
Che fosse il 1989 me lo ricordavo; non ricordavo bene la data, ma è bastata una veloce ricerca in Internet per recuperarla.
Anche se il giorno preciso mi era sfuggito, dentro mi era rimasto, però, nitido e luminoso, il ricordo della piena di sentimenti che aveva inondato e intriso di sé tutta quella giornata. Era il 1° dicembre 1989 e per la prima volta Gorbaciov era venuto in visita a Milano.
C’ero anch’io a Milano, quel giorno. Per pagarmi gli studi mi ero impiegata in un istituto di credito del Nord-Est che, da pochi anni, aveva aperto un ufficio di rappresentanza a due passi dal Duomo e da piazza Cordusio. Mentre la folla si assiepava lungo le vie per fare ala al corteo delle auto di rappresentanza, avevamo spalancato le finestre e, come tante, tantissime altre persone da tutti i palazzi vicini, ci eravamo affacciati per vedere le auto che sfilavano giù sotto, lungo la strada. Semplici impiegate e compassati funzionari, tutti a guardare la macchina di Gorbaciov e di Raissa, tutti a battere le mani, a scambiarsi sorrisi.
Il solo pensiero che Gorbaciov fosse venuto in Italia e che fosse proprio lì, a Milano, davanti ai nostri occhi, bastava a riempirci il cuore di una gioia e di un entusiasmo incredibile: perché il sogno di un mondo migliore, che fino ad allora avevamo potuto nutrire solo con speranze impalpabili, in quel momento stava prendendo forma concreta, stava diventando realtà. Se davvero Gorbaciov era lì, allora davvero si poteva avere fiducia in un mondo capace di superare conflitti, divisioni, odi, guerre.
Mi fermo e resto in silenzio e cerco di rivivere dentro di me tutta la forza di quel fiducioso sentire, il calore intimo e intenso che, quel giorno a Milano, non ero solo io, una ragazzetta poco più che ventenne, a provare, ma tutti, tutti.
Cos’è successo, poi? Che ne è stata di tutta quella fiducia, di quell’ottimismo che trovava concrete ragioni non in eterei ideali, ma nei passi reali che la storia – così ci sembrava – stava compiendo?

L’anno dopo ci fu la prima guerra del Golfo, poi la guerra e il genocidio nella ex-Jugoslavia, poi l’Afghanistan, l’Iraq, il genocidio in Ruanda, e l’Africa, sempre, con le sue tragedie infinite. Ci fu l’assassinio di Rabin, il 4 novembre del 1995, per mano di un colono estremista di destra, tale Yigal Amir che quel bieco figuro di Ben Gvir, attuale ministro del governo Netanyahu, considera da sempre un eroe.
Eppure, solo due anni prima, nel settembre del 1993, Rabin e Arafat si erano stretti la mano, e davanti a quell’immagine incredibile ancora una volta avevamo creduto che davvero il mondo potesse diventare un posto migliore… Cos’era successo, poi? Cosa stava succedendo? Perché tutti quei passi indietro? Perché l’Ucraina, perché Gaza e il Medio Oriente, dopo e ancora? Perché?
Troppi perché, nessun perché. Follia dopo follia, di nuovo ci ritroviamo sull’orlo del baratro.
Ci rimettono le armi in mano, ci istruiscono di nuovo alla guerra. Ci fanno credere che questa sia l’unica via ragionevole e possibile, con i droni che, a seconda degli umori e delle complicità, dipingono in cielo il ritratto di papa Francesco o seminano terrore e morte senza sconti per nessuno, mentre i potenti del mondo, privi di qualsiasi pudore e vergogna, confezionano, argomentano e negoziano le loro ragioni, plausibili e piccine, sulla pelle dei popoli, ridotti come sempre a puri numeri e a carne da macello.
Ma in questi giorni è successo qualcosa. A dispetto dei titoli dei giornali, degli insulti e degli sbeffeggi dei politici, a dispetto delle coscienze addormentate, un popolo vivo si è mosso ed è sceso nelle strade e nelle piazze a chiedere la pace.
Io non lo so se la storia va avanti, se torna indietro o se gira intorno. So, però, che il fiducioso desiderio di bene che per anni ha sostenuto il mio impegno e il mio sogno di un mondo migliore, quel fiducioso sentire messo così a dura prova dagli orrori della storia presente, ecco, so che se quel sentimento oggi ritrova un po’ di respiro è proprio grazie a quel popolo che si è fatto fiume per scendere nelle strade a chiedere la pace.
