
Ogni voto ha sempre una dimensione etica, anche quello dei prossimi referendum: cinque quesiti referendari su lavoro e cittadinanza da votare l’8 e 9 giugno. Senza voler essere esaustivo, a titolo strettamente personale, esprimo alcuni rilievi etici.
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Se si entra nel merito dei quesiti ci si imbatte in argomenti delicati e particolari che necessitano un approfondimento e ciò non ci fa male, anzi! Siamo, in Europa, tra quelli che si informano, si formano e partecipano meno alla vita politica. Quindi i referendum possono essere un’occasione, personale e comunitaria, per imparare qualcosa sulle politiche e sui «beni comuni», su cui legifera il Parlamento.
Mi soffermo qui, invece, sul problema etico della partecipazione al voto.
La complessità dei quesiti, la relativa strumentalizzazione politica, l’ostruzionismo fatto da alcune forze di governo che non favoriscono la partecipazione e l’informazione sui quesiti, stanno portando, ancora una volta, alcuni elettori a orientarsi a non partecipare al voto. È etico astenersi? Secondo la Costituzione il voto è un dovere civico (art. 48): essa non fa distinzione tra quello politico, amministrativo e quello per i referendum. Una sentenza della Corte costituzionale (n. 96, 2 luglio 1968) afferma che «in materia di elettorato attivo, l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione ha, poi, carattere universale ed i princìpi, con esso enunciati, vanno osservati in ogni caso in cui il relativo diritto debba essere esercitato». Per i cattolici lo ricorda anche il Vaticano II: il voto serve a promuovere il bene comune (GS 75).
Formandoci e informandoci previamente, abbiamo, quindi, il dovere di votare sempre.
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Tuttavia, anche tra i cattolici, si è diffusa l’idea che il voto non è un dovere etico, soprattutto nel caso dei referendum. Su questa linea leggo su un comunicato di una diocesi: «Anche la scelta di astenersi, se motivata da ragioni etiche o di coscienza, può essere un atto di responsabilità. L’importante è che ogni decisione – partecipare o non partecipare – sia frutto di un discernimento serio, informato e coerente con i valori evangelici».
Il magistero sociale insegna esattamente l’opposto: non partecipare è manifestazione di carenza di responsabilità e non può essere giustificato alla luce dei «valori evangelici». Gesù ci ricorda che va dato a «Dio ciò che di Dio e a Cesare quello che è di Cesare» (Mt 22,21).
In coscienza si deve sempre votare, il discernimento va applicato, nel caso dei referendum, sul votare «sì», oppure «no», oppure scheda bianca, che esprime il non condividere, per valide ragioni di coscienza, di essere consultato nella materia del quesito.
Non è neanche etico usare lo strumento dei referendum come «messaggio politico» a favore o contro una coalizione. Se vogliamo ridare dignità a questo strumento è bene essere seri e non falsi e ambigui, citando Costituzione e Magistero sociale in maniera poco corretta.
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Dall’altra parte come si fa a dire che i quesiti sul lavoro e quello sulla cittadinanza agli stranieri non interpellano la coscienza? Bisogna, invece, avere il coraggio di evidenziare come chi propone l’astensione non fa altro che continuare a favorire un modello di cattolicesimo dove c’è più (o esclusiva) attenzione ai temi relativi all’etica personale e familiare che a quelli sociali, politici ed economici: i primi non devono escludere i secondi e viceversa Sia dal punto di vita quantitativo che qualitativo, da parte dei pastori e dei laici cattolici, scarseggiano, tranne nobili eccezioni, gli interventi profetici sui temi quali: pace, corruzione e mafie, lotta agli abusi, povertà, migrazioni, ambiente, sanità pubblica, lavoro e sicurezza, economia solidale e così via.
Un senso generale di amarezza deriva, comunque, da tutta la vicenda dei prossimi referendum. Il nostro Paese continua ad avere un rapporto immaturo e ambiguo con la questione della partecipazione dell’elettorato. Abbiamo ancora tanto da imparare, perché come scriveva Romano Guardini, ognuno di noi è «responsabile del corso della storia e di ciò che diviene l’esistenza del mondo e dell’uomo stesso. Egli può agire bene o può errare, e per far bene deve essere nuovamente pronto a quella condotta che già Platone aveva riconosciuto come il compendio del dovere umano: la giustizia, ovvero la volontà di riconoscere l’essenza delle cose e di fare ciò che è giusto di fronte ad essa».






