
«La rivoluzione incompiuta»: è trasparente il titolo che Marco Politi – vaticanista di lunghissimo corso – ha voluto dare al suo ultimo lavoro, dedicato a «La Chiesa dopo papa Francesco» e pubblicato da Il Millimetro (dopo un’edizione tedesca). Un libro che è anzitutto puntuale e completo breviario delle grandi questioni che hanno agitato il pontificato di Papa Bergoglio – dal rapporto con Benedetto XVI agli scandali sessuali del clero, dal caso Becciu alla rivalutazione delle donne, dalla messa in latino alla sinodalità, alla riforma della Curia romana: tutti temi che hanno registrato in Francesco un comportamento ambivalente, tra il balzo in avanti e la ritirata su posizioni più modeste.
Politi compie dunque un’utile ricostruzione di un papato che lo stesso protagonista non sempre ha aiutato a rendere lineare. Proprio per questo però, e ancor più, il lettore cerca tra le righe il giudizio dell’osservatore esperto, che tra l’altro si avvale di colloqui personali sia con informatori ecclesiastici che preferiscono restare anonimi, sia con personalità della Chiesa e laici ben introdotti nelle vicende cattoliche.
Non è facile trovare tale sintesi, quasi che l’autore difenda dietro la necessaria imparzialità giornalistica un’obiettiva difficoltà a licenziare una presa di posizione netta; ma qualcosa nel finale c’è, e va riportato tra virgolette in quanto particolarmente efficace nel delineare – oltre le polemiche, oltre le contraddizioni – l’oggettiva eredità che la Chiesa ha ricevuto dal pontefice argentino.
«Nel cogliere i segni dei tempi, papa Bergoglio è sempre stato vigile e chiaroveggente. Ha afferrato subito l’incidenza epocale del fenomeno migratorio, ha schierato la Chiesa dalla parte della transizione ecologica, perché il degrado della natura comporta inevitabilmente un deterioramento della situazione sociale, ha stimolato l’impegno dei credenti nella lotta contro le disuguaglianze crescenti. Da anni ha messo in guardia dal populismo autoritario di destra, travestito da difensore dell’uomo della strada nei confronti delle élites».
«Il papa argentino ha aperto brecce, ha spalancato finestre, ha rotto vecchi schemi. Ha spazzato via la secolare ossessione del cattolicesimo sulle questioni sessuali. Ha portato al centro la questione femminile nella Chiesa, per la prima volta ha fatto partecipare le donne con poteri decisionali a un consesso di vescovi. Credenti e non credenti si sono accorti della scossa che ha dato alla Chiesa: ha fatto prevalere l’atteggiamento del samaritano sulla durezza dei doganieri delle anime».
«Ma la rivoluzione dall’alto, in cui molti fedeli speravano, non si è completata. La spaccatura fra tradizionalisti e riformatori è stata verticale. In certi gruppi conservatori si è consolidato il rancore per i cambiamenti, in alcune frange di riformatori è cresciuta la delusione. E intanto hanno fatto la loro apparizione forze centrifughe improntate a un nazionalismo ecclesiale. Soprattutto, negli anni di pontificato di Bergoglio non è cresciuto un forte movimento di fedeli, teologi e vescovi impegnati pubblicamente (come ai tempi del Concilio Vaticano II) per un rinnovamento della Chiesa secondo le linee delineate dal papa. Vescovi esitanti, preti arroccati, fedeli inerti caratterizzano il panorama». E queste non sono certo colpe di papa Francesco…
Marco Politi, La rivoluzione incompiuta. La Chiesa dopo Papa Francesco, Il Millimetro, Roma 2025, 250 pp., 18 euro
- Pubblicato sul blog Vino Nuovo, 27 novembre 2025







Come spesso viene ricordato, per fare una buona opera storica bisogna lasciar decantare i fatti: quindi, pur comprendendo la necessità di battere il ferro finché è caldo, adesso è ancora troppo presto per giudicare il pontificato di Francesco. Esso è stato breve e originale, forse anche irripetibile, perché ogni persona ha tratti propri e caratteristici. Come in tutte le cose di Dio non si deve avere fretta, i frutti verranno se si sapranno attendere con fiducia, pazienza e speranza.
