Dopo averlo minacciato più volte il ministro degli interni del paese, Lauri Låånemets, deporrà in parlamento alla fine del mese un progetto di legge che prevede l’illegalità di comunità religiose che abbiano legami statutari con la Chiesa ortodossa russa. «Un’iniziativa necessaria perché la Chiesa ortodossa legata al patriarcato di Mosca è per la Russia e il Cremlino lo strumento più importante per la loro influenza nel paese.
Si è visto come Mosca ha utilizzato le organizzazioni religiose per raggiungere i propri obiettivi. Moldavia, Ucraina e altri paesi lo dimostrano. Non c’è alcun dubbio che questo continuerà ad essere perseguito anche in Estonia». Il progetto di legge è previsto in prima lettura a metà febbraio e in seconda lettura ad aprile. Poi ci saranno due mesi per modificare nel senso previsto gli statuti della Chiesa filo-russa, scaduti i quali e in assenza di risultati ci sarà il ricorso ai tribunali per interdirne l’attività.
La Chiesa filo-russa interessa il 16% dei 1.300.000 abitanti ed è sotto pressione dal momento dell’aggressione russa all’Ucraina e della copertura ideologica ad essa fornita dal patriarca di Mosca, Cirillo. Il ceppo etnico russo raggiunge però il 25% della popolazione. L’Estonia, come la Lituania e la Lettonia, vive nella paura dell’aggressione militare di Putin, esplicitamente interessato a rifare l’impero sovietico per garantire la Russia da interventi militari esterni (anzitutto la Nato).
La tensione politica si sovrappone e condiziona il rapporto con l’Ortodossia locale che è in parte del tutto sintonica con l’orientamento liberale del governo, canonicamente legata al patriarcato di Costantinopoli e, in parte legata invece a Mosca. Vi è dagli anni ‘90 il riconoscimento moscovita di una certa autonomia dell’ortodossia locale e recentemente gli statuti hanno ulteriormente allargato le competenze locali. Tuttavia il legame canonico rimane, come anche la direzione del vescovo Eugenio che rimane il metropolita pur essendo stato cacciato da paese e ora ospitato a Mosca. In loco la direzione è affidata al vescovo ausiliare, Daniele.
Come l’Ucraina
Quattro i punti del contenzioso stato-Chiesa filo-russa. Anzitutto l’affitto che la Chiese deve pagare per l’utilizzo di chiese ed edifici. Vi è stato uno sfratto con il successivo ricorso in tribunale. Ma l’amministrazione ha preteso che l’affitto sia quello di mercato, triplicandolo. Poi c’è la richiesta della modifica degli statuti, la domanda di un nome nuovo per la Chiesa (si vuole espungere ogni riferimento a Mosca) e la rinuncia ai privilegi patriarcali per il monastero femminile di Pükhtitsa (cf. qui).
Il dispositivo legale previsto è parallelo a quello già approvato ma non ancora attivato in Ucraina a carico della Chiesa non autocefala (filo-russa). Le perplessità occidentali per un intervento legislativo sulla vita interna di una Chiesa è cavalcato dai richiami della propaganda russa, ma anche, per ragioni più direttamente canoniche e spirituali, dalle altre Chiese ortodosse, in particolari quelle che si oppongono e non sono convinte dall’operazione di Bartolomeo di Costantinopoli che ha riconosciuto l’autocefalia di una parte dell’Ortodossia ucraina. Le ragioni del conflitto militare o politico confliggono con i legami canonici mostrando la profonda ambiguità della scelta di Cirillo a favore della guerra di aggressione e la complessità del legame delle comunità ortodosse con la nazione di appartenenza.
I rapporti fra Ortodossia russa e Stato russo non implicano uguali rapporti fra questo Stato e la chiesa ortodossa estone in comunione con la chiesa ortodossa di Mosca… perché questa resta distinta dallo Stato russo. Se vi sono dei legami aggiunti, inaccettabili dallo Stato estone dati i rapporti politici odierni fra Estonia e Russia, sono solamente questi legami a doversi rifiutare. Invece il ministro degli interni estone vuole intervenire senza le distinzioni dovute: tra Stato e Chiesa, tra azioni extraecclesiastiche ed ecclesiastiche, tra società religiosa russa moscovita e cittadinanza politica russa. Il peggio è che tali indistinzioni sono tutt’uno con la incomprensione o proprio ignoranza sulla internazionalità o multinazionalità russa. Si può essere russi anche fuori dalla Russia e appartenendo ad altri Paesi. Non bisogna confondere ciò che è ‘russo’ con ciò che è definibile ‘russiano’, esistenza quest’ultima che nelle lande, tundre ed altri luoghi della Russia non assicura niente, neanche la costruzione di un buon villaggio o città, nessuna autentica civiltà, al contrario della ‘russità’. Ma quest’ultima non è limitata alle sole terre russe. Non si tratta di ragionare come per appartamenti! Se si sono fatti tanti sforzi per denunciare e terminare l’ “apartheid” in Sud Africa, bisogna smascherare anche la russofobia dilagante in “Occidente”. Sembrerebbe che i cristiani russi estoni vogliano una chiesa etnica e straniera, in realtà è il ministro estone che pretende una inaccettabile riduzione etnica degli ortodossi dell’Estonia, profittando di una guerra e trattando i Patriarchi come fossero Papi. C’è anche di più da dire! Esiste una spiritualità russa che non richiede appartenenze etniche e ancor meno politiche per esser condivisa. Insomma questi strani soggetti inseriti negli Stati “occidentali” che, anziché provvedere a difendersi da presunte azioni aggiunte e non dovute nelle chiese, vogliono impedirne libertà, abolirne innocenti e non intruse identità, non sono onesti, stanno mandando in malora i loro Stati e la Unione Europea. Far coincidere realtà statali e realtà ecclesiastiche, usando proibizioni con discorsi e testi capziosi, questo è un abominio che si scorge a distanza.
