«Quella che segue non è la biografia di padre Turoldo. […] Quella che segue è invece la storia di Turoldo e dei “folli di Dio”, che soprattutto sull’asse Milano-Firenze incendiarono la Chiesa dell’onnipotenza di papa Pacelli e la società italiana degli anni del dopoguerra: la Ricostruzione, la Costituzione, il 18 aprile, la scomunica del comunismo, l’Italia della “guerra fredda”». Così si legge in apertura del volume di Mario Lancisi, David Maria Turoldo. Vita di un poeta ribelle, pubblicato dalle Edizioni Terra Santa (Milano 2024). Per gentile concessione dell’editore, riprendiamo di seguito il capitolo introduttivo del volume.

«Venga, venga», ordinò al suo segretario il cardinale Alfredo Ottaviani, tradizionalista e avversario di qualsiasi fruscio di foglie a sinistra, Gran Capo del Sant’Uffizio negli anni della Chiesa dell’onnipotenza di papa Pacelli. Nel 1953 Ottaviani definì “il perfetto Stato cattolico” la Spagna del dittatore Francisco Franco e avversò negli anni Cinquanta, anche a colpi di scomuniche, i fautori politici dell’apertura a sinistra.
Al suo ordine il segretario si avvicinò ossequioso: «Dica, eminenza…». Ottaviani scartabellò davanti ai suoi occhi la pratica di un frate in odore di eresia.
Silenzio, attesa, tempo sospeso. Infine sentenziò: «Ecco, questo frate fatelo girare perché non coaguli». Avrebbe voluto aggiungere «perché dovunque va fa danni», ma si trattenne, l’ammiratore del caudillo spagnolo. Il segretario fece un leggero inchino e si prese la cartella per eseguire il compito affidatogli.
Sulla copertina c’era scritto a caratteri cubitali il nome del “condannato”: padre David Maria Turoldo, Ordine dei Servi di Maria.
Il segretario trasmise la direttiva al generale dei frati. Da quel preciso istante Turoldo venne trattato come un pacco postale e divenne una trottola.
Insultato. Braccato. Esiliato.
Questa scena di avvio lettura, un po’ romanzata, ma storicamente esatta, rende conto dell’ordine grave del “Grande Inquisitore”. Come riferisce Turoldo nella sua autobiografia: «Fu il cardinale Ottaviani a imporre al mio Generale: “Fatelo girare, perché non coaguli”»[1].
In seguito, successe che inquisitore e inquisito si incontrarono in occasione della consacrazione episcopale di monsignor Ermenegildo Florit, inviato nel 1954 a Firenze a “normalizzare” l’inquieto mondo cattolico di Giorgio La Pira. Con l’ordine – parole di padre David – «di ripulire dai comunistelli le sacrestie», ossessione reazionaria del cardinale Ottaviani.
Turoldo e Florit. Entrambi erano friulani e la conterraneità indusse il frate poeta a ricamare sopra le comuni radici. Turoldo era di Coderno, Florit invece di Fagagna, borghi in provincia di Udine, 17 km di distanza l’uno dall’altro. Però il ricamo funzionò malissimo (come vedremo più avanti). Dell’incontro con Ottaviani il servo di Maria scrive:
«In un lungo corridoio vidi il cardinale che veniva avanti accompagnato dai suoi custodi. A me non parve vero di andargli incontro e lo salutai. Ma egli, poiché non ci vedeva, disse dalla sua impassibilità monumentale: “Chi è?”. Gli risposero: “Padre Davide Turoldo”. Il cardinale: “Ah!”. Appena un leggero battito di palpebre ne avvertì la percezione, poi mi chiese: “Come sta?”. Mi venne subito la risposta: “A me lo chiede, Eminenza: se non lo sa lei?”. Bisogna dire che quei suoi ordini dati al mio generale dovevano restare sempre segreti: mai dire da chi venissero. Tant’è vero che una volta chiesi al mio generale: “Va bene. Io obbedisco ancora, ma lei in compenso mi dica, almeno, da chi vengono questi ordini”. Il generale: “Ho l’ordine di non dire da chi vengono questi ordini”. Risposi: “Almeno mi dica se lei li considera giusti o ingiusti”. Lui, con tutto candore: “È vero, sono ingiusti”. “Ma, allora, lei mi impone ordini ingiusti!”. E lui: “Che devo fare?”. E io, con impeto: “Si dimetta!”. Ebbe un colpo di smarrimento, quasi svenisse, fino al punto che dovette sedersi. E a Ottaviani risposi: “Troppo onore per me contadino che si occupi con tanta cura un cardinale”. Un inevitabile gelo pose fine al nostro dialogo. Da allora non lo rividi più, di persona»[2].
Doverosa avvertenza: quella che segue non è la biografia di padre Turoldo. Altri si sono cimentati egregiamente nell’impresa. A cominciare da Mariangela Maraviglia con la monumentale storia David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza (1916-1992), edita da Morcelliana nel 2016. L’autrice ha girato conventi, rovesciato archivi, vivisezionato lettere, libri, documenti.
Quella che segue è invece la storia di Turoldo e dei “folli di Dio”, che soprattutto sull’asse Milano-Firenze incendiarono la Chiesa dell’onnipotenza di papa Pacelli e la società italiana degli anni del dopoguerra: la Ricostruzione, la Costituzione, il 18 aprile, la scomunica del comunismo, l’Italia della “guerra fredda”.
Finché arrivò lui. Giovanni XXIII, il papa della Pacem in terris e del Concilio Vaticano II. E agli esili seguirono gli eremi. Da quello di Turoldo a Sotto il Monte alle Stinche (Panzano, Greve) di padre Vannucci. Le “trottole” poterono finalmente fermarsi in luoghi di rara bellezza e armonia a predicare e cantare storie sacre, e le loro soste si trasformarono in preghiera.
