Resurrexit

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bach

Chiara Bertoglio – musicista, musicologa, teologa – presenta la Cantata pasquale BWV 4 di Johann Sebastiana Bach.

  • Chiara, qual è l’origine liturgica di questa Cantata bachiana?

Al tempo di Bach, anche nella Chiesa luterana, la Quaresima era tempus clausum alla musica eseguita con strumenti d’orchestra: era possibile il canto “a cappella”, talvolta accompagnato dal solo organo. Faceva eccezione la liturgia del Venerdì Santo, per il quale vennero composte le magnifiche Passioni bachiane per grandi organici vocali e strumentali.

La maggior tensione compositiva ed esecutiva sacra del Tempo liturgico era perciò orientata da Bach al Triduo Pasquale: al giorno della Passione e al giorno della Pasqua; tra l’uno e l’altro il Sabato Santo di assoluto silenzio.

Nel corpus delle opere bachiane – ma anche degli autori suoi contemporanei – spiccano, paradossalmente, più le Passioni rispetto ai brani della Pasqua. Vero è che la musica sacra di Bach è immersa in unico, profondo, Mistero: il Mistero Pasquale. È ciò che possiamo cogliere anche nella Cantata BWV 4.

La sua origine è “giovanile”: può darsi che Bach avesse solo 22 anni, nel 1707, quando, presumibilmente, compose la sua prima versione di quest’opera nel suo ruolo di organista della chiesa di San Biagio a Mühlhausen. Ma è un’ipotesi. È molto probabile che l’opera sia stata ripresa, poi, per una Pasqua tra il 1708 e il 1713, nel periodo trascorso da Bach a Weimar. Quel che è certo è che questa Cantata è stata eseguita, in versione riveduta, nel giorno di Pasqua del 1724, a Lipsia, in combinazione con la Cantata BWV 31.

Oggi disponiamo di due versioni della BWV 4: quella eseguita nel 1724, con soli archi e quella eseguita nel 1725 con l’aggiunta di strumenti a fiato. Sappiamo che l’esecuzione liturgica del 1725 fu abbinata all’Oratorio di Pasqua: l’Oratorio prima del sermone, la Cantata dopo.

Non disponiamo della partitura della primissima versione, quella più “giovanile”.

  • Da quale teologia proviene questa Cantata della Chiesa luterana per il giorno di Pasqua?

Il testo è attribuibile allo stesso Lutero, pensato e scritto in lingua tedesca. Dobbiamo considerare, tuttavia, la prassi consolidata della parafrasi di testi latini preesistenti, prassi precedente allo stesso Lutero, che vi ha comunque infuso la sua teologia.

Consideriamo inoltre che, per questo come per altri testi e inni liturgici, Lutero ha rielaborato “Leise” – cioè, testi e melodie – già in lingua tedesca. La grande riforma liturgica di Lutero e del luteranesimo, infatti, non è tanto l’invenzione della forma corale in lingua vernacolare, quanto la sua diffusione pervasiva quale marchio spirituale e identitario.

Per quanto riguarda, strettamente, il testo della Cantata, possiamo dire che esistevano versioni in tedesco dal ben noto inno latino Victimae paschali laudes, l’inno centrale, a tutt’oggi, della Sequenza pasquale cattolica (anche se piuttosto “trascurato” oggi dalle nostre liturgie). Esisteva l’inno Christ ist erstanden, “Cristo è risorto”, sul quale deve aver lavorato, appunto, Lutero.

***

  • Christ lag in Todesbanden, Cristo giaceva nelle bende della morte: sembra un titolo poco pasquale.

Può apparire così. Ma evidentemente dobbiamo leggere tutto il testo e coglierne tutti i riferimenti evangelici e teologici.

Notiamo che il verbo “giaceva” è al passato: quindi, “ora”, non è più così. Pensiamo al vangelo di Giovanni in particolare: in Giovanni ciò che fa “scoppiare” la buona notizia della risurrezione, ancora prima degli incontri col risorto, è la vista delle bende: «e chinatosi vede le bende di lino giacenti… e vide e credette» (Gv. 20,5.7).

Le bende vanno prese quindi quale segno – già evidente – di risurrezione di Cristo.

  • Come interviene Bach sul materiale testuale e musicale preesistente?

Qui – come in molti altri casi – Bach realizza una Cantata su Corale: una vera e propria categoria della musica.  Bach ha qui ereditato, infatti, la struttura testuale e musicale generata dal pastore Johann Gottfried Neumeister e sviluppandola a suo modo. La BWV 4 è un tipico esempio di Cantata svolta – esclusivamente – da un Corale preesistente, quale omaggio alla tradizione e alla conservazione della tipica preghiera della Chiesa luterana.

La melodia originaria costituisce la base della scrittura dell’intera Cantata, con l’impiego della affine tecnica delle Partite per organo su Corale, tanto cara a Bach già dai tempi dei suoi esordi giovanili come organista. Anziché l’organo, Bach mette qui l’orchestra.

  • Come possiamo cogliere il carattere dell’opera giovanile?

Si tratta sempre di grande musica, peraltro rivista nel corso del tempo, come, del resto, Bach ha fatto ripetutamente durante la sua vita con le opere più amate. Serve, quindi, una certa dimestichezza di ascolto del linguaggio musicale bachiano per cogliere certi elementi arcaici, seicenteschi, che si trovano in questa Cantata.

