più responsabile e generoso in quanto: «come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano.

Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro»[2].

Occorre mettere mano  non semplicemente a una ristrutturazione organizzativa di questa azione pastorale, ma più profondamente a un ripensamento. Occorre che la Chiesa tutta, famiglie, consacrati/e, ministri ordinati, individui come anche comunità, movimenti e istituzioni siano coinvolti in un movimento che non può che essere sinodale, ovvero di ascolto e discernimento comunitario[3].

Occorre, insomma, risvegliarsi tutti, prendere atto del cambiamento d’epoca e raccogliere le energie necessarie per necessarie perché come chiesa locale (in base ai propri costumi, bisogni, sfide locali e  culture) si abbia lo slancio di avviare un processo di ripensamento del proprio essere Chiesa, a partire da quel luogo naturale di incarnazione della fede che è la famiglia, il cui bene è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa[4]. In questo contesto bisogna osare maggiormente nell’avviare processi per una pastorale della prossimità verso le fragilità matrimoniali e delle situazioni irreversibilmente falliti.

In tal senso papa Francesco con la riforma sui processi di nullità matrimoniale ha evidenziato come nonostante il compito della Chiesa sia quello di tutelare l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, cardine e origine della famiglia cristiana[5], ella come madre deve avere a cuore il desiderio di un enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale. Ragion per cui il pontefice chiede ai pastori tutti di avere una maggiore sollecitudine verso i fedeli che sono segnati da un amore ferito e smarrito ridonando fiducia e speranza (cfr. AL 291).

Per tal motivo, esorta papa Francesco tutti i pastori a mettere a disposizione delle fragilità matrimoniali, in specie delle persone separate o delle coppie in crisi un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, che legato alla pastorale familiare, possa accogliere le persone in vita di un’indagine previa al processo matrimoniale (cfr. MIDI artt. 2-3 RP)

Tra accompagnamento pastorale e discernimento giudiziale

Con la promulgazione delle nuove Norme in forma di Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus dell’8 settembre 2015 ed entrate in vigore l’8 dicembre dello stesso anno nell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, nell’ambito del Tribunale Ecclesiastico Diocesano, che collabora con la Pastorale familiare, è stato istituito dal 2016 con Decreto Arcivescovile un “Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati” (SDAFS), coordinato da un Responsabile e composto da persone competenti in materia giuridico-canonica e in pastorale familiare, che come espressione della cura del Vescovo (cfr. can. 383 § 1 del CIC) svolgono un’attività permanente di consulenza (gratuita) ed ascolto, garantendo e consentendo ai fedeli una maggiore prossimità tra il Vescovo e coloro i quali, feriti da un matrimonio fallito, presentano richiesta perché si raggiunga la certezza morale necessaria per dichiarare la nullità del matrimonio contratto. Tutti i membri del SDAFS sono direttamente nominati dal Vescovo.

Il Servizio diocesano nel suo specifico svolge un attività permanente: 1. di accoglienza e ascolto per un’attenta analisi delle singole situazioni difficili o irregolari; 2. di orientamento di carattere pastorale, morale e canonico, al fine di garantire una vicinanza pastore-fedeli in difficoltà ed un’adeguata indagine preliminare al processo matrimoniale, raccogliendo elementi utili per l’eventuale introduzione del processo giudiziale, ordinario, breviore o documentale, da parte dei coniugi, o del loro Patrono davanti al Tribunale Ecclesiastico competente (cfr. Motu Proprio MIDI, RP, art. 4).

Il SDAFS, poi, si configura come una struttura stabile ed al tempo stesso dinamica, nel senso che ha una sede centrale presso la curia arcivescovile di Trani, ma opera simultaneamente mediante i consulenti nelle altre città dell’Arcidiocesi. Questa dislocazione della consulenza è stata pensata per garantire e consentire una maggiore prossimità tra il Vescovo e i fedeli.

