Siria: verso un processo costituente?

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Incontro tra il presidente siriano al Sharaa e il gruppo di consulenza per la Costitutzione provvisoria

Il Presidente siriano Ahmad al Sharaa è riuscito a salvare, con mezzi passi avanti, la sua nuova Siria, dopo l’orrore dei massacri comunitari perpetrati ai danni della minoranza alauita (cf. SettimanaNews, qui) – e se c’è riuscito un grande grazie deve certamente dirlo ad Abdullah Ocalan. Ricostruiamo dunque gli ultimi avvenimenti.

Il pregresso

Tutto comincia con il rischio di un’implosione: il presidente islamista al Sharaa, al potere da tre mesi e sommerso dai problemi economici e di sicurezza, ha chiesto ai vari gruppi etnico confessionali presenti nel suo Paese di sciogliere le proprie milizie e portare tutti gli armati dentro l’esercito nazionale. Rispondono di no curdi, drusi, alauiti e gli estremisti nella sua coalizione cominciano a scaldarsi, dopo aver mandato da settimane segnali allarmanti.

Poi gruppi di alauiti, la piccola comunità da cui proveniva Assad e nella quale diversi esponenti noti sono rimasti a lui fedeli, organizzano delle provocazioni armate contro le forze dell’ordine provocando stragi. La reazione degli estremismi che fanno parte del cartello che ha portato al potere Ahmed al Sharaa (islamisti) rispondono con ferocia: è un massacro indiscriminato, comprese donne e bambini.

La reazione del presidente c’è, ufficialmente li condanna, ma non sembra in grado di perseguirli, l’odio settario cresce. È a questo punto che arriva, a sorpresa, l’accordo più importante, quello che i curdi. I nemici dell’unità siriana li hanno usati anche contro Damasco, ma il loro leader, spinto su questa strada dal potente discorso di Abdullah Ocalan che ha chiesto di rinunciare alla lotta armata che lui stesso ha guidato tanto tempo fa e per la quale è in galera da ventisei anni (in Turchia), scegliendo il PKK e deponendo le armi, accetta l’accordo quadro con al Sharaa.

I curdi ne riconoscono l’autorità nazionale e vengono riconosciuti come cittadini con pari diritti e pari doveri degli altri, anima fondante con le altre della Siria. È difficile che un passo del genere i curdi lo abbiano fatto senza il placet americano, che controllano con loro, in chiave di lotta all’Isis, il nord est della Siria.

È la svolta decisiva, la guerra inter-comunitaria sembra scongiurata, al Sharaa promette una commissione d’inchiesta su chi ha perpetrato i massacri e contemporaneamente fa arrestare un alauita, uno dei fautori dei disordini da parte alauita, un alto grado di Assad che quasi 50 anni fa uccise il leader druso Kalmal Joumblatt. È un segnale all’altra comunità in dissidio, i drusi, che firmano anche loro l’accordo con Damasco.

La tensione scema pur nell’orrore per le azioni fratricide che ricordano quelle del passato che tutti vogliono archiviare, il Paese sembra rifiatare pur attendendo esiti concreti dell’inchiesta ordinata dal presidente, sulla quale alcuni – anche tra i seguaci di al Sharaa, cioè tra i sunniti- chiedono che non si spengano i riflettori.

Costituzione provvisoria

I due accordi consentono ad al Sharaa di annunciare, come ha fatto in queste ore, i principi ispiratori della nuova costituzione provvisoria; poi dovrebbe decidere la grande assemblea costituzionale già annunciata ma ancora non nominata, un’assemblea aperta a tutte le componenti sociali.

È facile dire quali siano i passi avanti e i problemi che permangono. La Siria sceglie un modello presidenziale, l’economia di libero mercato, garantisce a tutti pari diritti, libertà di culto (limitatamente ai tre monoteismi in tutte le loro articolazioni note), libertà di informazione, di associazione, appare favorire la costituzione di partiti politici non su base confessionale, incardina l’autonomia dei poteri tra legislativo, giudiziario ed esecutivo.

Tutto questo indica una strada condivisibile, ma restano dei nodi, di forma e di sostanza: il nome del Paese, Repubblica Araba di Siria. Araba? Ma se abbiamo detto che i curdi sono una delle anime costitutive del paese, e non sono arabi, perché confermare il vecchio nome? Cinquant’anni di panarabismo non passano in un giorno, qualche organo autorevole da Damasco scrive che chi ha elaborato il testo ha demandato la decisione definitiva all’assemblea costituzionale, quando si riunirà.

Poi c’è la figura del Presidente; anche per lui rimane la vecchia previsione, deve essere un musulmano. Ma come, non si è detto che tutti i cittadini sono uguali e con uguali diritti? Come escludere i non musulmani dalla suprema magistratura repubblicana? Anche qui gira voce che chi ha steso il testo abbia demandato l’ultima decisione all’assemblea, quando si riunirà.

E ancora: come nella vecchia costituzione la giurisprudenza islamica viene definita la principale fonte giurisprudenziale. Queste tre previsioni sono incardinate nella storia (non bella) della Siria, che è anche quella però rispetto alla quale si vuole cambiare. E così la domanda vera non può che riguardare questa Assemblea Costituzionale. Quando si riunirà?

Quale Assemblea costituente?

Si apprende da Damasco che per cominciare un cammino tra i ferri roventi dell’attualità il Presidente nominerà un Parlamento provvisorio – arduo da immaginare, ma comunque ci si può provare: ma sarà questo Parlamento nominato a nominare l’Assemblea? Non è chiaro, ma il timore appare lecito e sarebbe stemperato solo se risultasse chiaro che il passo sarà preso d’intesa con le varie forze sociali e territoriali.

Dunque sin qui vedono mezzi passi: si può temere che nascondano la vera indole assolutista del nuovo governo islamista, come si può ipotizzare che questi mezzi passi derivino dal peso da stemperare nel tempo degli estremisti, prodotti dell’astio che divide lungo linee confessionali, da sempre favorito dal vecchio regime, che ha governato per oltre mezzo secolo favorendo gli opposti estremismi (a cominciare dal proprio) con cui di tutta evidenza si devono ancora fare i conti.

Forse la Siria sta avviando un processo, e i processi vanno favoriti lungo il cammino; ma questo va fatto sollevando i problemi, da subito. Perché un futuro diverso richiederà moderazione, comprensione, ma non può richiedere l’acquiescenza.

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Un commento

  1. 68ina felice 14 marzo 2025

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