Il “Leone” che ruggì contro il nazismo

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Prima vescovo e poi cardinale, Clemens August Graf von Galen visse gli anni più bui della storia della Germania nazista. Fu un indefesso e coraggioso oppositore delle teorie e della politica del nazionalsocialismo. A differenza di altri vescovi, si sentì in dovere di esporsi di persona denunciando pubblicamente i misfatti del regime nazista. Nel dopoguerra chiese al mondo di non attribuire una colpa collettiva a tutto il popolo tedesco, e rinfacciò apertamente ai governi del mondo di avere accettato silenziosamente la politica di Hitler. A 80 anni di distanza dal suo famoso discorso del 3 agosto 1941, era importante ricordarne la figura.

von galen

Il 3 agosto scorso è stato ricordato l’80° anniversario del celebre duro discorso tenuto da Clemens August von Galen nella Lambertikirche, di Münster, città di cui era vescovo, contro il regime nazista: una data storica importante per rievocare la figura di questo strenuo oppositore del regima nazista. Il discorso del 3 agosto era il terzo in cui intervenne pubblicamente, dopo le omelie tenute il 13 il 29 luglio dello stesso anno.

Coerente e fedele con il motto scelto al momento della sua consacrazione episcopale, il 28 ottobre 1933 – Nec Laudibus, Nec Timore (Né con le lodi, né con il timore) –, fu uno dei personaggi di maggiore rilievo nella lotta contro la deriva che stava assumendo il regime nazionalsocialista dopo l’occupazione del potere, nel gennaio 1933, da parte del Partito Nazista con a capo Adolf Hitler che divenne Cancelliere.

La sua opposizione al nazismo cominciò subito dopo essere diventato vescovo: profondamente sconvolto di fronte al silenzio dell’opinione pubblica, anche internazionale, ritenne di non poter più tacere.

Ma prima di entrare nei particolari è opportuno ripercorrere sommariamente ciò che avvenne prima e dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939 (in cui, nel giugno 1940, sarà trascinata anche l’Italia), collocando la figura di von Galen e gli avvenimenti di quell’epoca in un contesto più ampio.

Chi era von Galen?

Clemens August von Galen era nato nel castello di famiglia di Dinklage, nella regione di Oldenburg, presso Münster, il 16 marzo 1878, dal conte Ferdinand Heribert Ludwig von Galen e della contessa imperiale Elisabeth Friederica Sophie von Spee. Undicesimo di tredici figli, crebbe in una famiglia profondamente cattolica: nel 1890 iniziò a frequentare il liceo dei gesuiti a Feldkirch (Austria) e conseguì la maturità nel 1896 presso il ginnasio Antonianum di Vechta.

Dopo gli studi di filosofia, storia e letteratura a Friburgo (Svizzera) e di teologia a Innsbruck, entrò nel seminario di Münster, dove venne ordinato sacerdote il 28 maggio 1904 dal vescovo Hermann Dingelstadt.

Dapprima vicario capitolare a Münster, venne nominato cappellano della chiesa di San Mattia a Berlino (1906-1911), poi curato della chiesa di San Clemente Maria Hofbauer (1911-1919), infine parroco della chiesa di San Mattia a Berlino-Schöneberg (1919-1929).

Visse i difficili anni successivi alla prima guerra mondiale, e fu testimone dei tumulti del dopoguerra e degli avvenimenti della Repubblica di Weimar.

Nel 1925 conobbe Eugenio Pacelli che, dal 1920, era nunzio apostolico per l’intera Germania, con il quale strinse un’amicizia che durò per tutta la vita. Nel 1929 fu nominato parroco della chiesa di San Lamberto a Münster. Nel 1932 pubblicò il libro Die Pest des Laizismus (La peste del laicismo).

Il 5 settembre 1933 – lo stesso anno in cui Hitler era asceso al potere – fu nominato vescovo di Münster. In ossequio al Reichskonkordat (concordato tra la Germania nazista e la Chiesa cattolica, 20 luglio 1933), il 19 ottobre prestò giuramento di lealtà allo Stato dinanzi a Hermann Göring e il 28 ottobre ricevette la consacrazione episcopale nel duomo di Münster.

Come vescovo di Münster, von Galen si distinse subito per la sua decisa opposizione alla filosofia e alla prassi del regime nazionalsocialista.

Il 12 novembre, a poco più di un mese dalla nomina episcopale, denunciò la violazione delle norme del Reichskonkordat sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, i cui docenti dovevano essere approvati dal vescovo locale. La sua denuncia seguiva le Note di protesta del 19 e 28 ottobre inviate al Cancelliere del Reich, Adolf Hitler, da Eugenio Pacelli, nominato nel 1930 da Pio XI Segretario di Stato, per le sistematiche violazioni del Reichskonkordat e per la soppressione della stampa e delle associazioni cattoliche. Il 25 novembre protestò contro l’arruolamento degli studenti di teologia nella Sturmabteilung (Reparto di assalto) di Ernst Röhm.

