
Il titolo riprende una delle affermazioni centrali dell’intervento che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto a Tesero, nel 40° anniversario del crollo dei bacini di lavorazione dei materiali della miniera di fluorite di Stava-Prestavel. Il 19 luglio 1985 il crollo provocò la morte di 268 persone, oltre alla distruzione di alberghi, case private, boschi e altre strutture.
E richiama anche i contenuti del messaggio di papa Leone XIV, pubblicato all’inizio del mese di luglio, per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato: “Semi di pace e di speranza”, che si celebrerà il 1° settembre 2025.
Quel caldo venerdì stavo preparando il caffè nell’appartamento che faceva da canonica al quartiere Quadrifoglio di Garbagnate. Una «ultima ora» in coda al telegiornale delle 13,30: «Le agenzie hanno appena battuto la notizia del crollo di una diga a Prestavel»… mi sono girato di colpo sbattendo la testa contro lo spigolo del pensile.
Solo chi è nato a Tesero poteva capire subito che cosa c’era in quella località. Appena il tempo di una telefonata a casa, posta in una zona del paese non coinvolta dall’evento, per capire al volo che era successo quello che Luigina, la proprietaria di uno degli alberghi travolti, temeva da tempo.
La mia craniata era niente in confronto dalla devastazione delle decine e decine di corpi appena avvenuta: il doloroso conteggio si fermerà a 268. Non era niente l’acqua che aveva continuato a scorrere nel lavandino, rispetto alla cascata di fango che aveva travolto tutto: case, alberghi, famiglie sedute a pranzo, amicizie, momenti di serenità per la vacanza appena cominciata…
Comunità ferite
Pochi giorni dopo, il card. Martini, nell’omelia in cattedrale a Milano, diceva: «Vi confesso che le poche ore che ho vissuto di questi drammi dei corpi mutilati, domenica scorsa a Tesero e a Egna (luogo delle celle frigo usate per le operazioni di riconoscimento delle salme, n.d.r.), mi hanno sconvolto anche fisicamente, provocando in me un turbamento profondo, quasi insopprimibile»(1).
Come l’esperienza drammatica del responsabile locale dei vigili del fuoco volontari che, tra i primi, si trovò davanti al mare di fango, rendendosi conto subito di aver perso la sorella e quattro nipoti: «Sono salito di corsa, su, fino alla chiesetta della Palanca. Conoscevo un punto strategico, dove puoi vedere tutta la valle. Era un deserto: melma dappertutto. Un silenzio di morte. Un colore grigio. Un colore triste. Una scena straziante, me la ricorderò sempre» (2).
O come la percezione del giudice Carlo Ancona, che poi si occupò del processo, al quale è stato chiesto come trovò la gente della valle: «… erano stralunati. Come se, ancora quaranta giorni dopo, pensassero: “Ma quello che stiamo vivendo è vero? Ma davvero è successo tutto questo?”» (3). E commenta: «A Stava il problema era l’orrore. Un disastro di quelle dimensioni non si può che rifiutare. 268 morti nessuno li aveva previsti… durante una perquisizione nell’ufficio del coordinatore delle miniere della Montedison, si trovò un manuale in cui si parlava del rischio che le discariche collassassero. Proprio il caso di Stava! Durante l’interrogatorio finale chiesi: “Non lo ha letto?”. E lui: “Se avessi avuto tempo, avrei letto Grand Hotel”. Come dire: “Dovevo produrre, dovevo lavorare”. È la banalità del male. Loro, ogni giorno, aggiungevano alla discarica pochi innocenti chili di sabbia. Se lei butta un sacchetto di plastica nel mare, cos’è? Nulla. È l’insieme che provoca il disastro» (ib.).
I ricordi personali e quelli di un’intera comunità sono ancora vivi dopo 40 anni. E sarebbero tutte storie degne di memoria. Come quelle di Alma Trettel e di Umberto Deflorian, due dei pochi superstiti, o quelle ricordate da Marco Viola, il funzionario incaricato di consegnare ai familiari i primi assegni di solidarietà con i fondi stanziati dalla Comunità Europea. «Mi ha colpito molto l’incontro con un signore del bergamasco, che aveva perso il figlio e che mi ha fatto notare questo: a Tesero, chiunque incontravi aveva negli occhi la tragedia, anche se non aveva perso nessuno. Lui invece a Bergamo era solo. Dalla sua villetta sentiva giocare i bambini e il suo dolore era molto più profondo di quelli di Tesero, perché non aveva intorno una comunità che aveva vissuto quell’esperienza drammatica» (4).
Sarebbero tutte storie da non dimenticare, come quelle di altre tragedie che questo anniversario riporta alla memoria. In Italia, tra altri, il crollo della diga del Gleno nel 1923, il disastro del Vajont nel 1963…, all’estero crolli analoghi a Sgorigrad (Bulgaria) nel 1966 e a Kolontan (Ungheria) nel 2010 a Brumadinho (Brasile) nel 2019. Comunque ben 118 eventi simili nel mondo dopo il 1985, come ricorda il presidente della «Fondazione Stava 1985» dott. Graziano Lucchi.