Inoltre, l’organizzazione del Servizio diocesano così come è stata pensata ha dato luogo, in questi primi anni di attività, ad un percorso di accompagnamento, di discernimento e di integrazione che ha prodotto l’attivazione di una rinnovata pastorale giudiziaria in cui la dimensione pastorale si integra con quella giuridica, al fine di donare sempre più fiducia e speranza a quei fedeli e a quelle coppie che vivono situazioni di difficoltà matrimoniali o di fallimento coniugale.

Il servizio diocesano (unico in tutta la regione ecclesiastica pugliese, e che recentemente si è dotato anche di un Regolamento[6] un unicum a livello nazionale dalla pubblicazione del MIDI), dunque, si pone come un servizio-ponte tra la pastorale dell’accompagnamento delle situazioni coniugali difficili e l’operato dei tribunali ecclesiastici.

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Questo significa che la dimensione pastorale e la dimensione giuridica in questo tipo di servizio di consulenza sono complementari e integrate tra loro per un salutare percorso personale che potrebbe prevedere un’eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale o un percorso di accompagnamento pastorale e personale da compiersi in sinergia con la comunità cristiana, che vedrà la collaborazione dei sacerdoti e operatori pastorali.

Tale servizio ecclesiale, in questi anni, tanto bene sta profondendo sia ai fedeli che trovano in questo servizio un luogo accogliente e competente per fare chiarezza sulla loro situazione di fragilità matrimoniale, sia ai sacerdoti della diocesi che trovano in esso un sostegno e un aiuto per meglio crescere nell’arte dell’accompagnamento, discernimento ed integrazione.

Insomma, lo spirito del SDAFS è quello di essere un servizio ecclesiale, sinodale e corresponsabile capace di farsi vicino alle famiglie in situazioni di un amore smarrito partendo dalla valorizzazione degli elementi positivi per poi aiutarle ad integrarsi nella comunità cristiana, che a sua volta è esortata a perfezionarsi nell’arte dell’accompagnamento e del discernimento pastorale.

A tal proposito significativi sono i riscontri che si sono avuti da parte dei sacerdoti, dei fedeli e degli operatori pastorali in questi anni. Si pone di seguito la testimonianza di un fedele, il quale ne evidenziano l’utilità e l’importanza di questo servizio ecclesiale tanto auspicato da papa Francesco[7], ma ancora poco conosciuto da molti[8].

Accompagnare le varie situazioni matrimoniali

Mi chiamo Antonio, attraverso questo scritto desidero raccontare la mia storia di divorziato risposato al termine di un percorso di accompagnamento, discernimento e integrazione intrapreso con il Servizio Diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati della mia Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Un servizio ecclesiale che, in questi anni, per me è stato un segno della presenza paziente e materna della Chiesa che mai mi ha fatto mancare la sua attenzione nel mio percorso di cristiano. Sono separato dal 1994 momento buio della mia vita umana e spirituale. In quel periodo sola la fiducia in Dio non mi ha fatto sprofondare.

Nonostante tutto, ho continuato il mio cammino di fede partecipando all’Eucaristica pur non potendo accostarmi alla comunione eucaristica. All’epoca ero seguito spiritualmente da sacerdote della mia diocesi (don Luigi Spadaro) scomparso nell’agosto del 2006, il quale con grande attenzione e pazienza ha vissuto con me il dramma della separazione. A lui devo la gioia di sentirmi semplicemente amato da Gesù e non una persona “irregolare” o senza alcuna possibilità per quanto mi era accaduto.

Mi ha trasmesso il desiderio di partecipare all’Eucaristia nutrendomi della Parola per trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i miei limiti. Dopo la sua scomparsa, pur continuando il mio cammino di fede, mi sono sentito solo. Avevo perso un punto di riferimento importante nella mia esperienza di fede. Ho confidato in Dio ed Egli ha ascoltato la mia preghiera. Ciò che cercavo altrove in realtà era accanto a me. I miei figli frequentavano il percorso di iniziazione cristiana presso la parrocchia di San Nicola in Barletta, alla quale appartengo.

