John Henri Newman alle università cattoliche di oggi

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Il 28 agosto il vescovo di Santiago del Cile, cardinale Fernando Chomali, ha inviato una Lettera alle Università Cattoliche del Cile. Prendendo spunto dalla decisione di Papa Leone XIV di proclamare san John Henry Newman Dottore della Chiesa universale, il cardinale Chomali riflette sulla missione delle università cattoliche a partire dalle intuizioni di Newman. Riprendiamo di seguito il testo della Lettera nella traduzione curata da Fabrizio Mastrofini.

Offro questa riflessione frutto della mia esperienza come Gran Cancelliere – per tredici anni – della giovane e promettente Università Cattolica della Santissima Concezione, e attualmente Gran Cancelliere della Pontificia Università Cattolica del Cile, istituzione che mi ha anche accolto come studente e, per molti anni, come professore.

Umanizzare la vita accademica, culturale e sociale

Mi spinge il fatto che il cardinale Newman abbia dedicato una parte considerevole della sua vita a pensare all’università, a riflettere su di essa, sulla sua vocazione e sull’articolazione delle conoscenze che vi si incontrano. La sua preoccupazione era motivata sia dal suo lavoro di insegnante che dalla sua esperienza religiosa, iniziata e formata nella Chiesa anglicana e culminata con la sua decisione di entrare nella Chiesa cattolica. Il processo della sua conversione fu lento e meditato, e si rivelò tra la cappella e la biblioteca. Inoltre, si sta svolgendo una serie di seminari sulla costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae di Giovanni Paolo II, che compie 35 anni dalla sua promulgazione e che merita una riflessione sull’università in generale e su quelle cattoliche in particolare.

Allo stesso tempo, mi spinge a scrivere queste righe il fatto che poche settimane fa Papa Leone ha accettato di concedere il titolo di «Dottore della Chiesa universale» a San John Henry Newman (1801-1890). Questo evento getta nuova luce per chiarire alcune risposte ai tempi in cui viviamo. Ad esempio, questo santo dottore della Chiesa, figura di spicco nel contesto inglese del XIX secolo, può guidarci di fronte alle sfide che oggi devono affrontare le università cattoliche? In che modo possiamo ribaltare la pretesa onnicomprensiva che ostentano alcune prospettive delle scienze positive, mettendo fuori gioco così la teologia e la filosofia, le discipline umanistiche e le arti, nel loro compito di articolare il sapere a partire dal riconoscimento che la razionalità è al tempo stesso scientifica, etica ed estetica?

Senza dubbio, le università cattoliche in Cile danno un grande contributo alla vita accademica, sociale e culturale del Paese. Si sono consolidate nel tempo e la loro presenza si estende da nord a sud. Sono molto apprezzate e compiono un grande sforzo per rimanere fedeli alla loro identità cattolica al servizio della società, formando nuovi professionisti, svolgendo attività di ricerca e diffondendo i risultati del loro lavoro. Innumerevoli leader a livello regionale e nazionale, provenienti da tutti i settori della vita sociale, hanno frequentato le loro aule. Di questo dobbiamo essere tutti molto grati, ma ciò non può esimerci da una riflessione critica sull’attività universitaria odierna. Sarebbe come rinunciare a ciò che ci è più proprio.

Vorrei invitare tutti coloro che sono coinvolti nell’attività accademica a riflettere sull’essenza più profonda dell’università, in particolare in tempi complessi come quelli attuali. In questo contesto, è opportuno ricordare le parole di monsignor Gallagher: «Lungi dall’essere un’istituzione come tante altre nel mercato globale delle idee, e tanto meno cattolica per la quantità di crocifissi alle pareti o le celebrazioni nella sua cappella, un’università veramente cattolica è un luogo dove la ricerca della verità è in armonia con la certezza della fede» (Città del Messico, luglio 2025).

I momenti delicati che stiamo vivendo – in cui proliferano innumerevoli antropologie ed etiche diverse, immerse in un chiaro processo di cambiamenti culturali straordinariamente accelerati – richiedono maggiore attenzione da parte dei nostri centri di studio. È necessario recuperare ciò che contribuisce a rendere la società più umana e giusta e, quando ciò non avviene, contribuire all’umanizzazione delle strutture sociali a partire dalla propria identità e senza ambiguità.