Semi di pace e di speranza: il richiamo di papa Leone XIV
La ricorrenza del 40° anniversario di Stava esce dai confini trentini, e diventa occasione per riproporre gli interrogativi sulla cura e la salvaguardia del creato, proprio in questa stagione dove ancora più evidenti sono le ferite e l’incuria umana, e ancora troppo isolate sono le voci che cercano di risvegliare la coscienza.
Tra queste, quella di papa Leone XIV che, proprio all’inizio di questo mese di luglio, ha scritto il messaggio per la X Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato – ”Semi di pace e di speranza” – giornata che sarà celebrata il 1° settembre p.v.: «La giustizia ambientale – implicitamente annunciata dai profeti – non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano. Essa rappresenta una necessità urgente, che va oltre la semplice tutela dell’ambiente. Si tratta, in realtà, di una questione di giustizia sociale, economica e antropologica. Per i credenti, in più, è un’esigenza teologica, che per i cristiani ha il volto di Gesù Cristo, nel quale tutto è stato creato e redento. In un mondo dove i più fragili sono i primi a subire gli effetti devastanti del cambiamento climatico, della deforestazione e dell’inquinamento, la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità. È ormai davvero il tempo di far seguire alle parole i fatti. “Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana (Laudato si’, 217)”.(5)
Già Giovanni Paolo II, nella sua visita a Stava, a tre anni dal disastro, ricordava che «nei confronti della natura ci sono leggi morali che non si possono impunemente trasgredire».
E ci sono state anche voci della società civile, come quella di Walter Micheli, allora amministratore attento ai temi ambientali, che, a partire dall’esperienza di Stava, lavorò per normative più attente, e affermava: «Oggi ci sarebbe bisogno di una nuova coscienza etica della responsabilità. Quella che ti fa dire di no a certe iniziative, a certe pressioni, che ti fa avere anche il dovere dell’impopolarità… La questione ambientale non è questione vagamente ecologica, di belle anime, come troppa cultura politica ed economica afferma. Ma è la questione del modello di sviluppo che una comunità sceglie» (6).
E Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia, afferma: «C’è bisogno di un grande processo di alfabetizzazione del vivere la montagna… Serve formazione, e riprendere conoscenza di boschi e sentieri… Solo quando avremo recuperato i valori autentici del nostro territorio saremo pronti a trasmetterli ai nostri ospiti»(7).
Il tema della X Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, scelto già da papa Francesco e conservato da papa Leone, trova anche nel contesto dell’anno giubilare il «suo pieno significato». Il seme è immagine evangelica che parla di vita capace di vincere il buio della terra. Ma soprattutto – afferma papa Leone – noi»…siamo semi. Non solo, ma semi di pace e di speranza».
Papa Leone ricorda che «sono necessarie la volontà e le azioni concrete che rendono percepibile questa carezza di Dio sul mondo (cf. Laudato si’, 84)», dice senza mezzi termini «che la nostra terra sta cadendo in rovina» per le ingiustizie, le violazioni dei diritti, le disuguaglianze e le avidità che producono deforestazione, inquinamento e perdita di biodiversità. Ricorda le conseguenze del cambiamento climatico indotto da attività antropiche. «Sembra che manchi ancora la consapevolezza che distruggere la natura non colpisce tutti nello stesso modo: calpestare la giustizia e la pace significa colpire maggiormente i più poveri, gli emarginati, gli esclusi».
I testi biblici, invitano a «coltivare e a custodire», quindi non solo lavorare un terreno ma anche proteggerlo, averne cura, preservarlo. Le iniziative sono già tante, ma tutt’altro che sufficienti. Tra queste, il messaggio ricorda il progetto «Borgo Laudato si’», voluto da papa Francesco a Castel Gandolfo come luogo di educazione all’ecologia integrale nello spirito dell’enciclica Laudato si’.
Riflessioni per i nostri giorni
Uno degli alberghi spazzati via a Stava – il Miramonti – era in gestione alle ACLI di Milano, e vi persero la vita più di 50 ospiti lombardi. In questa occasione, la presidente milanese delle ACLI, Delfina Colombo scrive: «A Stava – come nel Vajont e in tanti altri luoghi legati a tragedie che hanno sconvolto il nostro Paese – si è manifestata una totale disattenzione da parte di persone che occupavano incarichi delicati in aziende private o in Enti pubblici nei confronti delle conseguenze delle loro azioni (o inazioni)… Esiste però un problema serio, che va molto oltre la questione puramente giudiziaria, riguardo alla responsabilità personale nel lavoro, manifestatosi qui come in altre circostanze, ed è realmente una delle questioni fondamentali del nostro tempo, perché attiene al rapporto che abbiamo con gli altri: se rimuoviamo il ragionamento delle conseguenze dei nostri atti dalla nostra attività quotidiana, tali conseguenze attengono anche alla nostra responsabilità. Una lunga catena di decisioni (o di mancate decisioni) è stata alla base della tragedia di Stava, e si può ben dire che essa sia, allo stesso tempo, figlia dell’incuria quanto della volontà di massimizzazione del profitto, che, una volta di più, si sono date la mano a scapito degli interessi e dell’incolumità dei cittadini» (8).