La spiritualità e religiosità russe fuori Russia sono un bene prezioso, contro la cecità della violenza in armi. Le etnie russe fuori Russia sono un bisogno naturale, in connessione anche col clima europeo che non è disgiunto da quello artico-siberiano. Soprannaturale e naturale non configgono e se certi rapporti tra Putin e Kyrill ed esponenti della chiesa russo-estone sono un problema politico, vanno approcciati senza coinvolgere tutto il resto. La difesa della libertà religiosa è una presenza in Agenda ONU da tanti anni, l’Unione Europea anche ne è garante, i tranelli russofobici diffusi a livello occidentale sono dei delitti da smascherare e punire, senza aspettare che il regime di Putin protesti da solo e coi propri limiti di regime straniero. Parallelamente, c’è da considerare il diritto a un proprio libero destino etnico e il dovere da parte dei politici di ruolo di informarsi, ascoltare, capire il mondo etnico, che non segue le divisioni politiche se non raramente e senza possibile programmazione. Non che accada qualsiasi cosa; non sto a dire assieme a certi sbandati che ogni cosa è uguale all’altra e che qualsiasi presenza altra o straniera è etnica e quindi di casa. Bisogna capire il mondo russo, capire cosa è il mondo russo in Europa, quanti ne partecipano pur essendo anche di altro, altri mondi.
Che la russofobia venga spacciata per ordine ecclesiastico è un tradimento, una frode, un delitto che deve essere perseguito e punito secondo le stesse leggi, norme e procedure occidentali. Il ministro estone deve essere accusato di voler distruggere il rispetto delle regole europee e di introdurre delle anomalie non solo pericolose. Questo lo si deduce dalle notizie ricevute normalmente, senza doversi recare nei luoghi o sapere la lingua parlata dai colpevoli. Si tratta di colpevoli davanti a Dio e davanti alle vere autorità politiche, le quali pure esistono per beneplacito di Dio. Lo strano sonno volontario di tanti cittadini “occidentali”, che agiscono ignorando la realtà legislativa autentica offendendo i sonnambuli anziché favorire il diritto, è più che sospetto per vere Chiese e veri Stati.
Ci risiamo. Poco tempo fa, e posso fare nomi e cognomi, in un convegno con il prof. Ainis
( e tra l’altro; con orrore; abbiamo sentito ripetere a campanella dalle sue studentesse che la Costituzione “ha un valore programmatico”. Perché questo disparge con i suoi insegnamenti a sostegno della corruzione pubblica , quando invece la detta affermazione veniva proferita da Crisafulli(mi sembra) con evidente senso critico proprio avverso il pietoso stato morale, e ancora persistente nelle istituzioni che (ancora) la mantiene inapplicata) veniva evidenziato che non esiste una norma a difesa della lingua italiana. Mentre esiste il fondamentale art. 6 per le minoranze linguistiche. Appunto nel sostenere politicamente l’Ucraina, lo Stato Italiano deve dimenticare che in quello Stato sono state applicate contrarie norme contro l’uso civile e l’insegnamento della lingua russa sul proprio territorio.
Lo stesso, noi di età, per aver ascoltato discorsi di prima mano nelle piazze degli alpini reduci dell’Armir, abbiamo memorizzato da piccoli, che le contadine nei villaggi delle pianure russe nei fondaci delle loro case avevano celati tra le masserizie “gli strumenti” per pregare e praticare segretamente la religione, evidentemente vietata dal regime politico,
e, quindi accoglievano abbastanza benevolmente la presenza italiana perché ristabilivano la facoltà di culto.
Ora questi ulteriori propositi estoni, appaiono; almeno in una Italia ove è vigente un art. 7; una stessa già vista cairologia. Certamente, colpire indirizzandosi, alle sbrigative masse popolari, anche culturalmente semplici, non magari in grado di vera comprensione o di interessarsi dei grandi fenomeni politici che accadono nella propria Nazione, per la mia opinione, è estremamente grossolano, come le sanzioni dei beni necessari alla intera popolazione russa di ogni livello sociale, od anche, gli sgradevoli fatti del Mediterraneo dove lo stesso, per tranquillità si tira nel mucchio, tra colpevoli e innocenti.