“Non è cresciuto un forte movimento di fedeli, teologi, vescovi impegnati pubblicamente come ai tempi del Concilio”. Il recensore se la cava con un “e questo non è certo colpa di Francesco”. Ma non era Bergoglio a sostenere che il Pastore (in primis lui) non deve stare solo DAVANTI, ma in mezzo e dietro le pecore di cui deve sentire l’ODORE? Quindi di qualche “colpa” , ma direi piuttosto miopia e governo troppo autocentrato, si può parlare.
Nessuno voleva il cambiamento. Ha vinto la pigrizia.
Magari dipende dal fatto che la Chiesa attuale, a differenza dei tempi conciliari, è frequentata da persone anziane, pochi giovani e ridotta piuttosto all’osso a livello locale?
Se lanci un programma di rinnovamento che presuppone forte partecipazione laicale di base mentre non ce l’hai, ci sta che poi ti areni.
Poi non è che il programma della Chiesa in uscita non sia valido, è solo velleitario pensare che ad uscire debbano essere sempre gli altri (chi poi: i parroci, i cattolici “impegnati”, il Papa, i vescovi, le sagrestane?). Se credi in quell’invito esci, ma esci per davvero, senza lamentarti degli altri che non lo fanno…
Vero. La chiesa si è giocata l’ennesima chance di ricominciare a diventare attraente.
“il limite dei pontificati è di non considerare un vero coinvolgimento della Curia, a tutti i livelli, e di non dialogare con il collegio cardinalizio e con le conferenze episcopali. Non dico con laici qualificati e teologi/teologhe,” E questo non è per nulla vero. nessun pontificato ha mai messo in disparte le conferenze episcopali ne la curia, anzi, non avremmo avuto i concili, nessun concilio e nemmeno i sinodi se questo fosse vero, In Special modo Francesco ha nominato cardinali che non erano propri personali o cardinali nominati per consuetudine, come i vescovi di diocesi storicamente cardinalizie, ha invece creato cardinali che erano espressione delle varie conferenze episcopali e li ha usati come intermediari. consiglieri e diplomatici.
Quanto agli anonimi, non si può sapere. Potrebbe essere una finzione letteraria oppure potrebbe essere vero, ma leggendo le affermazioni e quanto scritto in risposta, direi che indipendentemente dalle affermazioni vere o meno “In certi gruppi conservatori si è consolidato il rancore per i cambiamenti” direi che ci ha preso in pieno. Non è per incapacità di ascolto, ma per incapacità di certi di uscire fuori dal semintato, incapacità di vedere che esistono altre strade e che i tempi cambiano, un egocentrismo delle idee che invece di ascoltare e accettare si vuole imporre come unica soluzione; come dice l’ articolo e come dice l’ autore del testo questo non è certo colpa del Pontefice.
Dico prima di tutto che i commenti “anonimi” sono spesso un’invenzione dell’autore di un testo perché nella realtà non esistono, servono per far appoggiare una tesi. Forse in un articolo di attualità si spiegano (è un modello nordamericano). Ma non in un libro dove c’è ampio spazio per argomentare, in modo non anonimo, e specie quando si parla di un papa deceduto, quindi in qualche modo passato alla storia. Detto questo, la forza e la miopia di fondo di papa Francesco è la medesima: avere aperto ‘processi’ di pensiero e di dinamismo ecclesiale, senza però guardare come procedevano e dove stavano andando. Si tratta di aspetti positivi (aperture) e negativi (lasciarli andare per conto loro) allo stesso tempo. E il motivo è molto semplice: il limite dei pontificati è di non considerare un vero coinvolgimento della Curia, a tutti i livelli, e di non dialogare con il collegio cardinalizio e con le conferenze episcopali. Non dico con laici qualificati e teologi/teologhe, per carità, quando mai! Manca ogni tipo di dialogo, ed è una vera e propria colpa. Una leadership funziona se ha un seguito e spiega bene gli obiettivi da perseguire a tutti i livelli. Cattiveria finale: questa recensione conferma l’intenzione di non leggere Politi.