In un periodo storico di vite stanche, annoiate e depresse, colpisce l’esultanza fanciullesca di padre David per papa Giovanni e per gli anni del Concilio. Anni a cui ne seguirono altri – i Settanta e gli Ottanta – in cui il cattolicesimo italiano attraversò la normalizzazione di papa Wojtyła – che Turoldo non amò –, la diaspora politica dei cattolici dalla DC verso scelte più laiche e plurali, come padre David avrebbe voluto fin dalla fine della guerra, ma tant’è.
Poi il Grande Drago, il cancro, lo colpì a morte e il “Vichingo di Dio”, com’era stato definito Turoldo a causa del portamento fiero, non poté vivere gli “anni giovannei” di papa Francesco.
In questo libro racconto Turoldo con l’intento di scongiurare il rischio che alla morte di papa Bergoglio segua la normalizzazione di una Chiesa oggi in crisi profonda: chiese e conventi chiusi, mancanza di vocazioni, modesta pratica religiosa, come documenta il sociologo Luca Diotallevi[3].
Questa non è quindi una biografia, ma una storia di sguardi. Gli sguardi dei “folli di Dio”, nei quali si avverte la visione dei rischi e delle potenzialità del futuro. La biografia codifica, registra, fotografa. Il mio intento vorrebbe essere quello di cogliere il dinamismo delle vicende, il movimento delle onde, l’ascesa e la discesa, il nero e il bianco, la luce che svela e l’ombra che nasconde.
È la storia, alterna e contraddittoria, della Chiesa nella quale si inserisce, con un profilo singolare e potente, la vita di padre Turoldo. E dei “folli di Dio”, che con riferimento alla spiritualità russa furono i portatori di una “sapienza stolta”: «La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» scrive san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (1Cor 1,17-25). Suggestivamente lo storico Alberto Melloni ha definito la Firenze cristiana del secondo dopoguerra come «il chiostro dei folli di Dio». Di questo mondo fu grande protagonista il “poeta ribelle” David Maria Turoldo. A Milano. A Firenze. A Londra. A Udine. A Sotto il Monte.
Anno cruciale: il 1954. Quando Turoldo venne esiliato a Firenze e don Milani a Barbiana. Monsignor Montini, il futuro Paolo VI, venne trasferito dalla Segreteria di Stato a Milano. E Carlo Carretto, Arturo Paoli e Mario Rossi, esponenti di spicco della gioventù di Azione Cattolica, costretti ad abbandonare i loro ruoli di responsabilità nell’associazione.
Sono gli anni del potere del Sant’Uffizio del cardinale Ottaviani e del cosiddetto “partito romano”, che vagheggiava un cattolicesimo rigido, conservatore, e un’alleanza tra il centro, rigorosamente anticomunista e antisocialista, e la destra allora monarchica e nostalgicamente fascista. La cosiddetta operazione Sturzo.
E scrivendo queste note il pensiero non può non rivolgersi al presente politico. Il passato che ritorna come spettro. Ecco perché occorre andare oltre la biografia di Turoldo. È quello che mi sono sforzato di fare in questa ricerca, attraverso letture, testimonianze e poesie.
I canti ribelli di padre David, appunto.
Sul filo della ricostruzione storica della vita di Turoldo ho cercato di dare spazio alla voce e alle voci. La voce di lui, padre David: le sue parole, i suoi canti, le poesie inserite a incipit dei capitoli. Le voci dei testimoni: confratelli, studiosi, amici, persone che lo incontrarono e lo frequentarono; voci spesso poderose e profonde, a volte lievi e sublimi; voci capaci di pennellare episodi di vita quotidiana, arricchendoli di quei dettagli che possono illuminare l’anima di un profeta… mostrando la sua vera essenza.
Non troverete tutto Turoldo, ma solo il “mio” Turoldo, quello più intimo e segreto. Quindi, attraverso una robusta selezione di sguardi e vicende, la focalizzazione di alcuni aspetti su cui mi sono soffermato, ho indugiato e pensato di più. Come uno scrittore di viaggio. Che vede, osserva, ammira e scarta. Per cogliere il nocciolo, il centro, il senso. Quindi quello che vi apprestate a leggere è il racconto di un viaggiatore intorno e dentro Turoldo. Racconto offerto ad altri viaggiatori, in una sorta di incrocio di sguardi.
Dentro uno sguardo, infatti, c’è sempre la storia di altri sguardi. Così Turoldo è visto dentro un mondo di altri occhi. Non è la storia di un esiliato, ma di molti esiliati. Non è la storia di un folle di Dio, ma di molti folli di Dio. Non è la storia di un uomo di fede, ma di molti appassionati del divino nell’umano.
Non è infine un racconto sopra le parti, e neppure di parte (spero), ma al di sotto delle parti, là dove si annidano le comuni ragioni dell’umano. Le ragioni della fede e del dubbio.
[1] David Maria Turoldo, La mia vita per gli amici. Vocazione e resistenza, Oscar Mondadori, Milano 2001, p. 74.
[2] Ivi, p. 75.
[3] Luca Diotallevi, La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019, Rubettino, Soveria Mannelli (CZ) 2024.






Parole sacrosante
Si dice che nel file dei servi Maria nascono eretici ed inquisitori. Non so cosa fosse Turoldo ma io l’ho amato e tante volte le sue parole mi hanno commosso. Vi lascio le sue parole a pochi giorni dalla morte: https://youtu.be/ZKhaPi8ol64