
Papa Leone XIV celebra la messa col nuovo formulario per la custodia della creazione (9 luglio 2025)
Un nuovo formulario di Messa per la custodia della creazione, con Decreto della Congregazione del culto, è stato inserito nel Messale Romano. Tecnicamente si colloca tra le messe pro variis necessitatibus vel ad diversa («per diverse esigenze e occasioni»). Come ha detto il card. Czerny, durante la presentazione pubblica, «Il Messale Romano contiene 49 Messe e Orazioni per diverse necessità e occasioni: 20 riguardano la Chiesa, 17 le necessità civili, e 12 sono per varie circostanze. Tra i formulari “per le necessità civili”, oggi siamo lieti di introdurre una Messa per la custodia della creazione (Missa pro custodia creationis), per rispondere alle istanze suggerite dalla Laudato si’ giunte da tutto il mondo».
Il contesto evocato dal cardinale sottolinea un aspetto interessante del nuovo formulario: esso risponde non semplicemente ad una esigenza nuova, ma ad una domanda della cultura civile mondiale, che ha anche un profilo squisitamente ecumenico.
Pertanto, un esame puntuale del nuovo formulario deve aprirsi ad una valutazione più ampia: la “nuova messa” è il senso di una possibile “nuova festa”. Cerco di esporre meglio questi due aspetti.
Il nuovo formulario
Nella presentazione della nuova messa, Vittorio Francesco Viola ha offerto una dettagliata presentazione di tutti gli aspetti liturgici del formulario. La scelta dei testi delle preghiere e della Scrittura non ha potuto evitare un riferimento esplicito a Laudato si’, come esplicitazione di un nuovo sguardo sulla natura e sul creato. In questa luce deve essere intesa la introduzione di un “nuovo formulario”, che, per quanto ricondotto alla lunga tradizione della riflessione cristiana su creazione e nuova creazione, costituisce di per sé un nuovo ambito di sensibilità culturale e di consapevolezza teologica.
Qui si appunta un’osservazione importante: perché la messa è stata inserita nelle messe «per la società civile»? Non c’è una almeno altrettanto forte pertinenza con la dimensione ecclesiale ed ecumenica?
Forse, su questo piano, che potremmo chiamare di “sistematica del messale”, la bella iniziativa di un arricchimento del messale, potrebbe essere ulteriormente precisata.
Il dato di fatto è che un nuovo formulario di messa è stato introdotto nel Messale Romano (in latino e in tutte le lingue). Questo significa che la tradizione cammina e si rinnova. Più complessa è la collocazione di questa messa «per la custodia del creato». È questa semplicemente una “circostanza civile” (come per il Presidente della Repubblica o il Tempo della semina…) o è una nuova evidenza ecclesiale, che forse può iniziare da un nuovo formulario, magari meglio collocato, ma deve interrogarsi su come questa «custodia della creazione» possa essere un tema ecclesiale (non solo civile) e addirittura un tema ecumenico?
Se è vero che è possibile una lettura di Laudato si’ meramente orizzontale, altrettanto vero è che si può rischiare di pensare la «custodia della creazione» come una mera “circostanza”. Lo svilimento del tema può anche venire dal modo di pensarne la celebrazione.
Per questo, sulla base di questo passo importante, è possibile porre la questione radicale: ma perché solo ora un tale formulario entra nel Messale? Per rispondere a questa domanda siamo costretti ad un percorso di riflessione molto più ampio.
Verso una nuova festa della creazione?
Ci siamo chiesti: come è stato possibile che, nel corso di circa due millenni, non sia mai emersa, con forza, l’esigenza di “celebrare” la Creazione e la Creazione in Cristo? Come è possibile che questa nuova messa (o domani addirittura una nuova festa) non abbia “precedenti storici” nella Chiesa occidentale? Provo a rispondere con una sequenza di 6 riflessioni:
(1) La risposta positiva alla domanda intorno ad una nuova messa (o festa dell’anno liturgico) – che esca dalla rappresentazione forzata di un anno liturgico “temporale” fissato dagli antichi una volta per tutte e di un ciclo “santorale” nel quale la Chiesa esercita, anche arbitrariamente, la propria autorità – implica una “nuova storia della liturgia”.
Gli stereotipi di lettura della liturgia nati agli inizi ’900 debbono essere discussi, anzitutto, sul piano storico. L’autocoscienza che i liturgisti hanno elaborato, intorno alla loro “materia”, proprio a partire dal Movimento Liturgico e poi dal Concilio Vaticano II, esige un salto di qualità. Immaginazione, creatività e sensibilità culturale non sono “esterni”, ma “interni” all’anno liturgico.
