I due alleati

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trump e putin

Donald Trump e Vladimir Putin al vertice in Alaska, 15 agosto 2025. (AP Photo/Jae C. Hong)

Non poteva finire diversamente: quando un mentitore professionista che da venticinque anni manipola la comunità internazionale incontra un altro mentitore professionista che non capisce la politica estera ma si crede un grande negoziatore, il primo ottiene quello che vuole, il secondo annaspa imbarazzato.

Dopo il vertice in Alaska, Vladimir Putin può dire «missione compiuta». Donald Trump si chiede ancora cosa è successo, vive nella sua bolla di realtà alternativa, è convinto di aver organizzato «un incontro molto produttivo» che è durato tre ore, l’inizio di qualcosa. Ma ha solo confezionato a spese del contribuente americano uno spot di propaganda russa.

Intendiamoci: era poco realistico pensare che l’incontro nella base militare americana in Alaska portasse alla fine della guerra in Ucraina o anche solo a sospendere le ostilità. Trump aveva creato – ma soltanto tra i suoi sostenitori e cortigiani (e i loro emuli italiani) – l’aspettativa che si arrivasse addirittura a uno «scambio di territori».

Non poteva succedere per la semplice ragione che gli Stati Uniti non possono cambiare i confini dell’Ucraina e neppure possono costringere l’esercito ucraino a lasciare zone che sta difendendo da tre anni in cambio, forse, di vaghe promesse russe.

Il manipolatore

Dunque cosa è successo? Basta ascoltare con attenzione la conferenza stampa finale – senza domande – per capirlo, perché Putin dice sempre quello che fa e fa quello che dice.

Il presidente russo esulta perché ha ottenuto da Trump quello che voleva: la fine dell’isolamento internazionale, una sostanziale conferma di impunità (Putin dovrebbe essere arrestato su indicazione di quella Corte penale internazionale che Trump sabota e sanziona), l’equivalenza tra Russia e Stati Uniti come grandi potenze, lo spostamento – di nuovo – della responsabilità per il protrarsi del conflitto sull’Ucraina e sul presidente Zelensky.

Alla vigilia del vertice, l’ex presidente francese François Hollande aveva spiegato al Financial Times le tattiche negoziali che aveva sperimentato per anni, dopo l’invasione della Crimea nel 2015, intorno ai cosiddetti accordi di Minsk sempre violati dalla Russia:

«Putin inizierà l’incontro raccontando tutta la storia dall’inizio. Potrebbe durare 15 minuti, mezz’ora, anche di più se non lo interrompi».

Un assaggio di questo approccio lo si è visto in conferenza stampa, con la lezione di geografia politica di Putin sulla lontananza apparente tra Russia e Stati Uniti, gli interessi in comune, il ghiaccio nordico come possibile ponte.

Hollande ha spiegato poi come Putin conduce le controparti là dove vuole lui:

«Il metodo russo di negoziazione è che deve durare a lungo, ma senza che accada molto. Bisogna quindi provocare la discussione. Alla fine, però, lui offrirà sempre un’apertura – una mediazione, un nuovo incontro, un gruppo di lavoro – in modo che l’altra parte possa dire: vedete, è servito, Putin si è mosso un po’».

È andata esattamente così. Sempre in conferenza stampa, Putin ha perfino parlato di «un accordo» del quale Ucraina ed Europa dovrebbero prendere atto.

Non c’è alcun accordo, alcun passo avanti, il presidente russo ribadisce che la guerra finirà quando le cause saranno risolte (cioè fino a quando a Kiev non ci sarà un governo fantoccio che assicuri la permanenza dell’Ucraina nella sfera d’influenza russa).

Unico risultato: la rilegittimazione di Putin

Trump aveva minacciato che in assenza di passi avanti concreti, la Russia avrebbe rischiato nuove sanzioni. Non ci saranno, anzi, Putin quasi a sfregio celebra l’aumento dell’interscambio bilaterale tra Russia e Stati Uniti, come dire: stiamo tornando alla normalità, le sanzioni sono ancora in vigore ma politicamente siamo già oltre.

A Trump non resta che celebrare sui social l’omaggio che Putin fa alla narrazione trumpiana: il presidente russo ha spiegato che se ci fosse stato Trump alla Casa Bianca – e non Joe Biden – si sarebbe potuta evitare la guerra in Ucraina. Una bugia a costo zero e priva di conseguenze ma molto efficace nel lusingare e manipolare l’interlocutore.

Anche l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel è stata spesso manipolata, intimidita, presa in giro da Putin. Ma non ha mai dimostrato l’ingenuità compiaciuta di Trump che chiama il suo omologo «Vladimir» e lamenta l’interferenza troppo frequente dei «falchi anti-russi» che hanno ostacolato un rapporto altrimenti sereno.

Ormai conosciamo il modo di ragionare, diciamo così, dello squilibrato che occupa la Casa Bianca: lui pensa di aver fatto la sua parte, di aver sbloccato lo stallo bellico e diplomatico intorno all’Ucraina, ora si aspetta che NATO, Unione Europea e Zelensky facciano il loro pezzo di lavoro.

Poiché in Alaska niente è successo se non la rilegittimazione di Putin, è impossibile aspettarsi che la NATO o l’UE possano continuare quel lavoro diplomatico. Anzi, ogni sforzo concreto a sostegno di Kiev verrà presentato dall’amministrazione Trump come un boicottaggio della straordinaria diplomazia trumpiana.

Questo vertice ha soltanto confermato che gli Stati Uniti di Trump sono ormai molto più simili alla Russia di Putin che alla nostra Europa, o comunque a quell’alleanza di democrazie liberali che include alcuni Paesi UE e altri (Canada, Gran Bretagna) e che prova a salvare il salvabile in un mondo ormai privo di egemonia americana.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 16 agosto 2016

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35 Commenti

  1. Michele Biaggi 24 agosto 2025
    • Mariagrazia Gazzato 25 agosto 2025
      • Michele Biaggi 25 agosto 2025
  2. Mariagrazia Gazzato 21 agosto 2025
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  3. Anna Rita Tracanna 20 agosto 2025
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  12. Paolo 16 agosto 2025
  13. Enrico 16 agosto 2025

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