L’ascesa dell’ideologo Alfred Rosenberg

Il 21 gennaio 1934, Hitler designò il filosofo Alfred Rosenberg, autore di Der Mythus des 20. Jahrhunderts (Il mito del XX secolo, 1930), alla direzione ideologica e spirituale del nazismo. Il 31 gennaio 1933, Pacelli inviò a Hitler un’ennesima Nota di protesta, che condannava l’opera di Rosenberg. Da parte sua, von Galen il 29 gennaio fece della denuncia del neopaganesimo nazista l’oggetto della sua lettera pastorale per la quaresima e, in quella per la Pasqua del 6 marzo, si espresse contro la dottrina del sangue e della razza di Rosenberg.

Durante il mese di maggio, von Galen fu a Roma per colloqui con Pio XI e Pacelli. In ottobre e in dicembre fece allegare al bollettino della diocesi di Münster altri due scritti polemici: gli Studi su “Il Mito del XX secolo” e L’apostolo Paolo e il Cristianesimo primitivo.

Una nuova lettera pastorale del 19 marzo 1935, dedicata a Der Mythus des 20. Jahrhunderts, gli procurò un violento attacco pubblico di Rosenberg e gli attirò le sospettose attenzioni della Gestapo.

Il 18 agosto 1936 i vescovi tedeschi riuniti a Fulda inviarono a Pio XI la richiesta di una presa di posizione della Santa Sede sulla situazione della Chiesa cattolica nel Terzo Reich. In quello stesso anno von Galen tenne due prediche contro il totalitarismo nazista e contro la sua pretesa di considerare la fede cristiana incompatibile con la ricostruzione della Germania.

Il suo contributo alla “Mit brenneder Sorge”

Nel gennaio del 1937 partecipò con i cardinali Adolf Bertram, Michael von Faulhaber, Karl Joseph Schulte e il vescovo Konrad von Preysing Lichtenegg-Moos ai lavori preparatori dell’enciclica Mit brennender Sorge (Con viva preoccupazione), emanata da Pio XI il seguente 14 marzo e diffusa in tutta la Germania, nonostante il divieto del ministero del Reich per le questioni ecclesiali.

Il 1938, anno dell’Anschluss (annessione dell’Austria alla Germania nazista, attuata da Hitler il 13 marzo 1938), della Conferenza e l’ accordo di Monaco (29-30 settembre, in cui Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia, autorizzarono la Germania a procedere all’annessione delle parti dello Stato cecoslovacco abitate in prevalenza da popolazioni di lingua tedesca (zona dei Sudeti) e della Notte dei cristalli (ondata di violenti pogrom antisemiti che ebbe luogo nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938), von Galen protestò contro la chiusura delle scuole confessionali nell’Oldenburg.

Nel 1939 salì al trono pontificio Pio XII (2 marzo) nell’imminenza dell’inizio della seconda guerra mondiale (1º settembre). Nel giugno del 1941, a pochi giorni dall’invasione dell’Unione Sovietica, Martin Bormann inviò ai Gauleiter (Governatori) una direttiva sull’incompatibilità tra cristianesimo e nazismo con l’ordine di contrastare l’influsso delle Chiese cristiane in Germania. Von Galen, dopo essersi consultato con Pio XII, nelle due domeniche del 13 e 20 luglio si scagliò dal pulpito contro l’occupazione e la confisca di conventi e monasteri e l’espulsione violenta dei religiosi.

Lo sterminio dei disabili e malati

Il 3 agosto successivo fu emanato il programma nazista segreto denominato Aktion T4 per l’eliminazione dei disabili psichici e fisici, i malati lungodegenti e terminali e i pazienti non tedeschi. Queste categorie di persone erano considerate non adatte per l’ideologia nazista, dei “mangiatori inutili” e “vite indegne di vivere”.

La Legge per la prevenzione della prole ereditaria aveva ordinato la sterilizzazione obbligatoria di malati di mente, ciechi o alcolisti già nel 1933. I malati e i disabili che vivevano in sanatori e case di cura furono portati nei centri di sterminio e soppressi con i gas tossici.

Parlando apertamente nella Lambertikirche di Münster, von Galen usò parole di fuoco contro questi omicidi: «Avete voi o io il diritto di vivere solo finché si è utili alla produzione? Se si ammette questo principio, ossia che la persona incapace di produrre possa essere soppressa, allora guai a tutti noi quando saremo vecchi e decrepiti. Se si possono uccidere esseri improduttivi, guai agli invalidi che nel processo produttivo hanno profuso e sacrificato le loro energie e le loro membra sane; guai ai nostri soldati che tornano in patria gravemente mutilati e invalidi. Così nessuno è sicuro della propria vita» (dal discorso del 3 agosto 1941).

Nell’agosto 1941, 70.000 persone furono vittime di quella che fu poi chiamata Aktion T4. Poco dopo la sua entrata in vigore, si diffuse la voce tra la popolazione che le famiglie interessate non avrebbero più dovuto far visita ai propri parenti; infatti, avrebbero ricevuto un avviso di morte con causa spesso dubbia.