Nel settembre del 2014 ho avuto modo di avvicinarmi al nuovo parroco, don Giuseppe. Mi sono sentito a mio agio e a lui ho raccontato la mia storia. A lui ho aperto il mio cuore ricevendo attenzione, ascolto, comprensione e tenerezza. Ormai sentivo che il Signore stava tracciando per me e la mia famiglia strade di possibilità e bellezza.

Nel frattempo, con la mia attuale moglie, con la quale mi sono sposato civilmente, ci siamo inseriti nel Gruppo Famiglie della parrocchia, abbiamo cominciato a partecipare attivamente alla vita di comunità fino ad accogliere con tremore ed emozione la proposta da parte di don Giuseppe di offrire la nostra esperienza di fede all’interno di questo gruppo famiglia contribuendo e sentendoci integrati anche nell’equipe di catechismo.

Questa esperienza che dura ancora oggi, ci ha uniti ulteriormente e soprattutto ci ha permesso di approfondire molti aspetti della nostra fede. Da qui l’idea e la possibilità maturata con don Giuseppe, mio padre spirituale oltre che mio parroco, di riprendere il discorso della dichiarazione di nullità del precedente matrimonio, intrapreso e poi interrotto per diverse circostanze personali e economiche.

Tengo a precisare che questa decisione non è stata ripresa per una soddisfazione personale ma perché sentivo in me il desiderio in coscienza di fare chiarezza in me, davanti Dio e alla Chiesa, circa la mia precedente situazione matrimoniale. Tengo a dire, inoltre, che i rapporti con la mia ex moglie in questi anni sono sempre stati sereni e improntati al rispetto e alla comprensione reciproca.

Insieme abbiamo collaborato nell’educazione e nella crescita di nostra figlia Cristina. La gioia più grande che insieme abbiamo vissuto, è stato il giorno del suo matrimonio. L’iter di dichiarazione di nullità matrimoniale intrapreso si è concluso in questo anno 2022 in modo favorevole avendo il Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese (TERP) dichiarato nullo il mio precedente matrimonio.

Questo mi ha permesso di sposarmi in Chiesa lo scorso 3 settembre con la mia attuale moglie, con la quale da tempo facciamo un percorso di formazione con altre coppie nella parrocchia di appartenenza. Devo riconoscere che questo percorso pastorale e giudiziale mi ha fatto comprendere quanto sia stata importante non solo la presa di consapevolezza mia e della mia precedente moglie, ma anche l’intervento pastorale della comunità cristiana che nel mio caso specifico non è mai mancato sia da parte dei sacerdoti, che mi hanno fatto sentire sempre parte integrante della Chiesa, sia da parte dell’attuale vescovo Mons. Leonardo D’Ascenzo, a cui sono grato per la sua paterna accoglienza.

Da lui mi sono sentito ascoltato e incoraggiato a non perdere la speranza, e da lui sono stato indirizzato al Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati dell’Arcidiocesi, dove nella persona del Responsabile (don Emanuele) mi sono sentito da subito accolto, ascoltato e con competenza accompagnato a piccoli passi nell’intraprendere non solo un cammino di verifica giudiziale, mediante anche l’aiuto, la competenza e l’accoglienza degli operatori del TERP (il Patrono stabile che mi ha seguito e il Giudice ponente che con animo pastorale e professionalità ha ascoltato la mia storia), ma anche di integrazione nella mia comunità parrocchiale.

La mia lode al Dio di Gesù Cristo e alla sua Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie che mi ha mostrato il suo volto di madre e maestra aiutandomi a non scoraggiarmi mai e a vivere il Vangelo della famiglia con “realismo evangelico”.