Il fatto di aver ristrutturato un monumento temporale come l’Anno liturgico non deve far dimenticare che esso, in quanto tale, dice il compimento senza essere compiuto. La sua natura escatologica lo rende aperto ad eventuali nuove evidenze, che il discernimento della Chiesa può trasformare in formulari, memorie, feste o solennità.
(2) Questo primo assunto implica, immediatamente, una restituzione di autorità alla Chiesa nella sua facoltà di riconoscere il manifestarsi del mistero pasquale in tutta la storia della salvezza, di ieri come di oggi.
Il fatto che il mistero della Creazione, e della Creazione in Cristo, abbia assunto nuovi contenuti, urgenze e priorità, nel momento in cui, alla fine della modernità, è diventata primaria l’«ecologia integrale» (LS), permette di scoprire e di dare parola ad una «messa per la custodia della creazione», portando a dimensione esplicita ciò che prima era solo implicito, ma anche di riconoscere cose nuove, sotto la voce “creazione”, che prima nessuno aveva né visto né considerato. Si danno cose nuove nel cammino della coscienza ecclesiale.
Anche la creazione, che sembra il presupposto comune a tutta la storia della salvezza, può diventare oggetto specifico di culto nel momento in cui un’«ecologia integrale» vede minacciati i beni primari. Il Mistero di Cristo, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, non è estraneo a questa rilettura della creazione.
(3) Come suggerito acutamente da alcuni autori, il presupposto “creaturale” della liturgia cristiana, che le culture di Oriente e di Occidente hanno diversamente mediato, permette tuttavia di scoprire, con una certa sorpresa, come tutti i misteri professati nel Simbolo di fede hanno trovato una loro dimensione esplicitamente festiva, salvo il mistero della creazione.
Il fatto di portare ad evidenza una messa (e domani forse una “solennità domenicale”) che ponga a tema il Mistero della Creazione in Cristo permette di recuperare in modo più incisivo un’esperienza della Creazione/del Creato che è un presupposto dell’atto di celebrazione e che culturalmente non è possibile considerare come un dato scontato.
(4) La storia della liturgia ha conosciuto, largamente, la possibilità di istituire “messe” o “feste” che hanno arricchito il “ciclo temporale”.
La pretesa che la libertà con cui la Chiesa medievale, moderna e contemporanea, ha, di volta in volta, introdotto nuove forme rituali (messe, feste e solennità) si sia esaurita e che la Chiesa sia fedele solo ripetendo il repertorio del passato è una forma di fraintendimento della tradizione. Il Vaticano II avrebbe, in questo modo, paralizzato l’autorità ecclesiale. Il fatto che questo fraintendimento sia ancora molto diffuso tra i liturgisti non è un buon motivo per spaccare in due la realtà rituale e massimizzare l’autorità nel ciclo santorale, per azzerarla nel ciclo temporale.
(5) Se nuove evidenze ecclesiali e culturali, nel passato, hanno portato a introdurre nuove feste – basta pensare ad es. alla festa del Corpus Domini (1264) o alla festa di Cristo Re (1925) – nulla vieta che la Chiesa possa riconoscere che una nuova messa o addirittura una Festa del Mistero della Creazione (in Cristo) sia in grado di attestare e dar voce ad un’esperienza ecclesiale che è certamente originaria, ma che domanda oggi una nuova espressione e una più intensa celebrazione.
Non si tratterebbe, in questo caso, di una festa “pedagogica” o “a tema”, ma di un aspetto del “mistero pasquale” la cui celebrazione, che ordinariamente resta quasi sottotraccia, avrebbe in questo caso una specifica dotazione di testi e di gesti, nel Lezionario e nell’eucologia, diventando linguaggio acquisito e patrimonio di culto condiviso anche a livello ecumenico. Per questo, forse, la collocazione nell’ambito delle messe «per la società civile» mortifica un poco la novità.
(6) Proprio questo aspetto ecumenico, nel quale, per la prima volta dopo un millennio, Occidente cattolico e riformato e Oriente greco, ortodosso e bizantino concorderebbero e condividerebbero una festa del Mistero della Creazione in Cristo, con calendario e forme celebrative comuni, qualifica, formalmente, anche questo nuovo formulario come una tappa significativa non solo dell’Anno Liturgico in fieri, ma anche del cammino di comunione tra i cristiani.