Tensioni contemporanee

La richiesta di eccellenza rende le università più impegnate e preoccupate di ottenere finanziamenti, di apparire nelle classifiche e di avere una visibilità pubblica per attirare studenti. Sono molte le risorse che le università investono nella pubblicità sui mezzi di comunicazione.  Ciò può mettere in secondo piano la necessaria e urgente riflessione più pacata e serena sul loro operato. Nessuna università è esente dal cadere in questa dinamica, e le università cattoliche non fanno eccezione. Entrare nel vortice della concorrenza senza una dovuta riflessione impoverisce ciò che la costituzione apostolica Ex corde ecclesiae definisce come la sua caratteristica principale: essere «una comunità accademica che, in modo rigoroso e critico, contribuisce alla tutela e allo sviluppo della dignità umana e del patrimonio culturale» (EE 12).

Il problema su cui invito a riflettere è se le università cattoliche – tra le esigenze attuali – stiano applicando uno sguardo rigoroso e critico nella ricerca della verità, o se siano cadute nella logica dell’utilitarismo e delle strategie di marketing, impoverendo lo sviluppo accademico, la generazione di nuove conoscenze insieme alla loro trasmissione e, di conseguenza, il loro contributo alla società.

In altre parole, la domanda è: le università cattoliche sono davvero consacrate alla verità e alla sua incessante ricerca? Inoltre, il pensiero che si genera all’interno delle aule coniuga armoniosamente fede e ragione partendo dal presupposto che ogni ricerca è permeata dalla certezza di conoscere già la fonte della verità, Gesù Cristo, come giustamente afferma Ex corde ecclesiae (cf. EE 1)?

Se la risposta alle domande poste evidenzia un indebolimento della missione delle università cattoliche, desidero incoraggiarvi a fare uno sforzo per rinnovare al più presto il vostro impegno a promuovere con maggiore forza le facoltà o gli istituti di teologia e filosofia, insieme alle discipline umanistiche e alle arti. Infatti, in virtù degli oggetti di studio di tali discipline, esse contribuiranno decisamente a rafforzare la ricerca della verità, apportando forme di dialogo e di integrazione armoniosa con le altre scienze.

Risuonano con forza le parole di Francesco alla Pontificia Università Cattolica del Cile, quando ha affermato: «L’Università, in questo senso, ha la sfida di generare nuove dinamiche al suo interno, che superino ogni frammentazione del sapere e stimolino una vera universitas» (Discorso, 17 gennaio 2018). I tempi richiedono di affrontare con urgenza questa sfida, data l’assenza di risposte convincenti alle domande sempre più pressanti sul senso della vita, sulla vita in società, su come superare la povertà, l’emarginazione e la crescente polarizzazione della società. Domande che possono trovare risposta solo alla luce di un’antropologia che integri il sapere proveniente dalla ragione e dalla fede, insieme a una visione ampia che eviti ogni riduzionismo.

Inoltre, è importante chiedersi come ogni università possa realizzare in modo specifico la propria identità cattolica, rimanendo fedele al proprio obiettivo fondante e, allo stesso tempo, aprendosi alla novità delle nuove conoscenze e della storia che è sempre in movimento.

In questioni così urgenti, il cardinale Newman fu un uomo ben capace di discernere i segni dei tempi. Per questo motivo, al di là dell’evidente distanza temporale che ci separa, desidero invitare le comunità accademiche in generale, e i filosofi e i teologi in particolare, a esplorare il pensiero del prossimo dottore della Chiesa e a dimostrare che le sue riflessioni possiedono una luce necessaria per rinnovare la missione delle nostre università cattoliche.

Il contesto intellettuale di quell’epoca era segnato dal razionalismo liberale, osservato dalle comunità anglicane del tempo, caratterizzate da un’esperienza intimista della fede. Di fronte a questo scenario, nel futuro cardinale nasce il desiderio di dimostrare la razionalità della fede cristiana, cercando di superare sia il riduzionismo scientifico che la deriva puramente emotiva della fede. Oggi più che mai, in mezzo a venti sincretistici, emerge l’imperiosa necessità di mettere in evidenza la ragionevolezza della fede e la sua relazione con le altre discipline umanistiche, le scienze e le arti. Questa armonia del sapere è fondamentale affinché i giovani si interessino alle discipline che ci aiutano a rispondere non solo al come, ma anche al perché e al per cosa.