Dal punto di vista formale la Cantata BWV 4 può essere definita un Concerto Corale: forma musicale del Seicento più che del Settecento; Bach guarda indietro prima di guardare avanti, ma sempre guidato dal suo genio inconfondibile. Quel genere ancora affascinava le assemblee liturgiche di Lipsia, come affascina noi, tuttora.

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  • Aiutaci a comprendere la struttura di questa Cantata.

Effettivamente questa Cantata ha una struttura ben precisa e un suo punto focale, attorno a cui tutto è disposto, testualmente e musicalmente, teologicamente: è costituito dal movimento – o numero – 5, ossia dal Corale su cantus firmus originato dalla traduzione dal latino del Victimae paschali laudes: mors et vita duello conflixere mirando; una struttura a modo di “chiasmo” dei movimenti precedenti e successivi.

Il chiasmo è un punto di incrocio rappresentabile con la lettera dell’alfabeto greco χ, iniziale di Christos e simbolo della Croce.

Prima e dopo il quinto movimento, Bach ha posto due arie: la numero 4 per voce di tenore e la numero 6 per voce di basso, il cui tema-contenuto condiviso è l’Agnello pasquale rispecchiato da Nuovo e da Antico Testamento; le arie sono a loro volta inscritte tra due duetti: al numero 3 per soprano e contralto, e al numero 7 per soprano e tenore, il cui tema-contenuto è il contraltare tra l’oppressione esercitata dal potere della morte e la forza gioiosa della vita risorta in Cristo.

La “cornice” è costruita da brani corali: al numero 2 e al numero 8. Ad introdurre il tutto della Cantata è il movimento numero 1 strumentale, detto sinfonia. Nella struttura evidenziata, in ogni movimento, già accade il moto di Pasqua – dalla morte alla vita – tanto che ogni movimento si conclude con l’Alleluia!

  • Vuoi presentare ciascuno dei movimenti?

L’introduzione orchestrale o sinfonia è molto breve ma basta ad introdurre nel clima espressivo di transito da un dolore senza eccessi alla più intima e toccante serenità.

Il Corale del movimento 2, da cui il titolo Christ lag in Todesbanden, muove da una melodia mesta che significa il peccato del mondo di cui siamo tutti partecipi, ma per portare al sentire della gioia attraverso l’accelerazione della scrittura musicale e della vivacità ritmica, sino al magnifico Alleluia!

Il duetto del movimento 3 invita i fedeli a contemplare l’ineluttabilità della morte, tuttavia senza terrore: le due voci femminili – ma dobbiamo ricordare che al tempo di Bach erano voci di fanciulli – riprendono i sentimenti della sinfonia in un dialogo di intensa profondità spirituale.

Nell’aria del tenore – movimento 4 – si innalza il canto di trionfo di Cristo sulla morte che vale il riscatto dalla umana condizione di peccato (cfr. 1 Cor. 15,55-57). Notevole, in questo movimento, è l’esercizio dei violini che sprigiona una sorta di «fuoco», di fulgore luminoso, riconducibile al fuoco del Cero pasquale che arde nel cuore del buio della notte, durante il rito pasquale.

Il movimento 5 è appunto il brano centrale attorno a cui tutto si tiene. Musicalmente è una sorta di elegante Mottetto sopra un basso continuo molto discreto. La melodia del Corale è affidata al contralto a cui fanno da contrappunto le voci del coro.

Nell’aria del basso che segue – movimento 6 – Bach impiega i cosiddetti madrigalismi, a modo di raffigurazione scultorea degli elementi testuali riconducibili all’Agnello (cfr. Es. 12,3-12): la voce del basso viene, virtuosisticamente, impiegata in estensione, sia sui toni gravi della morte, sia sui toni acuti della vita.

Il duetto del movimento 7 reca la caratteristica del ritmo puntato, ossia del ritmo della festa piena in onore di Cristo: la scrittura è, di sua natura, giubilante, sino a sbocciare, come un fiore, nell’Alleluia!  

Il Corale finale – movimento 8 – torna alla semplicità della melodia originaria che sta al principio della Cantata e che ne è pure il tipico coronamento luterano.

  • A quali momenti della tua e della nostra vita vissuta assoceresti questa Cantata?

La caratteristica della Cantata costruita su Corale è che non c’è personificazione delle voci: non ci sono voci che interpretano figure bibliche e non c’è neppure una singola voce a cui si possa attribuire la valenza dell’anima: a cantare qui è l’assemblea tutta, la comunità dei cristiani, la Chiesa.

Ciò che più mi colpisce è, dunque, questa dimensione ecclesiale viva. Invito, perciò, i lettori ad ascoltare la Cantata BWV 4 in questa chiave: quella della contemplazione dell’evento pasquale, origine della Chiesa, da parte di tutte le Chiese oggi nel mondo.

Lo stile leggermente arcaico a cui ho fatto cenno può aiutare poi a penetrare nella “atemporalità temporale” della liturgia e della musica tutta per la liturgia, sempre: nella liturgia siamo ben dentro e, nel mentre, siamo già fuori da questo tempo storico in cui Cristo è davvero morto ma è altrettanto veramente risorto. L’Eucaristia è l’esperienza attuale e sensibile (cfr. Cor. 5,6-8) che il Corale finale asseconda.

Testo con traduzione qui.
Per l’ascolto integrale proponiamo due registrazioni: in chiesa (qui); in sala da concerto (qui).

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