Proprio l’orizzonte della Creazione, con il suo contenuto cristologico e trinitario, può essere il punto originario di una «reintegrazione dell’unità» che il Concilio Vaticano II ha posto definitivamente nel destino delle Chiese cristiane, di Oriente e di Occidente. Il profilo teologico ed ecumenico del formulario permette di emanciparlo da una lettura semplicemente legata alla destinazione importante, ma riduttiva «per la società civile». Come nuovo testo, assume un valore liturgico, teologico ed ecumenico che non sarà facile limitare.






Ma l’ecumenismo non doveva essere l’unione del Papa, dei Patriarchi, dei Vescovi e dei Credenti di Occidente, di Oriente, del Nord e del Sud del mondo sotto la Croce di Cristo perché le gocce del sangue di Cristo salvassero il genere umano e lo trasformasse in figli di Dio? Purtroppo si sta trasformando in una raccolta di persone sotto il fresco nei un albero verde o di un condizionatore per aria calda o fesca secondo le stagioni!!!!!!!!!
La pretesa occidentale degli ultimi secoli di controllo del creato fuori dalla prospettiva di fede che lo mostra come il sacramento dell’amore di Dio che provvede alla vita dell’uomo ha portato a una incapacità di comprenderne il valore di simbolo (eppure la liturgia utilizza come simbolo incui si “nasconde” la presneza di Dio) e la relativa vocazione di “sacerdote” del credente nei suoi confronti. Inoltre, questo stare davanti al ceato come a un oggetto, escledendone la comprensione come dono del Creatore, lo ha sottratto alla riflessione su cosa significa la redenzione di questa opera di Dio che manifesta la sua piena realizzazione nel comunicarci, nella liturgia, la vita di Dio. Abbiamo dimenticato che i Padri antichi consideravano il creato uno dei due libri della rivelazione ed Evagrio guarda il mondo da credente e lo vede come un oceano di simboli. Abbiamo molto da imparare dall’Oriente cristiano. Il rapporto uomo-creato-Dio non è un fattore ecologico né di moda, ma una questione teologica!
Grazie Andrea, ottima riflessione, perché si distacca nettamente dalla superficiale prospettiva “green” e pone invece l’accento sulla vita ecclesiale e comunitaria, oltre che ecumenica. La lettura superficiale di Laudato si’ ne fa un’enciclica “verde”, come la lettura superficiale del Cantico delle Creature ne fa una poesia “ecologista”. Se invece, noi cristiani, soprattutto nella celebrazione eucaristica che è “vertice e culmine”, prendiamo maggiore consapevolezza di essere creature amate da Dio Padre che crea (in Cristo), allora probabilmente la nostra fede e la vita ecclesiale potranno portare nuovi frutti di grazia nel mondo. “Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”… Prendendo spunto dal creato, come ci invita sempre Cristo!
Certo nessuno si converte piu’ a Cristo ed e’ vietato fare proselitismo. Quindi la Chiesa moderna si inventa la “conversione ecologica” per stare a passo coi tempi ,bisogna convertirsi si’ ma non a Cristo bensi’ al Dogma ecologista .
I prossimi preti della religione green saranno molto piu’ duri dei sacerdoti di Cristo : al Dogma green non si puo’ disobbedire ! I peccati contro l’ ecologismo sono imperdonabili ! Lo scioglimento dei ghiacciai viene prima della salvezza dell’ anima !
https://www.qiqajon.it/libro/9788885227569 In realtà è abbastanza tradizionale, non una generica Gaia ma il Creato. Al massimo dimmi che fino a pochi decenni fa non c’era una particolare necessità di proteggere il creato dall’invasione tecnologica della modernità… Dipende da quale prospettiva lo guardi.
Se fra mille anni avremo distrutto il creato, non ci sarà più nessuna anima da salvare.
A cantare la bellezza della creazione di Dio ci pensa la Bibbia stessa, oltre ooviamente a Genesi 1, penso anche al Salmo 104, Libro Profeta Daniele 3,51-90, libro di Giobbe capitoli 38, 39 e 40. San Paolo in segna che la creazione è “per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Colossesi 1,15-20). E poi a al cantico delle creature di San Francesco o alle visioni di Santa Ildegarda di Bingen. Il problema è che l’uomo non si sente più parte della creazione ma al di fuori di esso, come avveniva ai tempi biblici e successivamente.