Newman costruisce il suo pensiero su una base solida: crede nella verità e sa che essa è accessibile all’essere umano dalle più svariate prospettive. Non concepisce la verità in senso intellettualistico, ma in modo molto più profondo. La intende come la consistenza della realtà nella sua capacità di esprimere il Creatore. In altre parole, è immagine della bontà dell’autore della vita e della sua voce silenziosa (cfr. Sap 13,1-5; Rm 1,20). Proprio per questo, per Newman – appassionato della verità – l’università doveva essere l’ambito naturale in cui convergono intimamente le diverse scienze, la filosofia e la religione.

Un invito ad approfondire

Alla luce del pensiero di John Henry Newman, tutte le discipline coltivate all’università possono essere illuminate dalla teologia. E a loro volta, tutte le facoltà – ciascuna dalla propria autonomia e particolare epistemologia, nel rigore dei propri metodi e obiettivi – possono in qualche modo diventare anche un riflesso della bellezza e della bontà di Dio, e auspicabilmente un cammino di incontro con il Creatore. Affermazione che può essere inquadrata nell’insegnamento del Concilio Vaticano II (cfr. Gaudium et Spes 36). Ecco la grande sfida attuale per le università cattoliche!

Ciò che egli definì «idea di università» implica inevitabilmente il raggiungimento di una conoscenza unificata delle discipline accademiche. Nel mezzo dell’enorme sviluppo industriale della sua epoca, il santo dottore intravede il pericolo di ridurre l’attività universitaria a una mera preparazione professionale o a una preparazione intellettuale regolata dal criterio dell’utilità. Newman aspira quindi alla creazione di una conoscenza e di un’istruzione apparentemente inutili, collegandosi così al patrimonio filosofico della corrente platonica: la conoscenza per la conoscenza stessa.

Oggi ci troviamo in un’epoca diversa da quella del cardinale, un momento che alcuni definiscono l’era dell’informazione o della conoscenza. Si parla della necessità del pensiero critico, dell’analisi dei dati, dell’integrazione delle tecnologie, tra le altre cose. Non si intravedono in tutto ciò alcune delle intuizioni di Newman? Non sono forse le stesse sfide riguardanti l’integrità e il senso della realtà come riflesso del Creatore? Siamo in un momento storico in cui il pensiero di Newman potrebbe trovare accoglienza?

Con queste riflessioni voglio solo stimolare tale ricerca, i cui risultati, ne sono certo, saranno apprezzati sia dalle università cattoliche nel loro insieme che da quelle non cattoliche.

Le università cattoliche e le loro comunità sono parte integrante della Chiesa e della sua missione nel vasto, affascinante e infinito campo del sapere. Riconosco e apprezzo il lavoro di ciascuno di voi e vi incoraggio ad ampliare la visione d’insieme, sapendo che il tutto è più della somma delle parti, come ci diceva Papa Francesco; e vi incoraggio a pensare in grande, come ci ricorda costantemente Papa Leone. La nostra missione è quella di essere al centro del dialogo a tutti i livelli, per arricchirlo con la preziosa visione cristologica che ci guida e, allo stesso tempo, ecclesiale, poiché ci chiama a raccolta.

Che la saggezza di Newman ci ispiri ad essere vere università cattoliche al servizio di Cristo e della società! Le generazioni future ce ne saranno grate, poiché l’assenza di una riflessione di ordine più metafisico e teologico ci ha portato a una grande superficialità, che ha impoverito la capacità di guardare alla realtà con un sano spirito critico e maggiore acutezza. Ciò ha portato a una società frivola in cui la cultura dell’avere ha prevalso sulla cultura dell’essere, e l’interesse per le cose e l’immediato ha prevalso sull’interesse per le persone e il loro futuro.

Il cardinale Fernando Chomali è arcivescovo di Santiago del Cile, Gran Cancelliere della Pontificia Università Cattolica del Cile e accademico della Pontificia Accademia per la vita.

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3 Commenti

  1. Giuseppe 8 settembre 2025
  2. Kerigma 8 settembre 2025
  3. Andrea Vitali 7 settembre 2025

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