Da questa testimonianza possiamo comprendere come la comunità cristiana e i pastori (in primis) sono chiamati ad una grande sfida che è quella di essere realmente compagni di viaggio e pastori responsabili verso le diverse situazioni difficili che si presentano e di avviare un serio, attento e rigoroso discernimento pastorale e specializzato, alla luce di alcuni criteri (cfr. AL 298 e 300) che si rivelano più esigenti della norma.

A tal proposito papa Francesco chiede a tutti e in modo particolare ai Pastori delle chiese locali di esercitare e vivere la loro potestà sacramentale di padri, maestri e giudici e li chiama a svolgere il ministero del servizio per la salvezza dei fedeli a loro affidati, rendendosi disponibili all’ascolto, in tempi e modi che sottolineino il valore della misericordia e della giustizia[9].

Si tratta, da un lato, di accogliere ogni fedele/coppia per quello che è, comprendendo il desiderio delle persone di essere ascoltate nella loro situazione matrimoniale particolare e comunicando la necessità di un tempo di maturazione nella fede. E dall’altro, di compiere un discernimento[10] che nel coniugare verità e carità richiede l’attitudine dell’artigiano e cioè: tempo, silenzi, capacità di ascolto, di accoglienza della storia unica di ogni persona che si può accostare chiedendo una parola di conforto, di aiuto, di consiglio e di speranza[11].

Un discernimento, insomma che, confrontandosi con la dottrina e i criteri delineati nei nn. 298 e 300 di AL, si faccia capace di illuminare, formare ed educare la coscienza del fedele verso il bene possibile. Ebbene, deve essere ben chiaro che lo scopo di questo percorso di discernimento non è principalmente il riprendere a fare la Comunione[12] (sebbene AL 305 alla nota in calce 351 lo preveda in alcuni casi[13]), ma piuttosto il fare luce dentro, illuminare la coscienza della persona o della coppia che vive una situazione di irregolarità matrimoniale.

Dalla stessa testimonianze riporta, inoltre, si evince quanto sia necessaria proporre, per poter ben operare l’arte dell’accompagnamento, del discernimento e dell’integrazione, una corretta e congrua formazione per i sacerdoti, gli operatori pastorali e per quanti saranno chiamati ad offrire un servizio ecclesiale permanente di consiglio, informazione e mediazione.

Tutto ciò al fine di rifuggire sbrigative conclusioni, che potrebbero generare illusioni dannose o impedire una corretta chiarificazione sulla situazione particolare di ogni fedele. Ma al tempo stesso si intravede l’urgenza di una conversione pastorale, affinché la Chiesa sappia mettere mente e cuore a servizio dei futuri sposi mediante un opportuno “catecumenato matrimoniale”[14] come più volte papa Francesco ha sollecitato e auspicato in diversi suoi interventi.

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Un cambio di sguardo per un nuovo processo pastorale

Per quanto riportato, in queste brevi riflessioni si comprende come tutti nella Chiesa siamo esortati ad assumere nell’azione pastorale atteggiamenti di accompagnamento, di discernimento ed integrazione verso la famiglia in generale e in modo particolare per quelle situazioni di fragilità matrimoniali (cfr. AL, 299), favorendo e incoraggiando la formazione delle coscienze (cfr. AL, 37) e una sempre maggiore fiducia nella grazia (cfr. AL, 303).

Siamo esortati ad attivarci per un nuovo processo che favorisca il  passaggio da una pastorale della perfezione ad una pastorale della conversione, che senza tradire la verità oggettiva, sappia entrare, «con la luce dello Spirito, nelle pieghe delle coscienze per guardare con benevolenza le persone così come sono, sapendo che il Signore le ama, le cerca, le attrae e offre loro una nuova possibilità, proponendo l’ideale della vita cristiana, seppure è prevedibile che possano ricadere»[15].

Una pastorale che sappia compire un accompagnamento capace di generare un autentico discernimento che favorisca da un lato la scoperta della vocazione al matrimonio e, dall’altro, l’integrazione nella comunità di quei fedeli che hanno vissuto il fallimento matrimoniale coniugando carità (via caritatis/pastorale) e verità (via veritatis/del diritto canonico), «senza scadere nei facili estremismi di un lassismo che legittimi ogni situazione e di un rigorismo che condanni le persone»[16].

