
Cerco di seguire quotidianamente le innumerevoli interpretazioni che circolano in rete circa le attuali congiunture geopolitiche e politiche, ma sono soddisfatto solo in parte di queste letture, perché mi sembra che affrontino, con intenti analitici seri e dettagliati, solo aspetti parziali che compongono la complessa situazione storica in cui siamo immersi, mentre sembrano dimenticare la portata di un tutto che non avrebbe certo il potere di sciogliere tutti i nodi delle congiunture, ma potrebbe ipotizzare e forse indicare la possibilità dell’emergere di un denominatore comune in tutti i frammenti di oggi.
Abbondano i bollettini di emergenza sull’inquinamento del Pianeta e sul disastro climatico, ma non infastidiscono il capitalismo con le sue tesi negazioniste e il suo sviluppo sempre più distruttivo e suicida. Ogni giorno abbiamo a disposizione analisi dettagliate delle relazioni politiche statunitensi di Trump con la Russia di Putin, Zelensky, Netanyahu, Canada, Cina, Iran, India, Brasile, BRICS, Taiwan, Nuova Via della Seta, dazi di Trump, senza ovviamente dimenticare Gaza, Cisgiordania, Hamas, Turchia, Siria… e l’Africa quasi sempre, invece, dimenticata.
L’avanzata delle destre populiste
Possiamo accedere a innumerevoli testimonianze dell’avanzata della destra politica nella maggior parte dei paesi del mondo, ove sovranisti e neo-populisti governano o minacciano di conquistare il potere politico. I governi e i partiti autoritari o esplicitamente dittatoriali sono la normalità del panorama in Occidente e in Oriente.
Una possibile risposta all’ipotesi di un grande paradigma, che sintetizzi frammentazione e complessità, è data da coloro che riducono la crisi alla riconfigurazione dell’ordine mondiale, che contesta l’ordine internazionale liberale instaurato dopo la Guerra Fredda. Ma chi ragiona in questo modo è costretto ad aggiungere corollari a questa prospettiva fondamentale: l’intensificazione delle dispute e delle guerre per il potere, il territorio e l’influenza; le sfide all’egemonia occidentale in Ucraina, Israele, Taiwan; la crisi delle istituzioni multilaterali; le controversie sulle risorse e sull’influenza tecnologica.
Mi interrogo sulla sorprendente novità dei fenomeni politici, e non mi accontento della costrizione a ripetere ciò che si dice e si dice sempre.
Dobbiamo difenderci… da chi?
Infatti – e questa è l’ipotesi di un comune denominatore – il nuovo fascismo del villaggio occidentale, a differenza del suo modello, non costituisce una farsa, sulla falsariga del “18 Brumaio”, ma è, in modo inedito e creativo, “non espansionista”; torna a casa; rinuncia alle guerre contro i nemici esterni e conduce una guerra di controllo e di sterminio in patria. «Dobbiamo salvare l’Occidente cristiano» è lo slogan!
Ecco perché l’oppressione e la repressione saranno riservate a coloro che sono in casa, dove abbiamo e avremo gli unici scontri coerenti e determinati in difesa della vita e della fraternità e sororità di tutti gli esseri viventi articolati dai popoli originari, dai quilombolas e dalle minoranze contadine tradizionali.
Se questo accadrà, quando tutto il katechon verrà cancellato, non ci sarà altra possibilità che identificarsi con la disumanizzazione delle vittime, con i poveri di Gesù. E questa dovrebbe essere l’unica missione messianica della Chiesa, al di là di ogni fallace fiducia nel quadro datato della dottrina sociale.
Il compito dei cristiani
Ma noi cattolici insistiamo nel ripetere il copione dell’ordine liberale post-Guerra Fredda, di fronte a una realtà che è cambiata radicalmente e che richiederebbe discernimento e creatività per disertare l’Occidente fallito, il villaggio presuntuosamente civilizzatore e costitutivamente genocida che noi cristiani promovemmo come artefici e complici. Ossessionato dall’ultima versione dell’antisemitismo, che considera l’Islam il nemico secolare del villaggio occidentale, l’Occidente sostiene Israele, che oggi mette in scena gli ultimi eccessi dell’arroganza colonialista.
