L’invasione ruandese del Congo

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Manifestazione a Roma di protesta contro gli sconfinamenti ruandesi nel territori del Congo RDC (scorso aprile).

Dall’est della Repubblica Democratica del Congo (Congo RDC), al confine col Rwanda, continuano a giungere notizie preoccupanti. Dopo la conquista del capoluogo del nord Kivu Goma il 26 gennaio scorso, che ha causato almeno tremila vittime accertate, il gruppo armato M23 sostenuto dal Rwanda ha catturato anche il capoluogo del Sud Kivu, Bukavu, prendendo il controllo dell’intera regione.  La conquista di Bukavu rappresenta un’ulteriore estensione del territorio occupato da M23 ed un nuovo vulnus alla sovranità territoriale del già debole governo di Kinshasa.

Nonostante le evidenze riscontrate da funzionari dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali, il Rwanda nega la presenza dei circa quattromila suoi militari dispiegati sul territorio del Congo orientale ed il proprio sostegno a M23. In realtà, è in atto un vero e proprio tentativo di annettere il territorio della regione da parte del governo di Kigali, che già da anni si è impadronito delle cosiddette terre rare e dei minerali preziosi presenti nel sottosuolo.

Da trent’anni il governo di Kinshasa denuncia come i suddetti materiali siano frutto del saccheggio delle miniere congolesi, reso possibile grazie alle bande armate che stanno sterminando silenziosamente la popolazione locale; tuttavia la comunità internazionale non ha preso finora provvedimenti nei confronti del Rwanda. Nel 2024, anzi, l’Unione Europea ha firmato con il governo di Kigali un memorandum d’intesa da 900 milioni di euro sulla fornitura di materie prime necessarie alla transizione ecologica e alle tecnologie “green” come coltan, rame, cobalto e litio.

Davanti all’ultima palese ancorché non ufficiale occupazione armata del Kivu, però, il 13 febbraio il Parlamento Europeo ha votato con 443 membri a favore, 4 contrari e 48 astenuti la sospensione immediata del memorandum d’intesa, finché il governo rwandese non ritirerà le truppe dal Congo, cesserà il sostegno alla milizia M23 e smetterà di esportare minerali estratti dal territorio congolese.

Il provvedimento di sospensione del memorandum d’intesa dev’essere messo in atto dalla Commissione e dal Consiglio Europei; in attesa che ciò avvenga, restano da approfondire i contorni della vicenda e perché il governo rwandese abbia deciso di agire militarmente proprio adesso. Per comprendere meglio la situazione incontriamo Lino Bordin, già responsabile per UNHCR dei programmi di assistenza a milioni di profughi durante il genocidio in Rwanda del 1994 e la conseguente guerra del Congo (E. G.).


  • Dottor Bordin, cosa sta accadendo nella regione congolese del Kivu? Chi sono i miliziani del gruppo M23, responsabile della recente occupazione di Goma e di atrocità di ogni tipo contro la popolazione?

 M23 è un movimento militare supportato dal governo rwandese composto principalmente da tutsi rwandesi e ugandesi. La guerra attualmente in corso nella regione altro non è che un’invasione del Congo da parte di un Paese straniero, il Rwanda, i cui obbiettivi sono molteplici. Innanzitutto, occupare la massima estensione possibile di territorio per sfruttarne le ricchezze e per cercare altre possibilità di insediamenti; il Rwanda è infatti un Paese piccolo e da sempre sovrappopolato.

In secundis, eliminare per quanto possibile i guerriglieri hutu e bantù che vivono nelle foreste congolesi al confine col Rwanda e che, arrecando danni e instabilità, rappresentano un pericolo per il governo di Kigali; da ultimo, ma non meno importante, cercare di imporre in Congo un governo che sia un fantoccio di quello rwandese.

  • Dopo più di trent’anni anni di incursioni armate del Rwanda e dei suoi gruppi satelliti in Congo, che nel silenzio internazionale hanno causato milioni di morti, perché il governo di Kigali ha deciso di procedere ad occupare l’est del Congo proprio adesso?

Con L’arrivo di Trump alla casa Bianca e le sue prime discusse decisioni in politica estera, si è instaurata nei governi delle nazioni più importanti e dei loro alleati la convinzione che qualsiasi azione vogliano esercitare per soddisfare i propri interessi, anche se contraria tanto al diritto internazionale quanto alla morale comune, resterebbe impunita.

Il Rwanda, ma non solo, approfittando di questa permissività generalizzata sta prendendo occasione per sistemare una situazione alla quale è da tempo interessato. In questo clima di confusione totale internazionale, infatti, molti Paesi cercano di soddisfare i propri appetiti, a maggior ragione se come il Rwanda sono supportati da una potenza come gli USA.

  • Lei ha lavorato per tanti anni per conto delle Nazioni Unite proprio nella zona di cui stiamo parlando. Come giudica l’operato dell’ONU in questa circostanza?

Farei una distinzione tra l’ONU politico, al quale partecipano le rappresentanze di tutti i Paesi del mondo, con sede a New York, dove si prendono le decisioni più importanti; e il braccio operativo, le così dette agenzie tecniche incaricate di seguire e implementare i progetti, in genere di assistenza e di sviluppo.

Sono abbastanza numerose e ognuna si occupa di uno specifico settore per il quale sono state create. Per farle un esempio, io lavoravo per UNHCR e arrivai a Goma nel luglio 1994 per occuparmi dell’assistenza materiale e legale ai profughi rwandesi che abitavano nei campi nei dintorni della città.

Com’è noto, all’epoca i tutsi e gli hutu si stavano letteralmente massacrando, e come UNHCR portammo sotto la mia direzione soccorso a un milione e duecento mila profughi. L’ONU di New York, invece, decise che le truppe di pace sul territorio non dovessero intervenire. Secondo fonti diplomatiche, l’ONU obbediva agli ordini di USA e UK che, alleatisi con i tutsi rwandesi, avrebbero lasciato a questi ultimi a guerra finita il compito di fare piazza pulita degli hutu, come in effetti è successo.

Apparentemente gli interessi politico-economici delle due superpotenze collimavano e collimano tuttora perfettamente con gli interessi dei tutsi ruandesi: la stessa cosa, infatti, si osserva nella vicenda attuale.

Come presume evolverà il conflitto?

A mio avviso la guerra tra i due Paesi, con l’utilizzo di bande armate irregolari sostenute da entrambi i governi, sia di Kigali che di Kinshasa, durerà per lungo tempo ancora.

La ricchezza del territorio è troppo importante perché l’avidità degli occupanti rwandesi, sostenuti principalmente da USA e UK, abbandonino una simile opportunità.

L’esercito regolare congolese, inoltre, non ha la capacità di sconfiggere definitivamente le incursioni e l’occupazione dei miliziani di M23; a mio avviso si protrarrà lo status quo di guerriglia generalizzata che dal 1990 a oggi si presume abbia provocato dagli otto ai dieci milioni di vittime.

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