Ospitare la realtà

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Foto di Anne Nygård su Unsplash

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Nella storia che viviamo esiste ancora la possibilità della fede? È ancora tempo di Dio? C’è ancora speranza per questa umanità? Realmente Dio non si stanca di questa storia lacerata e frammentata?

Spesse volte simili domande hanno albergato nei nostri cuori o nelle complesse discussioni prima e durante il Sinodo il corso. Il Natale appena celebrato ci ha ricordato una delle realtà più sconvolgenti della fede cristiana: Dio è diventato umano. Dio ha scelto di abitare questa storia e questa umanità: senza pentimento alcuno!

Dio impara dalla piccolezza della realtà

Dio in Gesù ha scelto di imparare, con fiducia, che la realtà è superiore all’idea. La fede cristiana non deve mai perdere di vista la scelta fondamentale di Dio: egli scende ad abitare questa storia. Il cristiano è chiamato a custodire uno sguardo teologico e non giornalistico sulle vicende lieti e tristi dell’umanità.

La storia che Dio abita è composta da vissuti differenti e a volte contraddittori: basta considerare la nostra stessa storia personale per accorgerci di questo. Siamo il frutto della storia dei nostri genitori, di un itinerario educativo (infanzia e adolescenza), dell’affetto ricevuto, di ferite, errori e desideri. Un aforisma attribuito all’ambiente ignaziano recita: “Non coerceri a maximo sed contineri a minimo divinum est”.

Dio manifesta la sua attualità nella capacità di stare in ciò che è piccolo: abitando con rinnovata fiducia la nostra storia – a tratti complessa – non smette di cercare ragioni di speranza e occasioni per amare. Tutto ciò che della nostra storia ci sembra spregevole e inutile (piccolo secondo le nostre categorie) viene abbracciato dal Dio Amore. Soltanto questa fiducia audace di Dio gli consente di trasformare le crisi in opportunità con la forza trasformativa di chi è uscito dal sepolcro della morte e del fallimento.

Discernere le crisi

La Chiesa che abita questo tempo è chiamata a percorrere i passi di Dio: imparare a leggere la storia con i suoi occhi non con i criteri mondani travestiti di spiritualismo a buon mercato.

Questo esercizio urgente consiste nel discernimento personale e comunitario che non parcheggia la Chiesa in un pessimismo sterile incapace di gioia evangelica. Sant’Ignazio di Loyola al n. 322 dei suoi Esercizi Spirituali precisa le tre cause per cui ci troviamo desolati.

La prima è dovuta alla tiepidezza e alla negligenza, la seconda per farci sperimentare quanto valiamo anche senza sostegno di particolari consolazioni, la terza per farci comprendere che tutto è dono di Dio e non poniamo nido in casa altrui, insuperbendoci. Diverse crisi (“desolazioni”) ecclesiali risultano provvidenziali in ordine ad un autentico discernimento che libera da false immagini di Dio e da un pessimismo sterile che non annuncia nessuna “Buona notizia”.

Le perplessità circa la storia che stiamo attraversando ci chiedono di non porre “nido in casa altrui”: fiducia eccessiva in risposte ormai passate, ripiegamento su sicurezze mondane o materiali, decadenza in polarizzazioni ideologiche che non hanno il sapore della fraternità.

Il Vangelo di un Dio che ha scelto di abitare questa storia si annuncia soltanto attraverso la credibilità delle nostre storie personali: vissute, amate e raccontate per mezzo di incontri e relazioni reali e non ideali. La realtà ci raggiunge in maniera a volte imprevedibile, occorre soltanto la fiducia tipica del Cristo che ha ospitato nella sua vita gli incontri più inattesi: cercando e salvando ciò che era perduto.

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