So che questo anelito alla pace è vero e buono. Lo so perché lo vedo negli occhi dei miei figli e delle mie figlie, delle mie studentesse e dei miei studenti. Nello sguardo di queste giovani donne e di questi giovani uomini che hanno scelto di sottrarsi all’indifferenza per ricordare a sé stessi e al mondo che cos’è umanità, ritrovo la forza per continuare ad avere fede e sognare la possibilità concreta di un mondo migliore.






Quale abissale differenza tra Gorbacev e Putin! Ho riletto in questi giorni il saluto che Gorbacev lesse in TV al momento delle sue dimissioni da presidente dell’URSS. La drammaticità del momento, la delusione di non essere riuscito ad attuare il programma di riforme, la prospettive oscure non gli impedirono di auspicare la prosecuzione dei trattati per il disarmo e per l’amicizia tra i popoli. Tutto il contrario da quanto ha fatto l’attuale presidente della Russia. La storia non prosegue in modo lineare ma spesso è sottoposta a bruschi ritorni verso la barbarie
L’attuale presidente che sta lì da 25 anni e pensa di vivere fino a 150… Gorbaciov era un santo al suo confronto.
Anita Prati ti ringrazio per tuo animato commento che condivido totalmente , purtroppo il mondo è in mano a 3 squallidi personaggi : Trump , Netanayo , Putin che ci stanno portando nel baratro dell’inferno . La salvezza se ci sarà solo grazie a quei migliaia di giovani che sono scesi in piazza in questi giorni !
La travolgente partecipazione di popolo, soprattutto di giovani – quelli che da anni disertano le urne e che invece sono scesi in piazza contro l’orrore – come definirla diversamente da una luce potente che si è accesa in Occidente contro l’ indifferenza e che ribadisce con forza i valori che la civiltà ci ha consegnato?
Grazie
Si, ma e la guerriglia urbana e i cartelli che inneggiano al 7 ottobre (oggi anniversario di quella mattanza) non le dicono nulla? La lasciano indifferente signora Prati? Le violenze i cori le offese contro il governo, anche quelle sono solo folklore e la lasciano indifferente? Beh, speriamo che lei abbia ragione a sentirsi ottimista. Io come lei spero sempre in un mondo migliore, ma, mi scusi, quello che vedo oggi è davvero poco “migliore”. Forse dobbiamo lavorarci ancora un po’.
Facciamo che vale per loro quello detto per Trump e tanti saluti? nessuno schieramento alla fine è perfetto, cerchiamo di raggiungere un minimo di tregua, vedendola come un punto di partenza e non di arrivo.
Mi spiace Sara, mi piacerebbe convenire con lei ma non posso. Trump è purtroppo il presidente Usa e lo dobbiamo subire ancora a lungo. Il suo piano di pace è certamente meglio di nulla ma lui non servirà a migliorare il mondo ma forse a fermare il massacro (e non sarebbe poco). Ma dalle istituzioni democratiche italiane mi aspetto la difesa della democrazia e della Verità Da qualsiasi formazione senza se e senza ma. Se si strumentalizzano manifestazioni dette pacifiche ma che trovano al loro interno gruppi di violenti e sfilano con cartelli inneggianti al terrorismo e all’antisemitismo, non possiamo proprio far finta di non vedere e tanti saluti. Sarebbe un affronto a chi è morto per liberarci dalla schiavitù e dalla tirannia.
È vero, la guerriglia urbana è stata una grande vergogna è I cartelli che inneggiano al 7 ottobre sono schifosi ed mmondi; ma queste persone pessime hanno rappresentato una molto esigua percentuale rispetto ai tantissimi manifestanti “normali”. Non per attenuare, assolutamente, ma solo per capire le pulsioni negative che si scatenano quando si raggruppano grandi masse, si può portare gli esempi degli stadi di calcio, dove spesso si verificano violenze che non hanno alcuna giustificazione
Cosa ne abbiamo fatto di Gorbaciov? Di questa occasione unica di scrivere una pagina differente di storia, di farla finita con la cosiddetta guerra fredda? Credo che l’occidente non avrebbe dovuto equivocare l’apertura di Gorbaciov ad un nuovo modello politico sociale nella ormai ex Unione Sovietica. Invece abbiamo forse pensato di aver vinto e di poter stravincere, di schiacciare quello che consideravamo il nemico di sempre. I russi non ci hanno messo molto ad archiviare l’esperienza per loro imbarazzante di Gorbaciov e si sono rifugiati ancora una volta nella confort-zone della autocrazia non più sovietica ma desiderosa di strizzare l’occhio alla Russia zarista. Sembra che l’autocrate sia più rassicurante per loro ma noi non abbiamo fatto nulla per rassicurare in altro modo. Con tali pensieri in testa ho accolto il bell’articolo di Anita Prati che ringrazio per il ricordo che ha saputo ravvivare.