I vescovi furono informati dalle Chiese dell’evacuazione e dell’uccisione di malati e di portatori di handicap, soprattutto attraverso gli ordini religiosi – afferma lo storico e teologo di Münster, Hubert Wolf –. Nell’istituto statale di Marienthal a Münster-Kinderhaus, dove lavorava anche il personale infermieristico della Chiesa, c’era una suora che passava segretamente le notizie di quanto avveniva al vescovo von Galen.

Secondo Wolf, la maggioranza della Conferenza episcopale tedesca a differenza di von Galen, preferì protestare con lettere e petizioni agli enti governativi. Anche teologi protestanti sollevarono obiezioni in questo modo, come il vescovo regionale del Württemberg Theophil Wurm. A Bielefeld-Bethel, il direttore dell’istituto, Fritz von Bodelschwingh, riuscì a salvare quasi tutti i pazienti e i residenti dalle uccisioni, ritardando le tattiche e influenzando personalmente i responsabili di Aktion T4.

Quello che successe con la predica di von Galen fu proprio «ciò che i nazisti volevano impedire», cioè – afferma Wolf – che «l’omicidio diventasse pubblico».

Le copie del discorso assieme agli altri scritti fecero il giro della Germania: le segretarie digitarono di nascosto, in ufficio, di notte, il testo in carta-carbone, le famiglie lo ricopiarono a mano e lo passarono agli amici. Il discorso circolò anche nelle comunità protestanti. L’8 giugno del 1943 il New York Times dedicò un articolo a von Galen, definendolo «l’oppositore più ostinato del programma nazionalsocialista anticristiano».

Bormann voleva farlo impiccare

Di fronte alle crescenti proteste, Adolf Hitler si determinò a dichiarare sospeso il programma di eutanasia nazista, ma di fatto esso proseguì fino alla caduta del Terzo Reich.

Martin Bormann, Capo della cancelleria del NSDAP (Parteikanzlei) e segretario personale di Adolf Hitler, tra i membri più influenti nella gerarchia della Germania nazista, chiese l’impiccagione di von Galen. Vi si oppose Joseph Goebbels per ragioni belliche.

Goebbels era editore del giornale Der Angriff e ministro del Reich per la Propaganda dal 1933 e svolgeva una parte di primissimo piano in tutte le manifestazioni politiche del Reich, guidando la massiccia epurazione nel campo della cultura indifferente o ostile al regime, e promovendo la più violenta propaganda dei miti nazisti. Era così grande la sua influenza che Hitler, nel suo testamento lo indicò come suo successore alla carica di cancelliere del Reich. Goebbels convinse Hitler ad attendere la vittoria finale per regolare i conti. dicendo: «Se ora si procedesse contro il vescovo, tutta la Vestfalia andrebbe perduta per l’impegno bellico».

Ricordiamo che, a distanza di poche ore dalla morte di Hitler, Goebbels si uccise con i proprî familiari.

Dopo la guerra

Nel 1945, già prima della resa incondizionata della Germania dell’8 maggio, von Galen prese le difese del suo popolo, protestando più volte contro le violazioni dei diritti umani commesse dal governo militare alleato di occupazione e rifiutando l’accusa di una colpa collettiva del popolo tedesco. Rinfacciò anzi agli alleati la loro silenziosa accettazione della politica di Hitler.

In luglio pubblicò Esigenze fondamentali per una ricostruzione politica, sociale e spirituale della patria tedesca e, il 6 gennaio 1946, affermò in un’omelia: «Sotto il nazismo dissi pubblicamente, e lo dissi anche riguardo a Hitler nel ’39, quando nessuna potenza intervenne allora per ostacolare le sue mire espansionistiche: la giustizia è il fondamento dello Stato. Se la giustizia non viene ristabilita, allora il nostro popolo morirà per dissoluzione interna. Oggi devo dire: se non viene rispettato il diritto, allora non verrà mai la pace e la giustizia tra i popoli».

Al ritorno alla sua diocesi, il 16 marzo, come porporato, fu accolto trionfalmente da cinquantamila fedeli. Commosso, si rivolse loro dicendo che i nazisti lo avrebbero senz’altro ucciso se essi non l’avessero sostenuto. Fu il suo ultimo discorso pubblico.Nel concistoro ordinario del 21 febbraio 1945, Pio XII lo elevò al rango di cardinale. I giornali lo definirono Il Leone di Münster.

Morì il 22 marzo 1946 all’età di 68 anni. I funerali solenni si svolsero il 28 marzo successivo nella chiesa di Santa Croce e la salma fu tumulata in duomo, nella cappella di San Ludgero, fondatore di Münster. Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò venerabile il 20 dicembre 2003 e il 9 ottobre 2005 fu beatificato da papa Benedetto XVI.

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Un commento

  1. Adelmo Li Cauzi 10 agosto 2021

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