
Shabana Mahmood, laburista, ministro dell’Interno del Regno Unito, ha annunciato lunedì 24 novembre una serie di misure restrittive al diritto d’asilo. Misure ancora più severe di quelle attuate dal Governo danese, anch’esso di sinistra. Secondo il suo piano, i rifugiati a cui è stato concesso l’asilo dovranno aspettare fino a vent’anni prima di poter richiedere la residenza permanente, contro i cinque attuali.
Il progetto prevede inoltre l’abrogazione dell’obbligo legale di fornire alloggio e sostegno finanziario di base a tutti i richiedenti asilo, la condanna criminale per chi tenta la traversata della Manica, una sanzione per chi assume lavoratori presenti illegalmente sul suolo britannico, e le retate di clandestini sul loro luogo di lavoro, sul modello dell’ICE americano.
Il sito del Governo si fa vanto di oltre 8.000 arresti di lavoratori tra ottobre 2024 e ottobre 2025, 63 per cento in più dell’anno precedente. Tali misure, prosegue il sito, «sono vitali per garantire la sicurezza dei nostri confini e affrontare la crisi dei richiedenti asilo».
Il tutto mentre si rinfocola la polemica sulla «jungla di Calais», dove migliaia di profughi, molti dei quali deportati dal Regno Unito in base all’accordo One in, One out firmato con la Francia a luglio, vivono in accampamenti di fortuna, esposti a freddo, intemperie e minacce, nella speranza di poter raggiungere le coste britanniche. Secondo Mahmood, il sistema attuale non funziona e l’immigrazione clandestina «sta lacerando il Paese».
La «lacerazione» consisterebbe nelle decine (forse centinaia) di migliaia di persone presenti alle manifestazioni organizzate dall’estrema destra britannica contro l’immigrazione, che in alcuni casi hanno preso di mira gli alberghi dove i profughi erano stati alloggiati in condizioni di provvisoria decenza.
Come in molti altri Paesi, l’estrema destra detta le linee di politica migratoria e i Governi, quale che sia il loro colore, docilmente le applicano.
Ripetere gli errori della Brexit
La vera ragione che sta dietro la decisione del Governo di Keir Starmer non è il bene del Paese o la «sicurezza» dei cittadini britannici, ma la paura della concorrenza di Nigel Farage che, in un sondaggio IPSOS del 29 ottobre scorso, ha per la prima volta scavalcato lo stesso Starmer (33 per cento contro 30 per cento) come candidato preferito alla carica di primo ministro.
Eppure, l’esperienza direbbe che lanciarsi in avventure politiche allo scopo di frenare l’ascesa di Farage porta male: ne sa qualcosa David Cameron, il primo ministro conservatore che il 20 febbraio del 2016 indisse il referendum sulla permanenza del paese nell’Unione europea proprio per il timore di essere scavalcato a destra dello UKIP, allora diretto da Nigel Farage.
L’abbandono dell’Unione europea, si sa (e d’altronde lo si sapeva anche prima), è stato un fallimento colossale; lo stesso Starmer sta d’altronde cercando di farvi rientrare surrettiziamente il suo paese dalla finestra dopo esserne uscito dalla porta tra i sorrisi beffardi di… Nigel Farage e del suo improvvisato compare Boris Johnson.
Vale la pena ricordare che, all’epoca, la preoccupazione principale dei sostenitori del Brexit era proprio gli immigrati, in particolare quelli arrivati con la «crisi dei richiedenti asilo».
I vincitori del referendum annunciarono trionfalmente che il Regno Unito aveva riconquistato il controllo delle proprie frontiere. Come si può vedere dal grafico che segue, le loro aspettative, anche in questo caso, sono andate profondamente deluse:
In cifre: i richiedenti asilo erano 37.030 a fine giugno 2016; sono diventati 111.084 a fine giugno 2025. David Cameron, con il suo tentativo di fermare Farage, ha portato Farage alla vittoria (e questo sarebbe il meno), ha portato il suo Paese fuori dall’Unione europea (e questo è il vero disastro), e in più – oltre al danno la beffa – ha moltiplicato per tre il numero dei rifugiati di cui ci si voleva sbarazzare.
Scimmiottare e legittimare
Starmer e Mahmood non sembrano rendersi conto che scimmiottare Farage significa legittimare Farage, così come Macron ha legittimato Le Pen, Minniti ha legittimato Salvini e Obama ha legittimato Trump. Farage, Le Pen, Salvini e altri ejusdem farinæ hanno costantemente predicato che gli immigrati e i profughi sono all’origine di tutti i mali, meritandosi per anni un coro di accuse di xenofobia e razzismo.
I loro avversari, applicando in una forma o in un’altra le loro politiche anti-migratorie, hanno trasmesso il messaggio che, in fondo, i Farage, i Salvini e le Le Pen avevano ragione anche quando si diceva che avevano torto. E, con questo, hanno alimentato la loro credibilità e affidabilità – se così si può dire.
Starmer e Mahmood affermano di lavorare per migliorare la «sicurezza» del paese; ma non è chiaro cosa abbiano in mente. Quando si parla di «sicurezza», tutti pensano istintivamente alla criminalità; ma i grafici tratti dall’ufficio nazionale di statistica britannico mostrano che crimini e delitti sono da vent’anni in calo su quasi tutti i fronti:

