
Foto: Frederic Speich / LA PROVENCE/MAXPPP
Mentre in Francia si registra un costante calo delle ordinazioni, il gesuita e sociologo Charles Delhez invita ad aprire un dibattito sul ruolo e sulla figura del prete in una Chiesa divenuta minoranza. Quella che viene comunemente definita «crisi delle vocazioni» corrisponde, secondo lui, a un cambiamento profondo nel volto delle comunità cristiane in Occidente. Charles Delhez è autore di Église catholique. Renaître ou disparaître (Editions Jesuites, 2022). Articolo pubblicato sul sito de La Croix, 23 luglio 2025 (qui l’originale francese).
I giornali di fine giugno titolavano: Le ordinazioni tornano a calare. Ma non erano già a un livello molto basso?
«Una società che non produce più preti è una società che non desidera più riprodursi secondo il modello religioso del suo passato», affermava tempo fa il gesuita Joseph Moingt. È evidente che il modello attuale del prete non attrae più le nuove generazioni, salvo alcune minoranze in ambienti circoscritti. Una Chiesa clerico-centrica non sembra avere più futuro.
In Francia, per 94 diocesi, sono stati ordinati 90 giovani preti (di cui 16 a Parigi e 10 a Fréjus-Tolone). Di questo passo, per 34.966 comuni, fra cinquant’anni ci saranno al massimo 4.500 sacerdoti, considerando che l’età pensionabile rimane a 75 anni. Erano 29.000 nel 1995. In Belgio, con 8 diocesi e 3.577 parrocchie, ci sono solo 26 seminaristi belgi. Nel 2023, ci sono state 10 ordinazioni e 6 abbandoni. Fra cinquant’anni, un prete avrà in carico 12 «parrocchie», grandi o piccole. In occasione della sua ordinazione, l’arcivescovo di Malines-Bruxelles, Luc Terlinden, ha detto: «Non potremo più mantenere la rete parrocchiale così com’è. Si andrà verso dei poli di irradiazione».
Ma perché tanti giovani sacerdoti abbandonano? Sicuramente esiste la questione della tenuta nella condizione del celibato, ma forse prima ancora il divario tra l’ambiente protettivo del seminario e la società secolarizzata in cui i giovani preti sono chiamati a esercitare il ministero. «Essere un giovane prete oggi non è proprio una passeggiata», osserva Joël Spronck, rettore dell’unico seminario delle quattro diocesi francofone del Belgio, dove – nei sette anni della formazione – ci sono al momento soltanto 12 seminaristi belgi.
Assemblee ridotte e anziane
Tra il 2% e il 4% dei francesi o dei belgi assiste alla messa almeno una volta al mese. La terza generazione che ha abbandonato le pratiche religiose non battezza più i figli, né celebra le esequie in chiesa. Soprattutto nelle campagne, le assemblee sono ormai numericamente ridotte e anziane. Essere prete secolare significa dover animare queste comunità cristiane. Le chiese fredde, anche se piene, non susciteranno vocazioni, così come il latte non trabocca se non bolle, diceva il cardinale belga Danneels.
Quando comprenderemo che la «crisi delle vocazioni» è, in realtà, una trasformazione delle nostre comunità nei Paesi occidentali? Una Chiesa minoritaria non funziona come una Chiesa maggioritaria, afferma il sociologo Yann Raison du Cleuziou. E noi siamo ormai diventati minoranza. I valori e le credenze della società non coincidono più con i nostri. Forse il lettore de La Croix appartiene a un contesto in cui la Chiesa può ancora oggi sembrare maggioritaria, ma è già un simile ambiente a essere minoritario.
Verso una profonda trasformazione
Certo, va ammessa la possibilità dell’imprevedibile. Ma l’imprevedibile non è semplicemente un cambiamento profondo e rapido nel funzionamento di questa Chiesa? I nostri contemporanei attendono comunità più accoglienti, calorose e fraterne. Saranno presumibilmente comunità più piccole. Susciteranno ancora vocazioni come un tempo? Di certo non a sufficienza per mantenere un cristianesimo sociologico. Le nostre comunità saranno elettive. I battezzati saranno pastori gli uni degli altri! Il recente Sinodo ha parlato di una «corresponsabilità differenziata». Sarà quindi necessario ripensare il ruolo del prete e il suo modo di vivere.
Nei nostri Paesi, la Chiesa diventa sempre più un insieme di «gruppi» (cf. José Antonio Pagola, Grupos de Jesús; trad. it. I gruppi di Gesù, EDB, Bologna 2016. Qui la parola francese è mouvance − ndr), un mosaico di piccole comunità con stili diversi, ispirate al Vangelo ma con una debole coscienza di far parte di un tutto più grande. Molti credenti, infatti, diffidano dell’istituzione. La sfida sarà quella di mantenere un legame tra queste comunità.
E l’eucaristia, così essenziale nelle nostre comunità? Essa richiede di essere «presieduta» nel nome di Cristo. Posso sognare insieme a Fritz Lobinger? Questo tedesco, già vescovo missionario in Sudafrica, ha proposto l’istituzione di due tipi di clero.
