
Francesco e Leone, due papi che, per analoghe coincidenze, vengono dalla «fine del mondo», dal Nuovo Mondo: discendenti degli europei che, dal 1492, hanno invaso quest’altro mondo; e, più recentemente, dalla fine dell’Ottocento, nipoti di migranti, di famiglie di poveri in fuga dall’Europa, venuti in Nord America e in America Latina. Poveri, che, tuttavia, hanno riprodotto lo stile genocida dei primi colonizzatori europei, ignorando la tragedia della colonizzazione, come negli Stati Uniti, oppure continuandola con lo sterminio degli indigeni, per appropriarsi delle loro terre, come in Cile, Argentina e nel sud del Brasile.
Assassini di indigeni
Per questo motivo, la vulgata, ancora egemonica, che descrive i due papi, Leone e Francesco, come rappresentanti della periferia dell’Europa, di un Sud del pianeta sfruttato e emarginato dal sistema capitalista, nasconde la responsabilità delle élites europee, che continuano il colonialismo, ossia il peccato originale della modernità occidentale, di cui il cristianesimo, cattolico e protestante, fu promotore e garante.
Per quanto ne so, fino ad oggi, le élites ecclesiastiche non hanno mai abbandonato il vizio di trasformare i protagonisti del cristianesimo coloniale in cittadini della Galilea. In breve, non c’è stata la minima contestazione dell’eurocentrismo dominante e delle colpe storiche delle Chiese. Mentre sono, in realtà, discendenti dei primi conquistatori e dei più recenti massacratori degli indigeni dell’Abya Ayala.
I cattolici in Argentina e nel sud del Brasile, la cosiddetta terza generazione, hanno buone possibilità statistiche di essere nipoti di assassini di indigeni. E sappiamo che questo massacro non è una cosa del passato. Lo dicano i Guarani Kaiowa del Mato Grosso, tra tutte le altre nazioni, che quotidianamente vengono violate dagli imprenditori dell’agrobusiness: famiglie con cognomi europei, soprattutto italiani.
Recentemente, le teologie della liberazione sono riuscite a seminare le prove che condannavano il cristianesimo come responsabile della tragedia coloniale, chiedendo un processo di conversione che non poteva ridursi alla richiesta postuma, inutile e irrilevante, di perdono, come nel caso di Galileo Galilei, ma indicava un rinnovato modo di essere Chiesa, oltre il pesante fardello di secoli di tradimento del vangelo di Gesù, oltre alle eroiche, ma isolate, ancora eurocentriche e suprematiste testimonianze di Las Casas[i] e Montesinos. Nulla, però, è successo fino ad oggi.
Una festa macabra
È doveroso, infatti, ricordare quanto accadde a Porto Seguro, Bahia, il 22 aprile 2000, in occasione dell’evento che doveva essere una celebrazione del 500° anniversario della «scoperta» del Brasile.
L’intenzione del governo, che rispecchiava, anche in quell’epoca, la storia insegnata da sempre nelle scuole e introiettata nell’opinione pubblica, era la magnificazione della nazione brasiliana, celebrata in fraternizzazione con gli “scopritori” portoghesi, benedetta da una Messa in ricordo della prima Messa in Pindorama, celebrata il 26, dal card. Angelo Sodano, Segretario di Stato di sua santità Giovanni Paolo II.
Una festa macabra, che ha prolungato la tragedia coloniale della distruzione genocida delle nazioni indigene, di culture che non erano – e non sono – bianche e cattoliche.
C’è stata una protesta dura e fortemente motivata da parte di molti popoli indigeni, studenti, CIMI e Pastorali Sociali, militanti del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra e del movimento nero e punk – la Marcia e Conferenza 2000, organizzata dal Movimento di Resistenza Indigena, Nera e Popolare – che, quando hanno cercato di entrare nel luogo dell’evento presidiato dalla polizia militare, furono duramente repressi, con un bilancio di sette feriti e centoquaranta arrestati. Lo stesso Presidente del CIMI (Consiglio Missionario Indigeno), il vescovo Franco Masserdotti, partecipò alla manifestazione e subì la violenza con cui fu repressa la Marcia, tra cui l’arresto per alcune ore.
Colui che ci svela con chiarezza cristallina la menzogna della «scoperta» dell’America è Enrique Dussel. Nel libro L’occultamento dell’altro[ii] egli presenta il 1492 come data di nascita della modernità, contraddicendo la tesi di Habermas, che considera la modernità un fenomeno esclusivamente europeo, nascondendo (coprendo, anche in filosofia) il rapporto dialettico con i non europei, massacrati e occultati, dal 1492.