In quest’altro grafico, che rappresenta la totalità delle attività criminali, abbiamo un sunto della situazione:

Un po’ di aritmetica: al momento del picco della criminalità (fine anni 1990) vi erano nel Regno Unito circa 4,5 milioni di immigrati; nel 2025, ve ne sono 10,7 milioni, più del doppio.
Se confrontiamo i due grafici ci accorgiamo che più gli immigrati sono numerosi, meno la criminalità è diffusa. Non vi è una relazione di casualità, certo, ma, come diceva Agatha Christie, più di tre indizi fanno una prova.
Tra coloro che associano la presenza di stranieri con l’aumento della criminalità non c’è solo il ministro dell’Interno laburista Shabana Mahmood, ma anche Tommy Robinson, pseudonimo di Stephen Christopher Yaxley-Lennon, leader dell’estrema destra, in confronto al quale Nigel Farage fa figura di bolscevico.
Questo signore è la prova vivente che per lui e per i suoi seguaci – erano, si dice, almeno centomila alle grandi manifestazioni anti-immigrati e anti-profughi del 10 settembre scorso – il problema non è la criminalità.
Robinson è un pluripregiudicato, condannato a cinque pene detentive tra il 2005 e il 2025 per usurpazione di identità, calunnia (ripetutamente) e oltraggio alla corte ed è sotto inchiesta per debiti per due milioni di sterline e evasione fiscale. Poca roba, in confronto al suo idolo di oltreoceano (al quale aveva anche chiesto asilo politico dopo le sue due prime condanne), ma qualcuno potrebbe dire che è il principio che conta.
La paura del futuro
Il fatto è che la gran massa della popolazione – nel Regno Unito, in America, in Italia o in Francia – ha paura, e per questo reclama ad alta voce «sicurezza» e «protezione»; ma non sa di cosa ha paura e da cosa vorrebbe essere protetta per sentirsi più sicura.
Certamente non della criminalità, visto che la criminalità è in calo ovunque, e visto che coloro a cui si affidano sono, a volte, essi stessi criminali.
Ciò di cui la gran massa della popolazione ha paura è il futuro, presentito come peggiore del presente e molto peggiore di un passato idealizzato a cui si vorrebbe tornare.
La paura del futuro ha molte facce: una spesa pubblica fuori controllo (spendere tutto e subito, senza pensare alle generazioni a venire); crollo delle nascite; crescente indifferenza per i cambiamenti climatici e avversione idiosincratica per le novità, specialmente se queste novità hanno una pelle o – Dio ce ne scampi! – una religione diversa dalla nostra.
L’età mediana del Regno Unito è di 40,8 anni, molto più bassa di quella italiana (che è di 48,4 anni, la più elevata al mondo dopo quella del Giappone) grazie all’immigrazione, ma molto più alta di quella del Brasile (35,1), della Turchia (34), dell’Africa del Sud (30,4) e dell’India (29,8), per non parlare poi della Nigeria (19,3) o del Senegal (19,2). E il Regno Unito ha un tasso di fertilità di 1,54 figli per donna (in Italia è 1,2!).
Mentre le popolazioni di Brasile, Turchia, Africa del Sud e India, per non parlare della Nigeria o del Senegal, continueranno a crescere, la popolazione britannica (per non parlare di quella italiana) è destinata ad assottigliarsi drasticamente. Il che comporterà una riduzione dei produttori, e dunque delle attività produttive, e dunque dei prodotti, e dunque dei consumi, in un circolo vizioso ben noto che sfocia nella povertà collettiva.
Brasiliani, turchi, sudafricani, indiani, nigeriani e senegalesi finiranno col colonizzare la vecchia (in tutti i sensi) Europa bianca. A meno che non si aprano al più presto le porte agli immigrati.
Ma, ormai lo si sa, la paura del futuro rende il futuro più pauroso. Un futuro con la faccia di Nigel Farage.
- Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 29 novembre 2025







Ma i cittadini della Gran Bretagna non sono tutti di estrema destra Eppure ‘ circa l’ 80 % dei cittadini inglesi e’ ormai esasperato dalle politiche sui migranti del governo, il governo deve per forza cambiare rotta o avra’ la maggioranza contro di Se’. Cioe’ in femo razia ,l’ opinione del popolo conta ancora .
Quando la sinistra non piace più, la si chiama destra aspettando la “vera” sinistra… è il gioco delle tre carte che continua a essere proposto e riproposto fin da quando i comunisti presero le distanze da Stalin.