Il prete e l’adulazione

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adulazione1

Nella Bibbia, il concetto di adulazione si riferisce all’atto di elogiare in modo eccessivo qualcuno con l’intento di ottenere un vantaggio personale. Questo concetto è anche conosciuto come “labbra adulatrici” (Salmo 12,4), poiché rappresenta un tentativo di guadagnare favore a tutti i costi tramite lodi e attenzioni eccessive o non sincere. In Proverbi 26,28 si afferma: “Una bocca bugiarda fa molto male, una bocca adulatrice porta alla rovina.”

Esploreremo più a fondo il significato dell’adulazione e delle lusinghe per comprendere meglio come queste pratiche influiscano sulle relazioni, in particolare tra presbiteri, tra presbiteri e vescovi, e come si possa resistere ad esse. Gli adulatori utilizzano “belle parole e discorsi affascinanti” per ingannare le persone semplici (Rm 16,18).

Economia di scambio

L’atto di adulazione consiste nel fare complimenti eccessivi per ottenere qualcosa da qualcuno, trasformandolo in un atto egoistico, manipolativo e disonesto. La Bibbia non condanna la lode, che, a differenza dell’adulazione, è sincera e consiste nel riconoscere onestamente le qualità e i successi di un’altra persona, esprimendo apprezzamento e ammirazione sinceri. La differenza fondamentale tra adulazione e lode risiede nella veridicità delle affermazioni e nelle intenzioni di chi le fa.

L’adulazione è di solito falsa e motivata dall’egoismo, mentre la lode è sincera e altruista. Un complimento genuino ha lo scopo di mostrare empatia, apprezzamento e incoraggiamento al destinatario, mentre l’adulazione cerca alla fine di trarre vantaggio per chi la pratica, come affermato in Giuda 1,16: “circondano le persone di adulazione”.

In che modo l’adulazione influisce sulle nostre relazioni? L’adulazione può avere un impatto negativo sulle nostre relazioni, poiché manipola e compromette la fiducia e l’onestà in esse. I rapporti iniziano a degenerare, le parole perdono la loro sincerità e l’amicizia perde il suo vero significato. Come sottolineato nel Salmo, il cuore si divide in due: un cuore sincero che tace e un cuore insincero che loda. Questa divisione del cuore danneggia l’amicizia, e col tempo il cuore bugiardo corrompe e rovina quello buono.

Nel 1641, Torquato Accetto[1], un poeta residente a Trani, pubblicò un opuscolo che rifletteva sulla sua epoca con disapprovazione. Quest’opera conteneva versi che mettevano in evidenza la sua sensibilità morale, mentre rifletteva sul conformismo e l’ipocrisia della società del suo tempo. Accetto si chiedeva come un individuo onesto potesse reagire e vivere in una società moralmente corrotta. Questa opera fu intitolata Della dissimulazione onesta[2] e invitava alla riflessione e alla prudenza, sollevando questioni di profonda importanza morale.

Accetto faceva una distinzione tra simulazione, considerata moralmente riprovevole a causa delle intenzioni utilitaristiche, e dissimulazione, che lui vedeva come l’unico modo per difendersi da una società di simulacri. Sosteneva che la chiave per avere successo richiedeva un’anima onesta e un buon equilibrio tra onestà e cautela. Accetto voleva dimostrare che la dissimulazione, quando utilizzata con saggezza e senza cadere nella menzogna, poteva essere uno strumento di difesa contro l’oppressione dei potenti.

Con questo trattato, Accetto si inseriva nella polemica sulla ragion di stato, concentrandosi sulla questione della liceità del fingere. Tuttavia, lui considerava questa “arte di pazienza” anziché un’arte di menzogna, in contrasto con la verità assoluta.

Nel nostro tempo, in cui l’ascesa sociale a ogni costo sembra essere il principale obiettivo, l’adulazione è diffusa e evidente in tutti i settori della società. Si manifesta in molte forme e raggiunge il suo apice tra politici, religiosi, letterati, artisti e molte altre categorie sociali. È presente ovunque, coinvolgendo sia i ricchi che i meno fortunati, i potenti e i semplici lavoratori.

