
Sui media italiani non c’è alcun cenno, ma la rimozione del metropolita Nestor di Chesonneso e dell’Europa occidentale (sede a Parigi) da parte del sinodo di Mosca merita attenzione.
Nella comunicazione ufficiale (8 novembre) non si dà alcuna ragione, ma dalla diaspora e dal dissenso si indica come motivo la tolleranza verso i preti allontanati dalla Russia per la loro avversione alla guerra.
In particolare in ragione di un “nicodemico” sostegno all’iniziativa “pace a tutti” che li aiuta. Avviata all’indomani delle prime espulsioni l’organizzazione viene incontro alle loro necessità immediate e consente una rete di scambi di informazioni. È stata attiva anche in Russia ma poi la censura l’ha definita organizzazione straniera e ostile.
Rimosso il metropolita Nestor
Il metropolita Nestor nasce a Mosca nel 1974 compie studi civili di informatica e archivistica lavorando al ministero del commercio estero. Entra in seminario nel 1995. Diventa monaco nel 1999 e studia all’Istituto San Sergio di Parigi nel 2000-2004. Nominato rettore della cattedrale ortodossa della capitale francese è ordinato vescovo nel 2010 e assume la carica di esarca patriarcale nel 2022.
Viene sostituito in via provvisoria dal metropolita Marco di Ryazan e Mikhailosdky. Nato nel 1964, dopo la sua ordinazione entra nel dipartimento delle relazioni estere del patriarcato, diventa arcivescovo e presiede all’amministrazione finanziaria. Metropolita a Kasimov dal 2019 regge la piccola diocesi di Budapest-Ungheria.
La sostituzione di Nestor indica che Cirillo non può tollerare nessuna incertezze nel sostegno alla guerra, neppure nelle sedi estere che, dai paesi occidentali sono considerate come luoghi organici ai servizi segreti russi. Una vicinanza e consonanza che data dai tempi dell’Unione sovietica. Ma mentre allora si trattava del controllo dello stato sulla Chiesa ora vi è un parallelismo condiviso.
Lo si vede nella forte connessione della gerarchia con l’esercito: «Nel corso della storia russa le forze armate e la Chiesa sono sempre state una entità unica e unitaria […] Ecco perché la Chiesa e le forze armate hanno così tanto in comune. Entrambi sono esempi di eroismo. Entrambi sono esempi di sollecitudine per coloro che hanno sofferto a causa delle azioni militari […] Pertanto, sia il ruolo delle forze armate sia l’importanza della Chiesa nel preservare l’unità interna e proteggere i confini della nostra patria sono così vitali» (Cirillo, 19 ottobre).
Lo si vede nella convinzione del patriarca del definitivo riscatto dai tempi dell’emarginazione: «È tutto passato! Ora non ci sono più oppressioni né persecuzioni; voglio ripeterlo: gli ortodossi sono al potere. Sembra che siamo entrati in un periodo storico molto favorevole, è questo è assolutamente vero» (26 ottobre).
Si tratta di difendere una intera civilizzazione. Anche nella riscoperta azione e promozione sociale torna a primeggiare il servizio alla guerra. Parlando al convegno di tutti gli esponenti della Chiesa impegnati nel servizio sociale ricorda anzitutto i presenti che «condividono il dolore dei feriti, di coloro che sono stati bruciati dal fuoco della guerra che si sta attualmente svolgendo sul suolo russo (sic!).
Nell’adempimento del loro dovere sacerdoti, medici, infermieri e volontari svolgono il loro servizio con coraggio e altruismo nelle condizioni più difficili, dove abbondano paura, dolore, sofferenza e disperazione» (9 novembre). Successivamente si citano il servizio negli ospedali, la lotta all’aborto e alle dipendenze e la difesa della famiglia. Quando ci accenna agli orfani non si pronuncia parola sui 35.000 bambini e ragazzi deportati dall’Ucraina.
L’Occidente è marcio e l’ecumenismo è finito
L’Occidente è in mano al maligno, all’immoralità e all’apostasia che rendono impossibile l’ecumenismo: «Non sono particolarmente ottimista circa le prospettive di ulteriore sviluppo del movimento ecumenico. Mi sembra che ci sia qualcosa al di là della nostra volontà, al di là della nostra capacità di influenzare il processo storico – ciò che chiamiamo la volontà di Dio. Molto probabilmente un cambiamento radicale che ci permetta di scoprire radici spirituali comune e, attraverso di esse, di avere fiducia gli uni negli altri, è possibile solo attraverso l’intervento di Dio stesso nel processo storico. Perché oggi la dimensione morale rivela non semplicemente differenze ma un abisso culturale, oltre che religioso e spirituale» (risposta ai partecipanti al XI festival di Fede e Parola, 16 ottobre).
In compenso anche il più radicale fra i membri del sinodo, il metropolita Tikon, considerato lo starz di Putin, esalta l’esempio del protestante americano, partigiano di Trump e militante conservatore, Charlie Kirk, per le consonanze puramente politiche sui “valori tradizionali”.
Chi ha ucciso Men?
L’ombra dei servizi sulla vita ecclesiale è di lunga data. Il fratello di Alexander Men, ucciso barbaramente da uno sconosciuto nel 1990 mentre si recava in stazione, attribuisce il delitto al KGB.
In una intervista a Vetchnij zov agli inizi di ottobre ha detto che tutta l’attività della polizia dopo l’evento «ha fatto intendere che l’omicidio di Alexander è opera del KGB». La forte spinta evangelizzante di Men attingeva al filone cristocentrico dell’anima dell’Ortodossia in contrasto che le forze resistenti dei tradizionalisti. Dopo il suo omicidio «questa spinta dell’Ortodossia ha perso il suo riconosciuto leader e ha rallentato il suo sviluppo».