Questa presunzione fa sì che buona parte della filosofia europea presenti l’europeo bianco come l’unico modello di umanità, dimenticando che questa identità si basa sull’altro ed è nata quando l’altro è stato inventato, nascosto, conquistato, sconfitto e violato, eliminato fisicamente e spiritualmente. Occultamento filosofico, confermato e argomentato dai grandi nomi della filosofia europea, Kant e Hegel, filosofi che dimenticano il peccato originale dell’occultamento dell’altro, proponendo un’interpretazione dell’essere umano come essere umano occidentale. «La storia universale va dall’Oriente all’Occidente. L’Europa è assolutamente la fine della storia universale… La storia universale è la disciplina dell’indomita volontà naturale orientata verso l’universalità e la libertà soggettiva».[iii]
Contro ogni sopraffazione
Cosa fare? Ricordare che tutti i peccati della Chiesa sono stati incarnati nell’agonia del Getsemani e sconfitti, insieme al potere della violenza e della morte, sul Calvario. Accoliti e accoliti del Kyrios – l’unico Signore –, il Risorto, accettano la chiamata a smascherare e a lottare contro la dominazione del palazzo, del tempio, del mercato.
Per cominciare, l’europeo deve staccarsi dal primato autoreferenziale del «noi» e migrare, spogliato e disarmato, verso l’alterità degli altri. Un’avventura piena di incognite, che il cattolicesimo, anche nella sua versione latinoamericana, fatica ad affrontare, perché comporta un taglio decostruttivo delle abitudini imperiali, dei fardelli dottrinali e dei rituali secolari.
Per rafforzare la speranza, abbiamo una parola radicale di papa Leone, che ci conforta e incoraggia: «Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato».
[i] Lo stesso Las Casas non vede negli indigeni niente altro che dei «bambini immaturi» e «barbari», se non addirittura qualcosa meno di questo, perché «non hanno raggiunto l’uso della scrittura» (Dussell, 1993, p. 63). Nel 1492 fu creata l’America Latina. «Cioè, gli indigeni con le loro splendide culture non ebbero e non hanno alcun significato storico» (Dussell, 1993, p. 66).
[ii] Dussell Enrique, 1492. O Encobrimento do outro. A origem do mito da modernidade, VOZES, Petrópolis 1993.
[iii] Hegel, Filosofia da História Universal, citato in Dussel, 1993, p. 17






L’articolista citando Dussel e Hegel sceglie di rivedere questo problema che affronta con gli occhi della sinistra ideologica.
Dussel, pur riconoscendogli capacità intellettuali straordinarie, in quanto presidente dell’UNAM di Città del Messico è stato favorito dal PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale), salito al potere dopo la sanguinosa rivoluzione cristera e appoggiato apertamente dalla Massoneria. Il PRI controllava tutto fino al 1994. A Chi frequenta la UNAM si fa il “lavaggio del cervello” per favorire l’abiura al cristianesimo. Ho ascoltato questo in prima persona da ex alunni dell’UNAM e professionisti seri.
Hegel tutti sanno che è iniziatore della famosa triade tesi, antitesi, sintesi, definita pure la dialettica dell’adolescente, e ha ridotto Dio a concetto.
Inoltre, la Chiesa con papa Francesco ha dato voce al superamento dell’Eurocentrismo ecclesiale.
Ritornelli ideologici e conosciuti per leggere la storia della Chiesa e, guarda caso, dimenticando tutto il bene che ha fatto e continua a fare.
Ancora, la Teologia della liberazione se ha avuto all’inizio il merito di aver scosso la Chiesa brasiliana per aprirsi di più ai problemi sociali, ma ha diviso l’episcopato brasiliano e fatto dimenticare l’evangelizzazione. Problemi che conosco di persona. Basta conoscere l’ammiccamento di Leonardo Boff con la New Age e il ripudio della Teologia della Liberazione da parte del Fratello Clodovis.
Occorrono letture più serene, obiettive ed equilibrate.
Alla “non credente” consiglierei di leggersi l’articolo del 15 marzo del 2022 apparso sul sito UCCR nella sezione Fede e Storia che riporta il parere di 16 docenti universitari di Storia per non essere anche lei vittima di una propaganda anticlericale e poco obiettiva. Questo senza togliere nulla agli sbagli fatti in passato dalla Chiesa e che rifletteva il pensiero di quel tempo. Non sono mancati anche modelli alternativi di evangelizzazione “senza la spada” e che hanno sofferto persecuzioni da parte degli imperi di quel tempo.
Io sono molto contento di appartenere alla Chiesa cattolica.
La chiesa cattolica si è imposta, e ha imposto la propria religione, con la violenza e con la forza, prima in Europa (inquisizione, torture, roghi) poi in America Latina, contribuendo enormemente allo sterminio dei nativi e alla cancellazione delle loro religioni e delle loro culture. Complimenti a questa chiesa, che vergogna! Io ho la fortuna di non essere credente e di non avere nulla a che fare con la chiesa cattolica.
Dopo questa impietosa analisi, in cui tutto quanto fatto da altri non ha funzionato e quanto invece sostenuto dall’autore dell’articolo deve essere ritenuto oro colato, possiamo ancora sperare che una nuova evangelizzazione appassioni i fedeli cristiani?