Ho però l’impressione che le guerre in Medio Oriente, nonostante la questione petrolifera, non si limiterebbero a continuare ciò che si è sempre fatto, ma sarebbero al servizio della ricomposizione autarchica del villaggio occidentale in crisi: quando Israele giustifica la guerra di Gaza come una guerra difensiva, parla a nome di tutto l’Occidente.
Questa è la crisi costitutiva in cui stiamo vivendo, molto più incisiva della stessa crisi dell’imperialismo statunitense. Un Israele completamente assimilato ai goyim, protagonista della ricomposizione dell’Occidente, basata sulla polarizzazione tra chi sarà occidentale fino alla morte, sostenuto da cattolici tradizionalisti ed evangelici, e chi verrà eliminato perché non adatto all’Occidente.






Comprendo che l’articolista, complicando il discorso, desidera mettersi al riparo da possibili repliche alla sua evidentissima critica al governo italiano in carica. Guarda infatti tutt’attorno per puntare di fatto il dito sul ritorno della destra in questo nostro paese. E non ha torto, se pensiamo al discorso di Meloni a Rimini e alla visita di Salvini in Vaticano. La democrazia è in pericolo ovunque e non ce ne accorgiamo: per fortuna che Mattarella parla chiaro.
Mi scuso, volevo aggiungere:
solo che lo trovo un po’ contorto.
Concordo con Mariagrazie che l’articolo è abbastanza cervellotico; si arrotola su sé stesso. Condivido però un’osservazione di fondo che mi pare di raccogliere: l’Occidente, per come lo abbiamo conosciuto, ed in parte vissuto, è finito, perché è fallito. E’ fallito nei sui intenti, nei suoi ideali, etc… I valori che vengono propugnati si scontrano con una continua incoerenza delle politiche e delle azioni. Le teorie a gestire dette politiche sono sempre più inconsistenti e fastidiose, ma lo stesso bastano a farci immaginare un futuro pieno di armi, e quindi di guerre, guerre che sembrano inevitabili. La mi sensazione è che la guerra si voglia ad ogni costo, che l’Occidente la voglia assieme agli altri, ovviamente. Perché? Non ne ho idea, se non richiamare i soliti interessi economici di pochi. Ma questi pochi, che mondo pensano vivranno, dopo l’olocausto nucleare o qualcosa che gli si avvicini?
Decisamente complesso complicato e anche un po’ astruso. Come il caos provocato da attori mondiali che vogliono confonderci le idee. Il primo che spicca è Trump, seguito da Putin. Questi due stanno seminando vento a piene mani: il nuovo ordine contro il vecchio disordine? Spaventoso e mirato a non farci capire più nulla e diventarne schiavi di mostri voraci, se già non lo siamo. Tempesta in vista.
Il punto è che Putin fa parte del vecchio ordine, un autocrate con visioni imperialiste vecchie come la storia della Russia mentre Trump è una vera novità. Fascismo turbo capitalistico di Trump non è l’imperialismo autoritario di Putin. Uno rappresenta il nuovo male l’altro un male antico.
Resta il fatto che nemmeno io ho capito bene questo articolo.
I due, Putin e Trump sono lo stesso “ordine”: arraffano tutto quello che possono, questo è vecchio come il mondo e non rappresenta nessun nuovo ordine ma solo criminalità.
Non ho detto che non ho capito l’articolo.
Io non ho capito bene l’articolo, ma mi pare che stia dicendo che la nuova destra trumpiana rinuncia alla democrazia da esportare cristiana o non cristiana che fosse.
Può essere, non mi sembra che Trump rinunci ad allargarsi, vedi Rivera a Gaza, Groenlandia o terre rare in Ucraina. Quello che crolla è solo l’equilibrio fragile che si era creato, e con esso la patina di “civiltà”. Non penso che i nuovi (e vecchi) competitor saranno meglio, si scanneranno un po’ e avremo prima o poi un nuovo ordine, come è già accaduto tante altre volte nella storia..