Conformismo

L’adulazione è diventata un vizio diffuso, alimentato dalla comunicazione e dall’ossessione di elogi reciproci. Questa pratica ha reso difficile riconoscere il merito autentico tra una marea di complimenti esagerati.

L’adulazione rappresenta una forma insidiosa di conformismo, e Platone stesso la condannò, considerando le lusinghe come particolarmente dannose e pericolose. Egli sosteneva che cercare di ottenere favori attraverso atteggiamenti affettati e leziosi era sbagliato. Diffondere fumo attraverso un linguaggio ampolloso era un modo per cercare di guadagnare favori, attraverso lodi e agiografie esagerate.

Si mente per diverse ragioni: per opportunismo, per timore, per abitudine. Spesso si ricorre a un linguaggio ambiguo e “diplomatico” per evitare di dire direttamente ciò che si pensa o si desidera. Si utilizzano allusioni e silenzi studiati, si finge di possedere conoscenze o poteri che in realtà non si hanno o che sono irrilevanti. Alcuni si abbandonano all’adulazione, addirittura praticando “l’arte di strisciare”, dove non esprimono opinioni personali ma si conformano completamente a quelle del superiore, accettando ogni affronto o capriccio.

L’adulazione è una capacità straordinaria nel sottrarsi alle critiche tradizionali dei vizi, e pochi notano quanto sia diffusa, nonostante gli avvertimenti di autori autorevoli come Cicerone e Tacito. In un certo senso, ha convinto gli uomini che non esista, proprio come Baudelaire disse del demonio.

L’adulazione può essere collegata all’invidia, perché gli adulatori sono invidiosi, ma più subdoli ed esperti. Come gli invidiosi, cercano in modo indiretto di privare qualcuno di qualcosa, ma lo fanno in modo nascosto e apparentemente amichevole.

Da un lato, c’è la lingua bulimica che cerca elogi smodati per ottenere favori, mentre dall’altro c’è la lingua biforcuta dell’invidioso, che trasforma la lusinga in maledizione. L’adulatore indossa una maschera per trasformare il desiderio di criticare in complimenti entusiastici verso la persona che sta adulando.

Mentre l’invidioso diffonde veleno di nascosto, l’adulatore cerca attentamente le orecchie in cui versare i suoi complimenti. L’adulatore diventa uno specchio distorto nel quale l’adulata ama riflettersi, cercando conforto nel corteggiamento interessato. Come Narciso che non può staccarsi dalla sua immagine riflessa, l’adulato non tollera che lo specchio possa rivelare qualcosa di diverso dalla sua vanità o dal suo bisogno di rassicurazione.

Come detto nel vangelo, gli uomini religiosi prendono gloria gli uni dagli altri e non cercano la gloria che viene da Dio solo (cf. Gv 5,44).

Autorità

Nell’adulazione, ci sono due tipi di persone: chi adula e chi desidera essere adulato. Non c’è una terza opzione. Gli adulatori riescono a leggere i pensieri degli altri e dicono esattamente ciò che questi pensano. Chiunque, almeno una volta nella vita, è caduto vittima di lusinghe o apprezzamenti, anche quando erano chiaramente eccessivi.

In ogni società con figure di autorità, ci saranno sempre coloro disposti a lusingare per ottenere potere e prestigio. È sorprendente come la cortigianeria abbia prosperato in periodi di grande intelligenza e creatività, come il Rinascimento, con le sue corti piene di adulatori.

“Ci piace credere che più un individuo è intelligente, più sale in alto sulla scala del successo, e meno è vulnerabile alle lusinghe. In realtà, sembra che sia proprio il contrario. Chi ha successo, e una maggiore autostima, interpreta gli elogi nei propri confronti non come lusinghe ma come dimostrazione di sagacia da parte dell’interlocutore… Chi non riesce a sopportare gli stupidi tollera facilmente gli adulatori”[3].