La comunità cristiana mediante la pastorale familiare deve sentirsi interpellata non soltanto quando si affronta il tema della preparazione al matrimonio e alla vita coniugale, ma anche, e in modo particolare, davanti alle difficoltà che i coniugi incontrano nella vita di coppia e alla relativa crisi. Dunque, siamo tutti invitati a guardare la famiglia con realismo e speranza e non contrapporre “misericordia e verità”[17].


[1] Francesco,  Esortazione apostolica Amoris laetitia sull’amore nella famiglia, n. 32

[2] AL 35

[3] Cfr. P. Bordeyne, Famiglie alla ricerca di Dio. Orientamenti teologici e pastorali per i tempi nuovi, Edizioni Studium, Roma 2023, 83-85.

[4] Cfr. AL 31

[5] Cfr. A tal proposito si rinvia a quanto scrive papa Francesco in AL ai nn. 71-73; 78; 86-87.

[6] «Il testo agile e molto chiaro punta a far comprendere meglio una delle novità voluta da papa Francesco ed espressa nel MIDI pubblicato nel 2015 ossia: l’indagine pregiudiziale o pastorale, da intendersi come un ufficio ecclesiale e l’espressione concreta della cura pastorale che un Vescovo è tenuto ad avere verso quei coniugi separati o divorziati. Il testo normativo elaborato è il frutto di un servizio che ormai da 7 anni manifesta la sollecitudine pastorale dell’Arcivescovo e dell’intera Comunità cristiana, alla luce del più recente Magistero pontificio volto a favorire un clima di accoglienza nei confronti di ogni fedele, qualsiasi sia la sua condizione personale e, specificatamente, matrimoniale. La preziosità del testo è data dal fatto che viene offerto alla chiesa diocesana e non solo ad essa una maggiore chiarezza sulla natura e la finalità, gli ambiti di intervento e le competenze da aversi in questo prezioso e delicato servizio giuridico-pastorale, fortemente auspicato da papa Francesco, in cui organicità, professionalità, interdisciplinarità, spirito di corresponsabilità e collaborazione tra pastorale e diritto si dispongono con grande dedizione per il bene di quei fedeli che si trovano a vivere difficili e dolorose esperienze matrimoniali e desiderano in coscienza fare luce sulla propria situazione matrimoniale ed essere pienamente inseriti nel tessuto ecclesiale. Infine, il Regolamento ha il pregio di rimettere al centro dell’attenzione ecclesiale la necessità del processo volto alla dichiarazione della nullità in tutti quei casi in cui vi sia stato un fallimento matrimoniale, quale momento di discernimento che non è alternativo o parallelo ad un discorso pastorale, secondo il Magistero di Papa Francesco proposto anche nell’Amoris Laetitia»: E. Tupputi, Il nuovo Regolamento del SDAFS dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, in Vox Canonica (giornale online) – 5 giugno 2023.

[7] Cfr. Circa l’importanza di questa fase pregiudiziale si rinvia, altresì a  quanto papa Francesco, in occasione dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, ha affermato ai Prelati Uditori usando parole di sostegno verso questo servizio ecclesiale, che comporta risvolti giuridico-pastorale significativi per i fedeli che si trovano in difficoltà e cercano un aiuto pastorale: Francesco, Discorso ai Prelati Uditori del Tribunale della Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Sala Clementina, 27 gennaio 2022. Il testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa Sede (www.vatican.va).

