Francesco: l’Europa che sogno

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Appena arrivato a Lisbona, e prima di immergersi negli incontri con i giovani per la Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco ha tenuto un primo discorso davanti alle autorità portoghesi, a quelle del corpo diplomatico, e alla società civile del paese.

Un discorso accorato, intessuto tra gli orizzonti aperti che si spalancano guardando l’Oceano e da venature poetiche (da Vaz de Camõs a Pessoa, da A. Rodrigues alla poetessa S. de Mello). Un discorso importante, perché in questa intelaiatura estetica s’innesta il richiamo a due passaggi fondamentali dell’articolo 1.4 del Trattato di Lisbona.

Passi che non sono parole ma «pietre miliari per il cammino della comunità europea»; passi che vincolano l’Unione europea alla pace, alla solidarietà, alla salvaguardia dell’ambiente, al rispetto tra i popoli, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani. E questo proprio nel difficile campo delle relazioni internazionali – indicando «quello spirito dell’insieme, animato dal sogno europeo di un multilateralismo più ampio del solo contesto occidentale».

Se mai ce ne fosse stato bisogno, a Lisbona Francesco ha rinnovato il suo legame al progetto/sogno dell’Unione europea, chiamandola in causa come protagonista necessaria sugli scenari della contemporaneità globale.

«Perché di Europa, di Europa vera, il mondo ha bisogno: ha bisogno del suo ruolo di pontiere e paciere nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così l’Europa potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, al sua specifica originalità».

Con poche ma efficaci battute, papa Francesco consegna il progetto europeo a mostrarsi degno non solo delle sue radici ma anche di una sua destinazione che va oltre se stesso. Immaginando una centralità geopolitica, che diventi operatrice politica di speranza, con visioni a lungo termine, inclusiva e rispettosa delle differenze proprio nel momento in cui edifica un destino comune fra le genti.

«Sogno un’Europa, cure d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia rinnovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone con la propria cultura, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche. E questo ci aiuterà a pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione europea: questi sognavano alla grande».

Le istituzioni europee sono convocate da questo sogno, da questa alleanza desiderata da papa Francesco. È giunto il tempo di mettere da parte remore di tempi che non esistono più, logiche miopi e burocratiche, e fare in modo che il progetto europeo ritorni a respirare in tutta la sua ampiezza, osi sognare la speranza di un mondo giusto ed equo per ogni essere umano, per la natura che ci ospita, per il futuro che verrà abitato da generazioni che ancora non conosciamo.

Lisbona, città di terra e di mare, dove i confini sono ponti, dove le lingue e le culture si incontrano, si mescolano, dando forma a una convivenza arricchita e impossibile altrimenti, diventa il segno concreto e tangibile di questo sogno per l’Europa. «Lisbona, città dell’Oceano, richiama all’importanza dell’insieme, a pensare i confini come zone di contatto, non come frontiere che separano.

In questi giorni, Lisbona diventa anche segno concreto del futuro come speranza: abitata da giovani provenienti da tutto il mondo «che coltivano i desideri dell’unità, della pace e della fraternità. Giovani che sognano e ci provocano a realizzare i loro sogni di bene».

Da qui in avanti, papa Francesco si immergerà in questo desiderio di futuro e di speranza, di sogni che invocano di essere realizzati per dare tempo e pace al nostro mondo. Una realizzazione che Francesco affida a quella che chiama la «buona politica».

Una politica che deve «riscoprirsi generatrice di vita e di cura, investendo con lungimiranza sull’avvenire, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani.

La buona politica favorisce e sostiene pratiche di vicinato e di solidarietà, quelle che danno forma alla fraternità – che ingiunge a chiunque di «coltivare il senso della comunità, a partire dalla ricerca di chi ci abita accanto». La prossimità solidale, nelle sue pratiche, diventa quella forza che, passo dopo passo, tesse vincoli fraterni senza barriere e senza interruzioni.

A questo sogno papa Francesco ha convocato oggi il nostro continente e la sua forma politica e istituzionale – quella dell’Unione europea.

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