Grazie di aiutarmi a pensare. Sento che i problemi affrontati in questa consultazione sono importanti dal punto di vista sociale. Se posso dire, senza banalizzare, l’impressione è che il desiderio di offrire/proporre il proprio punto di vista per un valutazione in merito ai quesiti, sia più uno sventolare degli slogan atti a catturare, che un aiutare ad una partecipazione consapevole. D’altra parte si sa che non tutti sono capaci e preparati per una informazione; e chi ne sarebbe?
Certamente un addetto ai mestieri e chi è non è oberato da fatiche lavorative o familiari.
Quello che mi manca come cittadino non sono i dibattiti tra il SI , il NO , o ASTENSIONE interessata da motivi di tifoseria, ma la onesta e corretta informazione sulle possibilità di partecipazione al voto nel caso di un REFERENDUM, che è ben diverso dalle consultazioni elettorali… Mi opprime sentirmi etichettato: eticamente non adempiente quando la scelta di astensione è motivata da valutazione personale, che esclude pure la scelta della scheda bianca. E aggiungo pure che l’invito alla partecipazione così insistente, mi diventa una forma di intimidazione psicologica finalizzata a raggiungere il quorum, una sosta di stalking che non ha tutte caratteristiche etiche che si vogliono sventolare. Grazie di avermi aiutato a pensare e …a decidere… Con tanta simpatia. Raffaele
Se la seconda carica dello Stato, pubblicamente dichiara che “non andrà a votare” mi fa tornare alla mente il detto fascista “me ne frego” . Proprio loro, i politici di professione, si lamentano che i cittadini disertano i seggi. Da che pulpito viene la predica.
Anche non soffermandosi sulla personalità disfattista della nostra capo di gabinetto e le motivazioni per cui Berlusconi, che le ha aperto la strada in modo concreto, ha cercato di operare brogli elettorali su larga scala per esempio in modo classico attraverso il voto per corriapondenza, la qualità dello spessore etico della prossima consultazione elettorale emerge dalla quantità di diritti inalienabili che essa coinvolge in astratto (da quello alla vita messa particolarmente a rischio nell’ ambito lavorativo del subappalto alla libertà di spostamento che il decreto Meloni sull’immigrazione è riuscito da subito – mi pare a. 2023 – a limitare, combinandolo perfettamente con quelli primario di cui sopra). Riflettiamo che, in caso di un’ insperata salvezza, come è scritto nell’ articolo di Feltri per ottenere la cittadinanza al lustro revolamentare si aggiunggono dei tempi burocratici di attesa e, anche nel caso dell’ ultimo quesito, mettiamo un si. Consideriamolo anche un sostegno avli USA, la cui memoria storica è al momento tanto insidiata da Trump, tra le deportazioni di immigrati e la purificazione etnica delle facoltà universitarie.
Voterò 5 sì. Vista l’importanza etica dei quesiti mi trovo d’accordo con l’autore. Certo parlare oggi di coscienza anche in ambito religioso fa sorgere la terribile domanda: ma dopo Berlusconi esiste una coscienza in questo paese? Direi di no.
La disaffezione allo Stato, alla Costituzione, la non conoscenza di essa porta al deterioramento della Res pubblica e quindi dei beni comuni. Inoltre nessuna norma dispone per il referendum in modo diverso dall’art. 48 secondo il quale il voto costituisce non solo un diritto ma anche un dovere civico.
Voterò tutti si, ma penso sia etico anche astenersi. Tra l’altro gli articoli sul lavoro che andiamo ad abrogare furono introdotti da “Enrico stai sereno” Senza alcun passaggio parlamentare, per cui se era etico questo è etico anche stare a casa. (Me lo ricordo bene perché avevo votato Bersani a suo tempo e ci rimasi molto male di ritrovarmi il fiorentino.)
Infatti Angela, poi il fiorentino è un caso unico al mondo!
🤣🤣🤣🤣
Perché per la validità dei referendum è previsto un quorum?
Secondo me, e non solo, perché l’Assemblea Costituente decise che chi riteneva inutile, ambigua o addirittura dannosa la consultazione potesse non votare.
Chi non partecipa al referendum dice, con il proprio comportamento, che le cose devono rimanere invariate, che la legge non deve essere cambiata.
Perciò astenersi è un modo legittimo ed etico per esprimere il proprio parere.
Questo sempre secondo me.
Concordo
Se votare avvantaggia la fazione cui si è contrari, l’astensione conta come il voto (ed ha efficacia maggiore, impedendo il raggiungimento del quorum). Diversa, infatti, è la prossima fattispecie referendaria rispetto a elezioni politiche o amministrative. In queste seconde l’astensione dice una sfiducia o un disinteresse verso la res publica, che non fa bene a nessuno. Nel primo caso, invece, palesa la valutazione di un quesito che neppure si sarebbe voluto porre