[8] Appare opportuno rilevare che questo servizio ecclesiale (struttura stabile o indagine pregiudiziale o pastorale [=IPP]) vada più incentivato, in quanto dall’entrata in vigore del MIDI ad oggi pur esistendoci esperienze virtuose per tante diocesi italiane è ancora sconosciuto o scarsamente valorizzato. Ritengo che ci sia bisogno di un maggiore impegno da parte dei Vescovi, i quali con i sacerdoti e tutta la comunità cristiana sono chiamati a ripensare lo stile, i linguaggi ed i gesti per accompagnare le coppie e le famiglie nell’attuale cambiamento d’epoca. Auspico, vivamente, che l’IPP venga meglio valorizzata come uno strumento efficace di quella cura particolare che pastori e comunità ecclesiale sono chiamati ad avere verso ogni fedele ed in special modo a quanti vivono situazioni matrimoniali difficili o complesse. Inoltre, non si può non tener conto che, in merito a questo ufficio ecclesiale, «la novella processuale fa appello alla responsabilità del Vescovo diocesano nel provvedere ad un servizio idoneo, che garantisca al fedele che dubita della validità del suo coniugio o è convinto della nullità dello stesso di poter avere un confronto con persone competenti e qualificate»: E. Tupputi, L’indagine pregiudiziale o pastorale alla luce del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus. Applicazioni nelle diocesi della Puglia, Urbaniana Universty Press, Città del Vaticano 2021, 205.

[9] Valore bene espressa da papa Francesco in Misericordiae vultus  ai numeri 20 e 21.

[10] Appare opportuno rilevare «Il presupposto fondamentale del discernimento è che esso non riguarda un problema, ma piuttosto una vita in cammino, una persona che procede sulla strada verso Dio. Per scoprire il bene da farsi, specialmente nelle situazioni difficili, la prima domanda da porsi non è che cosa si può o non si può fare. Questa domanda-tranello porta alcuni a condannarsi in nome della verità e altri ad assolversi acriticamente in nome della propria coscienza ridotta a propensione individuale, bloccando tutti nel punto in cui si trovano, o per inibizione o per superficiale accondiscendenza. Siamo abituati al bianco e al nero, ma non siamo capaci di stare dentro il grigio della vita. È decisivo che le persone, guardando con verità, la loro storia, si chiedano che cosa fare perché si compia ciò che la grazia intende operare in loro. È una strada scomoda perché non offre soluzioni immediate ma obbliga a riflettere sul significato che ognuno dà all’avere fede, sull’immagine che ha di Dio, su ciò che per lui/lei è il nucleo del vangelo, su cosa significa sentirsi comunità di salvati»: E. Biemmi, «Lo stile dell’accompagnatore familiare secondo Amoris laetitia», in Tredimensioni 14 (2017), 298.

[11] Per un approfondimento circa un corretto discernimento delle situazioni irregolari si rinvia a: E. Tupputi, Vademecum per la consulenza nella fragilità matrimoniale. Una guida per canonisti, sacerdoti e operatori di pastorale familiare, Rotas, Barletta 2019. Id., Misericordia e giustizia. Una Chiesa in cammino: percorso di discernimento in foro interno, Trani 2022. Il testo è edito nel sito ufficiale dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie nella sezione “Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati”, alla voce sussidi.

[12] È utile ricordarci che: «L’inserimento, […], non concerne primariamente l’accesso all’Eucarestia, ma riguarda il lento e progressivo cammino della comunione ecclesiale. Bisogna ridare spessore al primato del tempo sullo spazio.
Questo primato brilla già in Evangelii Gaudium e viene ripreso in Amoris Laetitia: la comunione non è un fatto puntuale statico, è in continua e dinamica evoluzione. Non ci deve essere l’ossessione della uniformità di pensiero e di vita, ma il saper accettare l’evolversi e il crescere della comunione che non sarà mai perfetta e piena.
La pastorale non va vista come il rispetto di una “legge astratta e generale” ma come “luogo di elaborazione e di apprendimento della comunione”.
La riscoperta del valore del tempo mette in atto un dinamismo che va oltre lo “spazio ben definito”: mette in gioco non solo le coscienze, ma le forme del reciproco ascolto, della meditazione, della elaborazione della sofferenza. Si mettono in atto itinerari di nuova iniziazione alla comunione»: B. Borsato, «Quali novità per i divorziati risposati in Amoris Laetitia?», in Matrimonio in ascolto delle relazioni d’amore 2 (2018), 5.