Graziano Lucchi, presidente della Fondazione Stava 1985 (https://www.stava1985.it), afferma che la dimostrazione del permanere di questo problema sta nei 118 incidenti in miniera registrati un po’ ovunque nel mondo dall’85 a oggi: «Episodi che si sarebbero potuti evitare semplicemente con meno leggerezza da parte di chi ha preso decisioni senza esserne pienamente consapevole. O, ancora peggio, senza sentirne tutta la responsabilità…, una superficiale valutazione del rischio, a beneficio del profitto». E prosegue: «Dietro alla tragedia della val di Stava ci sono decine di compromessi al ribasso, di passi indietro o di mancate iniziative. Quante volte tutto questo ancora capita, sotto i nostri stessi occhi. E quante volte ne siamo, più o meno consapevolmente, complici». (9)
Ricco di riflessioni è stato l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente alle celebrazioni nel 40° anniversario lo scorso 19 luglio (10), che ha ricordato il ruolo importante di memoria, informazione e formazione che svolge la Fondazione Stava 1985.
Mattarella ha sottolineato l’importanza della memoria, che comporta non solo il ricordare insieme ciò che mai può essere dimenticato, ma interpella le coscienze e le sollecita a nuove responsabilità. La memoria porta a riflettere sul necessario impegno perché a prevalere siano sempre le ragioni della vita su quelle dello sfruttamento, sovente portato alle estreme conseguenze.
Ci sono a volte, purtroppo, calamità naturali imprevedibili, ma spesso, come in questo caso, la calamità è stata causata dall’uomo per incuria, per mancata responsabilità delle imprese coinvolte, per mancata vigilanza delle istituzioni, per indifferenza al pericolo per le persone, per una errata concezione del rapporto uomo-ambiente, dove questo non è un elemento da sfruttare, ma un valore a servizio del bene della comunità. È necessario «riconciliarsi con l’ambiente». Un nuovo sviluppo sarà possibile solo facendo convergere equilibrio ecologico, equità sociale, armonia nei territori. Il progresso non si misura sulla base del profitto economico che se ne ricava, indifferente ai costi sociali, ambientali, umani. Riconciliarsi con l’ambiente è una questione che riguarda anche la coesione sociale e la democrazia. È sempre più necessaria una «conversione ecologica» (qui ha ricordato Alexander Langer), che deve coinvolgere contemporaneamente cultura, istituzioni, economia e società.
- http://archivio.fondazionecarlomariamartini.it/fcmm-web/storico/detail/IT-FCMM-ST0003-000212/omelia-nella-celebrazione-eucaristica-suffragio-vittime-tesero
- https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_luglio_04/tragedia-di-stava-il-ricordo-del-pompiere
- https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_giugno_20/tragedia-di-stava-il-giudice-del-caso-la-banalita-del-male-si-diedero-la-colpa-a-vicenda
- https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_giugno_14/tragedia-di-stava-il-funzionario-la-prima-cosa-fu-girare-l-italia-con-i-soldi-per-le-famiglie-colpite-
- https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/messages/creation/documents/20250630-messaggio-giornata-curacreato.html
- Da un colloquio del 2006 ricordato da Luca Malossini: https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_giugno_08/stava-il-crollo-dei-bacini-di-prestavel-e-una-lezione-sempre-attuale-che-non-va-dimenticata
- https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/25_giugno_10/stava-il-fiume-di-fango-e-i-268-morti-non-ha-insegnato-nulla-costruiti-hotel-ancora-piu-grandi
- newsletter@chiesadimilano.it – 18 luglio 2025
- https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-grido-inascoltato-della-val-di-stava 18 luglio 2025
- Così la home page del sito della Fondazione presenta il 40° anniversario: «Stava è il simbolo – ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio pubblicato sul quotidiano L’Adige del 19 luglio 2015 – di un modo gravemente sbagliato di concepire l’attività economica, il profitto, il rapporto con l’ambiente, la valutazione del rischio». Parole più appropriate non potevano essere scritte per descrivere i comportamenti, le scelte e gli errori che hanno portato al crollo della discarica della miniera di Prestavèl che, il 19 luglio 1985, ha causato distruzione in Val di Stava. Parole che richiamano la memoria, la coscienza, la responsabilità quali temi che uniranno le iniziative per celebrare il 40° anniversario della catastrofe.





