
Don Alessio Geretti nasce a Udine ed è ordinato sacerdote il 6 giugno 1998. È da molti anni il direttore e curatore del Comitato di San Floriano di Illegio, un piccolo borgo montano che è diventato riferimento nazionale e internazionale per l’arte religiosa. In occasione del Giubileo 2025 don Geretti è stato nominato responsabile per la Santa Sede degli eventi d’arte sacra collegati all’evento ecclesiale. Da questo anno accademico è tra i docenti della Scuola di Alta Formazione in Arte Sacra e Turismo Culturale-Religioso promossa dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose A. Marvelli delle Diocesi di Rimini e San Marino-Montefeltro (cf. il sito dell’ISSR «Marvelli»).
- “Dallo stupore alla conoscenza”: come si sviluppa questo percorso necessario per approcciarsi al tema dell’arte sacra?
Lo stupore è la soglia di ogni vera esperienza spirituale. La trascendenza risiede anche nelle esperienze più ordinarie. Prima ancora di capire, l’essere umano è chiamato a lasciarsi sorprendere, a percepire che c’è qualcosa che lo supera e lo attira. L’arte sacra è una sorta di intensificazione dell’umano, dovrebbe custodire e ravvivare proprio questo movimento originario: un’apertura del cuore che precede il ragionamento e che, allo stesso tempo, lo rende possibile. Quando ci mettiamo in ascolto della bellezza, la conoscenza non è più una conquista intellettuale ma un cammino che coinvolge tutta la persona.
- Che ruolo può avere l’arte sacra in un tempo in cui prevale la razionalità e spesso si smarrisce il senso del trascendente?
Viviamo in un’epoca che ha fatto del controllo razionale quasi un’ideologia. L’arte sacra, invece, ci invita a riconoscere la nostra profondità, la parte più fragile e insieme più luminosa della nostra umanità. Non è evasione, né nostalgia: è un linguaggio che riporta al centro le domande fondamentali — chi siamo, cosa desideriamo, da dove veniamo e verso cosa andiamo. Per questo è un gesto culturale decisivo, perché restituisce ossigeno all’interiorità e offre al nostro tempo una possibilità di respiro spirituale.
- In che modo il dialogo tra arte e fede è oggi indispensabile?
La fede non può permettersi di essere muta, e l’arte non può rinunciare alla sua vocazione a dire l’invisibile. Se queste due dimensioni tornano a parlarsi, allora nascono opere che non sono solo belle, ma generative: opere che aiutano a pregare, a pensare, a cambiare sguardo sulla realtà. L’arte sacra non è una cornice che decora il culto, ma un luogo teologico, uno spazio in cui il mistero si lascia intravedere attraverso forme, colori, simboli e narrazioni.
- In occasione del Giubileo 2025 e di un evento promosso proprio dall’ISSR Marvelli nell’ambito della Scuola di Arte Sacra si è parlato di “nuovi orizzonti”. Cosa significa concretamente?
Significa uscire dalla logica della replica del passato e aprirsi al coraggio del presente. L’arte sacra deve tornare a essere un laboratorio vivo, capace di coinvolgere artisti contemporanei, di ascoltare la sensibilità del nostro tempo, di offrire agli uomini e alle donne di oggi un linguaggio che sentano proprio. Il Giubileo è stato ed è un’occasione preziosa per generare nuove opere, nuovi spazi, nuove possibilità di incontro tra comunità, arte e Vangelo.
- Qual è l’invito che rivolge a chi desidera approfondire la conoscenza dell’arte sacra?
Di non accontentarsi di uno sguardo rapido o superficiale. Ogni opera può diventare soglia, domanda, ferita che si apre alla luce. Lo spettatore di un’opera d’arte è chiamato a entrare, a lasciarsi condurre, a permettere all’opera di lavorare dentro di lui. Le arti sono un modo eccellente di raccontare il mistero e richiedono una sapienza iconografica e iconologica. In fondo, l’arte sacra non è lì per essere “guardata”, ma per essere vissuta: un cammino dal quale si esce un po’ più veri, un po’ più umani, un po’ più vicini al Mistero.
Il piano di studi e tutte le informazioni sulla Scuola di Alta Formazione sono disponibili sul sito dell’ISSR «Marvelli»





