La nomina di suor Simona Brambilla a prefetto del Dicastero per la vita consacrata è stata salutata come una novità positiva dall’opinione pubblica ecclesiale e no (cf. qui su SettimanaNews). La coraggiosa decisione di papa Francesco ha sorpreso molti ma ha anche alimentato domande intriganti circa il significato, le funzioni della neo-nominata e la compatibilità con il quadro normativo canonico attuale.
Dal versante della sensibilità femminista la presidente della conferenza dei religiosi francesi. suor Véronique Margron, ha salutato «l’ottimo segnale», sottolineando che uscire dall’automatica connessione di governo e ordinazione imporrà un rinnovamento nella comprensione e nel ruolo dei preti e degli ordinati. Ha anche notato come fosse anormale che non ci fosse ancora nessuna donna a quel livello di responsabilità in Vaticano. Dal versante tradizionalista sono emerse le voci più critiche. Per la Bussola quotidiana si tratta di una «nomina scenografica» buona solo per rabbonire i novatori. Altri hanno parlato addirittura di un «dramma».
La scelta del papa è resa possibile dalla costituzione apostolica che ha innovato la disciplina curiale, Praedicate evangelium (marzo 2022). Il documento ha spostato l’asse di rotazione della curia dal tema della dottrina a quello dell’annuncio. Non casualmente la tradizionale tutela diretta del papa in ordine al Dicastero per la dottrina della fede è stata sostituita dal fatto che Francesco è oggi il prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, aiutato da due pro-prefetti (mons. Salvatore Fisichella e il card. Luis Antonio Tagle).
Dottrina canonistica e aggiustamenti pratici
La dottrina canonistica che ha supportato la costituzione apostolica è attribuita al card. Gianfranco Ghirlanda che ha presentato il documento alla stampa. In realtà è frutto dell’insegnamento del diritto canonico in Gregoriana e in altre facoltà pontificie. In esso si afferma che le posizioni direttive in curia non dipendono dalla posizione gerarchica, non sono legate all’ordinazione, ma sono giustificare solo dal mandato conferito dal papa.
È il mandato che conferisce l’autorità di governo e non l’ordinazione. Si è quindi distinto il potere del governo dal potere dell’ordine, superando una precedente fusione attiva ancora nel Vaticano II e confermata nel Codice di diritto canonico. Al canone 129 esso prevede come abili alla potestà del governo gli appartenenti all’ordine sacro mentre i fedeli laici «possono cooperare a norma di diritto».
Il cambiamento, con tutte le sue resistenze e vischiosità, ha permesso una crescente presenza di laici, uomini e donne, anche nei posti di maggiore responsabilità dei dicasteri. È il caso di Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della comunicazione, di Francesca Di Giovanni sottosegretario per la Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di stato, di Raffaella Petrini, segretaria generale del Governatorato, di Guzmán Carriquiry Lecour, già segretario della Pontificia commissione per l’America Latina e di Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione. E ora di Simona Brambilla al Dicastero per la vita consacrata.
Nell’arco di un decennio la presenza femminile in curia è passata dal 19 al 23%. Il ruolo importante dei laici nella curia non è così nuovo come si sostiene. Basti pensare al peso che all’indomani del Concordato del 1929 ebbe un personaggio come Bernardino Nogara, o al ricorso alla nobiltà pontificia operato da Pio XII.
Il sovrano e il bilanciamento dei poteri
Nel caso del Dicastero per la vita consacrata la nomina di suor Brambilla è avvenuta contestualmente a quella di un pro-prefetto, il card. Ángel Fernández Artime, già superiore generale dei salesiani. Ci si è interrogati sul ruolo del pro-prefetto e sui rapporti con il/la prefetto.
Il Dicastero ha cinque uffici e fra i suoi compiti vi sono il riconoscimento delle congregazioni di diritto pontificio e il parere vincolante per le nuove fondazioni diocesane, le dimissioni dei religiosi/e e l’eventuale soppressione delle famiglie religiose. Il tema delicato per una laica sarebbe quello della dimissione dei religiosi dallo stato clericale, ma questa fattispecie è delegata al dicastero del clero.
La responsabilità del dicastero sugli oltre 800.000 religiosi e religiose avrà bisogno di un nuovo regolamento in cui chiarire le specifiche obbligazioni e la gestione dei singoli dossier. E, naturalmente, anche della nomina di un nuovo segretario/a. L’intesa fra prefetto e pro-prefetto avrà un peso decisivo.