Il corteggiatore e colui che viene adulato collaborano in una stessa dannosa distorsione. Quando a Biante fu chiesto quale fosse la creatura più dannosa, egli replicò: «Se parli delle belve, il tiranno; se degli animali domestici, l’adulatore»[4].

È interessante notare che Biante identifica l’adulazione come uno dei pericoli più gravi all’interno della vita “domestica”, cioè nella società civile basata su relazioni genuine. Questo rischio emerge quando la seduzione e l’inganno si infiltrano in relazioni pacifiche e normali, dando loro un’aura di falsità e infine di sospetto, causandone la rottura irreparabile.

Bisogno di approvazione

La franchezza è una qualità estremamente difficile da mantenere, mentre l’adulazione è sorprendentemente facile. Se la franchezza presenta anche solo un piccolo segno di falsità, diventa immediatamente evidente. D’altra parte, l’adulazione, anche se completamente falsa in ogni aspetto, risulta ancora gradita e piacevole da ascoltare. Anche se può essere una forma di piacere superficiale, è comunque un piacere. Inoltre, l’adulazione, per quanto evidente, viene spesso accettata come vera almeno in parte.

L’atteggiamento dell'”adulatore” è manipolativo, poiché sfrutta il desiderio naturale di approvazione degli altri. Tuttavia, l’equilibrio tra la consapevolezza di essere oggetto di attenzioni e lusinghe altrui e il piacere di sentirsi adulati è fragile. L’adulatore può essere facilmente individuato poiché non riuscirà a nascondere il proprio interesse personale.

L’adulazione è anche «non dire una verità, è esagerare, è far crescere la vanità». Papa Francesco racconta il caso di un sacerdote, «conosciuto tanto tempo fa», che incassava volentieri «tutte le adulazioni che gli facevano», era la sua debolezza. L’adulazione inizia «con cattiva intenzione»[5].

Papa Francesco, in occasione della chiusura del Giubileo della misericordia, in una lunga intervista a Tv2000 e InBlu Radio, andata in onda il 20 novembre 2016, ebbe ad affermare: “Io ho allergia degli adulatori. Ho allergia. Mi viene naturale, eh?, non è virtù. Perché adulare un altro è usare una persona per uno scopo, nascosto o che si veda, ma per ottenere qualcosa per sé stesso. Anche, è indegno. Noi, a Buenos Aires, nell’argot porteño nostro, gli adulatori li chiamiamo “lecca calze” [leccapiedi], e la figura è proprio di quello che lecca le calze dell’altro. E’ brutto masticare le calze dell’altro, perché… è un nome ben fatto… E anche a me, quando mi lodano, anche qualcuno che mi loda per qualcosa che è uscita bene: ma subito, tu ti accorgi chi ti loda lodando Dio, “ma, sta bene, bravo, avanti, questo si deve fare!”, e chi lo fa con un po’ di olio per farsi… Ma l’adulatore è… non so come si dice in italiano, ma è come l’olio, viscido”.

Dante Alighieri ha collocato gli adulatori nella seconda Bolgia dell’ottavo cerchio, il penultimo dei gironi dell’Inferno. Per Dante, l’adulazione è considerata la più grave tra tutte le forme di violenza, persino superiore all’omicidio, ed è seconda solo al tradimento. Pertanto, la punizione inflitta agli adulatori consiste nell’essere immersi nello sterco fino al collo, come si può leggere nel seguente passo: “Quivi venimmo, e quindi giù nel fosso/vidi gente attuffata in uno sterco/che da li uman privadi [latrine] parea mosso”[6].

La Bolgia dei fraudolenti è popolata da coloro che ingannarono i potenti tramite le loro lusinghe per scopi personali, e gli adulatori rientrano in questa categoria. Dante manifesta il suo disprezzo per loro, punendoli con questa terribile condanna, che è il contrappasso inesorabile per l’abbondanza di parole dolci e adulatrici che usavano in vita. Un adulatore dantesco spiega che la sua lingua non può mai essere soddisfatta dalle lusinghe che pronuncia.