[13] «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore […] Ugualmente segnalo che l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Con l’espressione “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti”, si nota l’effetto restrittivo dell’espressione che non significa accesso incontrollato ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia dei fedeli divorziarti risposati. Tuttavia, a mio avviso, papa Francesco usando tale espressione ha voluto sbarazzare il campo da possibili interpretazioni “lassiste” che aprano l’accesso ai Sacramenti a chiunque si ponga in un cammino di discernimento personale e pastorale. Ogni singola persona ha una propria storia e fa il proprio percorso, pur dentro a criteri comuni. Non si tratta dunque di un “permesso” da accordare a chiunque, ma di un “percorso” da ritagliare su misura per ogni singolo fedele: e l’esito potrebbe anche non portare a vivere di nuovo i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia

[14] Cfr. Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese Particolari, LEV, Città del Vaticano 2022. Il testo evidenzia l’importanza di un catecumenato matrimoniale capace di favorire una pastorale trasversale, sinodale e continua. Inoltre, deve essere chiaro che «prospettare un catecumenato al matrimonio significa avere ben presente che esso non è in vista di un sacramento a scadenza fissa. Non si può pretendere che due fidanzati rimandino le loro nozze fino al giorno in cui la Chiesa ha verificato la fede. Occorre prevedere strutture e forme elastiche, articolate nell’attuazione dell’iter catecumenale: progressività, clima di dialogo, di amicizia e di preghiera, prospettiva di avanzamento nella formazione alla fede e all’impegno ecclesiale. Avviare una pastorale del catecumenato significa servire la libertà dei fidanzati per far un discernimento sulla vita cristiana»: W. Ruspi, Il matrimonio, una buona notizia. Itinerario catecumenale, EDB, Bologna 2020, 13-14.

[15] A. Vallini, La letizia dell’amore: il cammino delle famiglie a Roma. Relazione conclusiva del Convegno Pastorale diocesano, Basilica di San Giovanni in Laterano, 19 settembre 2016. Il testo integrale è edito nel sito ufficiale della Diocesi di Roma (www.vicariatusurbis.org).

[16] Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, «Indicazioni sul capitolo VIII dell’Amoris Laetitia Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave», in Il Regno-Documenti 63 (2018), n. 3, 551.

[17] Circa il rapporto tra misericordia e verità si ricorda che la misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della Chiesa; anzi, essa concede la forza della grazia per la loro attuazione, per rialzarsi dopo la caduta. Pertanto, come a volte succede, «presentare la misericordia di Dio contro la sua stessa legge è una contraddizione (…). Spesso, e giustamente, si dice che noi non siamo chiamati a condannare le persone; il giudizio infatti appartiene a Dio. Ma una cosa è condannare e un’altra è valutare moralmente una situazione, per distinguere ciò che è bene e ciò che è male; esaminare se essa risponde al progetto di Dio sull’amore. Questa valutazione è doverosa. Davanti alle diverse situazioni della vita, come quella dei divorziati risposati, si può e si deve dire che non dobbiamo condannare, ma aiutare; però non possiamo limitarci a non condannare. Siamo chiamati a valutare quella situazione alla luce della fede e del progetto di Dio e del bene della famiglia, delle persone coinvolte, e soprattutto della legge di Dio e del suo disegno di amore. Altrimenti corriamo il rischio di non essere in grado di apprezzare la legge di Dio; anzi, di considerarla quasi un male, dal momento che facciamo derivare tutto il male da una legge»: V. De Paolis, «I divorziati risposati e i sacramenti dell’eucarestia e della penitenza», in R. Dodaro (ed.), Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa Cattolica, Siena 2014, 191.

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