Uno, definito «corinzio» (secondo il modello praticato da Paolo), proveniente dalle comunità: potrà essere sposato e si dedicherà a tempo parziale all’animazione della fraternità e alla presidenza dell’eucaristia. Non sarà un clero composto di giovani che intraprendono presto il cammino ministeriale (cosa che in futuro sarà sempre meno frequente), ma di uomini maturi scelti dalla comunità e presentati al vescovo che li ordinerà. L’altro tipo di clero, detto «paolino», possibilmente celibe, lavorerà invece a tempo pieno per accompagnare le comunità verso la maturità ecclesiale, per mantenere vivo il legame tra loro e per animare i preti delle comunità.
La domanda che si pone è se dovremo restare ancorati a un modello di clero soltanto maschile, cosa che per la sensibilità di molti cristiani occidentali non è più sostenibile. Sono davvero tante le domande! Probabilmente non basterà una sola generazione per rispondervi. Ma dobbiamo avere oggi il coraggio di porcele.






My Gosh che articolo! potrebbe essere stato scritto negli anni 60,70, 80, 2000 2010 2020. Usque una tale superficialità nel presentare una chiesa che si è rinnovata in modo esemplare in mezzo a difficoltà incredibili. Almeno un pò più di scientificità e poi spiritualità e soprattutto senso di Chiesa. Quanta pazienza con i mezzi di comunicazione!
MI SEMBRA che oggi la cosa piú importante per il prete é VIVERE IL VANGELO. — credo che se si vive bene il vangelo e le indicazioni del NT si possono superare tutti i problemi che insorgono nella vita dei preti in questo mondo moderno. NOS CREDO che la cosa migliori con sposarsi o con le donne, gia ci sono preti sposati nella chiesa cattolica orientale ed hanno gli stessi problemi.— e poi le donne, SE GESÚ avesse voluto il loro sacerdozio, alla prima che lo avrebbe dato é a MARIA SSMA. — SONO UN PRETE DI 62 ANNI DI ORDINAZIONE, e credo che tutti mi problemi si risolveranno se torniamo alla chiesa primitiva, ed al vivere il vangelo semplicemente, accetando la croce di ogni giorno e vivendo come GESÚ E MARIA. — GRAZIE
La Chiesa popolo di Dio sì è ripensata nel secondo Novecento ma ha continuato a strutturarsi sul modello tridentino. Il tema del ministero ordinato non riguarda la trasmissione della fede, ma più semplicemente il modo di organizzare le comunità cattoliche. Ancora oggi si sente dire che la vocazione del prete è quella di chi segue Gesù più da vicino, rinunciando per questo a sposarsi. Una simile sciocchezza merita di essere criticata a fondo. Tutti i fedeli, senza esclusione, condividono la medesima vocazione e mi pare sia arrivato il momento di pensare a un prete che serve la sua comunità, rivedendo la formazione e la prospettiva. La domanda è se nel momento conclusivo ci sarà fede sulla terra, non se ci saranno preti.
Sarà Cristo a salvare il cristianesimo, non noi. Secondo me sarà un cristianesimo essenziale, come nell’epoca apostolica, si pregherà solo Cristo, non i santi o la Madonna. Ci saranno vocazioni pastorali, saranno donne o uomini sposati. Si amerà lo studio della Bibbia, unica fonte della fede. Le istituzioni religiose scompariranno per come sono ora. Non servono tanto i preti quanto gente di fede.
Con il “vento contrario” che tira, oggi stiamo davvero a discutere se Pietro non farebbe meglio a indossare il salvagente prima di andare incontro al Signore sulle acque? Oppure se non sia più conveniente attendere che Lui plachi la tempesta prima di mettere anche solo una gamba fuori bordo? Previsioni del tempo e spinta di Archimede a parte, non l’essenza del Ministero ordinato, ma solo il suo esercizio cambierà profondamente. E non c’è bisogno di programmare nulla: siamo già dentro quel cambiamento, che piaccia o meno.
Non ricordo che Gesù ci abbia chiesto di fare grandi numeri o di “essere rilevanti”. Ci ha chiesto di predicare e annunciare, non ci ha garantito il successo (semmai il contrario!). La soluzione alla crisi è certamente nel ritornare all’essenziale della fede e di rivalutare quanto della tradizione (incluse le liturgie, i riti, l’organizzazione gerarchica, la codificazione del ministero sacerdotale) sia realmente espressione di quell’ essenziale. MA non è qualcosa che possa essere valutato solo in base a logiche sociologiche e “di mercato” (pianificare l”offerta” in base alla “richiesta”). Non è questa la funzione della Chiesa. La funzione della Chiesa (e di ogni credente) è annunciare, testimoniare e offrire la presenza e il messaggio di Cristo. Non è quella di essere rilevante, ma di essere “riVELAnte”.
E questa funzione rimane ed è necessaria a prescindere dai numeri. Del seme del seminatore solo una piccola parte cade su terreno fertile, ma Gesù non suggerisce di sostituire il seminatore con un sistema più efficiente.
Condivido pienamente.
