Siria: tra passato e fragile futuro

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Foto LaPresse.

È un’intervista allarmante, o nella migliore delle letture possibili scoraggiante, quella che ha rilasciato al portale curdo “Rudaw” Ahmad al Qurabi, uno dei principali “costituzionalisti” del nuovo leader siriano – l’islamista Ahmad al Sharaa.

Va ancora premesso che se la nuova Siria si è salvata dopo il devastante pogrom di alauiti compiuto da settori estremisti delle forze di sicurezza siriane, dopo le provocazioni armate compiute da gruppi di alauiti armati e fedeli al fuggitivo ex presidente Assad, è stato grazie all’accordo quadro con i curdi, facilitato dal grande discorso di Ocalan.

Non era compito di al Qurabi far sapere se la commissione d’inchiesta formata su questi terribili avvenimenti abbia individuato qualche responsabile tra gli uomini dl al-Sharaa, ma visto il silenzio in merito se avesse detto qualcosa avrebbe fatto bene, soprattutto al suo presidente. Non è andata così.

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Al Qurabi ha di tutta evidenza rilasciato questa intervista perché poche ore dopo quell’accordo quadro, che ha significato una novità storica e cioè che, come ha detto il Presidente al Sharaa, i curdi siriani sono cittadini come gli altri, “anima costitutiva” della nuova Siria, la nuova costituzione provvisoria annunciata in fretta e furia ha ripreso la vecchia denominazione della Siria: Repubblica Araba di Siria. E i curdi?

Inoltre, è stata conservata un’altra disposizione che non piace neanche ai curdi: cioè che il presidente deve essere musulmano. Come rendere compatibile questa discriminazione dei non musulmani con l’affermazione, contenuta nella costituzione provvisoria, che i cittadini siriani sono tutti uguali? Poi, non è piaciuta a molti, anche ai curdi, che non cambi un altro articolo della vecchia costituzione: la giurisprudenza islamica rimane principale fonte giuridica, come era con la costituzione di Assad.

Visto il malessere curdo su tutto questo al Qurabi ha ritenuto di chiarire, di spiegare, di calmare i curdi, decisivi per tenere in piedi l’impalcatura ancora piena di “scricchiolii”. Tanto decisivo è stato il loro sì ad al Sharaa che solo dopo il loro accordo è arrivato l’accordo anche con i drusi, o almeno con la loro maggioranza.

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E cosa ha detto al Qurabi? Ha detto che queste disposizioni non sono definitive, potranno essere riviste quando si parlerà di costituzione definitiva. Per il momento, ha aggiunto, “abbiamo voluto evitare di toccare questioni sensibili e aggravare le divisioni. La priorità è assicurare l’unità della Siria e rafforzarne le istituzioni, non sollevare questioni sensibili che potrebbero creare ulteriori divisioni”. Da questa risposta sembra di capire che eventuali possibili frizioni interne al campo islamista di al-Sharaa contino più delle richieste degli altri siriani.

Dunque, si insedia una commissione d’inchiesta e nulla emerge sugli “infedeli” servitori dello Stato dopo diversi giorni e quell’orrore rimane senza risposta. Poi si dà solidità all’auto-nominato presidente al Sharaa, ma su aspetti elementari come l’eleggibilità alla presidenza di ogni cittadino siriano, sul nome non discriminante del Paese e sulla fonte del diritto non si può fare alcunché per distinguersi da una Costituzione liberticida anche nel giudizio di al Sharaa e i suoi, come quella di Assad.

E perché? Perché, spiega al Qurabi, non è questo il momento di porre questioni così sensibili. Questo non può andare. La sua spiegazione è molto precisa: questi tre capisaldi sono comuni a tutte le costituzioni siriane dal 1920 in poi. Va bene: ma prima c’era la figura del primo ministro, che ora, provvisoriamente forse, è assorbita dal Presidente. Ma in Siria prima di Assad ci sono primi ministri cristiani.  Non è dunque vero che dal 1920 anche questo andava così.

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C’è poi la questione dei diritti linguistici (e non solo) dei curdi. Non vengono chiariti secondo al Qurabi, ma neanche negati, perché “la Siria non è ancora stabile, e nel periodo transitorio il nostro obiettivo è di preservare lo Stato, ricostruirne le istituzioni e poi muoverci verso una piena democrazia”.

Può essere, ma limitarsi a dire che in futuro potranno essere costituiti i partiti politici “ma per ora la priorità è preservare l’unità dello Stato” non può bastare. Anche perché al Sharaa aveva assicurato che la Costituzione sarebbe stata scritta con tutti nell’assemblea costituente, mentre ora emerge questa costituzione provvisoria: fino a quando? Quando verrà insediata e da chi l’assemblea costituente?

La concessione ai critici è che non è vero che il presidente al Sharaa non sarà processabile: se sarà accusato di violazioni della legge, ha affermato, sarà processabile come tutti. Giusto prenderne atto e darne conto.

Va riconosciuto che in Siria i problemi sono enormi, i rischi militari fanno tremare le vene dei polsi e controllare le armi e le istituzioni è dunque prioritario. Ma questa intervista ad avviso di chi scrive lascia interrogativi sempre più evidenti, anche perché al Qurabi ha usato più volte l’espressione “centralismo”, proprio il pericolo che dall’inizio si è indicato come il possibile punto di incontro tra il nuovo e il vecchio corso.

Per scelta o per necessità? Nessuno può dirlo di certo ma è lecito dubitare che i curdi si siano sentiti tranquillizzati da questa intervista, se questo era, come si può facilmente immaginare, il suo obiettivo.

E anche il resto dei siriani, assetati di quel pluralismo invocato da tutti i gruppi che hanno dato vita alla vera protesta contro Assad per così lunghi e dolorosi anni, si può dubitare che lo siano. Ma quella protesta, cominciata proprio il 15 marzo 2011, nelle ore in cui usciva questa intervista di al Qurabi, ispira ancora molti in Siria, e le “belle parole” di al Sharaa non basteranno più se non presenteranno anche fatti.

Se al Sharaa sparisse molti lupi se ne rallegrerebbero, questo è chiaro; ma nella debolezza dei “forti” purtroppo si intravede un brutto precedente: quello della presidenza Morsi in Egitto. Si vedrà.

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