Gli adulatori si nascondono dietro un’apparenza gentile e sinuosa, camuffando la loro malizia. Sono disposti persino a mentire e a distorcere la verità pur di ottenere benefici personali. Questo comportamento insincero li caratterizza in vari sensi:

  • Nel senso del tatto, usano parole che “lisciano” e “carezzano”, accarezzando l’ego degli altri e solleticando la loro vanità.
  • Nel senso del gusto, le loro parole sono dolci come il caramello, zuccherate e melliflue, ma alla fine ti lasciano sporco.
  • Inoltre, spesso utilizzano espressioni che implicano il succhiare o leccare, derivanti dalle pratiche servili come il bacio dell’anello o dei piedi.
  • Anche nel senso dell’udito, la loro voce è suadente e flautata, evocata dal verbo “sviolinare”.

L’adulazione era vista dagli antichi Greci come una tecnica illecita poiché sfrutta le debolezze umane e può portare alla distruzione della convivenza civile. Questa prospettiva era in contrasto con l’ideale democratico degli antichi Greci, che non accettavano l’idea che alcuni individui si considerassero superiori e che altri si abbassassero davanti a loro. Pertanto, l’adulazione era considerata autoumiliazione e anti-democratica.

Nel corso della storia, dall’epoca romana fino alla società odierna, l’adulazione ha sempre trionfato. Nella società attuale, dominata dal culto della carriera, spesso la fedeltà ai superiori è più apprezzata della competenza, e le critiche, che potrebbero mettere in discussione lo spettacolo in corso, sono malviste. Questo favorisce l’ascesa di individui “organici” al potere, che praticano l’adulazione per ottenere successo.

Nella Chiesa

A riguardo papa Francesco ha usato parole accorate per mettere in guardia i vescovi: «Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o “arrampicatori” e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici»[7].

Lo stesso monito giunge anche da lontano, da papa Clemente XIII che nell’enciclica A quo die del 1758 ammonisce: “Effettivamente non c’è forse niente di più contrario alla carità: se quella terribile peste si attacca ad un Vescovo e lo contagia, nei suoi riguardi si insinua l’adulazione e assale la parte più nobile di lui, cioè l’anima; lo conquista con velenose piaggerie; e gonfiando a dismisura quella eccessiva e malvagia stima di sé stesso, dalla quale ognuno di noi così spesso è tratto in errore, riduce quel misero al punto che non cerca più la gloria di Dio, ma la propria gloria; quella gloria che lo stesso Cristo dichiarò di non cercare (Gv 8,50).

L’adulazione poi è seguita dalla maldicenza e dalla falsità, come da perniciosissimi satelliti e servi; e siccome vengono allontanate le persone oneste e valide, si arriva al punto che al seguito del Vescovo non rimane più nulla di sano, nulla di integro. Per questo il sapientissimo Salomone ammonisce: «Meglio essere rimproverato dal sapiente che ingannato dall’adulazione degli stolti» (Qo 7,5). E ancora: «Tieni lungi da te la bocca perversa e allontana da te le labbra fallaci» (Pr 4,24). E quel detto che il Vescovo sempre deve avere presente: «Se un principe dà ascolto alle menzogne, tutti i suoi ministri sono malvagi» (Pr 29,12)”[8].

Se il vescovo è invitato a svolgere un ruolo di paternità concreta verso i suoi preti, mostrando disponibilità nell’incontrarli, interessandosi delle loro vite, della loro salute e delle loro condizioni di vita, allo stesso modo i preti sono chiamati a instaurare con il loro vescovo un rapporto sincero, onesto, aperto e collaborativo. Questo rapporto non dovrebbe essere caratterizzato da lusinghe, ma da rispetto, e non dovrebbe neanche essere basato su ribellione e pettegolezzi, ma su una comunicazione aperta e franca, ovvero la parresía. Come sottolinea sant’Agostino, nel suo avvertire sulle sfide e i pericoli del ministero sacerdotale nella lettera a vescovo Valerio…

“Innanzitutto io prego la tua religiosa prudenza di considerare che in questa vita e soprattutto in questo tempo non v’è nulla di più facile, piacevole e gradito agli uomini della dignità di vescovo o di prete o di diacono, ma nulla di più miserabile, funesto e riprovevole davanti a Dio se lo si fa negligentemente e con vile adulazione”[9].