Ho già accennato altrove alle difficoltà della messa in opera della riforma (cf. qui su SettimanaNews) e al pericolo sempre presente di un centro di potere che prevarica. Nella recente legge fondamentale dello stato pontificio si riafferma la centralizzazione dei tre poteri (legislativo, giudiziario e di governo) nella figura del papa. Un contesto che non permette un bilanciamento dei poteri su base formale e istituzionale. E tuttavia un equilibrio si può ottenere per altre vie.
L’avvio del consiglio dei cardinali (il cosiddetto G9) potrebbe rinnovare il «senatus Ecclesiae» della tradizione, oppure la gestione delle questioni del clero e dei vescovi a figure che siano preti o vescovi (il che significa che in alcuni Dicasteri, come quello del clero e dei vescovi, non è immaginabile un laico), o in un progressivo «aggiustamento» pratico. Se nel recente passato si criticava il potere della «Suprema», cioè del Dicastero per la dottrina della fede, o quello della Segreteria di stato, oggi si lamenta il controllo puntiglioso della Segreteria per l’economia, peraltro giustificato dagli sprechi e dalla restrizione delle entrate.
Elementi e problemi che interessano l’attuale pontificato, ma che entreranno anche nel prossimo Conclave.







Questo fraseggio intorno alla “dottrina canonistica che ha supportato la costituzione apostolica” è talmente barocco, bizantino, paludato e supponente che porta al limite qualsiasi capacità di sopportazione. Se e’ una farsa va detto. Queste movenze ingessate sono uno dei tanti aspetti di una liturgia pagana. Il Vaticano, tutto l’intero baraccone di guitti e maschere mostruise non sono altro che il vitello d’oro del terzo millennio. Gli adoratori di questo ridicolo apparato di potere abbiano il coraggio di aver posto in atto una nuova “religione” che nulla ha a che spartire con Gesu’ Cristo e con la sua Parola.
Aumenta solo la confusione
Il papa dimostra, ancora una volta, che considera il diritto canonico un inutile orpello.
Per lui conta la sostanza.
Questo vale quando semplifica le procedure di annullamento dei matrimoni senza pensare ai problemi di delibazione che ciò potrebbe provocare in Italia, quando modifica le norme durante i processi, quando dimette i priori dei monasteri senza spiegazioni ecc.
Non si comprende che se si toglie il diritto ogni decisione, anche la più giusta, risulta arbitraria.
E inftti sotto Bergoglio regna l’ arbitrio ,la volonta’ del capo, in puro stile caudillo sudamericano
Il papa dimostrerebbe tutto il suo coraggio ammettendo finalmente anche le donne al sacerdozio, quindi riconoscendo la piena parità uomo-donna. Niente glielo impedisce, lo può fare. Sarebbe un gesto di grande coraggio, parità e giustizia da parte del capo di una chiesa arretrata e maschilista di cui io sono felice di non fare parte.
La Chiesa non e’ proprieta’ privata del papa.lei dice ” Lo puo’ fare” .
No ,non e’ un dittatore. Non lo puo’ fare , la sua volonta’ personale non conta .
E’ giusto. Il Papa è l’ultimo monarca assoluto del mondo ma la sua volonta’ personale conta, per una dichiarazione universale, meno della volonta’ di Dio. E lui e’ il Vicario in terra del Figlio. Ora resta solo da capire Padre e Figlio come la pensano in merito all’agire di una classe sacerdotale mai da loro nominata. Anche nella religione vetero testamentaria non c’è un papa e quindi resta da capire esattamente in una realta’ assolutamente “relativa” (sic!) e in un contesto ormai dominato dall’opinionismo cosa vale la “volonta’” del papa e come ci si può appellare a quella di Dio che, quando ha conunicato con gli uomini, ha detto cose ben diverse da quelle alle quali ci si appellerebbe oggi. (Cfr. Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo)
La nomina di un prefetto donna a mio avviso non cambia molto. A dimostrazione sta il fatto che un cardinale di recente nomina è stato nominato in modo del tutto inedito pro-prefetto. Come a dire che laddove venisse discussa l’autorità di un prefetto donna (mandato del papa), c’è un cardinale che entra in soccorso (potestà d’ordine), a fare da stampella. Sarebbe stato più stupefacente – ma veramente!! – se non ci fosse stato un pro-prefetto, che probabilmente è stato nominato per evitare eccessive critiche al neo prefetto che può sempre chiamare in suo soccorso, ogniqualvolta si presenti un problema di potestà, un cardinale.