Gli intrecci fecondi di arte, fede e tecnologia nell’esperienza pastorale della comunità parrocchiale bolognese di S. Maria della Carità e S. Valentino della Grada.
Uno dei vantaggi di chi, come me, aveva 17 anni nel 1995 – anno di inizio della diffusione di massa di Internet – è quello di avere potuto assistere consapevolmente alla rivoluzione digitale, con le prospettive entusiasmanti e le sfide antropologiche che essa comporta.
A dire il vero, nel suo bel saggio The Game, Alessandro Baricco individua l’embrione di questa rivoluzione nella comparsa di un gioco elettronico elementare dal titolo Space Invaders, nel 1977. In sostanza, tale rivoluzione è cresciuta e diventata maggiorenne insieme a me, e tutta la mia vita vi è racchiusa.
La rivoluzione digitale
Il fatto di essere tanto presente a un cambiamento così radicale ha un fascino enorme e offre una quantità di spunti e riflessioni; questa situazione permette di riconoscere i processi che avvengono sotto i propri occhi e ingaggiare la sfida improba di interpretarli e leggerli in fieri.
Nel 2005 questa rivoluzione ha avuto una seconda fase, con la pubblicazione del primo video su YouTube, l’ascesa di Facebook e l’inizio del cosiddetto web 2.0. Sono seguiti tre anni pazzeschi, scanditi dalla presentazione del primo iPhone nel 2007 e dalla pubblicazione del protocollo del Bitcoin nel 2008 ad opera di una figura enigmatica (e mai identificata) dal nome di Satoshi Nakamoto.
Il passaggio più recente, che segna l’avvento del cosiddetto web 3.0, sta avvenendo proprio in questi anni, sospinto dalla tecnologia informatica della blockchain. Probabilmente non sarà l’ultimo, considerando le prime realizzazioni dei computer quantistici, ma non mi dilungo ulteriormente su questi aspetti, sui quali basta fare una piccola ricerca per informarsi.
Gli NFT
Il punto che mi interessa è che in seguito a questi sviluppi è maturata una grande attenzione ai cosiddetti NFT, sigla che sta per NON FUNGIBLE TOKEN, ossia oggetti informatici non sostituibili. Ad esempio, una moneta (digitale e non) è un oggetto sostituibile, perché è usata per rappresentare un altro bene, invece un NFT no: è assimilabile concettualmente a un’opera d’arte.
Così, gli NFT sono stati considerati in breve tempo delle vere e proprie opere d’arte digitali, basate su un protocollo informatico chiamato blockchain, che le valida e le certifica come uniche.
L’attenzione per gli NFT è stata sottotraccia, quasi una cosa per specialisti, finché in tempi recenti il fenomeno dei Crypto Kitties e la vendita di un NFT dell’artista Beeple a 67 milioni di dollari (avete letto bene) hanno attirato il fenomeno sotto le luci della ribalta.
Un dialogo con l’arte contemporanea
La nostra parrocchia ha la fortuna di custodire un vero e proprio tesoro artistico nella sua chiesa, quindi ha un grande legame con la tradizione dell’arte classica. Nel 2017 – in concomitanza con la presenza del papa a Bologna per la conclusione del Congresso Eucaristico – ci è venuta l’idea di continuare questo dialogo con l’arte, acquistando attraverso una campagna di fundraising un’opera di Ettore Frani, un trittico sull’Eucaristia dal titolo In memoria di me (2017).
Questa scelta ha avuto molteplici ragioni, ma soprattutto il desiderio di valorizzare il linguaggio delle arti visive, consegnando una prospettiva contemporanea ai giovani.
Da lì è maturata la decisione di continuare tale confronto e di tenere aperto un canale che potesse essere significativo per la storia della nostra comunità.
Ne sono scaturite due mostre con le opere di Giulietta Gheller, dal titolo Amar perdona (2018) e Crisalide (2018), e una terza curata da Giovanni Gardini, dal titolo Il profumo del pane (2019), con opere di Matteo Lucca, Daniela Novello e Ettore Frani.
Di recente abbiamo realizzato un grande murales nel cortile dei ragazzi, ad opera della street artist Ale Senso.
Pastorale e tecnologia
A questo punto, l’occasione di essere i primi ad intercettare attraverso la creazione degli NFT anche la nuova frontiera delle arti visive in rapporto con il mondo digitale era troppo ghiotta. L’obiettivo è sempre di essere protagonisti consapevoli della rivoluzione in corso e collegarne le istanze alla nostra eredità artistica e spirituale. Inoltre, miriamo a proporre contenuti di qualità per offrire un’interpretazione moderna e aggiornata della comunità cristiana.