Rivelante, come dici tu Claudia con un’espressione davvero felice, deve esserlo ogni singolo battezzato, non solo il ministro ordinato.
Oltre ad annunciare e testimoniare, una chiesa, una comunità locale, è chiamata a celebrare i sacrementi. Una comunità senza presbiteri è sterile, l’eucarestia è la fonte e il culmine del cristianesimo.
Oltre a tutto quanto già detto bisogna porre un’attenzione particolare a una più autentica testimonianza di fede da parte di noi preti. Molto spesso i nostri comportamenti di vita, il nostro rapportarci con gli altri lascia molto a desiderare. Chiese sempre chiuse, Parroci che diventano sempre più “impiegati di uffici pubblici” con orari e giorni stabiliti per le confessioni, ecc.. Per non parlare poi di mancanza di comunione con il Vescovo e con i confratelli dello stesso presbiterio dove invece di aiutarsi gli uni con gli altri ci si critica a vicenda sparlando gli uni degli altri. Prediche che sanno più di “copia-incolla” che di comunicazioni che dovrebbero uscire dal cuore. Si predica sulla povertà e poi preti proprietari di auto costosissime…..ecc., ecc., ecc., In questo tipo di contesto io mi chiedo come può un giovane scegliere la strada del sacerdozio. Concludendo io consiglierei di pregare prima per la santità dei Sacerdoti e poi per le vocazioni.
Ritorniamo alla Chiesa preconciliare ricca di fedeli e di vocazioni
Scusa Roberto ma quanti anni sono passati da questa “chiesa preconciliare”?
Meno di settanta
La crisi delle vocazione non è collegata alla messa in lingua vernacolare ma all’attuale contesto. Basta vedere in altri continenti, stesso rito e tante vocazioni
L’articolo lo trovo molto sensato, “guarda” la realtà ma nello stesso tempo cerca di scrutare i “segni del tempi”! Insomma abbastanza coraggioso perché scuote il “si è sempre fatto così”.
L articolo che ho letto ,mi è sembrato semplicemente una spiegazione sociologica. Gesù disse: andate è predicate il Vangelo. Dopo il c9ncilio Vaticano ll vi è stata una profonda ed,per me, inspiegabile rottura con la Tradizione. È stato vietato il proselitismo, la teologia ammettendo soltanto la pastorale che nulla ,ma veramente ,nulla insegna. Le catechesi, io ne ho frequentate tante, quelle che ti spiegano il perché del Verbo, mancano in quasi tutte le parrocchie. Manca l infinita luce del Mistero. Mancano le storie ,verre dei santi,non quelle inventate come si San Francesco. Tutto ha fatto per la gloria del Padre, certo non per l ambientalismo o per “la madre terra”. La Paciamama è stata una coltellata nel mio cuore. E poi ci si chiede, perché non ci sono più vocazioni… Se l unica Religione( Gesù disse : io sono la Via la Verità e la Vita. Tutte con l articolo determinati o. Ed ora noi diciamo che una feligione ,qualunque, vale come la nostra dove il Figlio di Dio ,per liberarci dal Peccato Originale, si è immolato per noi. Per favore…
La crisi di vocazioni oltre che sacerdotali, alla vita consacrata e al matrimonio sacramento… è conseguenza della crisi di fede.
Si pensa che il problema sia il celibato, dunque aprire le porte al clero uxorato … oppure il sacerdozio alle donne… non sono la manna dal cielo.
Resta vero che va ripensato pastoralmente e forse giuridicamente il ministero sacerdotale in una Chiesa di minoranza, in un mondo dove la cultura non più cristiana, ma neopagana, chiede ai cristiani di essere lievito nella pasta
Secondo me i sacerdoti dovrebbero parlare più di Eucaristica e peccato, sacrificio, inferno e paradiso, esperienze dei santi ed anche insegnare piccole pratiche che aiutano nel rispetto nell’inamorarsi di Cristo come ricevere la Comunione in ginocchio, preparazione e ringraziamento prima e dopo la Messa, adorazione eucaristica silenziosa, confessione frequente e anche la pratica dei primi giovedì venerdì è sabati del mese spiegando ovviamente tutto con i documenti della Chiesa. Le persone hanno fame di Cristo però purtroppo non riescono a trovarlo nella Chiesa. Mi sbaglierò sicuramente nel dire questo.
Che bello finalmente il nuovo si affaccia alle porte della vecchia Chiesa d’Occidente! Una conversione nel segno della fraternità e della semplificazione.
Articoletto molto interessante. Concordo sull’urgente celerità di un cambiamento: occorre congedarsi da una Chiesa clerico-centrata e basata esclusivamente su una concezione di ministero ordinato come munus da proteggere e difendere a qualsiasi costo da possibili trasformazioni. C’è un’idea strana di ministero ordinato nel suo esercizio come se fosse impermeabile a qualsiasi fattore, a qualsiasi esigenza ecclesiale. La società cambia, la Chiesa cambia, ma il ministero ordinato deve a tutti i costi nella sua pratica rimanere lo stesso di 30, 40, 70 anni fa.