Si può riflettere poi sul linguaggio diretto e deciso di don Milani che trasmette sofferenza in una lettera a Arturo Carlo Jemolo del 7 settembre 1958. Nella lettera, don Milani afferma: “Mi sono dedicato a cercare di essere una persona santa, ma anche se avessi raggiunto tale stato, sarebbe stato inutile in questa vita, poiché avrebbe solo evidenziato quanto sia deprecabile una Curia che allontana i santi e premia gli adulatori e le spie”[10].

L’adulazione può avere un impatto dannoso sulle nostre relazioni nella vita di tutti i giorni, minando l’onestà e la fiducia. Quando aduliamo qualcuno per ottenere un vantaggio personale, rischiamo di perdere la fiducia dei nostri colleghi e di creare un ambiente tossico.

Per resistere alla tentazione dell’adulazione, è importante seguire alcuni consigli pratici:

  1. Praticare l’onestà: L’adulazione si basa sulla falsità. Dobbiamo cercare di essere sinceri nelle nostre parole e azioni, evitando di esagerare o ingannare gli altri.
  2. Imparare a dire “no”: Non dobbiamo aver paura di dire “no” quando ci viene chiesto qualcosa che va contro i nostri principi o che potrebbe portare a comportamenti adulatori. Affermare i nostri valori è essenziale per mantenere la nostra integrità.
  3. Coltivare relazioni sane: Cerchiamo di circondarci di persone che ci supportano e ci aiutano a resistere alla tentazione dell’adulazione. Le relazioni basate sull’onestà e sulla fiducia sono fondamentali per la nostra crescita personale e professionale.
  4. Riflettere sulle nostre azioni e scelte: Prima di agire o parlare, dovremmo chiederci se stiamo agendo per il nostro vantaggio personale o per il beneficio degli altri e della comunità. Questa riflessione può aiutarci a evitare comportamenti adulatori.

In conclusione, la resistenza alla tentazione dell’adulazione richiede impegno e consapevolezza. Seguendo questi consigli, possiamo costruire relazioni più sane e autentiche basate sull’onestà e sulla fiducia reciproca.


[1] Nato intorno al 1590 a Trani, nel 1612 si trasferisce ad Andria e inizia a lavorare come segretario presso i duchi Carafa. Nel 1618 si trova a Napoli e probabilmente frequenta l’Accademia degli Oziosi, fondata nel 1611 dal mecenate e letterato Giovan Battista Manso. Scrisse varie rime, nelle quali evidenziò la sua delicata coscienza morale e il breve trattato Della dissimulazione onesta: nato nel contesto della dominazione spagnola in Italia, fu pubblicato a Napoli nel 1641 e rapidamente dimenticato. Il libello fu poi riscoperto da Benedetto Croce all’inizio del XX secolo e ripubblicato da Salvatore S. Nigro.

[2] T. Accetto, Della dissimulazione onesta, OMB and D. E., Milano 2021.

[3] R. Stengel, You’re Too Kind: A Brief History of Flattery, Simon & Schuster 2001, p. 121. Cf. anche P.H.T. d’ Holbach Saggio sull’arte di strisciare ad uso dei Cortigiani, Il Nuovo Melangolo, 2009.

[4] Biante di Priene fu un uomo politico greco vissuto nel VI sec. a.C., Biante di Priene, annoverato tra i sette sapienti dell’antichità.

[5] https://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2017/documents/papa-francesco-cotidie_20170606_doppia-faccia.html

[6] Dante, Inferno, Canto XVIII della “Divina Commedia”.

[7] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/may/documents/papa-francesco_20190520_cei.html

[8] https://www.vatican.va/content/clemens-xiii/it/documents/enciclica-a-quo-die-14-settembre-1758.html

[9] https://www.augustinus.it/italiano/lettere/lettera_021_testo.htm

[10] L. Milani. Lettere, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, p. 87.

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