Ci siamo perciò attrezzati di competenze e abbiamo creato una collezione di NFT. Abbiamo realizzato tre serie che riprendono le grandi opere della nostra chiesa, rielaborate in grafica digitale da Cristina Gozzi, al fine di proporre un significato fortemente riattualizzato. A queste se ne aggiunge una quarta, grazie alla collaborazione di una giovane disegnatrice, Chiara Marzaduri, per offrire con il suo tratto delicato e fine un’interpretazione dei protagonisti di una comunità cristiana moderna.
In questo modo, la nostra parrocchia intende attraversare tutte le epoche, dall’arte sacra classica alla street art, passando per l’arte contemporanea fino ad arrivare alle nuove frontiere dell’informatica.
Quando fu commissionato ad Annibale Carracci, La crocifissione con la Vergine, San Petronio e San Francesco (1583), allora era arte “contemporanea” e fece scalpore (e sarebbe divenuto un capolavoro) perché fortemente innovativo.
Forse i nostri NFT non hanno il genio del Carracci, tuttavia speriamo che siano testimonianza di una comunità che vuole vivere nel tempo che le è dato, che possano stimolare l’intelligenza delle nuove generazioni e qualificare il dialogo con la contemporaneità.
Il post di don Davide Baraldi fa riferimento a tre temi cari alla Chiesa: arte, pastorale e comunità.
L’arte è sempre stata al centro dell’interesse della Chiesa per il suo stretto legame con la bellezza, la forma espressiva più adatta per raccontare Dio. Arte e teologia si sono sostenute e hanno portato a opere capite da tutti e strumento di una pastorale vissuta in modo comunitario.
Ma anche la scienza, spesso purtroppo lo dimentichiamo, è un formidabile descrittore della bellezza. È quindi bello che Don Davide suggerisca di usare gli NFT, frutto dei progressi di tecnologie attivate dal processo scientifico, come una nuova possibilità per la pastorale. La proposta è stimolante perché mostra che la Chiesa è sempre attenta alla ricerca di modi e linguaggi nuovi e adatti ai tempi per illustrare la bellezza eterna e non ha paura di esplorare nuovi territori.
Un aspetto però balza agli occhi: gli NFT sono sì opere d’arte uniche, ma a differenza dei dipinti classici, non sono nati per essere fruiti nella forma comunitaria a cui siamo abituati. D’altra parte la pandemia ha minato alcune basi di una pastorale comunitaria in senso classico, costringendo tutti nelle case. Non sappiamo oggi se gli NFT sono la soluzione giusta, ma certamente parlare di NFT può essere un modo per parlare di pastorale delle case in modo nuovo. Un modo che non adatta soltanto alla vita delle case forme liturgiche già note, ma ne cerca anche altre, del tutto nuove, affidate a bellezze da riconoscere, perché sono tipiche di ogni casa e di ogni tempo della vita che cresce in esse. Modi diversi, ma complementari e tutti utili per una pastorale che aiuti a formare cristiani capaci di vivere la loro fede nel mondo.
La capacità di leggere i momenti della storia ed esserne protagonisti non è sempre facile e non è da tutti. Sicuramente è più facile se chi ha questa capacità e sensibilità la mette a disposizione: questa è una ricchezza per la ns. parrocchia! Diventiamo più consapevoli e partecipi della necessità di parlare all’uomo di oggi “quello contemporaneo” con un linguaggio a lui comprensibile (spesso il ns. annuncio non lo è! Ci parliamo addosso, ma non consentiamo all’altro di comprendere quello che vorremmo dire).
Non so se gli NFT creati oggi sapranno fra 400 anni sprigionare la stessa spiritualità che oggi ha per per noi la crocifissione di Annibale Carracci.. o tutto sarà vorticoso e veloce e non ne rimarrà traccia.. chissà?
Certo, senza montarci troppo la testa per questo primato, siamo orgogliosi di esserci mentre sta succedendo e speriamo che questa attenzione sia colta in particolare dai giovani!
L’arte si è sempre ben coniugata con la religione. L’oratorio è uno spazio ‘sacro’ molto importante per le nostre realtà e, questi volti e l’insieme, ben si affacciano e in maniera originale, nella ‘stanza’ dei giovani. Sembrano condividere i respiri e i sospiri di quei giovani, quasi a invocare uno spirito che generi sensibilmente sempre più comunità. Grazie!